Philippoussis: “Capire dalle proprie esperienze rende migliori i giocatori, non i numeri o nemmeno i coach”
Stefanos Tsitsipas è a caccia della quarta semifinale in carriera agli Australian Open, dopo quelle raggiunte nel 2019, 2021 e 2022. Non è mai riuscito a superare l’ostacolo e sbarcare in finale nel primo Slam stagionale. Quest’anno l’occasione per infrangere la barriera è davvero ghiotta: domani nell’ultimo match di quarti di finale sulla Rod Laver Arena sfiderà il ceco Jiri Lehecka (n.71 ATP), con la prospettiva di trovarsi in semifinale il vincente di Khachanov vs. Korda. Non una passeggiata, ma certamente rivali sulla carta meno forti di Nadal e Medvedev, contro i quali perse i match decisivi per volare in finale.
Quest’anno il greco si è presentato “down under” in eccellente condizione fisica, come ha dimostrato anche il quinto set vinto contro Jannik Sinner, un parziale nel quale è riuscito ad alzare di nuovo il livello dopo un calo nel terzo e quarto set, diventando quasi ingiocabile nei propri turni di servizio e super aggressivo in risposta. Proprio sull’aggressività, su tempi di gioco più rapidi e sull’avanzare il baricentro del suo gioco ha lavorato dalla scorsa estate con Mark Philippoussis, australiano “doc”, un tennista estremamente potente ma anche bravo nel venire a rete e chiudere la porta ai rivali con volée perentorie e spesso spettacolari. Al “bel tenebroso” Mark, Stefanos ha chiesto un aiuto per sviluppare un tennis più proiettato in avanti, sfruttando le proprie incredibili capacità atletiche e così mascherando anche la sua relativa debolezza sul lato sinistro. Inoltre, a detta di Philippoussis in un’intervista dello scorso autunno che abbiamo riportato, aggiungere un gioco di volo sicuro e consistente alle caratteristiche di Tsitsipas è un plus incredibile, perché si propone agli avversari (anche i più forti) uno stile di gioco e un tennista quasi scomparso, che quindi diventa difficile da affrontare.
In effetti già alle scorse ATP Finals Tsitsipas ha perso due match molto lottati contro Djokovic e Rublev, ma è uscito dal campo forte di nuovi schemi testati ad altissimo livello, ancora non così sicuri ma molto offensivi, con un uso tattico del back, tante discese a rete e un’atteggiamento in risposta mai visto prima. Si è capita la direzione che “Stef” vuole prendere: scambiare di meno, anticipare i colpi e venire avanti a prendersi il punto. Anche contro Sinner la tattica a tratti ha funzionato bene, portando punti in momenti importanti.
Su questa strada Stefanos e Mark stanno continuando a lavorare, con la prospettiva di crescere torneo dopo torneo. L’australiano ha parlato ai media sul suo paese, soddisfatto delle prestazioni del suo assistito, e fornendo anche un punto di vista interessante sulla crescita dei giocatori e sull’uso di tattiche, coach e numeri. A suo dire, alla fine la vera forza del giocatore in campo è legata alle sue decisioni, al proprio vissuto ed esperienza, fattore insostituibile. Ecco alcuni estratti delle parole di Philippoussis.
“Ha lavorato molto duramente nella off season. Si è messo in moto e sta colpendo bene la palla, ma, guarda, i ragazzi che sono nei quarti di finale, tutti stanno giocando un ottimo tennis. Non importa quale sia la classifica o la testa di serie, non sarà facile e devi solo concentrarti su chiunque sia di fronte a te quel giorno”. afferma Mark. “L’esperienza di essere stato in semifinale negli ultimi anni qui è un vantaggio e può aiutare in quei grandi momenti, specialmente trascorrendoli alla Rod Laver Arena”.
In effetti nessuno dei suoi sfidanti nella via verso la finale 2023 ha provato prima un’esperienza del genere nel torneo, e per il finalista di Wimbledon 2003, l’esperienza vissuta sulla propria pelle per un giocatore è preziosa e insostituibile.
“Sto cercando di tenerlo calmo, è un atleta così incredibile fisicamente, ed è un combattente naturale che ha un grande gioco, un gioco a tutto tondo. Ciò che è difficile in questi giorni è restare concentrati sul proprio gioco, crederci e applicarlo al meglio in partita. Per assurdo oggi c’è così tanta tecnologia a portata di mano, tantissimi input, tutte queste statistiche e tutto ciò che accade durante le partite… Penso che sia molto facile perdersi in queste cose, ancor più quando hai un tennis che può svilupparsi su più direzioni e strategie. Sono cose importanti, certo, non le voglio sminuire, potresti usarle in modo vantaggioso. Ma credo fermamente che i giocatori possano perdersi e dimenticarsi di giocare il proprio gioco. Alla fine è il tennista in campo, porta il suo tennis e le esperienze che ha vissuto, buone e cattive, che lo rendono più forte o più debole. Non c’è coach o strategia che può sostituire questo, è il giocatore che dà la direzione al suo tennis e alle sue partite“.
Non poteva mancare un accenno al rapporto col papà di Stefanos, altro suo coach e persona a volte un po’ “ingombrante”. Mark: “Guarda, è il suo allenatore, ma numero 1 è il padre, poi è un allenatore”, sorride Philippoussis, concludendo “Io guardo mio figlio, ha otto anni, gioca a basket under 12 e mi innervosisco già, quindi non so che potrei fare se lo guardassi mentre gioca in un Grande Slam….”.
Marco Mazzoni
TAG: Australian Open 2023, Mark Philippoussis, Stefanos Tsitsipas
7 commenti
Quasi sempre un giocatore di alto livello, fa vedere di cosa è capace ancora prima dei 18/19 anni, magari in un singolo match “da Dio”, sommerso in sconfitte ai primi turni.
Il germe del giocatore è già lì, le dinamiche di gioco sono già lì, la capacità di scegliere i colpi è già lì, la capacità di imprimere velocità e traiettorie è già lì…quello che non è lì è la capacità di trasformare quella giornata “da Dio” in un giorno comune di un circuito di 365 giorni.
Kyrgios non ha avuto coach per tanti anni…risultato è che il più grande talento degli ultimi 15 anni dopo i fabs ha fatto fino a ieri una carriera secondaria invece che vincere qualche slam.
Ad altissimi livelli le differenze sono minime…qualsiasi cosa ti possa aiutare a migliorare anche di uno 0,1% ti fa fare grandi passi avanti.
Non trovo il senso in quello che scrivi. Potrebbe darsi che con quel prof tutti gli studenti hanno dato il massimo delle proprie possibilità mentre con un altro gli studenti potrebbero rendere di meno, ognuno per le proprie possibilità.
Diciamo pure che se il professore è bravo, anche lo studente rende di più. Ci vuole poi anche la chimica giusta. Per esempio, credo che Musetti e Sonego non cambierebbero mai coach, troppo legati ai loro secondi papà. È molto complicato il rapporto con il tecnico. Ogni caso fa storia a sé, il tutto complicato dal supercoach, dal tattico, dal fisio, dall’agente…un ginepraio…
In una classe ci sono studenti che hanno 100 lode altri cento altri 90 e così via, e il prof è sempre quello, quindi… E questione di studenti
“Capire dalle proprie esperienze rende migliori i giocatori, non i numeri o nemmeno i coach”
Non sono d’accordo un buon Coach può davvero fare la differenza come???
Chiedere a Jessica Pegula che è arrivata al N 3 del mondo Vinto il primo mille e non è ancora finita….. Almeno spero perchè è una ragazza stupenda. aaaaahhh a proposito l’attuale Coach è l’ex di Coco V.
Il discorso è molto legato anche a quale tennista si allena. Per esempio un giovane ha esigenze differenti di un giocatore più esperto. Poi ci sono giocatori che cercano di affinare determinate fasi del proprio gioco. Poi ci sono giocatori che potrebbero allenare loro da quanto sono bravi. Insomma, bisogna vedere chi è il tennista che si affianca. Vero è che poi in campo ci va il tennista e sta a lui interpretare la partita nel modo migliore.
E poi ci sono giocatori che forse avrebbero bisogno di un allenatore nuovo. Ho in mente un nome. Non è ancora affermatissimo ma qui è amatissimo.
VERISSIMO…….soprattutto riferito ai tantissimi pseudo allenatori…….ieri Moratoglu ha dimostrato farebbe meglio a cambiare mestiere