La mia esperienza al Piatti Tennis Center
L’amica Lucia Gervasoni ha scritto e ci ha condiviso un bel racconto della sua personale esperienza al Piatti Tennis Center, dove ha trascorso recentemente due giorni a tutto tennis in quel di Bordighera. Per chi non lo sapesse, anche semplici agonisti e appassionati hanno la possibilità di allenarsi presso l’Accademia di altissimo livello creata e diretta personalmente da coach Riccardo Piatti, con lezioni dedicate e appositamente strutturate in base alla classe d’età, livello di gioco e le proprie caratteristiche. Una piccola full immersion da sogno per chi ama il tennis ed è curioso di scoprire e vivere sulla propria pelle come ci si allena in una struttura di livello internazionale. Ecco l’esperienza di Lucia, un racconto carico di emozioni che ci apre le porte del centro di Riccardo e soprattutto ci regala un pezzettino della sua grande passione per il tennis.
Ho provato più volte a iniziare a descrivere l’esperienza che ho vissuto al Piatti Tennis Center, ma credo che più di tante parole, valga la pena di raccontare le mie emozioni e sensazioni, perché queste hanno caratterizzato più di tutto la mia permanenza.
Molte volte emozioni e tennis non vanno d’accordo, anzi spesso si sente dire che le emozioni devono stare fuori dal campo per potersi concentrare solo sul gioco, ma la sensazione di trovarsi come a casa e in una famiglia che ho provato stando al centro di Riccardo Piatti hanno avuto il sopravvento su tutto.
La prima sensazione è stata di stupore: ho ricevuto come regalo di anniversario di matrimonio la possibilità frequentare il Piatti Tennis Center, seguita da panico: il mio livello di gioco sarà adatto almeno per riuscire a palleggiare con qualcuno di loro?
E infine l’attesa: sono stata inserita in un gruppo whatsapp; la sera precedente al mio allenamento ho ricevuto il plannig degli allenamenti, ogni lezione dura 90 minuti.
Al mattino i turni iniziano alle ore 8.00 – 9.30 – 11.00 -12.30
Al pomeriggio i turni iniziano alle ore 14.00 – 15.30 – 17.00 – 18.30
Nel TIME TABLE si trovano tutte le indicazioni necessarie:
– su quale campo si ha l’allenamento (campo 1-2 all’aperto – campo 3-4 coperto)
– orario di inizio preparazione atletica (che può essere prima o dopo la sessione di tennis)
Non sono mai orari fissi ripetuti per tutte le giornate dello stage. Variano ogni giorno in base alla presenza / assenza di atleti / condizioni meteo / organizzazione in base alle capacità di gioco dei singoli atleti presenti. Le sessioni di tennis si svolgono in gruppi di min 2, max 3 giocatori equiparati il più possibile in età anagrafica e capacità di gioco. Al momento dello stage, occorre consegnare un certificato medico di buona salute o agonistico, in corso di validità. Il mio programma prevede:
1° giorno: testing day completo: tennis, atletica e videoanalisi; 3 ore di tennis e 3 ore di preparazione fisica;
2° giorno: allenamento tennis e atletica; 3 ore di tennis e 3 ore di preparazione fisica.
Ecco come è andata!
Arrivo al centro alle 7.45 avendo ricevuto l’indicazione nel plannig che avrei avuto allenamento tennis alle ore 8.00. L’aria è frizzantina, il sole ancora non si vede, ma il panorama è fantastico: serre, colline, macchia mediterranea. Il centro si trova ai piedi del cavalcavia dell’autostrada, ma facilmente raggiungibile dal centro di Bordighera in pochissimi minuti in auto.
Man mano che si avvicinano le 8.00 arrivano altre persone, mamme con bambini, teenager italiani e stranieri, pulmini di atleti che appartengono centri sportivi di tutta Italia … ci raduniamo fuori dal cancello d’ingresso che mostra l’insegna, Piatti Tennis Center: sono proprio qui davanti, tra poco tocca a me, ho solo voglia di prendere in mano la racchetta e vedere cosa succede!
Arriva lo staff della prima ora, apre il cancello e una cortese signorina bionda e dai meravigliosi capelli ricci raccolti in una semplice coda ci invita ad entrare: varco finalmente il cancello, sta iniziando la mia avventura al Piatti tennis Center.
Guardo da ogni parte per capire come è fatto il centro, anche se mi sembra già di conoscerlo perché ho studiato nei minimi dettagli il sito ufficiale e lo seguo sui social. A sinistra i campi, a destra l’edificio con l’accoglienza, gli uffici, la palestra e gli spogliatoi, davanti a me i divanetti e le sedie per l’attesa degli allenamenti. Noto subito una cosa: l’aria frizzantina… ha reso i campi esterni scivolosi e impraticabili, pertanto, la signorina bionda ci invita a seguirla per entrare tutti nei campi coperti. Un evento più unico che raro, mi spiegano: anche d’inverno si riesce sempre a giocare all’esterno alle 8.00 del mattino, ma la notte precedente il cielo stellato ha tirato un brutto scherzo, ghiacciando i campi.
Io ero già stata programmata per giocare nei campi indoor, ma gli altri? Niente paura, la signorina bionda si organizza in men che non si dica e trova subito la soluzione migliore per tutti. Mi ero preoccupata che fossimo “in tanti” a dover dividere i 2 campi indoor, ma in realtà non mi ero accorta che erano quasi tutti maestri: diciamo in proporzione quasi un maestro per ogni stagista.
La signorina bionda si è presentata: è Claudia Massetti, Istruttore di Secondo Grado (FIT) e lavora al Piatti Tennis Center dal 2018. Insieme a lei oggi sul campo per me c’è anche Marco Lagati, coach PTR. Abbiamo diviso il campo a metà e iniziato il riscaldamento. Cosa mi aspettava? Niente di diverso o più complicato di un palleggio a metà campo: io dovevo colpire la palla al rimbalzo e il maestro invece avrebbe colpito una volée.
Il riscaldamento è durato almeno 15 minuti, la tensione di giocare con un maestro del Piatti Tennis Center mi ha fatto un po’ tremare il braccio, unita anche al fatto che avevo le mani congelate è andata a finire che ho tirato in rete qualche palla di troppo.
Ancora niente panico: Claudia mi rincuora dicendomi di stare tranquilla, che va tutto bene, di lasciare solo andare il braccio.
Continuiamo ancora per un po’, poi arriva il momento della videoanalisi. Claudia mi fa eseguire dei colpi di dritto di rovescio e il servizio e mi filma da dietro e dal fianco. Poi mi avvisa che le immagini con i commenti dei tecnici verranno mandati via mail all’indirizzo che ho fornito per la registrazione allo stage. Terminata questa fase, si beve un goccio d’acqua e si parte con l’allenamento. Ma prima Claudia mi fornisce alcune indicazioni sul metodo che utilizzano per l’insegnamento. Prende un tablet e mi mostra … Sinner!
Nella mia mente si crea un vortice di emozioni …. Mi stanno insegnando i trucchi di Sinner!
Le immagini proseguono… c’è il mio mito, Maria Sharapova e infine lui, il Re: Mr. Roger Federer da cui prendiamo spunto per il servizio.
Claudia mi spiega i particolari a cui devo stare attenta nell’esecuzione del colpo di dritto: “Guarda il braccio di Sinner, guarda la linea, guarda la mano sinistra, guarda il braccio sinistro”. La spiegazione dura un bel 10 minuti abbondanti e poi si parte.
Ogni tre colpi un suggerimento, un incoraggiamento, un consiglio, il maestro con cui palleggio non sta al di là della rete, lontano… ma viene vicino per parlare, mi aiuta a eseguire il movimento, a sentirlo! Che bello! Mi viene solo “che bello”! Ma veramente ero in estasi! Ero su un campo da tennis dove hanno giocato Sinner, Sharapova, recentemente Wawrinka, De Minaur, e proprio il giorno prima Bautista Agut e io stavo imparando felice come una bambina i trucchi del mestiere: dovevo impegnarmi il più possibile per non sprecare queta bellissima occasione.
L’allenamento è semplice: prima il maestro lancia la palla con la mano dalla parte del mio campo e io devo tirare dall’altra parte della rete, oppure lancia la palla con la mano e io devo farla tornare nelle sue mani, oppure si palleggia. 15 buoni minuti di servizio e dopo un goccio d’acqua si ricomincia a palleggiare, questa volta il maestro è dall’altra parte del campo. Per ogni sessione di allenamento la base è stata questa, con qualche variante nel secondo allenamento terminato con un tiebreak giocato contro la mia compagna di training. Il confronto con i maestri è continuo e arricchente oltre che stimolante e mai pedante o noioso. L’allenamento sembra finito in un batter d’occhio in realtà è già trascorsa un’ora e mezza.
Ci salutiamo e ci diamo appuntamento al prossimo allenamento, nel pomeriggio. Prendo le mie cose e mi trasferisco in palestra dove ho la sessione di ginnastica, ma prima passo dagli spogliatoi per lasciare le racchette. Posto pulitissimo, ci sono i servizi, lavandini, docce con un soffione molto grande, panchine, appendiabiti, cestini per la raccolta differenziata dei rifiuti. Ottimo. Ma non posso perdere tempo, corro in palestra.
Siamo in tanti ma c’è posto per tutti, sul famoso (per i social addicted) tappeto verde con i numeri è stato riservato un posto per me, il 14, dalla parte opposta all’ingresso. Il coach coordinatore mi dà il benvenuto e mi dice di togliere le scarpe e di lasciarle fuori sull’apposito scaffale.
Entro e mi guardo in giro: attrezzi, tappeti, pesi, macchine, atleti che lavorano individualmente e infine il nostro nutrito gruppo del tappeto verde, tutti con il sorriso sulle labbra e la voglia di iniziare la sessione di atletica. Veniamo divisi in gruppi: i bambini più piccoli vengono invitati a fare allenamento all’esterno con un preparatore, così possono anche correre più liberamente sul terrazzo e attorno al perimetro del centro: ormai sono le 9.30 e il sole si fa già sentire caldo, basta una felpa, un tappetino e i bambini sono sistemati.
Poi c’è il gruppo dei teenager che viene seguito da un altro coach e infine il gruppo over 20. Gli esercizi sono molto vari e non faticosi perché giustamente abbiamo appena finito una dura sessione di allenamento. Ma l’occhio di falco del preparatore atletico non ti molla nemmeno un secondo: la postura per eseguire l’esercizio deve essere quella corretta. Se sei sdraiato e l’esercizio richiede di tenere il bacino retroverso, il preparatore controlla millimetricamente che la schiena sia perfettamente appoggiata a terra; se sei in obliquo a fare gli addominali, passa a controllare se hai bisogno di maggiore equilibrio o di una raddrizzata. Insomma, lo stesso atteggiamento di attenzione e di precisione che ho trovato nei coach durante gli allenamenti, c’è anche nei coach della palestra, che bella filosofia! Durante l’allenamento spesso capita che anche il Maestro con la M maiuscola, il sig. Riccardo Piatti, passi a salutare o a vedere come va l’allenamento. Per me una visione mistica!
Finita la sessione torno negli spogliatoi mi cambio e cerco un posto per mangiare nelle vicinanze.C’è un agriturismo a pochi passi, ma se invece se si vuole tornare in Bordighera non ci vogliono più di dieci minuti per raggiungere la spiaggia e mangiare sul mare. Ho optato per questa soluzione perché avevo molto tempo tra l’allenamento della mattina e quello del pomeriggio. Mentre il secondo giorno avevo solo un’ora e mezza e pertanto ho deciso di portare un panino e mangiarlo sulla terrazza prendendo il sole e guardando gli allenamenti di Rocco Piatti, figlio di Riccardo, che davanti agli occhi del padre si allenava con un altro giocatore. Io mi sono portata il panino da casa, ma all’interno, alla reception, ci sono dei distributori da cui è possibile prendere qualche dolcetto, tramezzino, caffè, bibite o acqua. Ci sono dei divanetti dove riposare o leggere mentre si aspetta la sessione di allenamento successiva.
Per l’allenamento del pomeriggio del primo giorno ho avuto dei maestri diversi; niente paura: non si riparte da zero, perché i maestri chiedono all’atleta che cosa è stato spiegato al mattino e a quale particolare dei colpi prestare attenzione. Quindi si continua a lavorare su quanto individuato al mattino e lo stesso avviene il secondo giorno.
Il secondo giorno finalmente ho l’allenamento di tennis all’aperto. Fantastico: cielo blu, sole caldo, che meraviglia, sembra di giocare in primavera, arrivo da Milano con la nebbia e pochi gradi. Mi sento in paradiso. Qui potrebbe esserci un po’ più di tensione perché in terrazza o per il centro ci sono persone che osservano i tuoi allenamenti, ma Claudia, ancora lei, la mia preferita, mi fa pensare solo al tennis, non c’è nulla altro attorno, solo io e la mia racchetta in quel momento e lei che mi aiuta a migliorare il mio gioco, così come farebbe con un giocatore di più alto livello o con un bambino: con dedizione, passione e attenzione ai dettagli e alle parole.
Stupendo essere trattati così: sembra proprio di essere in famiglia dove non sei un numero, ma un nome, una persona.
Fila via così liscio e fantastico anche il secondo giorno e sta per concludersi anche la seconda sessione di tennis quando, nel tentativo di fare Ace con tutta la potenza possibile, mi do una racchettata sulla gamba sinistra, mi si apre una piccola ferita e si gonfia subito la zona.
Termino l’allenamento e il tiebreak che stavo giocando, non sia mai che io perda anche un solo secondo di tempo in campo, senza curarmi del dolore o del sangue, poi corro in reception a chiedere del ghiaccio perché affettivamente il mio “bernoccolo” stava crescendo.
La persona che stava alla reception si precipita a prendermi un sacchetto con il ghiaccio e per fortuna il bozzo è calato.
Vado così a fare ginnastica. Avevo avvertito che sarei arrivata con un po’ di ritardo perché mi ero fatta male, e appena sono arrivata tutti i preparatori si sono subito sincerati della mia condizione. Nulla di grave, ci vuole ben altro per farmi perdere la gioia di passare due giorni al Piatti Tennis Center. Terminata la seduta, ci salutiamo tutti come dei grandi amici. Io con gli occhi lucidi per l’emozione.
E per concludere la ciliegina sulla torta, vado negli spogliatoi, mi cambio e torno su per vedere se il mio taxi (mio marito) è venuto a prendermi. Sorpresa: lo trovo con i miei figli a parlare con nientepopodimenoche Riccardo Piatti, persona gentilissima che ci racconta del centro, del modo di allenare, della giusta attitudine da tenere per i ragazzi, parla direttamente ai miei bambini, guardandoli negli occhi e dandogli anche una pacca sulla spalla oltre che dei buoni consigli. Approfitto per fargli autografare il libro che mi ero portata e per fare una foto tutti insieme.
Ricordi che rimarranno indelebili nel mio cuore e nella mia mente. Ringrazio tutti al centro per l’accoglienza, la serietà, la dedizione, la pazienza, la sensibilità, la professionalità.
Non è un sogno irrealizzabile, si può andare a fare una esperienza così immersiva nel modo del tennis. Attraverso i social vengono lanciate anche delle promozioni di clinic per 4 o 5 giorni (c’erano ad esempio prima di Natale 2022). Peccato non avere avuto a disposizione più giorni, ma non è detto che io non ci ritorni.
Lucia Gervasoni
TAG: Livetennis Magazine, Lucia Gervasoni, Piatti Tennis Center, Riccardo Piatti
Molto dipende dalla resilienza del giocatore dal momento in cui decide di fare sul serio. Quando scatta questo click ed il giocatore ha un minimo di capacità e di disponibilità economica basta anche un buon maestro ex-professionista con esperienza nel circuito. (Ed in Italia ce ne sono vari e bravi.)
Purtroppo tanti “prospetti” sono tali solo nei sogni dei genitori, spesso ex-atleti di media/bassa quotazione od addirittura gente da circolo a cui è sconosciuto il reale approccio sportivo agonistico.
hai perfettamente ragione: se le accademie fossero utili ai mediocri, sfornerebbero sinner a pioggia. Invece fanno un lavoro normalissimo, uno di quelli che qualunque club un po’ attrezzato può fornire, a caro prezzo.
d’altronde vendono un sogno, esattamente come – in minore – hanno venduto il sogno di “spiegare i trucci di sinner” alla signora che ha pagato centinaia di euro per palleggiare una manciata di ore.
Ma sí, abbiamo passato anni a discutere di queste cose ai tempi di spaziotennis, alla fine ci vuole un allineamento di pianeti quasi impossibile, però giocare a tennis rimane una bella passione.
@ Shuzo (#3437743)
non lo vedo Piatti generoso, nel senso che dice lei .
Non incolpò certo Piatti o il sistema delle Accademie, ci mancherebbe. Non ne nego neppure la professionalità ma è l’illusione che si crea che mi lascia basito.Dietro maestri bravi e corretti nel dare un quadro realistico ve ne sono ma anche molti sono quelli che raccontano panzane enormi sfruttando l’incompetenza dei genitori che si fanno facilmente abbindolare. Poi, ai primi risultati meno gratificanti, iniziano il pellegrinaggio presso i vari centri, poi trovano l’allenatore personale (in realtà spesso un mezzo incompetente che si dice “fuori da questo sistema” ma in realtà è il sistema stesso che lo ha posto ai margini).
Il tennis è costosissimo in primis e comunque il denaro non compra talento, fisico, tenacia e passione. Se lo si ama può dare grandi soddisfazioni comunque (college ad esempio).
Il Piatti Tennis Center sta diventando sempre più simile alla Nick Bollettieri Tennis Accademy di Bradenton, pur con tutte le dovute distinzioni che sempre ci saranno (Italia e Stati Uniti sono e restano comunque due società ben distinte).
Mi spiego: Nick Bollettieri ha sempre accettato tutti nella sua Accademy, anche principianti di tutte le età. Basta che pagavano!
Questo gli permetteva nel momento in cui trovava un giovane interessante, di essere anche generoso attraverso l’offerta di sconti o anche di borse di studio.
Infatti quando vide la Bentivoglio, ne rimase folgorato ed era pronto a offrirle una borsa di studio per andare ad allenarsi nella sua struttura, continuando anche a studiare. Purtroppo alla fine Francesca ci rinuncio e sappiamo tutti come la sua carriera venne stroncata. Fortuna che questo errore non venne fatto dalla Errani!
In ogni caso se anche la struttura di Piatti darà in futuro sempre più opportunità analoghe, non potrà che essere un bene per il tennis in Italia.
Hai ragione, ma Piatti non è certo il colpevole di questo sistema….Mouratoglou, Macci, Bollettieri, e mille altre erano e sono così.
Le accademie sono frequentate da decine di ragazzi con modeste capacità che servono a promuovere l’attività di quell’unico o quei pochi giocatori con possibilità di arrivare o già arrivati.
Se uno ci spera, spenderà soldi e tempo per ritrovarsi al 99,9% con un pugno di mosche, a parte forse il piacere di saper giocare molto bene a tennis e divertirsi a fare uno sport agonistico.
Io credo che sia migliore il supporto ad un maestro locale che si trova tra le mani un supertalento sperando che il maestro stesso abbia l’onestà di cederlo a coach più esperti se non ritiene di essere in grado di farlo crescere nel modo giusto.
Di solito se un ragazzo viene notato dai talent scout, poi gli vengono proposte collaborazioni con queste accademie, il ché va bene per l’accademia che ci ricava un possibile crack di cui vantarsi o un altro pollo da spennare e va bene per il ragazzo che si può confrontare con livelli diversi di specializzazione.
Io comunque se mi regalano una tennis week da Piatti ci vado di corsa… 😉 tanto hanno già spennato chi me l’ha regalata! 😛
Bel racconto, molto interessante, grazie!
È un mondo variegato, di talenti e presunti tali (alcuni millantano di allenarsi li gratis ma sai che non è vero e si spremono oltremodo gli stessi genitori i quali essi stessi vivono un sogno che può diventare un incubo).Giustamente si vende la professionalità (innegabile) che vai altresì retribuita ma quando vedo ragazzini mediocri abbandonare la scuola (o fare le serali o da remoto) per inseguire dei traguardi (che dovrebbero prevedere l’autosostentamento come qualunque professione, sono gli hobby che dovrebbero costare) allora mi chiedo che testa abbiano i genitori. E non si tratta di fare coi propri soldi ciò che si vuole(giusto) ma di non avere contatto con la realtà portando poi i figli a diventare dei turisti da resort tennistici (sbagliato) o a sgomitare per dare lezioni in qualche campetto senza fare fattura (molto più che sbagliato).
bello spot pubblicitario! 🙂
Si sente tutta la passione della ragazza, deve essere una bella esperienza, bel racconto.
Però sarebbe ancora più interessante il racconto di un genitore che ha portato o sta portando il figlio/a da Piatti per capire come si lavora sui prospetti giovani di potenziale alto livello
Interessanti i particolari, e piacevole il modo di raccontare. Grazie