Addio Alexander Volkov, talento mancino dal tennis unico (di Marco Mazzoni)
Febbraio 1991, l’Italia è sotto una bianchissima coltre neve. Inverni d’altri tempi, si direbbe oggi… Anche a Milano, dove è in corso il torneo ATP indoor. Il mondo della racchetta azzurro è scosso da Cristiano Caratti, che entrato in tabellone con una wild card, stupisce tutti con una clamorosa vittoria sullo zar Ivan Lendl, al tiebreak del terzo set. La corsa del piemontese non si arresta, vola clamorosamente in finale. Il tennis leggero e cerebrale di Cristiano sbatte contro la velocità, talento e “follia” tecnica di un russo, alto e magro, che spara servizi mancini ed accelerazioni mortali con assoluta nonchalance. Alexander Volkov è troppo forte per il nostro, e vince quel torneo che aveva accarezzato due anni prima, quando fece il suo “esordio in società”, sconfitto dal gigante Becker nella finale meneghina.
Un ricordo oggi amarissimo, perché Alexander Volkov oggi ci ha lasciato, a soli 52 anni. Improvvisamente. Non si conoscono ancora le cause del decesso, confermato dal messaggio pieno di stupore e dolore di Kafelnikov, che ha condiviso parte della carriera con il connazionale.
Volkov non era una tennista qualunque. Era talento puro. Vederlo giocare era un’esperienza unica. Non è la retorica del “ricordo di chi non c’è più”, chi ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo lo può confermare. Alex non colpiva la palla, la attraversava con un tempo assoluto. Incredibile. Non aveva colpi di tennis, aveva degli strappi assolutamente anomali e personali, giocati quasi solo di braccio, che se provati da un comune mortale avrebbero tirato le palle sui teloni, o chissà dove. Volkov accelerava palle velocissime di puro timing, senza mai da impressione di forzare, senza far fatica. Era leggero, spesso nemmeno così coordinato, ma ci arrivava, lasciava mulinare il braccio e via. Quando era in giornata, era capace di tutto. Pure di umiliare sul centrale di Flushing Meadows il neo n.1 del mondo Stefan Edberg, estromettendolo al primo turno da un torneo in cui era nettamente favorito per il successo. Era il lontano 1990, nessuno poteva aspettarselo. Del resto quando Volkov scendeva in campo, poteva assentarsi dal match in modo quasi indisponente, come nascondere la palla a quasi tutti i rivali, incapaci di capire che razza di gioco quel talento mancino stesse giocando.
Mancino. Il suo mancinismo era parte della sua “leggenda”. Lui ci scherzava sopra, ma quando cadde in un burrone a 15 anni, per un gioco maldestro, e si spaccò totalmente il braccio destro smettendo di giocare per mesi, non penso che avesse riso affatto. Pensava di dedicarsi all’hockey, altro sport a lui molto caro, ma per scommessa al suo tennis club di Kaliningrad imbracciò la racchetta col braccio sinistro, e boom. La impattava, eccome se la impattava. Nel giro un anno e mezzo tornò ai tornei veri, e poco più che teenager iniziò a raccogliere grandi successi.
Vinse tre tornei, toccando il n.14 nel ranking nel 1993, l’anno in cui raccolse il suo più grande risultato, la semifinale a NY, sconfitto da Sampras. Smise nel 1997, troppi problemi fisici su di un fisico troppo gracile, iniziando a seguire un giovane moscovita che faceva fischiare la palla. Era Marat Safin. Lo guidò fino alla vittoria a Flushing, quando annichilì Sampras in finale. Pochi sorrisi da Alex, forse per la fatica di arginare il talento assai particolare di Marat… Era un po’ scomparso dal radar del tennis di vertice, dopo aver accompagnato Safin anche nella vittoria a Melbourne 2005. Peccato. La sua visione per il gioco era notevole, lui sentiva tennis, lo percepiva con un occhio diverso, sennò non puoi immaginare di tirare quei colpi che l’hanno reso unico.
Kafelnikov oggi lo ricorda con dolore, scrivendo “Ricorderò per sempre il tuo sorriso e le nostre partite insieme in Coppa Davis”. In realtà in campo non lo vedevamo sorridere molto. Era enigmatico, perso in quello sguardo intenso che trasmetteva quel pizzico di follia, genio e tensione tutta russa. Con la sua scomparsa il mondo della racchetta perde un tennista a suo modo irripetibile. Un giocatore che ha vinto molto meno di quel che suo talento poteva regalare. E come capita a tutti i geni incompresi, lo rimpiangeremo per sempre, ricordando quegli Ace improvvisi, quel dritto che frustava la palla, quel tocco che ti faceva sobbalzare sulla sedia. Ciao Sasha, mi mancherai.
Marco Mazzoni
@marcomazz
TAG: Alexander Volkov, Marco Mazzoni, morte, Ricordo, Volkov
Ancora non si conoscono le cause del decesso?
@ ilpallettaro (#2454907)
a cambiare dopo essere già impostato non saprei, ma oltre a Nadal e Paire anche Jürgen Melzer e Angelique Kerber giocano con la mano “sbagliata”.
Poi vorrei spolverare il vecchio Luke Jensen degli anni novanta che giocava e serviva sia con la destra che con la sinistra.
Boris Becker ricorda spesso l’aneddoto che lo vise opposto a Jensen nei quarti del torneo Juniores US Open 1983. Jensen gli serviva una palla con la destra e una con la sinistra poi due con la destra e tre con la sinistra, la stessa cosa giocando.
Boris rimase allibito e gli chiese se lo stesse prendendo per i fondelli.
Jensens rispose, no! Semplicemente io gioco così.
Poi non ricordo se era quell’anno o l’anno dopo, ma per via della sconfitta Becker finì per guardarsi tutto un supersaturday in tribuna con le semi Lendl-Cash e McEnroe-Connors inframmezzate dalla finale femminile Navratilova-Evert. Dopo quella giornata in tribuna decise, io voglio fare questo nella mia vita e voglio vivere queste partite in campo.
Più probabile che fosse l’anno dopo, nel 1983 mi pare che in semi ci fosse Jimmy Arias, primo arrotino di Bollettieri.
Detto questo bellissimo ricordo di Volkov, l’unico sovietico del quale piaceva vedere il gioco
@ ilpallettaro (#2454907)
Un certo Rafael Nadal anche
Quando vedevo giocare lui , uno spasso!
Era un buon giocatore con tre titoli atp una Semi slam e un BR al 14. Mazzoni non dice che era un campione ma solo un giocatore valido che se ne è andato prematuramente. Quanto al livello complessivo del giocatore possiamo dire che Se Matteo domani si ritira ha già fatto meglio, là semi slam e i tre atp sono uguali ma il BR del nostro è 11 e non 14.
Volkov aveva un grandissimo talento. raramente si esprimeva al massimo , ma quando lo faceva erano problemi per i big dell’epoca. chi ha scritto l’articolo non ha affermato che poteva vincere 10 slam . ha solo detto che era uno spettacolo vederlo . ed è vero.
Matthew,riguardo a Caratti,secondo me,quel match non decretò la fine di quel periodo magico del nostro tennista,perchè dopo quella finale,raggiunse anche i quarti di finale a Miami e il terzo turno a Roma,andando a memoria,oltre a togliersi pure lo sfizio di battere durante quel 1991,leggende come Connors,e pure McEnroe sull’erba,proprio quell’anno,e se non erro,battè pure Leconte a Montecarlo.Ho sempre creduto che la fine del periodo magico del piemontese finì in occasione della trasferta americana nei tornei su cemento estivi,quando il nostro tennista,sempre se non ricordo male,si prese un misterioso virus,che lo debilitò piuttosto a lungo,pregiudicandone irrimediabilmente il rendimento.
No,ti sbagli col Bielorusso Vladimir Voltchkov,semifinalista a Wimbledon nel 2000 partendo dalle qualificazioni…
@ Chittammuorto (#2454976)
Che banalità ho scritto, scusa, mi sfugge.
Forse ti confondi con Vladimir Voltchkov? Bielorusso, anche lui semifinalista slam (a Wimbledon, uno dei risultati più improbabili che io ricordi), ma complessivamente molto meno forte… e meno affascinante.
Il sempiterno Pozzi… che però era due anni più vecchio! Anche nella sua seconda carriera, da commentatore, sta partendo tardissimo! Immagino che intorno agli 80 anni sarà la voce principale di Sky…
Paire era molto più giovane però. Cambiare arto a 15 anni, quando a livello di impostazione sei fatto e formato, ed arrivare a quei livelli… è semplicemente pazzesco.
A ben vedere, però, qualcosa di simile c’è nei rispettivi diritti, con quell’apertura “brutta”, poco armoniosa, come ti aspetteresti proprio da chi gioca con la mano sbagliata. E anche sul rovescio, bimane, entrambi spingono tantissimo con la spalla “debole”, perché in un certo senso, quando tirano il rovescio stanno ancora giocando il loro vecchio diritto…
Matthew Littlecaps,se non sbaglio,esiste il cognome scritto come ricordavi tu,e ovviamente il tennista che hai nominato,è un altro,e precisamente il semifinalista di Wimbledon edizione 2000,se non erro.Anch’io trovavo curioso il fatto che avevano un cognome simile.
Per un periodo anche Corrado Barazzutti fu costretto a giocare con la mancina. E se la cavo’.
Ricordi e un velo di tristezza. Grazie a Mazzoni per l’articolo e belli anche i commenti
Un po’ successivo c’era anche Vladimir Voltchkov…
Bielorusso…
Anche semi a W. nel 2000… unico dopo JME ad arrivarvi da Q.
Certo se si pone l’accento sul fatto che era un mancino per necessità allora il discorso cambia e allora possiamo si parlare di un caso unico, quasi irripetibile nella storia del nostro sport.
@ Flavio (#2454971)
Esatto
Mi spiace, un pezzo di tennis dei Ns ricordi
Portava i colpi in una maniera che un osservatore non particolarmente attento o che non lo conoscesse bene avrebbe giudicato estemporaneo. Giocava quasi solo di braccio, con poco aiuto degli arti inferiori. Inoltre preparava pochissimo i colpi, in tempi in cui la maggior parte dei tennisti aveva grandi aperture, dal punto in cui iniziava a eseguire il movimento per colpire al punto di impatto con la palla c’erano pochi centimetri.
Non era McEnroe ma era molto divertente da vedere giocare.
RIP.
Riposa in pace. Comunque forse ricordo male ma mentre giocava la finale contro Caratti il suo cognome era scritto in modo diverso. Lo ricordo con qualche H K e C in più. Forse ai tempi era scritto tipo VOLTCHKOV o una cosa simile. C’era ancora l’URSS e forse il nome era scritto in modo più strano. Praticamente segnò la fine di Cristiano Caratti quel match. Durò un mese in tutto Caratti Kid. Dagli Australian Open a Milano passando per la non convocazione (o panchina? Credo non convocato però) a Dusseldorf in Davis.
@ SGT76 (#2455011)
Henry
Talento purissimo..timing favoloso..anticipo..
Il mio secondo giocatore preferito..
Dopo Heney Leconte che lanciava ultimi sprazzi di talento al RG.
Forse Prpic, ma dopo controllo
esattamente. a me risulta che sia l’unico che ha imparato a giocare a tennis prima con un arto con tutte le biomeccaniche conseguenti, e poi con l’altro arto. una cosa molto affascinante e che ci dice molto sul potenziale di ciascuno di noi.
@ Sandro (#2454943)
Mah, uno Che e’ stato 13 Del mondo non e’ Federer, Ma e’ comunque in top player in piu con una classe e tocco notevoli. Lo ho visto giocare a Milano e vi assicuro che era davvero divertente. Guardate il tennis anche con un poco di romanticismo e non solo con i risultati del computer, prima di scrivere delle banalità’..
@ Sandro (#2454943)
A me non sembra che l’articolo lasci credere che fosse chissà che super campione. Ma certo esalta una sua peculiarità che lo ha portato ad avere un bel numero di seguaci, tra cui io stesso. Un bell’esempio di come di possa arrivare ai vertici in modo molto personale e dopo un trauma di quel tipo
E’corretto. Però Nadal è stato impostato mancino da subito, non dopo per un trauma.
Bel ricordo tramite un articolo ricco di spunti che ricordano il bel giocatore che era Volkov…vero, vederlo giocare era piacevole ed affascinava il suo modo di colpire la palla in modo naturale per lui ma cosi efficace…meravigliosamente leggero il suo tennis e spero con la stessa leggerezza sia volato via su in cielo…ciao Alexander
Ho appena letto una dichiarazione di Safin su un sito russo che dice ” Volkov ha aiutato molte persone, ma non è riuscito a risolvere i suoi problemi”. Detta così, sembrerebbe un gesto volontario. Cambia poco, ma a me rattrista ancora di più.
Belli i ricordi di quando avevamo 20 anni
La scomparsa dei miei coetanei e’ sempre un colpo.
Quell anno a Milano Volkov gioco’ un tennis sublime, …. pensare che Caratti dopo la semi vinta vs Steebe partiva alla pari, poi non ci fu partita.
Bell articolo di Mazzoni, RIP
dalla descrizione fatta nell’articolo.
Dispiaciutissimo per la morte precoce di un gran bel giocatore che ricordo bene perché ho visto diverse volte. Volkov però non era McEnroe. Da come viene descritto i più giovani potrebbero pensare che è stato il più grande talento inespresso del tennis mondiale. Non è così, ovviamente. Mecir e Korda, giusto per fare due nomi, in particolare il primo, gli erano superiori.
Purtroppo questo articolo è frutto di un gioco che la nostra mente fa spesso: la morte addolcisce sempre il ricordo di ciò che fu che ci appare così sempre bellissimo. Bisogna invece dire la verità a chi non c’era perché Volkov è stato sì un ottimo giocatore ma non il tennista irraggiungibile come potrebbe sembrare dall’articolo.
Se non prendo errore Nadal dovrebbe essere un destro naturale che da piccolo è stato impostato come mancino
Anche Paire a 6 anni.
Il mio ricordo…
Un ottavo di finale nel 1990 a Wimbledon contro Kevin Curren,grande palcoscenico e grande occasione per lui che,incurante di tutto tirava seconde che arrivavano a malapena a mezza rete,se non vado errato perse 6-4 7-6 7-6…
Risultati assolutamente non proporzionali al talento e alla bellezza e del suo accarezzare la pallina,ora se ne va così all’improvviso,e ci lascia increduli e un po’ malinconici a ricordare le sue gesta e il suo sguardo cupo,noi estasiati ma lui tormentato da chissà quali fantasmi…
Riposa in pace Sasha.
Ho visto quella partita. Mi aveva colpito molto la storia del cambio di braccio che sottolineava un carattere fuori dal comune. Tennis di grande classe e di grande inventiva. Il suo gioco lo rividi successivamente in quello di Pozzi.una grande perdita
C’è stato anche Ken Rosewell.
Volkov grande talento, ahi lui discontinuo.
Che riposi in pace.
Grandissimo talento, enigmatico e sfuggente. Un po’ troppo instabile e dal tennis troppo difficile per mantenersi su livelli altissimi, ma capace di picchi straordinari.
Emblematica in tal senso la sua partita con Edberg in finale di Coppa Davis, a Mosca. Perse male i primi due set, poi annichilì lo Svedese per due set e mezzo con un crescendo disarmante di vincenti, trascinandolo al quinto e dando ormai la chiara impressione di aver il match in pugno. A quel punto, successe una cosa stranissima: nel momento clou dell’incontro – E NEL BEL MEZZO DI UN GAME! – arrivò in tribuna il presidente Yeltsin. Il palazzetto esplose in un’interminabile standing ovation, e la partita venne interrotta per un paio di lunghissimi minuti. Quando finalmente si riprese a giocare, Volkov non cacciò più una palla, perdendo nel giro pochi minuti.
Lo ricorderò così: un incompiuto, ma di quelli memorabili.
Splendido talento, ancora di più se si pensa che è stato costretto a costruirsi mancino. Insieme a Chesnokov, Cherkasov, e in minor misura Olhovskij, riportò la Russia tra le grandi del tennis, dando inizio a una dinastia di campioni che, attraverso Kafelnikov e Safin, giunge sino ai giorni nostri con Medvedev. Spero che domani Rublev possa dedicargli il torneo di Mosca.
Bel giocatore, bel ricordo. Che la terra gli sia lieve
che io sappia, è l’unico atleta di vertice ad aver cambiato l’arto dominante.
bellissimo articolo, soprattutto nel cogliere il genio, la malinconia, il mistero e l’insondabile incompiutezza della genialità russa
Gran bel giocatore Alexander Volkov!!!
@ Alberto Bonimba (#2454874)
Concordo.
Me lo ricordo bene, ricordo anche la storia del cambio braccio.
Ricordo la finale con Caratti.
Penso poi di non aver mai più sentito parlare di Volkov dopo il ritiro, purtroppo è arrivata la brutta notizia
Un grandissimo davvero.
Ottimo articolo. Rip
Mi dispiace molto. Ricordo quelle partite al torneo di Milano. Riposa in pace….
Era la mia prima partita di tennis vista dalle tribune e non dal salotto di casa.
Avevo comprato il biglietto per vedere la finale Becker – Lendl.
L’anno dopo ho comprato di nuovo il biglietto per la finale, per vedere Agassi – Becker in finale.
La finale era Camporese – Ivanisevic …
… ho come capito che avevo l’impressione che dovevo per forza andare a vedere solo i giocatori italiani.
Bell’articolo, commovente !