LiveTennis con Andrea Vavassori: “Il Coronavirus ha cambiato la nostra vita. Obiettivi? ‘Quali’ Slam e Top-100 in doppio”
In questo periodo di “stop forzato” dell’attività agonistica a causa dell’allarme Coronavirus, LiveTennis.it ha contattato Andrea Vavassori, classe 1995, per un’intervista esclusiva nella quale sono stati trattati diversi argomenti di primo piano. Oltre ad un parere personale sull’attuale emergenza sanitaria, il tennista piemontese ha fornito il bilancio della sua prima parte di stagione, nella quale si è ben disimpegnato sia in singolare che in doppio assieme a Luca Margaroli, lanciando anche uno sguardo agli obiettivi futuri. Grazie alla sua disponibilità, c’è stato modo di affrontare anche i temi “caldissimi” dei prize-money dei tornei Challenger-Futures e delle scommesse.
Emergenza Coronavirus: tutto fermo fino al 7 giugno, ma la sensazione è che si possa andare oltre. Che idea ti sei fatto in merito?
“E’ un bel problema per tutti quanti, per noi che siamo abituati a viaggiare ogni settimana in paesi diversi sarà molto difficile perché il virus è altamente infettivo e quindi credo ci vorrà molto tempo perché si debelli del tutto. Tra le quarantene una volta arrivati nei posti dei tornei e la quarantena al ritorno in Italia, non so proprio come faremo: quando torneremo a giocare, bisognerà vedere se riusciranno ad organizzare gli eventi. Se hanno cancellato Indian Wells per pochi casi, sarà difficile che ce ne siano di numero inferiore nelle varie città d’Europa. L’idea è che si torni a giocare dall’8 giugno ma la sosta potrebbe prolungarsi ulteriormente, speriamo di riuscire a giocare entro la fine della stagione. In Inghilterra hanno preso le misure di contenimento più tardi rispetto a noi, la stagione su erba potrebbe risentirne ma la speranza è quella che riescano a risolvere in fretta tutti i problemi“.
Come è cambiata la tua routine quotidiana? Come ti organizzi con gli allenamenti?
“Non siamo abituati a stare molto a casa durante l’anno: viaggiamo continuamente, stiamo 1-2 settimane nei circoli in cui ci alleniamo poi ripartiamo anche per 5-6 settimane consecutive in trasferta. Il Coronavirus ha cambiato molto la nostra vita. Io sono a Pinerolo e mi sto allenando al circolo che, fortunatamente, è vicino a casa mia: essendo nella lista diramata dalla FIT posso usufruire della struttura, a tal proposito ringrazio il Presidente che mi ha lasciato le chiavi. Gioco insieme a mio padre e mio fratello Matteo (classifica italiana 2.8, ndr), stiamo facendo tutto in famiglia per evitare situazioni pericolose: non è sempre facile perché essendo uno sport competitivo siamo abituati a giocare tornei per gran parte delle settimane, bisognerà riuscire a superare in fretta uno stop di questo genere.
Il mio preparatore atletico mi sta dando programmi settimanali da svolgere e sto seguendo anche un piano mentale, sul quale cercherò di lavorare maggiormente in questo periodo: ho tanto da migliorare sotto questo punto di vista e spero di trarne delle soddisfazioni. Mi alleno solo al mattino mentre il resto della giornata lo passo a casa: l’Italia sta portando avanti l’hashtag #restiamoacasa, è importante che tutti lo seguano perché solo in questo modo potremmo tornare alla normalità il prima possibile. Ci tengo a sottolineare che anche la mia famiglia sta prendendo molto seriamente questa situazione“.
Da chi è composto il tuo team?
“Mio padre Davide è anche il mio primo allenatore, poi c’è Gabriele Dutto che ogni tanto mi aiuta e ricopre il ruolo di coach in seconda. Marco Sesia è il preparatore atletico, Gianfranco Santiglia il mental coach e Gabriele Scaglia il fisioterapista. Vorrei ringraziare Paolo Moro del Team Ca’ Sport Rivarolo, che da anni mi customizza l’attrezzatura e con il quale provo sempre un grande piacere a parlare perché è molto preparato. Mi alleno al CT Pinerolo, spesso con Christopher Caldo (2.4 FIT, ndr) che è un ragazzo molto disponibile“.
Cosa si prova ad essere allenato dal proprio padre?
“Mi ritengo fortunato perché sono riuscito ad instaurare un rapporto veramente importante con lui anche fuori dal campo, il tennis ci ha unito di più. Magari qualche dissidio che si ha in campo poi si trascina anche a casa, dunque a volte potrebbe rivelarsi una cosa pesante. La mia è sempre stata una famiglia di sportivi, mia sorella è cresciuta con me disputando tornei giovanili e attualmente mi alleno con mio fratello, un bel talento: speriamo, un giorno, di potervi offrire il doppio Vavassori/Vavassori (ride, ndr). Gli obiettivi sono belli, sempre più motivanti, e non dobbiamo permettere che la situazione attuale fermi il nostro entusiasmo. Continueremo a lavorare per trovare motivazioni sempre maggiori, nella speranza che si riesca a tornare alla normalità ed in campo il prima possibile“.
Quest’anno hai deciso di affrontare la trasferta pre-Australian Open dall’altra parte del mondo. Quanto è stata dispendiosa sul piano economico, visti i prize money dei tornei Futures e Challenger?
“Io e il mio team abbiamo preso la decisione di organizzare questa trasferta coraggiosa tra Nuova Zelanda, Nuova Caledonia e Australia. Ringrazio Luca Margaroli, con cui sto giocando dalla fine della scorsa stagione e con il quale sono andato fino a lì: inizialmente abbiamo giocato un Futures a Te Anau, dove ho fatto finale in singolare e abbiamo vinto in doppio, mettendo in pratica schemi già provati in allenamento durante la preparazione invernale. A Noumea abbiamo raggiunto la finale, mentre in singolare non sono riuscito ad entrare. Nei Challenger l’hotel è offerto dall’organizzazione, dunque bisogna pagare solo pranzi/cene e i voli, la cosa peggiore in assoluto: ho pagato parecchio il viaggio d’andata per la Nuova Zelanda e quello di ritorno, la “mazzata” vera sono i voli per Noumea perché è difficilissimo arrivare in mezzo all’Oceano. Dal punto di vista economico, visti i buoni piazzamenti, non è stata gravosa: ho finito con un bilancio positivo“.
Restiamo in tema prize money: pensi che l’ITF debba fare qualcosa per tutelare i tantissimi giocatori che non possono permettersi uno status da “Top-100”?
“E’ uno degli argomenti più delicati, spesso ne parliamo nei vari tornei in giro per il mondo. Sicuramente bisognerebbe aumentare i montepremi, negli Slam sono già alti ma continuano ad essere alzati ogni anno. Nei Challenger invece sono troppo bassi, penso ad esempio alle mie esperienze a Bendigo di quest’anno e Poznan dove l’anno scorso, con le tasse, ho preso €3.800 nonostante la semifinale in singolo (battuti Martinez, Otte e Giannessi) e la vittoria in doppio. Non parliamo dei Futures, dove non esiste l’ospitalità e c’è da pagarsi tutto: se non arrivi in semifinale o finale in singolo, sei sempre in rosso. E’ un problema che ho avuto modo di affrontare, ci sono giocatori che stanno prendendo posizione, come Pospisil, e mi auguro vengano attuate delle modifiche. La soluzione non è facile da trovare, ci sono tanti giocatori di ottimo livello che devono arrendersi prima di realizzare un sogno perché non riescono a sostenere l’attività dal lato economico“.
Torniamo a parlare di tennis: a Bendigo hai superato Fucsovics e Dzumhur, che ricordi hai di quel torneo?
“Ho ricordi molto positivi perché ho giocato ottime partite. Dopo un viaggio assurdo da Noumea, io e Luca (Margaroli, ndr) siamo arrivati stanchissimi alla domenica e il giorno dopo ho giocato con Vanshelboim in condizioni non ideali perché non avevo nemmeno provato il campo. Il torneo “vero” è iniziato con Fucsovics, stavo giocando molto bene quando sul 5-4 in mio favore si è ritirato per un problema alla caviglia: giustamente non ha voluto rischiare in vista degli Australian Open, dove ha battuto Shapovalov e Sinner. Con Banes al terzo turno ho servito 18 aces, tirando fuori tutta l’energia che avevo in corpo dopo aver perso il primo set al tiebreak; con Dzumhur ho giocato ancora meglio, gli ho messo tanta pressione con le discese a rete ma anche da fondo mi sentivo piuttosto bene. E’ stata una vittoria tirata, sono stato bravo a sfruttare le occasioni che mi si sono presentate”.
Lo stop è arrivato solo in semifinale contro un ottimo giocatore come Steve Johnson…
“Ho avuto un po’ troppa fretta, il primo set è stato equilibrato e deciso da un solo break mentre nella seconda frazione ho sciupato due opportunità per andare sul 2-0. Si è notata la sua esperienza ad alto livello, è un tennista che con il dritto fa molto male ed io ho faticato. Sono comunque contento per essere giunto fino alla semifinale, da questo torneo ho imparato tante cose che mi saranno utili nel futuro“.
E’ stato un grande inizio di stagione anche in doppio con Luca Margaroli: insieme avete raggiunto quattro finali, vincendo un titolo. Com’è il vostro rapporto?
“Con Luca mi trovo benissimo, siamo molto amici anche fuori dal campo. Dopo aver smesso di giocare con Vega Hernandez, abbiamo deciso di iniziare a fare il doppio insieme: siamo partiti subito bene con una semifinale a Knoxville, poi abbiamo fatto due primi turni perdendo al supertiebreak, un vero e proprio terno al lotto nel quale contano tanti fattori. Nella pre-season abbiamo affinato qualcosa insieme a mio padre, che ci segue sempre e ci dà suggerimenti: dopo aver vinto a Te Anau, siamo giunti in finale a Noumea e Burnie. Tornati in Europa, altra finale a Bergamo. E’ un buon inizio di stagione ma non proprio perfetto perché se avessimo vinto avremmo preso molti più punti, ma sono comunque risultati che fanno ben sperare“.
Vi siete fissati un obiettivo da raggiungere? Sei n.2 d’Italia nella specialità (il n.1 è Bolelli) e ad un passo dalla Top-100, a cosa vorresti puntare?
“Vogliamo fare più risultati possibili insieme per avvicinarci alla Top-100 e magari poi “agganciarci” a qualche nostro amico che sta giocando già ad un livello più alto, penso ad esempio a Sonego e Mager, o sfruttare l’occasione di giocare un torneo ATP con Matteo Berrettini. O vinci tanti Challenger in un anno, oppure devi avere la fortuna di riuscire a partecipare a livello ATP con un amico e magari fare il botto per prendere punti per poi restare stabilmente in alto. Le semifinali o finali a livello Challenger danno pochi punti, mentre vincendo si prendono anche 80 punti e da lì possono nascere occasioni per entrare negli ATP 250″.
E per quanto riguarda il singolare? Che programmi hai?
“In singolare mi ero posto l’obiettivo di giocare le qualificazioni in un torneo dello Slam: sognavo di entrare nelle “quali” del Roland Garros ma non sarà possibile. Attualmente sono a ridosso della Top-300, l’ideale sarebbe prendere quei 50-60 punti in più per arrivare nel torneo cadetto e, in contemporanea, giocare nel main draw in doppio. Uno dei miei sogni è quello di disputare un torneo sull’erba, ma adesso è difficile pensare ad una programmazione: fino a fine maggio non avevo punti da difendere, aspettiamo di sapere come verrà strutturato il resto della stagione e quello che ne sarà dei punti, visto che da giugno in poi ne avrò tanti da difendere“.
Molti ti etichettano come giocatore “vecchio stile” per le tue frequenti discese a rete: da chi hai preso questa abitudine?
“E’ un’etichetta che mi piace, ho sempre avuto un tipo di gioco diversi dagli altri perché faccio spesso serve & volley e il chip & charge in risposta. E’ un tennis che ora non si vede tanto, ma sono stato abituato fin da piccolo grazie a mio padre che mi ha sempre fatto vedere delle videocassette di Rafter, Henman e Sampras. Anche il rovescio ad una mano è dovuto a questo, mi permette di utilizzare più slice e di spingere col dritto: giocare in doppio mi ha aiutato a sviluppare questa caratteristica. Col passare degli anni ci siamo specializzati sempre più su questo stile di gioco, ma non è facile: ci vogliono anni per vedere i risultati e renderlo produttivo, c’è da abituarsi a certi meccanismi e soprattutto a rendere esplosivo il servizio e l’uscita per arrivare a rete il prima possibile. Spero di poter diventare una “mosca bianca” nel circuito“.
Capitolo scommesse: ti sarà sicuramente capitato di ricevere insulti o minacce dopo una sconfitta. L’ITF sta togliendo gradualmente i livescore dai tornei per combattere il fenomeno del “match-fixing”, pensi sia la scelta giusta?
“E’ una questione molto delicata, penso che tutti i professionisti siano stati insultati o minacciati alla fine degli incontri. Quando vinci è tutto ok, quando perdi succedono cose non proprio bellissime: magari eri favorito o avanti nel punteggio e allora, appena prendi il telefono in mano, ti ritrovi sempre a leggere insulti pesanti su Instagram. Capita sempre di più anche quando si alza il livello, è un problema che andrà affrontato da chi di competenza ma non sarà facile perché le scommesse ormai fanno parte del nostro mondo: molta gente, non avendo la cultura adeguata, perde tempo in queste cose e se la prende con noi giocatori“.
Intervista a cura di Lorenzo Carini
TAG: Andrea Vavassori, ATP, Challenger, Esclusiva LiveTennis, Intervista, Intervista LiveTennis
8 commenti
Sarebbe bello che la federazione sostenesse un progetto di alto livello per la coppia Vavassori/Bolelli magari in chiave olimpica e per i tornei del Grande Slam.
Della farsa della Coppa Piqué non ne parlo.
Ce ne fossero di padri come quello di Vavassori!!!! Invece temo che i padri di molti dei tennisti odierni che vanno dai 30 ai 15 anni siano/siano stati dei tennisti dopolavoristi frustrati, pallettari scadenti, tecnicamente scarsissimi che puntavano a far risultati nei tornei di quarta categoria grazie a grinta e fiato, raccattando e buttando di la tutto il raccattabile e il ributtabile. Risultato: figli portati al tennis emulando il nulla tennistico rappresentato dai genitori sublimato a gente a la Nadal prima maniera o a la Djokovic. ViVaVaVa!!!!
Forza Vavassori! In bocca al lupo per il futuro
Andrea è uno dei tennisti che più va preso ad esempio nel circuito. Dedizione assoluta, un atteggiamento vincente pur rimanendo un ragazzo sereno e disponibile, e con la voglia vera di migliorarsi quotidianamente. Conosce i suoi limiti attuali ma ha la mente aperta per sapere che può superarli e non rimanere bloccato in una definizione. Ok che abbia un gioco molto bello e gustoso anche da vedere, un tennis old style con spesso serve and volley, ok che questo metta in difficoltà avversari non così abituati a affrontare certe difficiltà tattiche, ma non esclude di poter cambiare laddove serva. credo che veramente sia uno dei pochi che a fine carriera potrà dire di aver raggiunto il suo massimo potenziale. Può fare molto di più, ma molto molto, non metto limiti perché nella sport non esistono traguardi assoluti. L’orizzonte non finisce mai
* Quotone.
Assieme al fogna il tennista italiano più divertente da veder giocare.
Io gli avevo trovato l’appellativo di Zeman del tennis per via del suo continuo scendere a rete.
Vava ha un tennis preistorico ed è una mosca bianca nel circuito…va tutelato.
Vavassori per quello che ho visto io ha ancora molti margini. E’ giovane, e’ alto, ha un gran servizio, e’ giocatore da 3 colpi e via.
DEVE PRIVILEGIARE LE SUPERFICI VELOCI, tutto l anno se possibile, li’ si costruira’ la sua classifica che puo’ essere dentro i 200.
questo deve essere il suo primo obliettivo
Bravo Vavassori, esempio di un tennista ‘familiare’, dedito al lavoro, misurato nei commenti e conscio della necessità di lavorare sempre e in maniera continuativa. Profilo basso, controllo e gestione costante del portafoglio per le entrate e uscite, dal momento che al suo livello il tennis è ancora uno sport caro…quindi molto lodevole la sua intervista ed il lavoro che sta facendo con suo papa e il suo staff.
in doppio può veramente entrare nei 50/70 atp, e iniziare ad avere quei 100 mila euro annui che gli garantiscono un poco di ossigeno per trasferte e spese per finanziare i suoi collaboratori.
Mi piace il suo tennis anni 80…bravo Andrea, uno un poco fuori dal coro che ha tanti sostenitori.