Un “deserto” di tanti dubbi e pochissime certezze
Ci stiamo avvicinando all’inizio del torneo di Indian Wells con poche certezze e molti dubbi. Le certezze sono date, com’era nell’aria, dal fatto che Nole Djokovic non potrà partecipare alle tappe primaverili statunitensi, in virtù del fatto che, non essendosi voluto vaccinare, com’è arcinoto, contro il Covid è andato a sbattere contro la norma del governo federale U.S.A. che ha prolungato sino al prossimo 11 maggio l’obbligo di vaccino per gli stranieri che vogliano entrare negli Stati Uniti, e dallo straordinario momento di forma che Daniil Medvedev sta vivendo.
Per il resto, solo dubbi. Tutti gli altri o sono attanagliati da limiti, o da promesse che stentano ad essere mantenute, o, peggio, da una teoria di infortuni che non può non cominciare a preoccupare.
Nel primo dei due “Sunshine Double” sarà Carlos Alcaraz la prima testa di serie, e su di lui gravano ancora i postumi dell’infortunio patito in gennaio prima della disputa degli Australian Open e riacutizzatosi in modo preoccupante nel corso della finale di Rio de Janeiro, prima dominata e poi persa contro Norrie. In che condizioni sarà Carlito lo sapremo presto, certo è che il draw rischia fortemente di mettere in campo un’edizione zoppa.
Intanto, per la storia e la cronaca, per la prima volta in questo secolo Indian Wells non vedrà ai nastri di partenza né Federer (ampiamente previsto dal suo ritiro), né Djokovic, né Nadal, sempre più alle prese coi suoi troppi malanni; ma è un altro campanello d’allarme a doverci far preoccupare.
Subito dopo la finale di Doha, vinta contro Murray. Daniil Medvedev ha voluto porre l’accento su un fatto: a detta sua, da un po’ di tempo in qua – visto che se n’era già lamentato a Melbourne – le palline non sono più consone. In certe condizioni sono sempre più difficili da spingere, diventano “ super fluffy” (una volta avremmo detto “ grandi come gatti”…), si fa una fatica boia a spingerle e le articolazioni ne risentono. Pare che a Rotterdam in parecchi si siano confidati col russo lamentando problemi ai gomiti, ai polsi, alle spalle e i ritiri di “Tsitsi” e Korda ad Acapulco, di Rune a Rotterdam hanno autorizzato a pensare che ci sia ben più del vero in ciò che Daniil ha confidato.
Certo è che se lo show business del tennis non è più in grado di offrire con continuità il miglior cast possibile, se dobbiamo abituarci a vedere col contagocce i protagonisti, accontentandoci di ciò che riescono a regalarci i co-protagonisti superstiti, non è un bel segno.
Ma, come mi aiuta a pensare e scrivere il mio fraterno amico Paolo Moro, uno che è nel tennis a 360° gradi, conoscendo come pochi attrezzi e dinamiche, il problema legato alle palline non è che uno degli aspetti che sta minando il massimo circuito maschile.
Sì d’accordo, anche se le aziende si impegnano nel controllo della qualità per fornire prodotti senza pecche, a tutti noi è capitato ultimamente di aprire un tubo di palle, e di una qualsiasi marca, per ritrovarsene una bolsa, e ciò può dipendere dal fatto che non sempre le partite di feltro rispettano gli standard previsti, o che ci sì è imbattuti in un caucciù di non primissima qualità, ma, ripeto, questo non è che uno degli ingredienti che portano alla lunga teoria di infortuni ai quali continuiamo ad assistere.
Per rimanere nell’ambito dell’attrezzatura, un capitolo dovrebbe essere legato e speso per ciò che le corde producono: le corde in poliestere e in monofilamento quante perniciose vibrazioni producono sulle articolazioni e sui tessuti molli? Nessun dispositivo antishock è in grado di smorzare totalmente le onde negative derivanti dall’impatto reiterato con una palla “ fluffy” che ti arriva a più di cento all’ora. Utopia pura l’idea romantica di poter tornare alle racchette di legno (tra l’altro il tennis elbow esisteva pure allora…), rispolverando quanto si è fatto nel baseball americano con le mazze di metallo, bandite perché in grado di attuare un “effetto fionda” tale da far dire a chi di dovere che la tecnologia non poteva sostituire il talento dei giocatori. In effetti, quando si vide che la media dei punti era aumentata esponenzialmente e gli home run era diventati il doppio della media dei punti, nel baseball decisero di optare per una decisa inversione a U: la gente s’era stufata di vedere continui fuori-campo, con l’eccezione diventata regola. Nel tennis moderno è impensabile che si possa attuare una tale inversione.
Anche i terreni di gioco ci mettono del loro nel sollecitare fortemente le articolazioni, questa volta degli arti inferiori. Se la terra rossa ha la capacità di ammortizzare meglio e di preservare fasce plantari, ginocchia e caviglie (l’incidente al Roland Garros occorso a Sasha Zverev l’anno scorso è da annoverarsi ad un triste, sciagurato episodio…), le superfici in duro, pur con l’inserimento di elementi cushion, atti a rendere più confortevole e meno impattante il gioco, i campi temporanei, che spesso trovano la loro miglior resa solo vero la fine del torneo, alla lunga possono produrre effetti davvero indesiderati. Vero è che nel corso degli anni le scarpe hanno avuto un apporto migliorativo dalla tecnologia, con battistrada che consentono inusitate scivolate anche sui campi resinati e spatolati, e le intersuole in EVA garantiscono alte caratteristiche di elasticità, leggerezza e comfort, ma la lunga stagione del tennis giocata sul “duro” effetti ne dà.
Per evitare di dare l’idea che il nostro mondo sia ammorbato dal pensiero e che gli appartengano solo cose negative, occorre dire che, a proposito di racchette, grip, corde, dumper, superfici e scarpe, mai s’è potuto giocare così tanto, facile e bene, a tutte le latitudini e in tutte le condizioni: nessuno sport del resto è esente dalla possibilità di elargire traumi. L’unico modo per non averne non è assolutamente affascinante. Almeno per tutti noi.
Quindi come fare per preservare gli atleti e proteggerli dagli infortuni derivanti da un’intensa attività? Credo che l’unica soluzione stia in una programmazione molto, molto, molto attenta degli impegni agonistici, di un’adeguata preparazione fisica e mentale, di debiti, indispensabili momenti dedicati al recupero.
Il guaio è che il meccanismo messo in atto da ATP (forse l’unico caso al mondo in cui in un sindacato i controllati sono anche i controllori e viceversa…) e ITF è affascinante e perverso ad un tempo: la centralità del mondo occidentale nello sviluppo del calendario e dei circuiti è venuta meno da mo’. L’immissione di ingentissimi capitali da parte di nazioni diventate potentissime e di paesi emergenti ha di fatto spostato più d’un asse e consentito ai giocatori d’avere continue opportunità di competere, avendo ormai stagioni senza soluzione di continuità.
Un po’ d’anni fa, parecchi anni fa, ricordo un conto che ci mettemmo a fare con Pino Carnovale, uno dei fari della nostra preparazione atletica nell’ambito tennistico, per vedere di quante settimane abbisognasse un giocatore di alto livello e di grandi ambizioni per esplicitare al meglio la sua attività. Saltò fuori che tra tornei, appuntamenti dell’allora Coppa Davis, periodi di preparazione e poi di richiamo, di recupero e lecito riposo, occorressero circa 60 settimane perché il lavoro venisse svolto al meglio. Peccato che un anno di settimane ne abbia solo 52…
Sì, i giocatori di tempo ne hanno davvero poco. La loro vita è un costante tourbillon e se hai la disgrazia di trovarti a giocare in un range che sta al di sotto dei primi 200 ATP, combatti in un mondo che è fatto di sole spese, di un continuo peregrinare alla ricerca di tappe giuste che ti consentano di incamerare quei punti tali da consentirti d’avere una miglior classifica e di poter raggiungere una qualificazione nel main draw d’uno Slam, dove se ti riesce di passare le “quali” e perdere al primo turno porti a casa quasi 70,000 € e il quotidiano può cominciare a cambiare.
La spinta a competere sempre e sempre di più è dettata, oltre che dal raggiungimento o dal superamento dei propri limiti, da una montagna di denaro che ha davvero pochi eguali e che sembra lì a portata di racchetta. Il guaio è che nel nostro sport nulla è garantito. Non è come, per dirne una, nel calcio professionistico dove firmi un contratto e sai che, giocando bene o giocando male, i soldi arrivano lo stesso. Nel tennis no: ogni settimana sei chiamato a ricominciare da capo e nulla è sicuro.
Anzi, il meccanismo del ranking messo in atto fa sì che un positivo risultato avuto dodici mesi prima, in una tappa rivelatasi buona, corrisponda ora un tonfo che ti faccia ruzzolare indietro di parecchi posti, vietandoti non soltanto la riconferma morale, ma non più in grado di garantirti un certo introito, miglior alloggio, viaggi con poco stress in località privilegiate, e via dicendo.
Potrebbe raccontare tanto Lorenzo Sonego, salito al n° 21 quasi alla fine del 2021 e poi incappato in una serie di prestazioni che l’hanno ricondotto ad essere il 20 febbraio scorso il N.° 71 ATP: essere 21 o 71, 50 posizioni più sotto, significa praticare un altro mondo, con la preoccupazione di non poter tornare più dov’eri, coi dubbi che prendono ad assillarti, con partite in più da giocare perché devi passare dalle qualificazioni per ottenere il pass nei main draw che prima ti accoglievano a braccia aperte. Con la paura di dover, prima o poi, tornare a giocare nei challenger, un “mondo di mezzo” che garantisce sopravvivenza e niente più. Per fortuna Sonny ha un grande cuore e un grande uomo al fianco, quel Gipo Arbino che è suo padre aggiunto e che lo sa guidare nei momenti bui.
Sarà interessante vedere che cosa succederà ora a Matteo Berrettini. Matteo ormai è assurto ad essere una star mediatica di prima grandezza, con tutto quello che ne consegue. Quando vieni colpito da improvvisa, meritata celebrità cambia tutto il contesto della tua vita. Ti cercano tutti quanti: non sapevi di avere così tanti presunti, sedicenti amici. Diventi una discreta macchina produttrice di profitti e accanto di ritrovi ad avere consulenti che guadagnano se tu guadagni, che ti propongono ospitate, shoot pubblicitari continui, un contatto sempre più continuo e pressante col “gran mondo”. Se prima giravi solo col coach in un rapporto simbiotico, sempre più spesso è un carrozzone ad accompagnarti, ed sempre più difficile rimanere focalizzati su quello che dovrebbe essere il tuo principale campo d’azione
Tralasciando tentazioni di gossip, la situazione attuale di Matteo è tale da chiedergli e chiedersi che cosa voglia fare da grande: il suo fisico è una macchina delicata e particolare, con uno squilibrio evidente tra telaio e motore: se non è preparato al meglio, tende a finire fuori strada, oppresso da mille problemi. Ha fatto tanto per arrivare lassù in alto: può accontentarsi già ora, tirare i remi in barca per approdare in una realtà esclusivamente mediatica? Non credo, per quanto lo conosco, che Vincenzo Santopadre digerisca più di tanto questo periodo, tanto da aspettarmi decise reazioni se la stagione di Berrettini dovesse continuare sulla falsariga di questi ultimi mesi.
Per sopravvivere nel mondo che troppo spesso noi giudichiamo dorato, occorrono sani e solidi principi, grandi valori e una testa ferrea, capace di farti resistere a tutte le malie che ti si prospettano. Ma la cosa più importante è avere qualcuno accanto a te che sappia continuare a dare forma al sogno e faccia della sincerità, anche bruta, il suo credo. Qualcuno che ti aiuti a programmare al meglio la tua attività, per evitare, come mi diceva una volta Gianluca Pozzi (che peccato non coinvolgere di più uno con un’esperienza così, uno che s’è costruito davvero da solo!), di far sì che si perda tempo nel giocare troppo o troppo poco, nello scegliere tornei e viaggi sbagliati, compagni sbagliati.
In questo Riccardo Piatti è sempre stato maestro. Ha sempre saputo tenere i suoi ragazzi al riparo, facendo sì che si inquinassero meno possibile, tenendo a bada agenti, sponsor e “Dulcamara” vari, nel rispetto costante dei ruoli, perché i suoi giocatori potessero andare in campo sereni, perché quello solo contava. Riccardo era ed è uno che se deve dirti che, per il tuo bene, devi trovare il coraggio di fermarti, te lo dice, senza se e senza ma. Ma non è da tutti.
Sì, la vera salvezza, la possibilità di preservarsi dagli infortuni, e per evitare di avere accanto dei preparatori che ti aiutino ad accelerare il recupero, è bene agire prima, facendo sì che una calendarizzazione di attività e pause sia mirata a ottenere davvero i risultati migliori.
Il tennista è un atleta atipico: è chiamato a reiterare gesti alla loro massima espressione in un tempo indefinito, in uno spazio che si restringe e si dilata a seconda delle condizioni e delle situazioni. Il circuito lo chiama a prestazioni continue, a cambiare località in modo perenne (Cristiano Caratti una volta mi ha raccontato che capì di doversi assolutamente fermare un giorno che, svegliandosi, provò a chiedersi in che città si trovasse senza riuscire a darsi una risposta…), per un periodo di attività agonistica piena che oggi s’avvicina, tra inizio e fine, prossimo ai quindici anni.
Le palline, le racchette, i campi, il contesto sono solo degli ingredienti. Il composto finale è dato da una miscela sapiente che pochi, davvero pochi riescono a realizzare indenni. Tutti gli altri finiscono, in un modo o nell’altro, per pagare un prezzo alto in termini di logorio fisico e mentale.
Sarà che sono passati gli anni e che, parafrasando Eduardo Galeano, col tempo abbiamo finito per assumere una precisa identità: non siamo altro che mendicanti di buon tennis. Andiamo per il mondo col cappello in mano, stiamo davanti ad uno schermo supplicando di poter vedere grandi match. E i grandi match li possono regalare solo i grandi giocatori. Ma se i grandi giocatori sono rotti, mostrano segni d’usura, di chi potremo mai continuare ad innamorarci?
Elis Calegari
TAG: Daniil Medvedev, Elis Calegari, infortuni, Lorenzo Sonego, Masters 1000 Indian Wells 2023, Matteo Berrettini
Mmm… Federer passò da piatto 85 a piatto 90 e poi 97.
Non hai capito il senso del mio discorso ma quello che ti interessava veramente era dire a un’altra persona che non capisce un tubo. Non meriti neanche la rispiegazione.
Ci sono vari motivi tutti validi perché Berrettini faccia bene il suo lavoro, per se stesso e per la sua crescita personale, nel rispetto del suo staff,degli sponsor che hanno creduto in lui. questo è, poi ovviamente può decidere di impegnarsi quanto crede e eventualmente sarà ridimensionato in base ai suoi risultati. È semplice e chiaro il mio discorso, tu hai posto solo una ricerca un po’ forzata del rovescio della medaglia. Per curiosità, fai l’avvocato? Già il tuo nickname fa capire come ti piaccia rimescolare le carte.
Vero, ne ho ancora una, non st vincent,comunque pete serviva forte pure a roma su terra. 88 pollici era quella di federer dopo aver usato la 85
Non si tornerà mai indietro, poi la maggior parte degli infortuni non riguarda gomiti o polso, ma gli arti inferiori, oggi cercano di recuperare palle impossibili, si vedono spaccate e torsioni di caviglie da far impressione
Da quando le palline vengono prodotte in asia c è stato uno scadimento della qualtà del feltro e sono meno veloci di quando erano prodotte in europa, di questo si lamentarono parecchi giocatori negli anni passati
Ma LOL
A parte che sono Crea Antonio, e perché dovrei avere a che fare con tafanus?
Manie di protagonismo..
Ciao Fisherman come spesso accade ti quoto dalla prima all’ultima riga. Però quanto mi piacerebbe vedere quelli che oggi vengono definiti “i migliori giocatori di tutti i tempi”, Djokovic/Nadal/Federer disputare una stagione con una Donnay, una Wip (la racchetta del grande Adriano) o anche solo con la Dunlop di Mcenroe…io dico che farebbero figuracce pure loro
@ Asni (#3447871)
Leggiti un po’ la lettera di Roberto Baggio ai giovani
Temo Sander che, o io abbia scritto poco chiaramente o tu non abbia letto bene. Quello che scrivi mi sembra non abbia molto a che fare con quanto scrivo io. In realta’ e’ molto semplice in sintesi: In un tuo ragionamento dicevi chiaramente che l’atleta dovrebbe essere virtuoso nel soddisfare le aspettative degli sponsor che hanno investito su di lui. Io dico che per me non e’ un principio virtuoso ed ammiro chi, nel rispetto dei contratti, non prende le proprie decisioni in base alle aspettative di quegli sponsor. (al di la del fatto che Berrettini lo faccia o no).
Dici varie cose, può essere tutto e il contrario di tutto. Sul fatto dei contratti a meno che non hai dei comportamenti particolari non ci sono clausole rescissorie perché passi dal 10 al 30. Almeno non sempre. Se poi vogliamo dire che agli sponsor di Berrettini non gliene frega niente se va bene o male diciamolo pure ma siamo lontani dalla realtà.
Condivido il fatto che a volte si hanno dei periodi down che ci aiutano a capire certe fragilità e ci fanno poi dopo un po’ di tempo diventare migliori. Ripeto, tutto può essere, però è giusto esprimere il proprio sentire e le proprie esperienze con cognizione di causa non essendo campate in aria.
La reintroduzione delle racchette di legno ,la vedo come un’ ipotesi e una soluzione anacronistica e impraticabile per vari fattori.
Neppure ritengo che la natura del ” male”,cioe’ del moltiplicarsi degli infortuni,sia la scarsa qualita’ del caucciu’delle palline,( cosi come e’ stato scritto dall’ autore dell’articolo): non credo che questa cosa abbia un peso e una valenza così preponderanti nel discorso globale,la cui causa principale ,invece,a mio avviso,e’ da ricercare in un calendario troppo fitto e nutrito di eventi ,con giocatori sempre o quasi alle prese con lunghe e stressanti trasferte,fusi orari ,cambi di alimentazione ecc.,tutti fattori che vanno inevitabilmente a incidere e gravare sulla salute e sulla forma dei giocatori,andando a generare stress psico- fisico che apre naturalmente la porta a malanni e infortuni.
Il resto,secondo me,sono tutte cose opinabili…
Nessuno gli fa la ramanzina…ci sono degli indizi, vari su cui si fanno delle valutazione. Dovrebbe farti pensare il fatto che il giornalista che ha scritto questo articolo ha preso anche lui posizione e lui è nell’ambiente, conosce un pò di gente, ha tirato fuori anche il nome di un Santopadre che “secondo lui” non è molto contento di tutto il contorno di questo periodo. Precedentemente ha parlato anche Pietrangeli, ecc.ecc.
Io che ero abituato a palline anni 80 “sento” ora il rumore dei colpi con palline che sembrano sgonfie….! Non è una cosa bella !…sembra che la palla non restituisca la potenza del piatto corde…
A scanso di equivoci (5): questo “Guest” che si firma Antonio Crea” non ha niente da spartire con me.
@ Asni (#3447871)
Se vedi la vita in modo così arido e senza speranza ci sarà una ragione , mi rincresce sempre sentire una persona ferita dentro
Comunque
@ Asni (#3447871)
O non ti hanno trasmesso nulla o sei tu che non hai capito un cxxo della vita
Peggio x te
Giusto ieri ho sentito Claudio Gentile in radio parlare di come nel calcio italiano la capacità tecnica sia scesa esponenzialmente negli ultimi anni e sia aumentata quella atletica. Stesso identico discorso ho sentito fare a persone competenti per quanto riguarda il basket. Nel tennis è lo stesso. E il commento della maggior parte dei tifosi di ognuno dei tre sport è che se ne perde in godibilità e le partite risultano mediamente più noiose. Di certo i calendari straripanti di eventi e le necessità mediatico/monetarie richiedono un maggior numero di atleti piuttosto che tennisti, calciatori, cestisti
Ciao Sander, questo tuo scritto mi sembra poco chiaro.
Se Berrettini non soddisfa piu’ le aspettative delle aziende che hanno investito su du lui queste chiudono il contratto (ammesso non sia gia’ legato ad obiettivi sportivi) secondo i termini del contratto stesso. Esattamente come lo sponsor cambia sportivo quando gli pare secondo i termini del contratto stesso.
Poco romanticismo e fine della storia (con buona pace dei commercialisti)
La tirata sul valore dell’impegno per finire nel “credi che siano contente le aziende, gli sponsor come ritorno di immagine?” (non ai contratti bada bene ti riferisci ama alla delusione delle aspettative di chi ha investito su di lui) a me come ragionamento stride da tutte le parti.
Ma Berrettini allora deve fare sacrifici per vincere a tennis, per “trovare l’essenza del gioco del tennis”, o per piacere agli sponsor? E non mi dire ti prego che sono la stessa cosa.
Infine nessuno dice che non ci sia soddisfazione nell’impegno e nella evoluzione ma:
– e’ un fattore personale che puo non valere per tutti
– la scelta del soggetto sul quale riversare l’impegno puo’ essere molto personale e anche “particolare”
– facendo, scusatemi, un po di psicologia spicciola, il diventare piu’ deboli puo’ essere a tutti gli effetti parte di un percorso evolutivo. Chi l’ha detto che il piu’ debole e’ l’imbruttito escatologicamente parlando?
@ sander (#3447848)
Concordo con te. Faccio il lavoro che ho scelto e perseguito (e avevo tutti contro perché non è un settore facile). Ho avuto una marea di delusioni legate al precariato e ai compensi non adeguati. Ma il lavoro è sempre lì, che continua a farmi stare bene e darmi soddisfazioni, e non lo cambierei con nient’altro (a meno che non subentri la fame).
@ Asni (#3447774)
In parte ti capisco, ma sei troppo cinico. E la mia esperienza non è aria fritta e non c’entra nulla con le vette spirituali. A volte lo fai perché ti piace, non perché devi, altrimenti avrei fatto il dentista, come mi suggeriva di continuo mio nonno, e la mia banca sarebbe qui a ringraziare. Io invece preferisco i ringraziamenti di un autore che si è trovato bene con me.
Poi sul fatto che Berrettini debba essere libero di fare quello che vuole, perché la vita è la sua e non deve niente a nessuno se non a sé stesso, non ci piove. E noi ce ne faremo una ragione. Il punto centrale è capire cosa vuoi davvero, e muoverti in quella direzione. Ma immagino lo sappia.
Sono esperienze di tuoi genitori detatte da varie situazioni. Non puoi
considerare come verità assolute le esperienze di un piccolissimo campione di persone. A volte certe esperienze negative ci creano dei blocchi e delle credenze perchè ci hanno ferito o hanno ferito persone a noi care ma converrai che c’è una miriade di persone che hanno molti riconoscimenti anche di stima ed affetto per il lavoro svolto.
Ancora meglio, io abolirei la 2a palla di servizio, che accorcerebbe anche di molto i tempi delle partite.
Se poi dovesse crearsi l’effetto pallavolo (dove quasi sempre fa il punto chi è alla risposta) si potrebbero pensare ad altri accorgimenti tecnici, come alzare la rete
Ottime proposte.
Non sono in grado di entrare nel merito dei dettagli, ma mi sembrano nello spirito giusto.
Caschi malissimo: sono cresciuto con un padre oncologo, una madre infermiera e mia sorella è una specializzanda in fisiatria.
Quello che ho imparato è che, per quanto tu possa lavorare per qualsivoglia principio, alla fine non ti torna niente perché alle altre persone di te non frega nulla.
Quindi no, nemmeno nella professione medica c’è nobiltà. C’è semplicemente meno misantropia che in altre professioni.
Ma soprattutto nella professione medica c’è maggiore soddisfazione economica.
Parole sante
E’ ovvio che il lavoro non è l’unico modo per evolvere. Difficilmente però lo è andare al bar a giocare a carte tutto il giorno.
Ti posso assicurare che non mi sento per niente adomesticato però ognuno ha le sue credenze che derivano da vari aspetti. L’importante è avere l’elesticità mentale di poter cambiare idea perchè nessuno ha la verità in tasca e appartenere a un’idea non va bene, è importante metterla e mettersi costantemente in discussione. ancor peggio di appartenere a un’idea è appartenere all’idea di un’altra persona o di un gruppo precostituito di persone.
Male c’è pieno il mondo di ragazzi che aspettano da noi adulti buoni consigli e buoni messaggi. Dipende cosa intendi per sacrificio…io intendo passione, determinazione, fatica, stanchezza, che ti porta a voler comunque arrivare al tuo obbiettivo, a farti avere un capello bianco in più, a uscire meno la sera ma sentirti vivo e libero perchè sai che quello che fai è la cosa giusta.
Alt! Hai pestato una cacca, secondo me.
Sul tennis, Berrettini e lavoro sei nel giusto, ma sulla musica non capisci un tubo. Visto che mischi quel presuntuoso ma normalissimo pianista e pessimo compositore di Allevi con le altre eccellenze (quasi eccellenze… meglio di Berrettini e di Boccelli ce ne sono, nei loro rispettivi campi, dopo tutto).
Dipende cosa fai. se sei un operaio che fa tutto il giorno la stessa cosa nella catena di montaggio per portare a casa lo stipendio quello è sacrificio ma se fai un qualcosa che è il tuo lavoro, ti piace e nel contenpo ti evolve e ti fa crescere questo è evoluzione della persona.
leggere un libro e viaggiare non è un impegno sono hobby a meno che la lettura non è uno studio per un esame. Andando oltre a come vogliamo chiamare la cosa ci sono persone che con il lavoro si evolvono perchè crescono in vari ambiti e diventano persone migliori scoprendo ogni giorno di superare le proprie zone comfort.Quindi ricondurre il lavoro
a qualcosa di faticoso, stressante e da evitare è banalizzare la questione. C’è lavoro e lavoro ovviamente ma la frase che il lavoro nobilita l’uomo non è stata detta da gente che non sapeva cosa dire.
@ marco.mazzoni (#3447522)
Grazie per aver spiegato al meglio la mia idea
devi avere ragione tu, non c’è nulla di nobile nel lavoro,
esempi ne sono il chirurgo che dopo sei di intervento ore salva la vita a un paziente , o quelli che si occupano con amore di malati psichici, o quelli che soccorrono in mare il barcone di migranti in procinto di affogare, o gli insegnanti che con infinita pazienza e passione avviano i loro studenti alla vita. E gli esempi potrebbero proseguire all’infinito.
@ Asni (#3447677)
mi lanci un assist perfetto…:
FATE IN MODO CHE IL VOSTRO LAVORO SIA STUDIO, PASSIONE, ARRICCHIMENTO ECC.
facendo il casellante per 40 anni ci credo che non riuscite ad “abbellire” la persona.
per fortuna le macchine piano piano faranno scomparire tutti questi lavori e impegnare il cervello sarà indispensabile
Resta il fatto che lui della sua vita può far quel che vuole e noi chi siamo per fargli la romanzina? siamo solo utenti di uno dei milioni di forum presenti in rete, quella rete che ci permette di dare giudizi su una cosa di cui forse conosciamo solo il 3%.
@ sander (#3447754)
A me fa rabbrividire chi vede nel sacrificio e nel lavoro l’unico modo per evolvere
Non ho tutte le tue verita’ in tasca che hai tu ma non sono ancora cosi’ addomesticato da dire che il sacrificio è uno strumento piacevole per evolvere (fa molto paura questa frase..da silenzio degli innocenti 🙂 )
Io mi sento piu’ fedele a “si sa che la gente dà buoni consigli | se non può più dare il cattivo esempio” (cit.) ma ormai non ho piu’ l’eta’ per dare un cattivo esempio ma ho sicuramente imparato a non dare buoni consigli
Saluti
Scusa se mi permetto, non hai torto ma i materiali incidono. Non causano l’infortunio ma “alzano” il ritmo. Prendi Nole, per alcuni aspetti un Wilander2. 0 e fallo giocare con una F200: quelle velocità non le raggiungi con quella continuità, un recupero di dritto in back te lo scordi, un fuori sweetspot lo si paga. Poi pensiamo a Lendl, ovale piccolo, racchetta che era un giunco: quanto spingerebbe ora? Ma sarebbe uno spingere diverso:questi ovali, queste corde, questi pattern generano rotazioni violente, non si può giocare sulla linea ma dietro, il campo si allarga e si corre di più per coprirlo.
E più corri, più fai scatti, più fai ore in campo più ti usuri.
La medicina sopperire, un mese fermo comunque non ti manda in deficit visti i contratti ma la qualità è inferiore nonostante, va detto, tutti giochino meglio in generale.
@ sander (#3447754)
Secondo me confondi il sacrifico con l’impegno. L’impegno se fatto per migliorarti non è sacrificio. Per me la lettura, studiare determinate cose, viaggiare anche diverse ore solo per restare 2 ore in una destinazione e vivere con mano il fascino di una cultura, non è sacrificio ma impegno. Sacrificio è passare la maggior parte della propria vita a lavorare, per potersi permettere le cose che ti arricchiscono veramente. E se potessi ne farei volentieri a meno
Se tu pensi che quello che ho scritto è aria fritta posso solo dirti che è una tua credenza. Ci sono vari libri che ne parlano approfonditamente e poi c’è la vita quotidiana. Per curiosità, che lavoro fai?
Tutto e subito, sempre e comunque tutto e subito!
Eh no, non sempre è possibile! Tutto qua!
Ma, nessuno si accontenta, e correre su palline impossibili, è la norma, quando, in realtà, un punto non può essere decisivo di un match!
Una regolatina alle proprie ambizioni, in funzione delle reali possibilità, è quello che ci vuole; semplicemente accontentandosi di quello che il nostro corpo ci permette.
Altrimenti, gli infortuni saranno in aumento, semplicemente a causa di una eccessiva competitività, non commisurata alle reali capacità.
Io la vedo così….
Indian wells ormai è 2 anni che vince sempre qualcuno che non è pronosticabile visto le ultime due vittorie di due giocatori che non erano nelle prime 10-12 teste di serie, che poi nel loro percorso si siano comunque mantenuti a livello top 10-top 15 è un altro discorso. Penso che nessuno arrivi messo tanto meglio di qualcun altro, tolto medvedev che però non ha mai fatto bene anche perché i campi sono molto lenti con tanto vento, qualcun altro è reduce da problemi fisici alcaraz,tsisipas (che poi a iw non ha mai fatto bene),qualcun altro in questo breve periodo ha convinto poco(fritz per me ad esempio, lo stesso FAA l ho visto malino,stanco e anche un po affaticato nel match di dubai con sonego e a iw non ha mai fatto bene, ruud ad acapulco malissimo,rune così cosi,rublev e hurkacz discontinui) perciò per me anche sinner le sue carte se le può giocare perché a me gli unici che in questo periodo hanno convinto sono medvedev, norrie e lui( se il primo non ha mai dato buone impressioni a iw, il secondo lo reputo comunque molto più debole di sinner) perciò per me le sue carte se le può giocare…tuttavia inizia un torneo potenzialmente sorprendente dove non rimarrei così a bocca aperta se avesse da vincere un tommy paul(un nome che a me ispira particolarmente e finito in una zona di tabellone dove si può togliere soddisfazioni visto le condizioni non ottimali di FAA ed Alcaraz e la discontinuità di hurkacz)di turno o comunque un giocatore che ad oggi consideriamo poco.
Le racchette di legno ormai sono un retaggio del passato e si deve andare avanti. Oramai i tennisti sono totalmente diversi, come tipo di fisicità, da quelli degli anni 80. Perciò dire torniamo alle racchette di legno e risolviamo il problema è abbastanza buttata lì alla boia d’un Giuda secondo me. Anche perché se i tennisti che ci sono ora sono cresciuti con certe abitudini di velocità di gioco, stili ecc. cambiare così a metà carriera risulterebbe in un abbassamento generale della qualità di gioco spaventoso. Praticamente tutti gli sport negli anni si sono evoluti, alcuni stravolti, grazie all’avanzamento della tecnologia, e il tennis non è da meno.
Sapevo che la mia affermazione sarebbe stata pretestuosamente utilizzata per arrivare ad altro: non ho detto che non si debba lavorare, la nostra società non esisterebbe senza il lavoro (e non esisterà fino a quando le macchine ci avranno rimpiazzato), ho semplicemente affermato che non c’è nulla di nobile nel lavoro. Si fa perché si deve, finisce lì.
“Solo così puoi toccare l’evoluzione dell’anima che alimenta le vette della spiritualità.”
Ho capito perché non andiamo d’accordo, parli di aria fritta.
Gli infortuni che capitano oggi non è colpa dei materiali, ma dagli impegni che si susseguono senza sosta e da una programmazione spesso sbagliata, impossibile anche per un fisico allenato. Però posso parzialmente capire perché lo fanno. Il tennis non è come tanti sport di squadra dove i costi di trasferta e dello staff sono a totale carico delle società di appartenenza. Nel tennis, staff, voli, costo di trasferta sono a totale carico dell’atleta. Ma a se si vuole rimanere a galla e soprattutto durare a lungo bisognerebbe forse ridimensionare il tutto diradando gli impegni. E magari non prendere assolutamente di esempio i big 3. Un unicum nella storia di questo sport non solo da un punto di vista di forza a livello atletico ma anche da un punto di vista di robustezza e longevità atletica. Il rischio è quello di bruciarsi come una meteora. tanti giovani pur molto bravi, stanno rischiando proprio questo.
Bill tilden già serviva a 200 negli anni 30
Nell’equazione Matteo Berrettini inserirei tra i parametri la fatica di dover rientrare dopo ogni infortunio. Il dispendio di energie, fisiche, ma soprattutto mentali, è enorme rispetto ad una semplice sconfitta o ad una settimana di vacanza, e lui lo ha fatto a più riprese dal 2019, sempre cercando di sorridere a colpi del destino che avrebbero steso un elefante. La sensazione è che abbia bisogno di una stagione di “stacco”, non di un mese, e di fatto se la sta prendendo, con il corpo che segnala malesseri che non riesce neanche più a interpretare bene. Potrebbe fare di più, secondo alcuni passando dal monachesimo all’ascetismo? Fa con quello che ha in questo momento, di stato fisico e di energie mentali
Correggo: la Pro Staff Midsize ha piatto 85 e non 88.Sampras peraltro usava solo quelle made a, S. Vincent (primer rosso).
Vero che serviva ace e pure Ivanisevic ma va detto che indoor ed erba erano rapidissime e che i big server erano meno, un break non sempre decideva il set come adesso.
Oltre al lavoro ho altre 100 cose da fare….quello si. ma l’esempio era tra fare il proprio lavoro con passione e uscire e cazzeggiare con amici e compagna. Per mia esperienza il lavoro mi ha cresciuto molto, mi ha fatto capire molte cose, soprattutto l’importanza dell’umiltà. Poi se qualcuno ha la “fortuna” di essere ricco di famiglia e permettersi di non lavorare ma di avere tante passioni per evolversi allora beato lui. Forse è il tuo caso?
La frase “non c’è nulla di nobile nel sacrificio” mi fa un pò rabbrividire e non serve uno scienziato per dire che è profondamente sbagliata. Se vuoi arrivare alla bellezza, all’evoluzione spirituale della persona devi, puoi e vuoi passare per l’impegno costante, per il sacrificio che diventa uno strumento “piacevole” per evolverti per diventare Berrettini nel tennis, Boccelli nel canto con tante ore dedicate a provare e riprovare, Allevi a suonare il pianoforte, un bravo commercialista tra studi, lauree, master. Solo così puoi toccare l’evoluzione dell’anima che alimenta le vette della spiritualità.
Proprio per questo penso che il tuo messaggio condensi tutto ciò che non va nella nostra cultura.
Ne converrai che è venuto in un momento di intensa attività fisica, dove il tedesco stava mettendo alla prova il suo corpo con una intensità che non aveva mai fatto.
Pensi forse che se avesse giocato un match che vinceva facilmente si sarebbe infortunato?
Nel mio post sottolineo proprio l’importanza di fare quello che serve per vincere senza arrivare oltre il limite dell’infortunio.
Può darsi che sia solo un periodo di “respiro” anche se in realtà momenti per respirare dovuti agli infortuni ne ha avuti molti.
La responsabilità Matteo la ha verso se stesso, fare la “bella vita” può appagare alcune necessità della persona ma sono effimere, in realtà si capisce che piano piano ci si imbruttisce, si diventa più deboli in vari ambiti. Quindi oltre a rispondere a se stesso risponde, e qui ripropongo l’esempio del commercialista, alle aziende sue clienti che hanno investito su di lui. Se io azienda ho investito perchè Matteo è una persona evoluta, in crescita continua, una bella persona e poi mi comincia a fare vita mondana e per osmosi a non fare risultati, credi che siano contente le aziende, gli sponsor come ritorno di immagine?
Quando ti infortuni, la condizione la perdi a tal punto che ora che recuperi al meglio ci vuole molto tempo. Se ti infortuni nuovamente e subito la condizione scende ancora ad un livello più basso del precedente perché non eri ancora al top. Quando ti infortuni per troppo tempo o troppo spesso, in sostanza diventi scarso. Ti alleni sempre di meno, e la miglior condizione che avevi un tempo non l’avrai mai perché non riuscirai più ad allenarti abbastanza per recuperare le migliori prestazioni possibile che il tuo corpo può fornire. Anche se Matteo ora fosse sano, non sarebbe il Matteo di 2/3 anni fa perché sono 2/3 che non si allena bene. Ci vorrebbero mesi di allenamento e tornei per tornare al livello max che può dare. Ma se continua ad infortunarsi, non ci riuscirà mai e che c’entri la patata è tutto da dimostrare.
Però Italy, dai, tesi che è sempre infortunato che non regge, ripeto, a fine novembre ha giocato la Davis, non era in condizioni ottimali, ma l’ha giocata, poi ha avuto tutto il mese di dicembre per allenarsi, a gennaio ha giocato 4/5 partite e poi un altro mese e mezzo per allenarsi, mi sarei aspettato un altro livello di preparazione pur con tutti i distinguo da fare dovuti alla sua corporatura e costituzione, non attacchiamoci sempre a qualsiasi cosa per difendere i nostri mentre si è “spietati” con gli altri
Tra chi si annoia davanti al gioco del miglior risponditore del mondo, tale Nole Djokovic, e chi si annoia davanti al gioco “solo servizio” tipo Isner, io mi considero tra i secondi. Veramente mi annoio agli incontri dove i punti vincenti sono soprattutto battute. Mi sono sempre chiesto se il solo avvicinare di un po’ di centimetri la linea del servizio alla rete, non servirebbe ad obbligare anche gli atleti superiori ai 190 cm a battere meno piatto. Per quanto riguarda gli infortuni il maggior stress su braccio e schiena è dato proprio dal servizio.
Dieci pagine d’articolo sono troppe.
A proposito di palle “fluffy” le Penn che usano a IW sono in cima a quella lista. E no, quanto capitano delle palle “inusuali” i tennisti se ne accorgono la seconda volta che le servono e le danno all’umpire, il quale le sostituisce, quindi fra i pro questi problemi di difetti di fabbrica sono risolti. Pensare che ci fossero migliaia di palle difettose all’AO direi che è un discorso più da complottismo.
Vero è che Medvedev si è lamentato delle palle e secondo lui esse sono le responsabili degli ultimi infortuni. Fosse così sarebbero tutti infortunati al polso, gomito, braccio. E non è così. Per dirne uno Alcaraz s’è stirato un muscolo interno della coscia per fare un recupero in allungo, in allenamento. Direi che il problema è semmai l’agonismo senza pause, anche nella pratica che dovrebbe essere il momento di riflessione del tennista, non quello dell’agonismo. Se si piazzano telecamere personali o pubblico sulle tribune anche per quelli..
Non si può tornare alle racchette di legno, fatevene una ragione.
Karlovic ha servito con quelle qualche anno fa per provare e l’ha SPEZZATA in due, letteralmente. Le braccia dei tennisti, la loro preparazione tecnica e atletica è diversa.
È tutto molto teorico e di difficile applicazione. Secondo me giocare con racchette da max 90 pollici aiuterebbe i big server a discapito dei ribattitori. Sampras giocava con pro staff 88 pollici, ivanisevic con prestige 90 pollici e servivano comunque da paura. Ora rispondere a servizi da 220 km con una racchetta da 90 pollici è senz altro piu difficile che con una da 97 o 100. Di sicuro i giocatori di oggi, quelli che hanno iniziato fin da piccoli con pure drive e speed difficilmente cambierebbero stile di gioco. Sarebbe interessante provare questi piatti piu piccoli in qualche torneo esibizione e vedere cosa accade. A mia memoria l unico che giocava con un piatto 88 e poi 90 era federer,poi dimitrov con wilson 90.
Mai detto che una relazione stabile sia certezza di risultati. Ci sono tanti tasselli da mettere nel puzzle. Musetti ha un altro problema, con se stesso nella gestione emotiva dei suoi match. Purtroppo a gennaio ha avuto una brutta botta, avendo la certificazione sul posto che il suo coach non è la persona migliore a gestirlo a livello di emotività visto che purtroppo e mi dispiace ha difficoltà a gestire anche se stesso. Scandagliare e ricercare le cause dei risultati non buoni è il pane quotidiano per coach, allenatori, psicologi, imprenditori, genitori, insegnanti, atleti, per chi vuole crescere è l’abc della quotidianità.
Per me il punto è forse un altro. A me interessa poco scandagliare le cause delle sue pessime prestazioni. Preferisco limitarmi a ciò che vedo sul campo, magari avanzando critiche (da sempre parliamo dei suoi “limiti” fisici, la diagonale del rovescio etc etc). Dovesse proseguire questa “tendenza negativa”, semplicemente, mai sceglierò ancora di guardare una sua partita, avrò meno aspettative. Mai mi permetterò di scagliarmi contro le sue scelte personali e la sua persona. Ognuno deve essere libero di vivere la sua vita come crede, secondo i suoi principi e i suoi valori (che possono anche mutare nel tempo). Musetti ora ha una relazione stabile, non mi pare che i suoi risultati ne abbiano risentito in maniera positiva (mi scuso se mi permetto di citare la cosa), ma trovo che la vita sia più complessa di come la si tenda a schematizzare. Relazione stabile, non significa risultati certi. Ci sta farsi delle domande e chiedersi se la “vita mondana” possa influenzare la sua preparazione. Per me, forse è lui che deve saper gestire meglio la sua sfera sportiva e privata. Io mi auguro di vedere una risposta sul campo da parte di Matteo, se possibile già da ora. Staremo a vedere…
Certo, a volte capita che siamo stressati, stanchi oppure capita come può essere successo a Berrettini che tutti ti vogliono, sponsor, donne, ecc. e le sirene sono tante e non sempre si è abbastanza forti e determinati per rimanere saldi sui propri obbiettivi.
Il bellissimo articolo spiega che per il bene di Matteo Berrettini ci vogliono persone che non siano accondiscendenti con le sue debolezze ma gli facciano ricordare la strada maestra per tornare ad avere certi risultati.
Condivido anche io che la prima persona cui rendere conto delle proprie azioni e’ noi stessi. Finche’ queste sono legali :).
E nel caso di Berrettini lo sono al 100%. Fare vita mondana, dedicarsi ad attivita extra sportive che possono essere anche molto appaganti e’ piu’ che conprensibile.
Anche a me dispiacerebbe non vedere piu’ Matteo in top 10 o in finale a wimbledon. Ma chi ci dice che lui non possa essere piu’ contento cosi? E che quando appunto rende conto a se stesso vede che ora e’ questa la sua strada (Anche senza arrivare ai massimi di george best: “In 1969 I gave up women and alcohol – it was the worst 20 minutes of my life”). Matteo fra l’altro potrebbe avere successo anche in altre attivita’ a mio avviso.
Critiche ammesse ovviamente ma nessuno dovrebbe giudicarlo con saccenza, cattiveria o solo in base a cio’ che farebbe lui stesso. L’esempio del commercialista lo trovo come minimo forzato. Matteo non sta ingannando nessun cliente che lo paga. Sta decidendo per se stesso (e se tradisce le aspettative di qualche tifoso troppo invadente, pace).
Certo, ad ognuno vien da pensare che se fossimo stati noi a 26 anni nella posizione di Berrettini avremmo dato anche l’anima. Ma se poi nessuno di noi non c’e’ nemmeno arrivato vicino forse e’ anche perche’ l’anima non l’abbiamo data prima, e nemmeno sappiamo cosa significa veramente a quel livello.
Detto cio’ la mia speranza e’ che decida di fare lo sportivo al 110% e riesca a rimanere al top per alcuni altri anni. Ma altrimenti pazienza. E tifo per lui comunque sempre
Penso che questo messaggio condensi tutto ciò che non va nella nostra cultura.
L’impegno nella propria professione è solo un autoconvincimento per giustificare il sacrificio di 8 delle 16h di cui è composta una giornata. Non c’è nulla di nobile nel sacrificio, come in nessun’altra cosa, visto che nasci e alla fine muori indipendentemente dagli eventi: c’è solo quello che per ognuno è giusto.
Io non sono per la vita mondana, non fa per me, ma che la bella vita sia un freno a obiettivi superiori è una boiata che dici a te stesso per giustificare la sveglia alle 7.
Puoi “abbellire la persona” leggendo, studiando, facendo esperienze (viaggi, sport, interazioni sociali). Non lavorando.
Zverev si è infortunato per un trauma, indipendente dal suo fisico, non diciamo castronerie per portare avanti una tesi (peraltro condivisibile)
Ma era da quando ha giocato il doppio in Davis che non era più infortunato.
Sono passati 3 mesi. Se non ti alleni al meglio e alterni con uscite frequenti quando in ritiro i giocatori sono a nanna la contrattura muscolare è dietro l’angolo.
Non è un’idea balzana, ovviamente non il 25% dei tornei, ma prevedere ogni tanto qualche evento di questo tipo non sarebbe male. Un po’ come si fa nel ciclismo con le “strade bianche”, dove i professionisti si cimentano con i sentieri ghiaiosi (per tacere della Parigi Roubaix)
Bisogna fare chiarezza….nel periodo in cui ha dichiarato di fare la preparazione non è stato infortunato. Questa storia che ha più tempo libero perchè ha un fisico fragile e deve allenarsi di meno mi giunge nuova. Non ho mai sentito dal suo staff nulla in questo senso. Anzi si è voluto fare questa pausa dai tornei per potere fare una preparazione con i controfiocchi stile ritiro calcistico. A casa mia se ho un fisico da mettere a punto ho sempre da fare allenamenti propedeuci per gestire il motore dell’atleta. Il discorso sull’importanza del recupero e del riposo dell’atleta l’ho già evidenziata l’altro giorno.
Tra l’altro non ho più avuto risposta da quell’utente che diceva di essere un tecnico CONI….
Per intenderci. Raonic e Nishikori non mi pare che siano gigolò. Semplicemente per i troppi infortuni non sono più riusciti a tornare competivivi. Un Matteo sano ha fatto vedere quello di cui è capace. Un Matteo eternamente infortunato e fuori condizione che potrà mai fare? Competere con i fenomeni al 100% della loro condizione?
No. Perderera’ anche con quelli con cui prima andava a spasso.
Sarà un bell’anno, tanta gente poche certezze. Senza Roger ormai sarà una jungla, nulla è più come prima
Magnifica desamina ,quasi generale.
Semplice,Chiara ed esaustiva.
Complimenti e grazie per la lezione di cosa tratta questo sport,il tennis.
Riguardo Matteo, le critiche al suo stile di vita sono critiche sostenute solo da prove indiziarie. Sarebbero fondate se pur non infortunato, facesse pieta’. Chiaro a quel punto che non si alleni. Troppa patata e troppi svaghi.
La storia di Matteo tennista è costellata da infortuni che diventano sempre più frequenti. NON può allenarsi e giocare con continuità. Ha più tempo libero e quindi se la “spassa”. Ma lo spassarsela non è la causa del suo giocar male e poco, è l’effetto degli infortuni che gli “regalano” tempo libero che sfrutta al meglio, economicamente e gaudentemente. Ridatemi un Matteo sano per 6 mesi e vediamo cosa succede. A qual punto si vedrà sé non ha più fame oppure no.
Articolo EPOCALE… complimenti.
Potrebbe essere una strada percorribile far giocare un 20- 25% di tornei ATP, Challenger con attrezzi, racchette di legno, di altri tempi, incominciando dai tornei sull’erba, per vedere come si adatterebbero i giocatori e gli spettatori?
Grazie per l’articolo <3
Interessante sotto qualsiasi punto di vista, capace di muovere anche pesanti critiche, ma conservando uno certo stile.
Analisi che tocca anche moltissimi temi affrontati da noi utenti, nelle varie discussioni e ne fornisce una sintesi perfetta. A me dispiace; i primi a risentire di tutto questo, siamo proprio noi "appassionati" (mi permetto di inserirmi nella categoria). Posso dirlo che il mio entusiasmo per il sunshine, è ridotto ai minimi storici? Grazie anche a tutti quelli, che nei loro commenti, forniscono spunti per ulteriori riflessioni. Buon tennis (quel che è rimasto..) a tutti!
Credo che prima o poi si dovrà arrivare a porre dei limiti di peso e di dimensione dell’ovale. Mi viene in mente ora un fantastico articolo di Matchball, credo fine anni 80,dove si ipotizzava che , visto l’incremento di velocità (si prendeva spunto da Becker e Agassi) il tennis del futuro sarebbe stato giocato con guanti sulle mani, niente racchette.
Senza andare nella fantascienza i professionisti dovrebbero usare piatti 90,peso telaio 315max, palline di 3mm di diametro più ampio e con meno pressione. Sostituzione delle stesse ogni 60 minuti gioco effettivo.
E giocare meno.
Per i ragazzini: tot tornei anno, mai in contemporanea, mai monofili fino 14 anni, mai racchette oltre 280g per femmine e 300 per maschi fino 16 anni.
E chi incorda le racchette ai ragazzini divieto di andare sopra i 20kg.
Tanto gli ortopedici lavorano molto col paddle ora.
Riuscire a gestire il proprio corpo ottenendo il massimo dei risultati è importante, forse il maggiore fra gli impegni dei tennisti di vertice.
Giocare in maniera efficace senza stressare troppo il fisico è stata la caratteristica che ha contraddistinto i Fab3.
Per superarsi, hanno dovuto trovare soluzioni tattiche e fisiche per essere efficaci sia efficaci che resistenti.
Il Serve&Volley si è estinto perché, con i nuovi materiali, era meno efficace. Spettacolare, ma poco efficace. Necessitava di una preparazione fisica che si poteva mantenere solo alcune settimane in un anno.
Tanti giocatori in ascesa devono capire cosa chiedere al loro fisico.
Zverev, per esempio, ha caratteristiche che lo mettevano uno dei migliori nei tornei su tre set. Per cercare di affermarsi negli Slam, ha oltrepassato alcuni suoi limiti fisici, ma si è anche infortunato.
Medvedev lo scorso anno ha stretto i denti per arrivare al numero uno, ma poi è crollato.
Si dice sempre che Fognini non ha ottenuto il massimo per le sue potenzialità, ma ha avuto una carriera estremamente lunga. Forse, se si fosse spremuto di più nel momento giusto, sarebbe arrivato più in alto, ma sarebbe durato meno.
Tutto molto complicato… per cui bisogna capire anche Sinner e Musetti quando sperimentano il loro fisico e passano periodi non al top o si infortunano.
Condivido appieno, la prima persona alla quale dobbiamo rendere conto è noi stessi e sciupare talento ed opportunità è un delitto.
Diglielo agli sponsor che hanno lautamente investito su di lui, temo tu tralascia questo piccolo particolare. Se è un momento per prendere un pò di respiro posso capire se diventerà un trend diventa una cosa nociva per lui come persona prima ancora che il giocatore.
Come è lontano il Berrettini di solo 3 anni fa che diceva “Vorrei scalare la classifica” per garantire un alloggio ed un viaggio migliore al mio team
@ giorgione (#3447541)
Dal basso verso l’alto…
Non essendosi voluto vaccinare
oppure
Non essendo ammesso negli Stati Uniti
Punti di vista…
Articolo eccellente. Come dice una pubblicità di questi giorni occorre equilibrio tra “velocità e stabilità” che è altro non è che una riedizione di un vecchio spot che diceva “la potenza è nulla senza il controllo”.
Gli attrezzi consentono di incrementare la velocità ma, soprattutto la pesantezza di palla e di contro si sono rallentate le superfici. In sostanza abbiamo una macchina veloce che non esce quasi mai di pista. Ma il tennis, inteso come arte e non come esercizio solo ginnico o solo di precisione, ha la sua bellezza nel confronto di stili… E stili non ce ne sono. Troppo poco il tempo per variare, in rovescio lento alla Mac sarebbe aggredito, una variazione alla Mecir non può più essere strategia ma di “imbarazzo”, ovvero non so più che fare e la butto di là.
Il problema non è ora, è domani:che succederà? A quale sport assisteremo?
40 anni fa il tennis su terra era il più noioso, ora per me è il più bello, si coglie un pizzico di tempo in più. Ma, è un pizzico, sarà sempre più simile al campo duro a meno che non sia giocato in ore serali e l’umidità dica la sua.
Il tennis “stellare” non è quello delle scie luminose dei meteoriti, è la tattica, la difesa che contrasta efficacemente l’attacco. La “possibilità”.
Per chi non ha mai assistito a, tutto questo, magari i giovanissimi, suggerisco un Edberg-Mecir:il succo del tennis.
potrei suggerire un titolo appropriato a questo bell’articolo:
businness rovina sport 😯
È proprio quello il punto! se rendi il gioco più tecnico e “difficile”, nel medio termine chi tira mazzate di potenza e non di precisione d’impatto frutto di tecnica calerebbe come importanza relativa, e la componente atletica e di forza del gioco sarebbe meno preponderante. La conseguenza sarebbero meno infortuni poiché il fisico conterebbe di meno e sarebbe meno spremuto. Lo scrivo da anni, fa piacere che un giornalista esperto come Elis sia sulla stessa posizione.
Difficilissimo che accada, la tendenza è rendere lo sport il più accessibile a tutti, ed è assai più comune avere ottimi atleti che talenti tecnici. Ma… è bello uno sport dove i migliori sono spesso KO e non al meglio? L’ho sottolineato nel pezzo su Alcaraz dopo la finale di Rio. Vedremo che ci porterà il 2023…
@ sander (#3447589)
Io credo che le responsabilita’ di Matteo sono con se stesso e con il suo Team. Con i sacrifici che ha fatto e i traguardi che ha raggiunto ipotizzo che siano tutti felici e contenti (in termini economici e di risultati raggiuti)
Se un ragazzo della sua eta’ decide consapevolmente che esistono cose piu’ interessanti nella vita da fare piuttosto di prendere 50 aerei all’anno e correre tutti i giorni dietro ad una pallina, è criticabile da te o da me ? Per me assolutamente no
My2C
Nell’articolo mi sembra di capire che i problemi di Berrettini dipendano davvero dalla nuova vita “mediatica” e meno sportiva.
L’autore non lo dice espressamente; ma fa capire che lo suppone. Vedremo cosa farà Santopadre.
No so che lavoro tu faccia, ipotizzo per esempio, il commercialista. Se tu ti fossi fatto il mazzo prima di arrivare ad essere tra i pù rinomati commercialisti della tua provincia e poi a un certo punto cominciassi a fregartene, a trascurare i clienti, non curare bene le loro pratiche.
Sarebbe una cosa sana, una cosa bella? Forse sei molto giovane e non hai ancora capito l’importanza e la bellezza del senso e della cultura al sacrificio.
Spassarsela, fare tardi la sera non ti porta ad essere fiero di te.
Dentro ognuno di noi c’è un lumicino interiore che sa dirci ed è consapevole se stiamo facendo bene o male.
Non è un sacrificare la gioventù, è un abbellire la persona.
Purtroppo è un retaggio della nostra cultura, è vero bisogna anche staccare e divertirsi quando è il momento ma quello che conta è avere voglia di colorare la propria vita e di crescere ed evolversi. E’ questo quello che conta e passa attraverso il sano impegno e la passione quotidiana per quello che si fa.
Bellissimo: Djokovic non potrà partecipare “in virtù del fatto che..”…faccio notare che “in virtù” significa “grazie a”,”per merito di..”..spero che non fosse intenzionale ma solo un uso improprio del vocabolario italiano..o peggio un “lapsus freudiano”
@ marco.mazzoni (#3447522)
Poi per quanto riguarda l anticipocredo che più è piccolo il piatto e più sia difficile impattare prima con precisione. Agassi diceva di usare un oversize proprio per anticipare meglio la palla
@paolomoro
l’articolo non ha certo bisogno di un mio giudizio,in quanto la grandezza giornalistica di Elis è nota a tutti .
Ma al “fraterno amico “ , posso solo replicare con:
IDEM❤️
@ marco.mazzoni (#3447522)
È un tema complicato e poco esplorato. Anni fa fecero dei test in Australia con Philippoussis, fece un test al servizio alternando la sua racchetta ed una vecchia Dunlop in legno. Ebbene con la sua racchetta raggiunse i 210 km e con quella di legno i 205, quindi non c era troppa differenza. Quello che peggiorò fu la oercentuale di palle dentro, diminuì sensibilmente. Poi comunque Vilas arrotava anche con la racchetta da 75 pollici
Nel Baseball hanno potuto e nel Tennis no.
Perché?
In realtà si sa benissimo cosa è proficuo e cosa non lo è.
Ma non si ha coraggio.
Capitolo Berrettini, qualcuno mi deve spiegare perche’ se dovesse scegliere di vivere e divertirsi alla grande questo sarebbe criticabile ?
Scegliere di godersela e di non passare ore e ore a correre dietro una pallina come un pirla , ora che puo’ permetterselo visto tutto il lavoro e i sacrifici che ha fatto , come puo’ essere criticabile ? Ovviamente non vale solo per lui . Sacridficare la gioventu’ a chi ? A cosa ? NON trovo davvero nulla di criticabile, anzi.
Saluti
c’è da dire che paradossalmente adesso un tennista gioca di più e più a lungo rispetto a quando c’erano le racchette di legno o corde in budello. il calendario è più fitto e bene o male tutti giocano abbondantemente dopo i 30. non sono un esperto di biomeccanica, ma ho sempre pensato, forse a torto, che una pallina presa piatta abbia ripercussioni ben peggiori di una pallina presa in top, perché nel primo caso le vibrazioni del telaio che colpisce la pallina perfettamente perpendicolare al terreno si sviluppano lungo tutto il perimetro del piatto corde. quando si colpisce in top, quind dall’alto verso il basso, le vibrazioni vengono attenuate.
Complimenti, ottimo articolo
Il più bell’articolo di LT del 2023!
È tema molto interessante e discretamente complesso. Ovali piccoli e soprattutto corde meno dure limiterebbero la capacità di spingere a tutta con forza bruta e rotazioni esasperate, premiando maggiormente impatti puliti sull’anticipo e un gioco più proiettato in avanti sulla rete. Tennis meno muscolare -> meno scambi -> % meno problemi muscolari.
saluti
@ Purple rain (#3447510)
Aumenterebbero solo le steccate
@ Allupo (#3447490)
E perchè con le racchette da 90 pollici dovrebbero diminuire gli infortuni?
E avercene sempre di articoli di questo spessore tecnico!
Si evince che il tennista moderno non può fare tutti i tornei ATP previsti, deve programmare in modo ossessivo la stagione operando (in barba a sponsor e organizzatori) anche scelte dolorose
Ottimo articolo. Non capisco solo perché non si possa seguire, solo a livello pro, l’esempio del baseball. Io vedrei bene per i pro racchette con ovale di Max 90npollici è minimo 330 grammi di peso
Grande stima, per questo articolo, a Elis Calegari che ha scritto grandi verità senza mezzi termini facendo capire che ” probabilmente” anche Santopadre questa situazione che si è venuta a creare la mal digerisce.
Articolo stupendo.
Analitico ed informativo.
Grazie Elis.
Complimenti!
😳