Dante Bottini: “Allenare i giovani oggi è difficile, ascoltano meno e quasi non pensano in campo. L’assenza di Federer sul tour è palpabile”
Allenare l’ultima generazione di giovani non è compito facile, perché il tennis ormai è diventato una gara a chi a tira più forte quindi si pensa poco, e pure negli allenamenti le nuove leve hanno difficoltà a prestare attenzione e ascoltare. Questo afferma il noto coach argentino Dante Bottini, 44enne formatosi alla corte di Nick Bollettieri dopo un passato modesto da giocatore, noto per aver esser stato l’allenatore storico di Kei Nishikori e quindi di Dimitrov, Jarry e del giovane cinese Juncheng Shang, rapporto quest’ultimo interrotto dopo l’ultimo US Open. Bottini è stato intervistato in Argentina dal bravo collega Sebastian Torok per La Nacion. Ha rilasciato una lunga intervista, nella quale ripercorre le tappe della sua vita sul tour, raccontando i cambiamenti vissuti negli ultimi anni e rimpiangendo l’assenza di Roger Federer sul tour e negli spogliatoi per il suo carisma e quel plus unico che dava ad ogni torneo, e che a suo dire oggi manca terribilmente.
Bottini ricorda i suoi inizi con Bollettieri: “Ho iniziato nel 2008, proprio dalla base, con piccoli gruppi, dove non vedevo nemmeno Nick perché era con i migliori dell’accademia. Qualche mese dopo mi hanno dato gruppi di ragazze dai 9 agli 11 anni al mattino e dai 15 ai 16 anni al pomeriggio, e poi ho cominciato a provarci di più. Abbiamo avuto incontri che sono durati molte ore. Ho imparato molto. Nick era un fenomeno, vero appassionato di tennis, espansivo, estremamente esigente e ottimista. Aveva un’altissima autostima e la trasmetteva a tutti, tirava sempre dritto verso il futuro, cercando il meglio. Per tutto il tempo condivideva le storie della sua vita e motivava tutti. Avevamo incontri più volte alla settimana, in cui parlavamo di tutto quello che si faceva in accademia e lui raccontava tanti aneddoti. È stato anche piuttosto divertente lavorare con lui. Abitavo dietro l’angolo dell’accademia, alle 5 del mattino già insegnavo o ero in palestra. Lui andava forte e non si fermava mai, era il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene, così fino a oltre 80 anni”.
Questa foto del tennis attuale tracciata dal coach albiceleste, con una discreta critica a come si è evoluto lo sport rispetto ai suoi primi anni di vita sul tour: “C’è un cambiamento totale, con Federer fuori, Nadal quasi, vedo Djokovic ancora per un paio d’anni. Ma la nuova generazione è qui, con Alcaraz, Sinner, Rune. Anche con Medvedev, Zverev e Tsitsipas. Il tennis? Oltre ad essere molto fisico, ritengo che il tennis di oggi abbia molta potenza e sia molto mentale. I nuovi giocatori difficilmente pensano a una tattica, tutto viene giocato molto velocemente, molto forte. Se prima c’era poco tempo per pensare… adesso ce n’è ancora di meno. Il secondo servizio viene servito a volte a 200 km/h, cosa impensabile fino a qualche anno fa. La potenza domina. E bene o male? Non lo so. Credo sia più difficile mettere insieme una strategia per l’allenatore, perché al tuo giocatore puoi dirgli qualcosa, ma poi cambia tutto in pochi secondi. Il giocatore ti dice: ‘Ma mi hai detto che sulla seconda di servizio mi avrebbe fatto un kick sul rovescio e invece ha tirato una bomba a 200 al T!’ Per l’allenatore oggi è molto più difficile. C’è meno attenzione. Il giocatore non ascolta molto, quindi questo rende il processo, giorno dopo giorno, più difficile. Il giocatore è quello che ti ingaggia e l’allenatore deve essere paziente e pensare: ‘Bene, lascerò andare questo, ma poi lo riprenderò poi’. Il giocatore attuale ha un deficit di attenzione. Prima ti ascoltavano di più e ti guardavano negli occhi; oggi camminano a testa bassa. Gli dici: ‘Ehi, sto parlando con te’. ‘Sì, ti ascolto’, risponde ed è lì con il telefono e forse ti ascolta ma chissà cosa gli resta in testa di quel che gli dici. È strano, la società sta cambiando tanto. E poi tutto nel tennis è un po’ estremizzato, velocità, fisico”.
Un’esasperazione che porta anche tennisti di 20 anni a subire già infortuni importanti: Alcaraz, Sinner… “E Korda, Rune… Tutti hanno avuto dolore e problemi, anche se sono da poco tempo sul tour. Si gioca con una potenza tale che le richieste che i giocatori fanno al proprio fisico stanno aumentando. E il corpo non può farcela. Non si parla quasi di quest’aspetto ma invece dovrebbe essere centrale discuterne. C’è un altro problema che i giocatori invece sollevano: cambiare troppe palle. Non puoi giocare tre o più tornei di fila con palline diverse! Le marche di palle hanno modelli molto diversi e quando si gioca provoca cambiamenti nella modalità di impatto. Poi sono in generale troppo pesanti, ti fanno fare scambi più lunghi, il corpo alla fine somma tutti gli sforzi e lo senti nella spalla, nel polso, nelle gambe“.
Per Bottini l’assenza di Federer dal tour pesante, quel che ha portato lo svizzero nel gioco resta inarrivabile: “Ho condiviso molti momenti con Rafa, Novak, splendidi atleti, ma l’assenza di Roger si fa sentire. Manca tanto. Era un giocatore diverso, con il suo arrivo al massimo livello tutto è cambiato. Non so come spiegarlo, ma i tornei erano diversi quando c’era Roger, chiunque abbia vissuto il tour con lui e dopo di lui te lo può confermare. Il tennis continua, ma quando Roger entrava nello spogliatoio era una presenza… la gente restava senza parole, lo guardava. Quel ragazzo aveva una presenza diversa. Emanava rispetto, non solo giocando a tennis, ma la cosa più importante è che era un ragazzo normale, divertente, con il senso dell’umorismo. Un fenomeno. E trasmetteva rispetto e tranquillità a tutti. Se ti allenavi con lui per la prima volta, prima e dopo ti faceva mille domande per sapere chi sei, da dove vieni, era curioso. Più volte abbiamo parlato dell’Argentina. Mi ha chiesto della religione ed era interessato a come giocano e si allenano gli argentini sulla terra battuta. Ricordo che nel lontano 1997, da junior, abbiamo condiviso un torneo, l’U18 di Prato. Io avevo 17 anni e lui 15. Gli ho mostrato il tabellone del torneo e gli ho detto che se avessi vinto lo avrei affrontato, ma ho perso. A distanza di anni si ricordò tutto quello e mi disse: ‘Ho vinto quel torneo e da lì è iniziata la mia scalata, peccato che non abbiamo giocato contro’. Pochi avrebbero ricordato e detto tutto questo”.
Tra i giovani, è incuriosito dal potenziale di Shelton: “Ho avuto l’opportunità di affrontarlo quando allenavo Shang. Lo abbiamo battuto ad Atlanta e Washington. È pura potenza! Ha un servizio pazzesco, ma poi sembra che non pensi molto quando gioca. Colpire la palla sempre più forte, sempre più forte… questo il suo stile. Ma fa bene al tennis. Mi piace il suo atteggiamento, grida ma non per rabbia, ride, è positivo, tutti atteggiamenti che provengono dal periodo trascorso al college, dove suo padre (Bryan) era uno dei migliori allenatori. Può portare qualcosa di diverso sul tour”.
Bottini tra i molti tennisti allenati, è rimasto molto affezionato a Dimitrov, per il suo bel tennis ma anche per il lato umano del bulgaro: “È un giocatore eccezionale, uno dei più talentuosi del circuito. Anche fisicamente è straordinario, si cura moltissimo, è una bestia. Nel tennis è uno dei grandi talenti, tira colpi che quasi nessuno fa. Il rovescio in slice è pazzesco, anche quello a una mano. È un giocatore che è un piacere guardare, uno di quelli per cui paghi un biglietto d’ingresso. Quando entra in un periodo negativo ti viene voglia di andartene perché difficilmente reagisce, questa è la sua grande debolezza. Soffre quando non sta bene emotivamente e lo trasferisce sul campo. Invece quando è felice, può fare di tutto e regalarti il miglior spettacolo”.
Un’ultima nota su come un coach deve approcciarsi a giocatori di nazioni e culture diverse. Lui ha allenato giapponesi, latini, cinesi, europei… La chiave per Dante è osservare e studiare: “Cerco di osservare molto, di rispettare i loro tempi. Devi abituarti a loro, avvicinarti. Vuoi insegnare dalla tua cultura, ma devi imparare anche dalla loro, affinché tutto sia il più piacevole e funzioni. L’obiettivo è avere la pazienza necessaria per ottenere la migliore esperienza possibile per il giocatore. Non è facile, è una bella sfida, ma mi piace davvero quello che faccio”.
Intervista davvero interessante, nella quale Bottini anche sottolinea come il treno del tennis cinese sia partito e crede che in futuro possano nascere altri talenti ancor più interessanti.
Marco Mazzoni
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“Ritenendo di non aver nulla da lamentarmi economicamente invito comunque il degno utente di elencare le sue conoscenze in merito a questo sport e dove le ha maturate per affermare che Bottini, potenzialmente una guida tecnica per Berrettini a detta dell’ovviamente inetto Mazzoni, che quelle del tecnico intervistato sono stronzate.”
Rileggiti. Fatti aiutare a correggere sintassi, grammatica e punteggiatura, e poi ti risponderò con piacere. L’ignoranza tennistica la tollero ma quella linguistica no. Mi dispiace.
Ritenendo di non aver nulla da lamentarmi economicamente invito comunque il degno utente di elencare le sue conoscenze in merito a questo sport e dove le ha maturate per affermare che Bottini, potenzialmente una guida tecnica per Berrettini a detta dell’ovviamente inetto Mazzoni, che quelle del tecnico intervistato sono stronzate.
Sino ad allora l’incapace, inetto e fantasiosanente sarcastico Scleratico avrà il pieno diritto ad abbandonarsi a quei deliri che altri qui hanno ravvisato.
Continua a criticare un tecnicoprofessionista, ci ridiamo in molti davanti a tale manifestata cretineria, dettata da studi sulla materia.Non quella cerebrale, ormai alla frutta.
Ah… Non sarai oggetto di attenzione, non la meriti. La stupidità non la merita. Poveraccio.
“ È pura potenza! Ha un servizio pazzesco, ma poi sembra che non pensi molto quando gioca. Colpire la palla sempre più forte, sempre più forte… questo il suo stile.” Questo dichiara il signor Bottini, a proposito di Shelton. Ora, liberi da timori reverenziali per via delle credenziali vantate da costui, occorre farsi poche, semplici domande a cui saprebbe rispondere chiunque abbia preso in mano per una volta una racchetta, e persino il demente del semiWestern evocato con garbo dal titolato utente Pier no guest. Le domande sono le seguenti:
1) Per colpire forte è più decisiva la potenza o la tecnica? La seconda (parafrasando Quelo, il personaggio-santone di Corrado Guzzanti…)
2) Colpire la palla sempre più forte è uno stile o una rara capacità? La seconda
3) Avere un servizio pazzesco e continuare a colpire sempre più forte impedisce anche di pensare o non impedisce anche di pensare? La seconda
4) Si può arrivare a diventare uno dei più giovani top 15 della Storia senza pensare molto al gioco, SI o NO? La seconda.
Ora, poiché io, al contrario dell’utente Pier no guest, non voglio che gli altri facciano brutte figure, invito costui ad abbandonare educatamente il forum. Bottini invece lo lascio libero di sparare stro…fe di tennis a piacimento, tanto lui col tennis i soldi li ha fatti, a differenza dell’utente Pier no guest che le sue belle figure le fa anche gratuitamente…
Esilarante leggere critiche ad un conoscitore di tennis come Bottini, un allenatore professionista di livello,cresciuto con Bollettieri,da parte di chi? Un tecnico? Nooo, uno che probabilmente se lo interroghi su una semiWestern pensa sia la derivazione di un genere cinematografico.
Giusto dare la parola a tutti perché, in fondo, tutti hanno diritto di fare brutta figura.
A Prato, Bottini era ad una vittoria da Federer ma al solito una dolorosa sconfitta lo fermò sul più bello e rimase nel limbo del modesto giocatore per sempre.
Questo sembra un allievo dell’utente Enzo la Barbera, pure lui crede che il tennista tira forte perché ha potenza. Rimprovera ai giovani di oggi di pensare troppo al fisico (da cui deriverebbe la potenza) invece che curare altro (la tattica o non so a cosa alluda). Pensate se qualcuno gli spiegasse, come io ho fatto faticosamente con Enzo (senza riuscirci), che i giovani che oggi tirano forte (non tutti, contrariamente a quel che lui dice, come del resto c’era chi tirava forte anche in altre epoche) lo fanno perché evidentemente hanno affinato la tecnica, e non perché hanno “il fisico”…. beh, penso si suiciderebbe! Tra l’altro nemmeno si comprende il motivo per cui a chi gli riesce di tirar forte, non dovrebbe farlo su ogni palla… boooohhh! Ovvio che se per sparacchiare forte la butti fuori, allora meglio che la piazzi con più garbo, altrimenti proprio non si capisce la critica ai bravi colpitori. E fanno pure gli allenatori di tennis, Dio Santo… articolo surreale!
Articolo molto, molto interessante. Faccio notare quando si parla di strategia e quindi di quel famoso piano B:Bottin è esplicito “i nuovi giocatori difficilmente pensano ad una strategia… C’è meno tempo per pensare”, figuriamoci mettere insieme dei piani B/C se già è difficoltoso dare una strategia al giocatore che va veloce ed ha pure difficoltà nell’assimilarla (e non solo per il tempo ridotto nello scambio).
Puoi avere schemi ma dipendono enormemente da chi serve che determina l’inerzia dello scambio.
Sono d’accordo che come stile e classe Federer manca e dava importanza ai tornei. Direi però che la sua assenza dal campo non è nuova negli ultimi anni e parlarne ora come una novità solo per il più recente ritiro non è attualità!
Riconosciamogli la cittadinanza e facciamolo venire in Italia
È verissimo. Solo che la scelta definitiva del coach dipende da molte variabili che noi non conosciamo del tutto. Nel caso di Matteo, per esempio, si vociferava di Enqvist ed invece alla fine il Berretto si è orientato su Roig.
Bottini ha proprio in gran bel profilo professionale.
Aggiungo che a mio avviso Bottini poteva essere una scelta eccellente per Matteo Berrettini. Speriamo che Roig faccia un buon lavoro per stimolare Matteo.
Perché non lo fanno venire in Italia? Probabilmente potrebbe anche avere la cittadinanza.
Fantastico articolo! Adoro leggere analisi di professionisti di questo calibro.
UN motivo in più per lodare quei pochi che mettono in questo sport tutto sia fisicamente che mentalmente sapendo di essere, per certi versi, degli emarginati dovendo dire spesso di “no” a tutte quelle distrazioni e divertimenti tipici dell’età adolescente / giovane adulto.