Berrettini: “È fondamentale l’equilibrio tra il voler evolversi ma allo stesso tempo rimanere chi sei”
Il 2021 di Matteo Berrettini è iniziato con grandi prestazioni all’ATP Cup ma anche un brutto infortunio muscolare all’Australian Open, che ha interrotto una corsa che si faceva molto interessante. In attesa di tornare in campo, ha rilasciato una bella intervista a Eurosport UK nella sezione “Players’ voice”, in cui ha parlato soprattutto dell’aspetto mentale del gioco e del peso di aspettative diventate altissime dopo la semifinale a US Open 2019 e l’approdo al Masters a Londra.
“L’anno scorso è stato complicato per un milione di motivi ed estremamente difficile per così tante persone in tutto il mondo. La pandemia ha causato tanta tristezza e cambiato aspetti della vita che tutti, me compreso, davano per scontato. Personalmente, sul campo da tennis le cose stanno cambiando anche per me. Le aspettative che mi sono state riposte sono aumentate a nuovi livelli, e questo è stato da lato eccitante ma anche una grande sfida allo stesso tempo, come lo sono la maggior parte delle cose nuove”.
Matteo parla di come siano cambiate le aspettative su di lui, con un esempio concreto: “Nel 2019, quando ho raggiunto il quarto round a Wimbledon affrontando Roger Federer sul campo centrale, fu un risultato enorme per un giocatore come me che a quel tempo non era mai arrivato così lontano in uno Slam. Poi, con questo, la mia classifica ha iniziato a crescere e solo un anno dopo agli US Open del 2020 l’aver raggiunto il quarto turno è stato percepito come “non sufficiente”, per quello che avevo ottenuto l’anno prima. Non per quello che ero diventato”.
“Non è stato facile abituarmi alle pressioni improvvise dopo aver scalato la classifica così velocemente. A miei occhi stavo andando in punta di piedi, ma all’improvviso mi sono sentito come se tutti stessero aspettando che andassi più veloce. È come se avessi scelto un percorso, ma quel percorso fosse diventato improvvisamente un altro. Immaginatelo in questo modo: stai camminando lungo una strada laterale al tuo ritmo, ma all’improvviso questa si fonde in un’autostrada e tutto viaggia velocissimo; devi adattarti subito o altrimenti verrai superato”.
“Quando ti avvicini alla vetta, c’è molto di più con cui devi fare i conti, non solo il tennis ma anche cose personali. Prima, la mia vita sembrava molto più semplice: scendo in campo, gioco a tennis, penso alla vittoria. Oggi ci sono tante altre cose a cui pensare: gestire le aspettative, quelle degli altri e anche le mie, ma anche mantenere le mie relazioni. Anche con la mia famiglia e i miei amici, le cose cambiano perché non riesco a vederli così spesso, è difficile abituarsi. Ciò ha portato alla consapevolezza che il tennis può portarti via dalla vita a cui eri abituato. È come se tu fossi trasportato in un’altra dimensione, dove sei tu da solo con i tuoi risultati. Ci vuole tempo per riadattarsi a questo, e abituarsi alla nuova realtà che è diventata la tua vita. Ci sono giocatori che impiegano più tempo per adattarsi, mentre altri hanno bisogno di meno tempo. Per me, la famiglia e gli amici significano davvero tanto ed è forse per questo che ho bisogno di più tempo per arrivare a quel punto”.
Alla fine, come per i cambiamenti, anche in campo l’aspetto cruciale per Matteo resta la testa. “Più in alto arrivi, più le cose si complicano. Oltre alle preoccupazioni per gli aspetti tecnici e fisici del tuo gioco, che restano fondamentali, devi allenare “il Capo”, come diciamo a Roma, ossia la testa. Un altro esempio: puoi andare in campo ad allenarti e fare il minimo, oppure puoi allenarti facendoti mancare il fiato. È tutto nella testa, è l’approccio che hai la mattina quando ti svegli che fa la differenza. Devi attivare la tua testa per salire di livello”.
Questo è un passaggio chiave dell’intervista, molto profondo. Berrettini ha voglia di vincere, di crescere, ma per farlo è decisivo sapere chi sei, dove vai, migliorare ma senza perdere la consapevolezza di chi si è. In una parola: Equilibrio. “Spesso mi viene chiesto: “Ti guardi mai indietro?” e io rispondo: “Sì, è bellissimo, ma voglio guardare avanti”. Ci sto lavorando, perché avere solo obiettivi legati alla prestazione a volte può essere pericoloso. Alla fine il vero obiettivo è l’equilibrio, tra dove hai iniziato e dove vuoi andare; tra lo stimolo del lavoro e la gioia di farlo; e soprattutto, senza dimenticare il motivo per cui sei qui. Gioco a tennis perché mi piace. Si tratta di trovare quell’equilibrio tra il voler evolversi ed essere migliore, ma allo stesso tempo rimanere attaccato a chi sei. Non è facile, ma è quello che sto cercando di fare”.
La conclusione sugli obiettivi, ambiziosi. “I miei sogni rimangono gli stessi: vincere gli Internazionali BNL d’Italia e, ovviamente, un torneo del Grande Slam. Non sono cose facili e non basta solo volerle o impegnarsi per realizzarle, ci sono tanti altri fattori, è percorso difficile. Ma credo di essere sulla strada giusta, non mi sembra di essere lontano anni luce. Nonostante gli ultimi 12 mesi o giù di lì siano stati segnati da alti e bassi per colpa degli infortuni, non è stato niente in confronto a quello che ha passato il mondo intero. Vorrei che il mondo tornasse ad essere un luogo felice in cui vivere, crescere, migliorare e dove tutti possano lasciarsi alle spalle le difficoltà e le sofferenze che questa pandemia ha causato”.
Belle parole, sincere, oneste, profonde. Berrettini dimostra di essere un ragazzo con la testa sulle spalle, cresciuto molto in fretta ma senza aver perso la sua dimensione umana. La parola Equilibrio è fondamentale nel nostro sport. Equilibrio nel gioco, nel corpo per produrre grandi colpi in sicurezza; ma anche e soprattutto equilibrio mentale, perché nella competizione ma anche nell’allenamento di ogni giorno serve tantissimo equilibrio per sapere chi sei, dove andare, come farlo, cercando di migliorare per provare a vincere. Avanti tutta Matteo!
Marco Mazzoni
TAG: Berrettini, Intervista, Marco Mazzoni, Matteo Berrettini
preferivo le interviste di giovanni trapattoni.. le mitiche Ipse Dixit
Gisvaldo,ma sicuramente tu ,non hai il braccino. Sei il classico ben allenato. Bravo
Si concordo, anch’io lo avevo già sottolineato tempo fa, anche se ad onor del vero questa mi sembra una delle sue migliori interviste.
Fuori dal campo non è sicuramente molto interessante.. (sia chiaro parlo del personaggio pubblico, poi magari sotto traccia collabora con il CERN, è in corsa per un Nobel ed è candidato per diventare il nuovo segretario del Pd… 😆 😆 )
Ad uno che per nickname ha Barabba chi potrebbe piacere? Se il tuo mondo è quello dei maleducati e sbruffoni spero che non sia mai quello del tennis
E cosa avrebbe dovuto dire? È stato chiaro, semplice e sincero.
Mi è piaciuto molto il nostro Berretto! L’impressione è di un ragazzo che sa trasmettere umanità, che non vive solo nel suo mondo dorato, ma che sa guardarsi attorno e che ha dei valori e degli affetti a cui tiene ed è legato. E con una grande passione, sana, per il tennis. Gli auguro il meglio e da tifoso, mi auguro che ciò avvenga !
Daje Matte, regalaci soddisfazioni a Miami
Paire è tecnicamente superiore a molti
Si davvero,per questo personaggio i risultati non contano,contano le aspettative.ma sono in molti
Magari penserai che alcaraz è più forte di Matteo…poi ti svegli ed era solo un sogno…uno e’ 10 atp l’altro una grande promessa che ancora è fuori dai 120 e perde da trungelliti…
Quando è in campo si soffre e si gioisce per lui, non c’è bisogno di dirlo. Ma nelle interviste… è il vero re dell’ovvietà.
Di quelli che dicono all’intervistatore: “La ringrazio per avermi fatto questa domanda”.
Comunque: sotto con Miami.
“È fondamentale l’equilibrio tra il voler evolversi ma allo stesso tempo rimanere chi sei”
Mi sembrava una frase gia’ sentita da uno sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo !
Si ok ora torna a guardare Supergarra
E per questo potrebbe chiedere consiglio a te e alla tua grande esperienza nel circuiti ATP
Anni e anni di vittorie…
La testa si usa sia fuori che dentro il campo
Tranquilli che alla prima sconfitta anche contro il 30 al mondo usciranno critiche da tutte le parti e che sicuramente non è da primi 10,senza sapere che sacrifici e che lavoro ci sia per arrivare e rimanere ad alti livelli, i tempi di Panatta che poteva fare allenamenti approssimativi sono passati, forza Berrettini
Benoît Paire tutta la vita.
Oltre che di testa x vincere qualcosa di importante bisogna migliorare anche tecnicamente caro Matteo. Buona fortuna
finalmente un articolo dove il concetto di “testa” viene inquadrato in modo da poter essere compreso anche da chi non fa sport di vertice.
la “testa” non è un qualcosa che si pratica nella partita, ma è ciò che ti consente di allenarti e vivere la quotidianità con l’obbiettivo di arrivare in partita e nelle fasi critiche della partita sapendo fare meglio ciò che deve essere fatto per vincere. significa concentrazione e disponibilità al sacrificio, intensità nella routine, non accontentarsi ma cercare la strada per migliorare i tanti aspetti del gioco.
Berrettini è un ragazzo ,ma è già arrivato in top ten . Sinner è più giovane e ci arriverà. Ciò che stona è la passione per sinner, al quale tutto viene perdonato,e l. Acredine per Berrettini del quale vengono evidenziati solo i limiti. Oppure,i continui commenti sulla maleducazione di Fognini,che comunque è stato il primo ha smuovere il movimento,e per ora è il più titolato
Un’ altra bella intervista che fa il pari con quella ieri di JS. Questa è un po’ più “matura” forse perché Berrettini ha qualche anno in più di Jannik, ma anche qui ne vien fuori un bravissimo ragazzo che vive per il tennis. Bravi tennisti e bravi e bravi ragazzi: cosa chiedere di più? Uno Slam!!
Come sempre grazie a Marco per l’articolo.
🙂 🙂