Un viaggio nell’universo del tennis nei college USA
C’è un universo parallelo a quello del circuito professionistico ed è l’universo del tennis dei college a stelle e strisce. Ogni anno centinaia di giovani tennisti da tutte le parti del mondo scelgono di intraprendere questa avventura che garantisce la possibilità di conciliare tennis ad alto livello e un percorso di studi universitario. A questo proposito è interessante constatare che negli ultimi anni la forbice fra i tennisti statunitensi e quelli “International” reclutati dai college si sia allargata a vantaggio dei secondi (nella divisione principale queste le percentuali: 37% contro 63%).
Il sistema del tennis collegiale è piuttosto elaborato. Ci sono tre Division (I-II-III) e per ogni division tornei e campionati organizzati dall’ITA (Intercollegiate Tennis Association) e dalla NCAA (National Collegiate Athletic Association). I primi sono fondamentalmente concentrati nel periodo invernale e subiscono spesso la mancanza dei giocatori più forti, mentre la NCAA è l’evento primaverile per eccellenza dello sport statunitense.
Il torneo individuale più importante è proprio quello NCAA che prevede per il vincitore una wild-card per il tabellone principale degli US Open, come sa bene Ben Shelton che quest’anno ha conquistato il titolo a spese del danese August Holmgren.
I campionati a squadre fra college si disputano invece con una formula, a mio avviso, interessante. Si comincia con tre doppi in contemporanea di un set ciascuno. Il college che si aggiudica due doppi su tre si porta a casa il primo punto della sfida. Quindi si passa ai singolari. Scendono in campo contemporaneamente sei singolari e ovviamente ogni singolare vale un punto. Il college che complessivamente conquista quattro punti si porta a casa l’incontro. Ogni partita si gioca con la regola del No Adv sulla parità.
La fase conclusiva del campionato NCAA è strutturata allo stesso modo della March Madness del basket collegiale ovvero un tabellone a 64 squadre per delineare le quattro semifinaliste che avranno diritto a giocare la Final Four. Quest’anno a trionfare è stata l’università della Virginia che ha battuto per 4-0 Kentucky con le vittorie in singolare di Inaki Montes, Gianni Ross e dell’ex giocatore ATP il ventottenne israeliano Bar Botzer.
Una peculiarità dei campionati universitari nelle sfide a eliminazione diretta è il clinch/clinch ovvero nel momento in cui una delle due squadre vince il quarto punto, i singolari non conclusi (ricordo che cominciano in contemporanea) vengono interrotti ed è tipico quindi vedere i giocatori appartenenti alla squadra vincente (e qualche secondo prima impegnati nelle loro partite), lanciare le racchette per aria e correre a festeggiare il compagno che ha conquistato il punto decisivo, in rispetto della legge non scritta secondo la quale il proprio college conta più del proprio nome.
All’inizio dell’articolo scrivevamo che il tennis professionistico e quello collegiale sono due universi paralleli, ma ovviamente quasi tutti i tennisti universitari coltivano il sogno del circuito ATP da inseguire o dopo aver completato il percorso di studi o in anticipo quando il proprio livello di gioco è tale da “costringere” a un cambio di programma in corsa. Come nel caso di Ben Shelton, di cui scrivevamo sopra, ventenne di Atlanta che in questa stagione è riuscito a raggiungere un doppio traguardo storico (l’ultimo a riuscirci prima di lui era stato Tim Mayotte nel 1981): diventare campione NCAA e conquistare la top 100 nell’arco di una stagione. Inevitabile quindi per lui la scelta di passare al professionismo a partire dal 2023 e abbandonare la carriera universitaria. Stessa decisione presa un paio di giorni fa dal prospetto di grande interesse Gabriel Diallo, canadese, ventuno anni, numero 229 del mondo.
Shelton e Diallo si uniranno così alla schiera dei giocatori del circuito in uscita dai college negli ultimi anni. Nessun grande nome, ma numerosi buoni giocatori: Arthur Ryndernech, J.J. Wolf, Nuno Borges, Aleks Kovacevic, Borna Gojo, Alex Ritschard, Rinky Hijikata per considerare solo i top 200.
Antonio Gallucci
TAG: Antonio Gallucci, Ben Shelton, Borna Gojo, NCAA, Rinky Hijikata, Tennis College USA, Università Stati Uniti
Secondo te gli studenti italiani sanno esattamente dove si trovano le Guiane, oppure Timor Est, o il Tagikistan?
Non è la stessa cosa. Quella è geografia interna. Nessuno al mondo può ovviamente conoscere le 20 regioni italiane e le province.
Che non sappiamo nulla dei Paesi europei o asiatici e ti indichino l’Italia dove sta la Corea del sud o il Giappone al posto del Regno Unito é abbastanza penoso. Ed è una cosa
tipica per loro
@ walden (#3394901)
Concordo.
Dico solo che molti di questi ragazzi (quelli che fanno attività a livello agonistico con un occhio al futuro professionismo) hanno una resilienza che esula dal tipo di percorso scolastico che intraprendono. A differenza della stragrande maggioranza dei ragazzi (solo scolari) che solo “sui libri” di una valida Facoltà di Università pubblica possono acquisire questo tipo di resilienza.
Forse proprio chi butta un occhio al professionismo dovrebbe scegliere un College… ma non per il tipo di livello scolastico che può darti un College, ma per il tipo di esperienze e di conoscenze (non parlo di Clan… ben inteso) che può metterti a disposizione se il futuro non sarà nel Professionismo.
Sia gli ottimi studenti che gli ottimi atleti molto probabilmente (emigrando) riescono ad ottenere un ruolo non secondario nel microcosmo della loro vita.
Molti commenti evidenziano i dettagli tralasciando il fatto che in Italia per i giovani allo stato attuale non c’e un gran futuro. La cosa vale anche per il tennis dove nel maschile grazie ad una abbondanza di giocatori pro se non sei il nuovo Federer da junior ti ignorano e le spese sono pari ad una istruzione bocconiana. Nel femminile c’è una situazione opposta ma il manico è talmente incompetente che si insiste sempre su progetti mediocri difendendo l’indifendibile e il proprio ricco stipendio. Negli Stati Uniti i ns giovani trovano un sistema meritocratico dove poter costruire il loro futuro e se nn tornano in Italia nn è perché nn gli viene riconosciuta la laurea!
vediamo quanti studenti italiani sanno dire dove so trova il Vermont
La cosa esilarante è che oltre a dire una marea di fesserie, manco riesci a leggere gli altri commenti e parti con i tuoi sproloqui che non c’entrano nulla…mah!
@ ilpallettaro (#3394845)
Peccato che i miei colleghi al college non sapessero nemmeno dove fosse il Lussemburgo. Del resto nello stesso periodo il loro presidente ciuffobiondo diceva che l’amicizia tra il popolo americano e quello italiano risale al tempo degli antichi romani… Questo è il livello di preparazione delle università americane signori. Poi c’è il MIT e Yale è vero, ma siamo al 2%.
C’è da sapere che il livello sportivo spesso coincide col livello accademico. Le università più ricche hanno team in NCAA1, poi c’è la NCAA2 e la NAIA dove si possono trovare ottimi team e realtà scolastiche buone ma più piccole(e non sempre è un male).
Che non tutti i titoli siano riconosciuti è vero, Legge ha un altro ordinamento ad esempio ma, solo uno sprovveduto la, sceglierebbe se avesse l’intenzione di rientrare in Italia. Va detto che spesso la preparazione è carente rispetto a quella italiana ma ,settore pubblico a parte, molte aziende propendono per studenti già abituati ad affrontare la vita fuori casa, capaci non solo di esprimersi ma di ragionare in inglese. L’esperienza poi la si fa sul campo ma un laureato in business è visto piuttosto bene da diverse aziende private.
Guarda,il figlio di un mio amico ha avuto la borsa di studio per il Soccer (la lo chiamano così): aveva avuto una convocazione nella Nazionale under 19, ed era stato sufficiente a trovare un College che lo prendesse. Poi ha lasciato perdere il calcio e ha finito li l’università, per poi trovare lavoro negli USA. Comunque è un’opportunità per imparare l’Inglese, certo l’Università in Italia è più formativa, ma chi può emigra. E molti ormai, dopo l’anno all’estero durante il liceo scelgono di fermarsi e fare l’università. Anche perchè francamente non trovo particolari ragioni per cui, di questi tempi, si debba restare in Italia…
…eh già, mi manca soprattutto il DOGMA!!!
PS: visto che continui a fare esempi completamente senza senso,paragonando il sistema italico con quello statunitense,ti faccio presente che gli USA sono niente altro che 50 STATI + uno confederato..
…per intenderci come se volessi paragonare tutti i tornei Atp,challenger ed ITF su territorio italico con quelli nei PAESI BASSI!!!
…se ti va chiedi aiuto al caporale che ti aiuta a contare!!!
…a differenza tua questo utente estremizza il concetto,ma rende l’idea sulla triste realtà del nostro (?) SPORT!!!
…sempre W LA MERITOCRAZIA,quella che il tuo dogma ha seppellito!!!
@ walden (#3394887)
Il livello di preparazione che una Facoltà di una buona Università pubblica italiana ti mette a disposizione, ad oggi, ti permette di superare agevolmente molti concorsi pubblici… e se il privato è oculato sa anche dove andare a pescare… (non certo un II o III div statunitense… e forse neanche un I div.)
Molti fanno benissimo a restare negli USA a fare i coach… non guadagnano poco… ma se parliamo di preparazione Universitaria non so.
Ma diventerà il Capo Supremo della Repubblica Popolare Cinese…
a me mancherà qualche dettaglio, a te manca ben di più….ma non ho tempo e voglia di spiegartelo
e comunque ormai anche nel settore pubblico i ruoli dirigenti prescindono, almeno da un certo livello, dal riconoscimento del titolo di studio, tranne, paradossalmente, che nella sanità…
centinaia? guarda che poi il Noto Fissato dice che non sai contare…
Qualcuno se intente in regolamenti nei tornei Itf che ho una domanda da fare? Grazie
…dimenticavo di dirti che lo vedrai presto!!!
…KEEP THE FAITH ALONE!!!
per quel poco che conta il mio parere la tua è pari a 0 (zero)
Ma che dico centinaia, migliaia!
Decine di migliaia di Challenger che regalano punti a chiunque… anche un mio cugggggggino una volta ha avuto una WildCard Plus, che gli ha garantito 100 punti ATP ed una Mountain Bike con il cambio Shimano.
…come sempre ti manca un piccolo dettaglio…
…i 2 innominabili in ogni torneo che hanno giocato potevano prendere punti Atp,Shelton nei tornei universitari al massimo prendeva i punti sconto per fare la spesa!!!
PS: SE ANCORA NON L’HAI SCOPERTO (SUL SITO UFFICIALE DEL TUO DOGMA),POTRAI LEGGERE CHE L’AMERICANO É ENTRATO NEI 100 CON 14 TORNEI GIOCATI!!!
il non riconoscimento ti interessa solo se fai i concorsi pubblici. se vai a lavorare in azienda, la laurea statunistense è molto più considerata di quella europea. sempre poi che tu voglia tornare in europa, perché in usa gli stipendi sono N volte superiori e il tenore di vita della classe medio alta è imparagonabilmente superiore a quella italiana.
C’è chi invece, per scelte familiari fa il percorso inverso.
Ovvero Juncheng Shang.
Per un pò allenato da Rios, la famiglia lo ha licenziato per divergenze di vedute e soprattutto di cultura. ( con grande disappunto del ragazzo) Dall’anno prossimo si iscriverà al college e a quel punto sinceramente non so quanti tornei pro giocherà
Questo però é negativo per il tennis. Perché i centinaia di challenger che si giocano in Italia hanno il difetto di mettere in giro troppi atleti mediocri che non hanno le qualità per giocare i tornei atp, dove vengono presi a pallate quando vi si affacciano. Vedi le vergognose qualifiche degli ultimi us.open dove di 13 giocatori non ne abbiamo portato nemmeno uno al main draw.
Quello é il livello dei challangeristi italiani.
Potrebbe essere una ottima scelta. Unico inconveniente per un futuro lavoro extra-tennis è che il titolo di studio non è riconosciuto in Europa. Niente vieta di prendere una laurea in Europa dopo la parentesi Statunitense… se il tennis venisse accantonato.
…la credibilità ognuno di noi se la conquista ogni volta che esprime il proprio pensiero (nella piena libertà) argomentando,attraverso commenti seri,reali e soprattutto obiettivi…
…chi sostiene con dogmatica ostinazione che i Paesi Bassi (da quando è a capo l’italico genio)hanno più tornei Atp del Belpaese,come può pensare ancora di esserlo?
A me non piace che interrompano i match in corso solo perchè ormai il risultato di squadra è acquisito. Mi pare una cafonata americana, altro che regola non scritta che la squadra conta piú del singolo. Per esempio: se due atleti sono 5 pari al terzo li fanno smettere solo perchè in un altro match, un altro atleta segna il 4-2 per la sua squadra. Per me è assurdo
L’Italia purtroppo non ha un sistema sportivo scolastico tipo quello americano e questo ha come conseguenza che lo sviluppo di nuovi atleti sia estremamente costoso.
se a 18 anni hai già il livello per giocare stabilmente nei challenger, sei uno di quelli che ci deve assolutamente provare. sei un nardi, per intenderci.
il mondo del college USA è molto allettante per chi a 18 anni è 2.2 o peggio, e si rende conto di avere una palla e qualità biomeccaniche insufficienti per entrare stabilmente in prima categoria.
In realtà non è un circuito junior, perchè ci sono dentro giocatori ben oltre i 20 anni. E’ una via di mezzo fra i Future ed i Challenger, in pratica questi tennisti sarebbero tra il 400 ed il 300 del ranking.
L’articolo chiarisce, a benficio di qualche “espertone”, che il grande exploit di Ben Shelton non sia poi così incredibile come qualcuno continua a ripetere. E’ evidente a tutti che Shelton non era al livello di un 541 a giugno, al limite era forse piu realistico il 573 di Novembre 2021. In tal caso parleremmo sicuramente di un gran progresso (469 posizioni), ma inferiore a quelli di Maestrelli (569) e Passaro (485) nello steso periodo. Inoltre, se possiamo anche considerare che Passaro ha comunque un anno e mezzo in più dello Statunitense, lo stesso non si puo dire di Maestrelli, che ha due mesi in meno.
Quindi, sicuramente una promessa del tennis, ma da rivedere, soprattutto fuori dal suo paese.
escono molti più pro da lì che da chi rimanere in quegli anni nell’itf resort tour. e tra questi ci sono anche grandi nomi, ad esempio Norrie.
poi c’è la questione “costi” e la questione “costruzione del proprio futuro”: chi prende una borsa di studio non spende per allenarsi né per andare in giro a giocare, chi prende una borsa di studio studia, si prepara al mondo degli adulti arriccendo il proprio bagaglio culturale e preparandosi alla vita lavorativa.
insomma, c’è un abisso tra le due scelte.
È sicuramente un buon sistema tra i vari sistemi.
Però credo stia funzionando anche il modello Italia basato sui challenger usati come ” palestra, ” per fare esperienza
il livello è indubbiamente alto vista la frequenza con cui vengono sfornati talenti e giocatori di livello. E’ un percorso alternativo che permette di avere una garanzia per il post-tennis e da fuori sembra un ambiente più serio e meno malato del circuito juniores, in cui ti affacci sicuramente prima al professionismo e ai 15-25K, ma che non dà garanzie per il futuro e non permette di fare una vita “normale”, in quanto gli spostamenti sono pressoché ogni settimana. per me è un’ottima alternativa per emergere, senza per forza avere classifiche da paura da juniores. (di casi come sinner ne capitano uno ogni tot)
La formula dei 3 doppi 1 set un punto
mi sembraè una minchiata colossale. Scusate l’anglicismo.