Matteo Berrettini e i suggerimenti di Fabio Fognini
Da Repubblica a firma di Enrico Sisti c’è una bella intervista a Matteo Berrettini, classe 1996 alla prima convocazione in carriera in Coppa Davis.
Ecco alcuni stralci.
A cominciare dal doppio allenatore…
“Ma non è proprio così. Chi mi segue costantemente è Vincenzo Santopadre. Umberto Rianna è colui con il quale condividiamo la programmazione, studiamo il calendario, mettiamo e togliamo tornei. Ma spesso anche Umberto mi sta vicino. Siamo una squadra, incluso il preparatore atletico Squadrone”.
Com’è il “senso” per la nazionale nel tennis?
“In uno sport individuale le percezioni emotive e il senso di appartenenza sono ovviamente diversi, rispetto per esempio al calcio, al rugby, al basket. Ma è comunque un sogno. In più nel tennis c’è l’elemento “selettivo”: sono pochi i giocatori convocati e le possibilità di rappresentare un paese sono minime nel corso delle stagioni. La scarsità degli eventi riservati alle nazionali è un fattore che aggiunge fascino alla convocazione e credo renda particolarmente orgogliosi. Insomma succede al massimo tre volte all’anno”.
Che idea si è fatto della “nuova” Davis, trasformata in una specie di Atp Finals a squadre?
“So che ancora non è ufficiale. Vediamo un po’ che succede. Certo l’idea è suggestiva, ma non sarà facile abituarsi, soprattutto al cambiamento di regole, si perderebbe il fascino delle partite tre su cinque e si perderebbe, cosa molto importante secondo me, la possibilità di giocare in casa perché non esisterebbe più una casa, con annessa atmosfera unica, ma soltanto un campo neutro. Onestamente faccio un po’ fatica a immaginare la “febbre” della Davis in un Italia-Svezia giocata in Croazia, dico per dire…”.
Guarda spesso la Davis in tv?
“No. Non guardo troppo tennis in televisione. Anzi pochissimo. Non riesco a concentrarmi abbastanza. Mi limito a seguire i colpi importanti oppure quando un giocatore serve per il match perché mi interessa capire come un campione gestisce determinati momenti. A seguire tutte le partite si rischia la saturazione. Altro discorso quando mi capita di vedere partite dal vivo”.
L’ambiente del Team Italia?
“Un ambiente collaudato, si vede che è un gruppo abituato a esserci e a confrontarsi, ma non per questo ho trovato un gruppo chiuso. Al contrario. Io sono l’unico nato negli anni Novanta, e infatti mi chiamano il “rookie”. Si sente il gap di esperienza e meno male, in un certo senso, perché vuol dire che ho molto da imparare e molto da ricevere, sotto forma di consigli, insegnamenti. Non mi sono mai trovato, grazie a loro, nella condizione di dovermi chiedere: come mi dovrò comportare? Sono l’elemento di novità eppure non mi sento un estraneo. E non è affatto poco”.
Con chi ha rapporti più stretti?
“Sicuramente con Paolo (Lorenzi, ndr) e Simone (Bolelli, ndr). Con Simone gioco la serie A, con Paolo c’è amicizia. Fabio (Fognini, ndr) e Andreas (Seppi, ndr) li conosco meno, a livello personale, ma siamo amici. Due giorni fa, per esempio, Fabio mi ha dato un consiglio sul rovescio…”.
Cosa le ha suggerito?
“Stavo cercando di fare un rovescio (bimane, ndr) stretto, con un angolo molto chiuso e mi ha confermato che dovrei usare di più la mano sinistra, altrimenti o mi finisce in rete o diventa prevedibile e poco offensivo. Il rovescio è il mio colpo più costruito, meno naturale, si vede lontano miglio. L’unico lato positivo nell’avere un punto meno forte degli altri è che si può migliorare. Da un anno a questa parte comunque il mio rovescio è più solido”.
Lei ha giocato e perso contro Fognini lo scorso anno a Roma. Quanto e come ti fa crescere una sconfitta?
“E’ stato uno dei “turning point” della stagione scorsa e forse della mia intera carriera. Una partita, quella, in cui non ho mai avuto chance, non è mai stata in discussione (6-1, 6-3, ndr) per motivi tecnici ed emotivi. Forse mi si può capire: giocavo per la volta sul centrale del Foro Italico, nella mia città, con un mare di gente. Fabio è migliore di me e quel giorno proprio non ce la feci a stargli dietro. Tuttavia da quel match sono uscito con una consapevolezza nuova e fertile: finalmente sapevo dove e come mettermi a lavorare, un lavoro pazzesco, soprattutto sul rovescio, ma anche per trasformare servizio e dritto in due lame tennisticamente più affilate. E mi sono allenato anche sugli spostamenti laterali anche essendo 1,95 gli spostamenti non saranno mai il mio pane. La “scanizza”, come si dice a Roma, non c’è dubbio che aiuti molto, se presa bene. Il pensiero col quale esci è: ho giocato e perso male col n. 20 del mondo. Adesso cosa devo fare per ridurre la distanza? Rimane che il tennis di Fabio a me dà molto fastidio, a prescindere dai miei potenziali progressi, e che in quel periodo era quasi ingiocabile. Tanto è vero che il giorno dopo avrebbe battuto Murray”.
E’ iniziata l’era del servizio?
“Se guardiamo certe partite, certe statistiche, certi giocatori, prendiamo la finale di Miami fra due “cannoni” come Isner e Zverev, direi di sì. Tuttavia anche Isner non è più soltanto un servizio che parte dal secondo piano e passa a 230 km/h. Non si vince niente soltanto col servizio bomba. E’ necessario aggiungere piedi, tattica e cultura della “manovra”, altrimenti resti lì al palo, Ma il servizio potente è ciò da cui il tennis moderno parte”.
Dopo la Davis?
“Probabilmente giocherò il Challegher di Barletta”.
Lei è uno stimolo per suo fratello Jacopo oppure gli fa da tappo?
“Siamo partiti facendo lo stesso percorso. No, un tappo no! Spero proprio di essere uno stimolo. Parliamo tanto, siamo molto legati. E poi c’è sempre da ricordare che è per merito suo se gioco a tennis”
Come sarebbe…
“Fu lui che un giorno mi disse: perché non vieni a giocare a tennis a anche tu? Il primo tennista della famiglia fu Jacopo”.
E’ veramente finita l’era dei Fab Four?
“Beh a giudicare dalla classifica non sembra ancora (Nadal n.1 e Federer n.2, ndr), però capisco cosa intende, i malanni, le operazione, l’usura, i recuperi sempre più lunghi. Posso capire come si senta Djokovic, dopo quegli anni da dominatore assoluto, posso capire che Murray abbia difficoltà una volta uscito dalla sala operatoria. Ma io da tennista professionista e da appassionato non mi chiederei tanto cosa potranno ancora fare gente come Federer, Nadal, Djokovic, Murray e Wawrinka: piuttosto mi domanderei come abbiano fatto a fare ciò che hanno fatto. Tra vent’anni ne riparliamo. Non sono stati, diciamo così, normali…”.
Della “next gen” può scegliere un nome tra tanti?
“Shapovalov, ha già tutto”.
TAG: Fabio Fognini, Matteo Berrettini
Koko fuori Fuoko: non centra niente quello che dici con i miei post. Io parlo di differenza tra velocità in ‘partenza’, e velocità in ‘arrivo’. E li ballano almeno 50km/h se non di più… è quello il dato interessante. Un dato che manca nel tennis odierno.
@ Top 100 (#2071858)
Onestamente non penso che 15 centimetri in più o in meno modifichino il calcolo della velocità per più di qualche minimo decimale! Se io dico 210 KMH non è che il discorso cambierebbe di molto all’ atto pratico dicendo 210,045kmh! Non stanno facendo esperimenti di fisica relativistica!
A proposito per me con Fognini ha perso male proprio a causa di un servizio penoso perchè Fogna ha dimostrato di soffrire assai uno Zverev preciso alla battuta sufficientemete rapida e con poco altro! Era un Berrettini Staraciato-riannato-bradipo-kikkoso e dunque con una risorsa come il servizio in letargo! L’essere bradipo era accentuato dalla battaglia sfascia-caviglia delle “bellissime” pre-quali perse contro un fabbro brutale ma poco tecnico poi scomparso dai radar del tennis! Capolavoro federale nell’ innalzare i gggiovani!
Il mio discorso è proprio quello. La velocità del servizio come calcolata oggi non ha nessun senso pratico (tralascio la non trascurabile osservazione del perché si prende nei primi tre metri –
o comunque in un intervallo ARBITRARIO – a ridosso del battitore…). Includere il posizionamento del giocatore in risposta da’ un valore più attendibile della ‘velocità’ in oggetto rispetto al senso del gioco del tennis, che è compreso tra il tuo colpo e il mio colpo. Il mio discorso implica il passaggio da un dato numerico, a 3 dati numerici (1.velocità nei pressi del battitore – oggi è così- e 2.velocità nei pressi di chi risponde per determinare il 3terzo valore mediano). Tu mi dici che servi a 220km/h ma quello è un dato parziale, teorico, astratto, e mi dice nulla rispetto al fatto che giochiamo su, facciamo, terra e io impatto, facciamo, a 150km/h… Quindi come minimo manca un dato (velocità d’impatto di chi riceve) che, ad andare in fondo, ha comunque sempre più senso rispetto al solo dato di chi serve. Io ho parlato di media giusto per dare un numerino, ma lo stesso vale se dalla parte di chi batte segnamo la velocità della palla di chi ha servito (quello che succede oggigiorno) e dalla parte di chi risponde segnalo la velocità al momento dell’impatto in risposta. Vedrai che tra le due velocità c’è parecchia differenza. Chi risponde non risponde mai a un servizio a 220km/h, ma risponde sempre a un servizio che è partito a 220 ma dopo il rimbalzo e i vari attriti tra aria e suolo, mi è arrivato a 150… Dire di aver risposto a un servizio a 150km/h è GIUSTO ed è VERO, o comunque VEROSIMILE. Dire di aver risposto a un servizio a 220km/h è semplicemente una ILLUSIONE, ovvero una FALSITÀ. È verosimile che io serva a 220km/h (in realtà mi devi accontentare di 191…); per converso è inverosimile che io risponda ad una pallina che viaggia a 220. La verità sta nel mezzo. E ritorniamo al post numero 1. Cvd.
Bell intervista anche se darsi del LEI lo trovo disgustoso in generale…. figuriamoci dare del lei a un ragazzo di 20 anni
Appunto.
Sbagliato perchè chi risponde deciderebbe della velocità finale calcolata. Una risposta anticipata alla Federer farebbe calcolare la velocità su un percorso più corto e quindi la pallina avrebbe meno tempo per essere rallentata dall’aria, risultando più veloce.
Al massimo fino alla rete ed anche così in una giornata ventosa qualche minima differenza si vedrebbe.
Beh meglio che non ascolti i suoi suggerimenti
Non sarebbe corretto: c’è chi risponde dentro al campo e chi risponde tre metri dietro la linea di fondo, dove ovviamente la velocità della palla è minore.
Bella intervista, da notare soprattutto quando parla della sconfitta con Fognini a Roma. Molti che qua spesso criticano i giovani tennisti quando questi provano a confrontarsi con il livello più alto dovrebbero leggere bene e ricordare quello che dice Matteo a proposito di quella partita: nonostante si sia preso una sonora batosta, quell’esperienza l’ha aiutato a crescere molto di più rispetto ai futures magari anche vinti passeggiando.
Il radar all’altezza del giocatore che risponde.
Comunque Matteo Berrettini é un bel ragazzo
Il fatto che fognini gli abbia dato questo consiglio, non significa che i suoi allenatori non gliel’abbiano già detto prima.
@ Top 100 (#2071330)
E negli aces come si fa?
@ sasuzzo (#2071337)
Quoto. In mano a un dilettante!!
Fognini è uno dei tennisti più tecnici fra quelli in attività, sicuramente qualche altro consiglio importante potrebbe darglielo.
: bestemmia e insulta sempre 😆
Beh Fabio tecnicamente eccelle quindi giusto ascoltarlo su questo.
Se magari, gli dava un consiglio su come avere continuità all’interno di una partita, meglio rivolgersi a Paolo o Andreas 😀
Che nel rovescio debba spingere più col braccio debole glielo doveva insegnare Fognini o qualcun altro prima ???? 🙁 🙁
A proposito di Big servers. Appunti per il futuro: la velocità del servizio dovrebbe essere data dalla media tra il momento in cui la palla esce dal piatto corde del battitore (grosso modo ciò che avviene ora) e il momento in cui chi risponde impatta la palla. Per ovvi motivi.