52 anni dal Grande Slam di Laver. La storia dell’impresa e perché è stato quasi impossibile ripeterla (di Marco Mazzoni)
12 settembre 2021: stasera a Flushing Meadows verrà assegnato il titolo maschile di US Open, quarto Slam stagionale. Non è una finale “qualsiasi”. Novak Djokovic è una sola vittoria da completare quel Grande Slam stagionale che manca da 52 anni. Scaldiamo l’attesa con un flashback storico. Torniamo a quel 9 settembre 1969, esattamente al West Side Tennis Club nel quartiere di Forest Hills – NYC, dove andò in scena la finale maschile dell’88esima edizione di US Open. Rod Laver sconfisse Tony Roche in quattro set, completando per la seconda volta il cosiddetto Grande Slam. Un’impresa epocale, mai più riuscita ad un tennista uomo (Steffi Graf l’ultima nel 1988). Un successo leggendario, che merita di essere raccontato, e compreso. Ma prima, perché il completamento in un anno solare del poker Australian Open – Roland Garros – Wimbledon e US Open si chiama Grande Slam?
Forse non tutti conoscono la storia del termine “Grande Slam”, oggi in uso non solo nel tennis ma anche nel golf, baseball ed altre discipline. Deriva dal gioco di carte del Bridge: è il colpo massimo che si può realizzare, tredici prese effettuate ai danni dell’avversario. Si parlò per la prima volta di Grande Slam nel tennis nel 1933, grazie al giornalista del New York Times John Kieran. Jack Crawford quell’anno vinse Australian Open, Roland Garros e Wimbledon. Prima di US Open Kieran (giocatore di bridge) scrisse: “Se Crawford vincesse il torneo, sarebbe come segnare un Grande Slam nel bridge”. Il tennista australiano vinse due set della finale di contro Fred Perry, ma fu rimontato fino alla sconfitta. Don Budge nel 1938 fu il primo tennista a completare un Grande Slam, quindi Rod Laver (1962 e 1969). Tra le donne ci sono riuscite Maureen Connolly (1953), Margaret Smith Court (1970) e Steffi Graf (1988). Torniamo ora a quel 9 settembre 1969, 52 anni fa, a New York.
“L’elicottero e la Leggenda”
Il cammino di Rod Laver a US Open 1969 non fu affatto una passeggiata. Da un lato era molto vicino a ripetere una grandissima impresa sportiva, dall’altra la sua testa era concentrata sulla famiglia, visto che sua moglie stava per partorire Rick proprio in quei giorni e non c’era modo a quei salire in poche ore su di un aereo e scappare via. Dopo tre turni agevoli, Rod negli ottavi rimontò uno svantaggio di due set a uno contro Ralston, scampando un grande pericolo, quindi nei quarti sconfisse Emerson in quattro lottati set. Anche “Rocket”, il più grande e forte tennista dell’epoca, sentiva la pressione. In semifinale trovò il suo miglior tennis e superò Ashe in tre set, incluso un bellissimo terzo parziale terminato 14-12. In finale trovò Tony Roche, uscito vittorioso da una battaglia epica contro il connazionale Newcombe, terminata 8-6 al quinto, partita più bella del torneo. C’era enorme attesa per la finale, guastata anche dal meteo newyorkese, sempre uggioso e imprevedibile a settembre, ad allungare il torneo. Quel 9 settembre era martedì e non mancò la pioggia. Di tetti mobili a quell’epoca nemmeno l’ombra, tanto che sul centrale piombò addirittura un elicottero (!) a sorvolare per alcuni minuti il campo e così “asciugare l’erba” dopo un ritardo di 90 minuti. Siamo in America, le trovate ad effetto sono sempre dietro l’angolo… Finalmente la finale scattò. La tensione era altissima, anche nel braccio granitico di Laver, che iniziò male sparando un doppio fallo. Seguì una prima palla troppo centrale, seguita a rete e punita da una gran risposta di Roche, prontissimo a scattare dai blocchi e desideroso di stoppare la corsa dell’amico rivale. Una prima slice esterna consegnò a Laver il primo quindici del suo match. La partita avanzò velocemente, servizio e volée erano la religione su erba. Rod aveva strappato un game di servizio a Tony, ma quando servì per il primo set sul 5-3 subì il contro break. Dopo 27 minuti di un match a dir poco “scivoloso”, Laver decise di cambiare le sue scarpe indossando le “Spikes”, con una leggera dentatura per aiutare la presa sul manto erboso ancora molto umido. Non gli bastò per vincere il primo set, perso 7-9 dopo 42 minuti. L’atmosfera era elettrica, si pensava che il campionissimo potesse crollare da un momento all’altro sotto il tennis consistente della “roccia” Roche. Laver cancellò una delicata palla break in apertura del secondo set con un gran tocco. Quel momento fu una liberazione, la tensione iniziò ad allentarsi e salì in cattedra, iniziando a produrre quel tennis offensivo e quasi perfetto che l’aveva reso il più forte. Il braccio mancino di “Rocket” iniziò a mulinare colpi precisi, potenti, “senza alcuna lacuna tecnica” come raccontavano i cronisti dell’epoca. Prese possesso del match, servendo benissimo e rispondendo da campione. Con un crescendo wagneriano regolò Roche 6-1 6-2 6-2. Vinse il suo 11esimo e ultimo Major, ma soprattutto completò il secondo Grande Slam dopo quello del 1962 “da dilettante”. Nel 1963 infatti era passato al tour Pro, niente tornei Slam fino al 1968.
L’Era Open iniziò nel 1968, ma è corretto considerare l’impresa di Laver del ’69 come la “vera” chiusura dell’epoca precedente. Dai ’70s nuovi giocatori, con un tennis diverso, più muscolare e moderno, cambieranno le carte in tavola rivoluzionando lo sport della racchetta. Da quel 9 settembre nessun tennista nel maschile è riuscito a completare il Grande Slam, solo Margaret Court (1970) e Steffi Graf (1988) tra le donne. In questi 52 anni abbiamo attraversato varie fasi storiche, molte rivoluzioni tecniche – incluso l’avvento dei nuovi materiali – e campioni epocali. Abbiamo accompagnato le gesta di leggende come Borg, McEnroe, Connors, Lendl, Agassi, Sampras, e oggi quelle di Federer, Nadal e Djokovic; tra le donne Navratilova, Evert, Seles, Serena Williams. Alcuni di loro hanno dominato alcune annate nel senso pieno del termine, sono riusciti a vincere tutti i Majors in carriera, ma non a completare un Grande Slam. C’è riuscito solo Novak Djokovic a cavallo di 2015 e 2016, vincendo di fila tutti i 4 gli Slam. Adesso Novak ci riprova, stavolta nell’anno solare 2021. Chi c’era andato vicino prima di Novak “Djoker” Djokovic?
Dal 1970 nessun Grande Slam, eccetto Steffi Graf (1988). Ma qualcuno c’è andato vicino. Djokovic ha vinto in fila i quattro Majors, tra 2015 e 2016, con le vittorie a Wimbledon e US Open 2015, Australian Open e Roland Garros 2016. Stessa situazione tra le ragazze per Martina Navratilova (a cavallo tra 1983-84), Steffi Graf (1993-94) e due volte Serena Williams (2002-03, 2014-15). Alcuni commentatori annoverano questi poker tra i Grande Slam, ma per la classica interpretazione dell’impresa i quattro titoli devono essere conquistati nell’anno solare. Roger e Rafa? Nadal non c’è mai andato vicino, avendo trionfato a Melbourne solo nel 2009, ma uscendo clamorosamente di scena vs. Soderling a Parigi negli ottavi. Federer invece c’è andato molto vicino nelle annate 2004 e soprattutto 2006 e 2007, quando vinse tre Slam perdendo (da Rafa) la finale di Roland Garros, quindi ad un solo match dal Grande Slam. Tornando più indietro, Sampras mai ha vinto a Roland Garros; Lendl mai vinse a Wimbledon; Wilander vinse tre Slam nel 1988, gli mancarono i Championships. Connors non ha mai trionfato sul rosso parigino, come McEnroe. Unico il caso di Borg. Nei suoi anni d’oro l’Australian Open si svolgeva a dicembre, ultimo Slam in calendario (per l’esattezza dal 1977 al 1985). Bjorn vinceva a ripetizione Roland Garros e Wimbledon, ma non riuscendo a trionfare a New York finiva per saltare la trasferta down under. Tutto lascia pensare che in caso di successo in America, Borg avrebbe avuto vita facile a Melbourne, dove il livello era indubbiamente inferiore agli altri Majors in quegli anni. Tra le donne, ci andrò molto vicino Martina Navratilova nel 1984: vinse Parigi, Wimbledon e US Open, ma perse clamorosamente a Melbourne in semifinale da Helena Sukova 7-5 al terzo. Addio sogno Grande Slam.
Vincere un Grande Slam implica disputare una stagione quasi perfetta, “almeno” da gennaio a settembre. Non facile riuscire a tenere così alta la condizione fisica, tecnica e mentale in uno sport che dagli anni ’70 è diventato sempre più difficile e competitivo. La differenza nelle condizioni di gioco hanno avuto un impatto decisivo nel rendere l’impresa più complicata, ancor più da fine anni ”70 fino ai primi anni 2000, quando le superfici erano davvero diverse tra di loro. Fino al 1974 infatti tre Majors su quattro si giocavano su erba, chi possedeva un tennis ideale ai prati era molto avvantaggiato. Dal 1975, per tre anni, a New York si giocò sulla terra “verde”, più veloce e scivolosa di quella rossa europea; lì Borg perse la grande occasione… Quindi dal 1978, sempre a NY, ecco il primo Slam su hard court. Tre superfici diverse per i quattro Majors. La situazione si complicò ancor più quando gli Australian Open rivoluzionarono il loro torneo. Dopo averlo riportato a gennaio nel 1987 (vinse Edberg sull’erba di Kooyong), nell’88 ecco il nuovo impianto a Flinders Park, con un cemento molto diverso da quello americano. Fu deciso – a malincuore – di archiviare la mitica scuola tecnica “aussie” su erba per rilanciare un movimento in crisi ed un torneo “vaso di coccio” rispetto agli altri Slam. Negli anni l’operazione ha funzionato, oggi l’Australian Open è un torneo pari – se non superiore – agli altri Majors. Quattro Slam, quattro condizioni diverse. Il Grande Slam divenne ancor più difficile.
Dagli anni 2000 il Grande Slam è tornato ad essere “possibile” anche grazie alle condizioni di gioco, straordinariamente uniformate rispetto all’epoca precedente. Dal 2002 a Wimbledon è stata imposta un’erba “lenta”, grazie ad una diversa composizione del prato, un taglio più alto ed un cambio nel suolo. Oggi ai Championships si scambia eccome, quindi chi è forte sui campi in sintetico non fa affatto fatica ad essere competitivo sui prati. La terra rossa è stata velocizzata, per cancellare maratone impossibili e rendere gli scambi più avvincenti. Alla fine per quasi tutta la stagione si gioca con condizioni abbastanza omogenee, e questo ha fatto sì che da metà anni 2000 si imponesse una nuova scuola tecnica e generazione di giocatori in grado di giocare al massimo praticamente tutto l’anno. Un fattore questo decisivo al far tornare “possibile” anche il Grande Slam. Non è un caso quindi che Novak Djokovic, tennista eccezionale e giocatore più completo e più forte dal punto di vista atletico e mentale, abbia già realizzato un “quasi” Grande Slam e oggi sia ad una sola vittoria da ripetere l’impresa di Rod Laver del ’69.
Marco Mazzoni
TAG: 1969, Djokovic, grande slam, Grande Slam Rod Laver, Marco Mazzoni, Rod Laver, Storia del tennis
Ma scusate, secondo me si dice „Ha vinto l‘Open“ con l‘articolo, non „Ha vinto US Open“. Anche gli americani parlano sempre di „the Open“.
Si è vista,la forza mentale di Djokovic
Oh sì,si è vista proprio tutta
@ Mauriz70 (#2927908)
Resto dell’idea che su erba Sampras sia superiore a Federer e quindi a Nole. Quel servizio, così puntuale, era una sentenza.
Esimio, come ho spiegato, grande slam o no, cambierà poco per l’opinione pubblica in quanto essa è in gran parte fedalina. Ergo molto poco incline ad ammettere la superiorità del tennista serbo. Che è già nettamente tale anche senza l’eventuale vittoria di stasera.
Con un Nadal che ti vince 13 edizioni su 16 del Roland Garros, trovare spazio per realizzare il Grande Slam è davvero un impresa.
Su tre buchi lasciati da Nadal, Djokovic è riuscito a sfruttarne due, il primo a fare un virtual Grand Slam tra 2015 – 2016, il secondo quest’anno con possibilità di GS.
In bocca al lupo Nole
Leggo sempre con grande interesse gli articoli del dott. Mazzoni.
Ma ho il timore che questa faccenda dell’omologazione dei campi sia un luogo comune, ovviamente non infondato, ma su cui si pone troppo l’accento.
Se si prendono i giocatori che inseguono Djokovic in classifica, in particolare Zverev, Medvedev, Tsitsipas, Rublev, e, se si vuole, anche Thiem, ci si accorgerà che la polivalenza, per il momento è teorica. Innanzitutto nessuno di questi ha raggiunto, in carriera, i quarti a Wimbledon e Medvedev, in particolare, pare non trovarsi per nulla a suo agio sul rosso. Insomma, nulla di troppo diverso dagli anni 80 e 90, in cui comunque Edberg in finale a Parigi ci è arrivato (e Becker e Sampras in semifinale) e Lendl a Londra, e Agassi li ha vinti, in anni diversi, tutti e quattro.
Dei tennisti contemporanei nati dal 1990 in poi il più costante sulle tre superfici è stato Berrettini, con quarti sul rosso, semifinali su hard, finale su erba.
Insomma, il punto è che non si può pensare che la superiorità dei tre (e Murray poco sotto) sia legata all’omologazione anziché alla loro extraordinarietà.
Poi sì, forse tra un certo cemento e terra la distanza è minore che in passato, ma l’esempio di Medvedev, fenomenale su cemento e non su terra, può confutare questa tesi.
Il Bacon King 3.0 lo sovrasta nettamente
Wow che memoria storica.
Mi sembra di ricordare qualcosa, ma il ricordo è un po’ vago.
Eh, appunto, dopo il dominio di Borg. Ma Borg l’aveva fatto invece sembrare cosa normale (la qual cosa non è, e se ne trova conferma prima e dopo della sua epoca). Quella è la difficoltà maggiore, ma anche vincere sul cemento e sulla terra rossa non è poi così facile.
Per questo Djokovic stasera potrebbe veramente compiere l’ “Impresa Suprema”: lui il vantaggio erbofilo di vincere su erba 3 tornei su 4 non l’ha avuta.
@ TifosoDelGrandeNovakDjokovic(ex SlamdogMillionaire) (#2927669)
P.S.: ah, io sono di fede…Federariana (cambio una vocale per farla somigliare a Rastafariana), che credo sia la metà di quella (per adottare il suo vocabolario) Fedalina!
@ TifosoDelGrandeNovakDjokovic(ex SlamdogMillionaire) (#2927669)
Esimio tifoso, di fazione a me avversa: che Djokovic sia di gran lunga il più forte non ci piove! Lo dicono i numeri, lo dice ancor più il buon senso andando a leggere questi numeri per comprenderne appieno il significato.
Ma affermare che la vittoria di stasera non cambierebbe granchè è, lo scrivo con tutto il rispetto, un’enorme stupidaggine.
Se è un’impresa che è riuscita a sole 5 persone, di cui 3 la realizzarono giocando al meglio delle 3 (che, sappiamo, è un altro sport), in circa un secolo (comprendendo i tornei femminili) di possibilità, al netto delle difficoltà delle trasferte oceaniche, che negli ultimi 50 anni sono praticamente diventate nulle, qualche punto di eccezionalità questa impresa, che io qualifico “suprema”, lo avrà bene…
Ma, se posso permettermi, credo che queste sue parole siano solo scaramantico tentativo di evocare i fantasmi della sconfitta…perché se ne stiano lontani.
Ed è per questo che controbatto con la convinzione che nulla possa impedire a DioCovi di aver realizzata l’ “Impresa Suprema” alla fine di questa finale.
Però, purtroppo, io credo veramente a quello che scrivo.
Già chiesi una volta e non ottenni risposta, per cui approfitto di questo bel pezzo di Mazzoni per chiedere ancora: coi regolamenti attuali a chi gioca sarebbe consentito di indossare scarpe coi tacchetti?
Perché, d’accordo che gli si allentò la tensione, ma sottovalutare l’importanza di quelle calzature nella vittoria di Laver, come fossero solo una nota a margine, non mi sembra una completa ricostruzione storica. Le immagini di quella memorabile finale sono (o, per lo meno, erano fino a pochi mesi fa) disponibili in integrale sul Tubo, credo caricate dalla stessa organizzazione degli Internazionali degli Stati Uniti, e, pur avendole viste solo una volta, ne trassi la convinzione che senza quel cambio di calzature (che incredibilmente Tony Roche neanche ipotizzò, preferendo continuare a scivolare come sul sapone) Laver avrebbe probabilmente perso. Il campo era veramente in condizioni tali che quelli del Foro Italico al confronto sembrano Wimbledon alla vigilia del primo giorno del torneo: zolle intere di terreno erboso si staccavano ed i tacchetti sotto i piedi di Laver non migliorarono certo le condizioni del campo. Migliorarono il suo equilibrio, quello sì, ma danneggiando ancor di più il campo.
Alcuni più acuti l’hanno già detto, ma è meglio ribadirlo: Federer e Nadal nella corsa al Grande Slam si sono fermati a UNO.
Cioè non sono mai arrivati neanche a due, perché non hanno mai fatto la doppietta A.O./R.Garros.
Te lo spiego ancora una volta: la simpatia non c’entra. Il punto è solamente la qualità del Tennis proposto dallo Svizzero sideralmente più alta rispetto al Serbo. Punto. Anche in semi non si è smentito. Come in tutte le finali Slam che ha vinto quest’anno anche con Zverev ha fatto meno vincenti del tedesco e questo dato consolidato si commenta da solo e qualifica il suo tennis. Pensi veramente che la stragrande parte del pubblico preferisca Roger per una mera questione di simpatia ????….
È vero quello che dici ma secondo ma non sono le superfici ad essersi “appiattite” bensì sono le racchette che permettono di più di prima e di conseguenza anche la tecnica con aperture di preparazione più brevi ad aver ridotto il gap tra superfici
È stato l’unico a causare involontariamente con il servizio la morte di un giudice di linea. Da li si scrisse “la tragedia di Edberg”, era il 1983.
Eeeeeh stasera…che pressione mostruosa sentirà Nole, riuscirà a conviverci?…ragazzi, mi scappa da ridere…sì sì ma certo, pressione mostruosa…per Medvedev. Che avrà l’imbarazzo della scelta tra farsi venire il braccino perchè “mammamia e se diventassi proprio io quello che ha rovinato la festicciola con tanto di rinfresco per Nole?” oppure farselo venire perchè “opporcamiseria qua sta andando tutto troppo bene, brrrrr…e mo’ se non finisco di vincere per tutto il Pianeta anti-Nole…”.
@ tacchino freddo (#2927823)
Ohh bravo
Rod Laver l’ho visto giocare una volta contro Borg. Perse ma fece una gran partita.
Ha il mio rispetto.
Veramente leggendario!
Purtroppo non puoi averne la certezza. A me sarebbe piaciuto vedere Nole contro Borg a Parigi negli anni 80 (ma anche contro Vilas per dirne un altro di cui ci si dimentica troppo spesso)..o vederlo a Wimbledon contro Becker, Edberg o Sampras nei loro momenti migliori. Non ho come dici tu la certezza che sarebbe stato il numero uno incontrastato. Però poi magari hai ragione tu e li avrebbe asfaltati uno dopo l’altro. I numeri sono la sola cosa che conta? Ok ci sto. Su terra Rafa numero 1 di tutti i tempi senza se e senza ma, su erba ad oggi, Federer e a seguire Sampras ( 8 e 7 titoli a Wimbledon) su cemento outdoor dove si giocano 2 slam su 4 Djokovic numero 1 di sempre. I numeri ad oggi dicono questo,poi si può parlare degli avversari sconfitti, della peste in Burundi, del caldo torrido ai giochi olimpici etc etc..resto dell’idea che stabilire chi sia il famigerato Goat di tutti i tempi sia impossibile per mille ragioni e motivi , e auguro a Nole di realizzare stasera ciò che solo Rod Laver per ben 2 volte è riuscito a compiere. Per scrivere un altro pezzo di storia del nostro sport
Rod
Non scorderò mai quei 40 m di palleggio con mister road laver!!!?
Io avrei citato anche Stefan Edberg, unico a riuscire a realizzare il Grande Slam juniores.
Verissimo, poi gli anni 90’ il trionfo degli specialisti, che se in giornata erano ingiocabili; il Krajicek del 96 era imbattibile, con l’80 % di prime a 220kmh e per di più con servizio costruito per attaccarsi a rete.
Cmq NOLE sarebbe stato n. 1 incontrastato in tutte le epoche, nessuno è eclettico completo, anzi perfetto come struttura fisica, ossea e muscolare, come forza mentale, e tecnicamente, come lui
Pezzo scritto molto bene e interessante.
L’uniformità cercata delle superfici ha avvantaggiato un po’ tutti i big3, tra questi penso che ad aver avuto maggiori vantaggi siano stati Federer e Nadal. Il primo difficilmente avrebbe vinto Roland Garros, il secondo non sarebbe andato nemmeno vicino a vincere a Wimbledon, probabilmente Djokovic avrebbe vinto meno ma partendo sempre da primo favorito.
Ma tant’è… è una discussione interessante ma del tutto inutile perché il tennis oggi è questo è chi vince ha sempre ragione.
Articolo interessante, ma non in tutto condivisibile. Se infatti é vero che a partire dall’84 le condizioni dei campi sono diventate più difficili, non è vero che dopo il 2000 sono più facili. Forse sono più facili ora che nel 1989, ma sono di certo molto più difficili ora che nel 1969. Per questo, per 52 anni, nessuno ci è andato neanche vicino. Djokovic ha fatto già una impresa ad arrivare al punto in cui é, se dovesse vincere sarebbe ancora più incredibile.
Non é vero poi che ci sono andati vicino Djokovic, Federe o Nadal gli anni scorsi. Per fare il grande slam ne devi vincere 4 di fila nello stesso anno. Se come Nadal o Federe vinci il primo e poi perdi il secondo, non ci sei andato vicino per nulla, anche se poi vinci gli altri 2.e il motivo é che la pressione di vincere il terzo dopo che hai vinto i primi due, é già immensa (vedi Borg). La pressione di vincere il quarto se hai vinto gli altri 3, é certo ancora superiore.
Io ho cominciato a vedere il tennis subito dopo il dominio di Borg, ma a quei tempi era praticamente impossibile trionfare a Parigi e Wimbledon, anche in anni diversi. La differenza di superfici portava proprio a stili radicalmente opposti, per cui ad esempio un McEnroe solo nell’anno di grazia 1984 é andato vicino a vincere Parigi; Sampras e Becker manco ci sono andati vicini. Solo Edberg ha avuto la sua chanche a Parigi ma era il torneo della vita di Chang. Viceversa per un Lendl che solo facendosene un’ossessione arrivò all’ultimo atto di Wimbledon, c’é stato un Wilander che sui prati manco la vedeva.
L’impressione mia é che un Nadal e un Djokovic a quei tempi avrebbero avuto difficoltà incredibili a vincere Wimbledon, di sicuro il Serbo non cosí tanti: nell’ultima edizione i punti vinti a rete sono tipo un ventesimo di quelli di 30-40 fa. Ma anche il tennis di Federer secondo me non sarebbe bastato in un tabellone Parigino con (mettete voi due-tre Svedesi anni ottanta a vostra scelta). Almeno, questa é la mia idea
Ma farebbe più notizia il Gran Slam di Djokovic, con relativo primato di vittorie, o la sua sconfitta ad un passo dall’agognato traguardo?
Temo che la risposta non sia scontata, ma non potremo vivere entrambe le possibilità.
@ l Occhio di Sauron (#2927711)
vero, lo correggo. grazie della nota
Bellissimo l’articolo, ma c’è un passaggio a dir poco incongruente
“Da quel 9 settembre nessun tennista è riuscito a completare il Grande Slam, solo Steffi Graf tra le donne nel 1988.”
E sopra c’era scritto
“Don Budge nel 1938 fu il primo tennista a completare un Grande Slam, quindi Rod Laver (1962 e 1969). Tra le donne ci sono riuscite Maureen Connolly (1953), Margaret Smith Court (1970) e Steffi Graf (1988).”
Quindi tra Laver e oggi i GS sono stati tra le donne 2 non solo quello di Steffi Graff
Le superfici ormai sono poco diverse fra loro ma un po lo sono ancora. Nole certo digerisce tutto e per lui cambia poco ad es. AusOpen prima più lento di UsOpen, adesso il contrario, quindi per Nole cambia… niente. Sarebbe interessante per gli altri vedere invece se c’è u a superficie nettamente preferita, magari prendendo a riferimento il CPR attribuito al singolo impianto dall’ITF.
Il Grande Slam è come mangiare il Gran Crispy McBacon, una bontà.
Mazzoni, speriamo ….Armonica si degni di leggerla.
Unica precisazione Martina Navratilova vinse sei Slam consecutivi a cavallo tra 83 e 84 (cosa mai fatta da altri) a sottolineare un dominio assoluto in quegli anni… purtroppo era bravissima a mettersi pressione da sola e all’avvicinarsi di un possibile calendar grand slam se la fece sotto, come spesso le accadde anche in altre occasioni, e perse dalla Sukova a cui normalmente avrebbe dato al massimo 6-3 6-3.
Comunque uno pensa che la pressione su Nole sia enorme, ma pure per il Russo. Non solo vincere vorrebbe dire vincere il primo Slam, ma anche entrare nella storia per essere colui che ha fermato Nole dalla leggenda. Per me il russo ha il 5% di possibilità
Infatti ciò che non dicono le statistiche è quanto abbia influenzato il cambio di superfici , di materiali e di densità di campioni.
Questo determina spesso i record.
In questa epoca si può dire che Novak è stato il più grande ma fare i paragoni con altre epoche è demenziale.
Bell’articolo appunto, grazie.
A me risulta che federer non ci sia andato vicino nemmeno di striscio al grande slam in quanto ogni volta che ha vinto gli AO poi non ha vinto il RG. In altre parole non è mai arrivato nemmeno fino a wimbledon ancora in corsa, figuriamoci a una sola partita.
Cmq sia che Nole vinca stasera oppure perda non cambia un granché. I numeri sono già così tutti dalla sua parte, non sono questionabli e lo identificano come il più forte, vincente e completo di tutti. Viceversa per i fedalini (quindi gran parte dell’opinione pubblica) potrebbe anche vincere 50 slam e fare 7 grandi slam che sarebbe cmq dietro i due amiconi che per lui sono inarrivabili. Perché i due amiconi sono più simpatici. Dove siamo simpatici però io non l’ho mai capito.
@ bin (#2927625)
Sei convinto ?
La Graf ha sfiorato di fare due Grand Slam consecutivi.
Dopo quello del 1988, nel 1989 perse da Arantxa Sanchez in finale al Roland Garros dopo essere stata in vantaggio 5-3 nel terzo set.
Ad un solo game da un duplice Slam.
Perché non citare il 2015, anno in cui Serena sembrava inarrestabile fino al miracoloso trionfo di Robertina Vinci in semifinale. Per molto quella vittoria è considerata la più grande sorpresa nel tennis moderno ed è stata forse la batosta psicologica più importante per Serena.
disamina perfetta!
Analisi tecnica davvero notevole, con considerazioni specifiche legate al succedersi delle varie superfici ed ai singoli giocatori che non so quanti (me compreso) conoscessero così nel dettagio
Speriamo davvero che Djoko, raggiunga Laver, e poi si dia una calmata 😀
Quando si parla di Grand Slam sfiorati al femminile, a me viene sempre in mente la Hingis, che se lo giocò per una “caduta da cavallo”, nonostante la quale arrivò in finale a Parigi 97, perdendo da una giocatrice buona per carità ma…
E vabbè… a questo punto che lo vinca pure. Era giusto che almeno uno dei 3 big realizzasse il grande slam. Ci riuscirà il meno simpatico, quello a cui quasi tutti abbiamo tifato contro, ma almeno questi fantastici 20 anni lasceranno un segno indelebile.
P.S. a meno che ci sia una incredibile sorpresa!
spero lo vinca. così finalmente si potrebbe iniziare a voltare pagina.
Chissà che a Djokovic non sfumi tutto all’ultimo quarto.
Che ore sono?
Le Nole meno un quarto.