Gianmarco Moroni: “Il risultato di Santiago è stato guadagnato con il lavoro. Ora sono più maturo”. Il giovane tennista romano si racconta a 360 gradi
“Non puoi capire, sono finalmente tranquillo e felice. Sto giocando da Dio!”. Aveva da poco asfaltato Thiago Monteiro nel Challenger di Santiago e l’estasi era alquanto palpabile anche da un semplice messaggio Whatsapp recapitato al sottoscritto. Un exploit inaspettato per tanti che magari non l’avevano mai sentito nominare, meno per chi conosce il potenziale enorme di un ragazzo genuino, solare e dotato di un tennis brillante ed esplosivo. Gianmarco Moroni cresce a Roma, nel vivaio del Parioli, sotto gli occhi attenti di Roberto Meneschincheri e Vittorio Magnelli dove tuttora gioca la Serie A1. Si rende protagonista già da piccolo lasciando intravedere ottime qualità al Lemon Bowl, ma sin da subito deve fare i conti con tanti infortuni e non solo. Qualche kg di troppo, poca voglia di fare sul serio e risultati che tardano ad arrivare. Dalla sua parte c’è un immenso talento, quello stesso talento che convince un certo Riccardo Piatti a portarlo a Bordighera nella sua scuola e la Nike a sottoscrivergli un contratto all’età di 14 anni. Quest’anno, dopo una sconfitta ad un primo torneo Futures, ha deciso di cambiare strada trasferendosi a Madrid dalla sorella e di scegliere una nuova guida tecnica affidandosi allo spagnolo Oscar Burrieza.
Jimbo, complimenti per settimana scorsa. Da dove è scattata finalmente ‘sta molla?
Contrariamente a quanto si possa desumere dai risultati a Santiago, ho realizzato di poter realmente giocare ad un livello più alto durante la partita contro Simone Bolelli a Punta del Este la settimana prima. Sono sceso in campo senza crederci molto, d’altronde dall’altra parte della rete avevo Simone e non era facile. Sono cresciuto vedendolo giocare e mi sentivo per questa ragione molto teso. Nel secondo set avevo capito di potermi far valere di più sino ad arrivare ad una piena consapevolezza solo a freddo una volta maturata la sconfitta.
Stai lavorando da tre settimane con coach Oscar Burrieza. Che impressione ti ha fatto?
Da persona tranquilla quale è mi ha trasmesso molta calma. È stato un ex giocatore (numero 126 in singolare nel 1997, ndr)e lo ritengo un grande lavoratore e un super appassionato di tennis. La collaborazione nasce dal mio desiderio di trasferirmi a Madrid da mia sorella. Abbiamo sondato fra i vari nomi disponibili e c’era proprio Oscar fra questi. Mi hanno aiutato a mettermi in contatto con lui e da lì dopo una chiacchierata è nato questo nuovo sodalizio.
Su cosa avete lavorato in queste prime settimane?
Più che altro ci siamo conosciuti sotto l’aspetto umano e abbiamo pensato prevalentemente a giocare. Ha avuto modo di studiarmi maggiormente nel dettaglio visto che mi aveva visto giocare solo a Murcia a metà febbraio in un Future.
Dove devi migliorare sotto l’aspetto tattico e soprattutto tecnico? Il servizio, ad esempio?
Il servizio dipende un po’ dall’avversario contro cui gioco. Devo impegnarmi e migliorare sotto molti punti di vista. Innanzitutto credo di poter diventare un giocatore più aggressivo, avvicinarmi più al campo e avere qualche variante tattica in più.
Ci conosciamo dai primi tempi al Lemon Bowl ma non ti avevo mai visto correre così su ogni palla. Da dove hai preso tutte queste energie considerando che nelle quali avevi giocato per quasi 9 ore?
Dimentichi anche le 5 partite in Uruguay della settimana prima (ride, ndr). Ho avuto un solo giorno di riposo tra Punta de Este e Santiago per ricaricare le batterie. Tra l’altro ero stato male, mi sono ritrovato anche un dito non conciato bene. In realtà anche in allenamento è difficile che lascio una palla. Voglio sempre che il mio avversario ci pensi 150 volte prima di credere di aver già portato a casa il punto. Sprecherò un più di energie, ne sono cosciente, però voglio che se lo sudino fino in fondo. Non nascondo che avendo trovato così tanta fiducia in quei giorni, le gambe rispondevano automaticamente.
Quali lati dei tuoi genitori ti contraddistinguono?
Da mamma ho imparato a lottare, ad essere determinato nell’ottenere ciò che voglio quando in cuor mio so che è una priorità, e la fermezza. Papà mi ha insegnato il significato della parola rispetto, cos’è la disciplina e ad investire bene il tempo per migliorarsi. Ricordo ancora quando ero piccolo come mi cazziava fuori dal campo se vedeva che giocavo troppo col telefono. Per questo, specialmente nell’ultimo anno, sto cercando di migliorare come persona, di acculturarmi, leggere ed avere un’apertura mentale più estesa.
Sei affezionatissimo a tua sorella, cosa ti lega così tanto con lei?
Direi tutto, sin dai tempi in cui eravamo piccoli e giocavamo in giro per tornei. Quando lei non c’era delle volte mi sentivo completamente solo. Senza di lei mi veniva da piangere, è un legame forte, probabilmente sanguigno rende meglio l’idea. Non so cosa in particolare ci tiene uniti ma so solo che è sempre stato così. È un punto di riferimento.
Hai parlato in parte della tua gioventù. Spieghiamo ai nostri lettori da dove deriva il soprannome “Jimbo”?
Quando ero piccolo portavo un taglio di capelli a caschetto, proprio alla Connors. È un soprannome che mi è stato affibiato a 8 anni ma non ricordo di preciso da chi. È uno di quei ricordi d’infanzia a cui sono particolarmente legato.
C’è qualche giocatore in particolare a cui ti ispiri?
A proposito di non mollare una palla, chi ti viene in mente Lù?
Il toro di Manacor!
Esatto, proprio lui. Penso che da questo punto di vista Rafael Nadal sia un esempio.
Come tipo di giocatore sei stato progettato per i campi in terra battuta. Credi di poter dire la tua anche su superfici più rapide, anche su cemento outdoor?
Sono convinto di potermi esprimere bene anche su altre superfici. Gli ultimi due anni non sono andati benissimo sotto l’ottica dei risultati. In un periodo in cui non ti senti in fiducia, andare a giocare sul cemento sarebbe stato un autolesionismo. Per trovare fiducia ho preferito ripartire dal rosso ma sono consapevole che la maggior parte dei tornei si giochi sul cemento e quindi non ho vie di fuga. Mi tocca imparà! (ride, ndr).
Ti senti un po’ un panda in via di estinzione visto che adotti il rovescio ad una mano? A chi devi questa impostazione e quanto pensi possa essere redditizio in futuro?
L’impostazione del rovescio ad una mano la devo a Roberto Meneschincheri e Vittorio Magnelli, i miei capitani al Parioli. Io credo che il tennis stia diventando molto più fisico e logorante. Detto ciò se il rovescio ad una mano viene giocato con potenza alla Thiem o Wawrinka penso sia nettamente meglio anche nella ricerca di angoli più acuti. Sono del parere che il braccio sinistro un po’ possa limitare mentre così con un braccio solo senti la palla più tua.
A proposito di risultati non soddisfacenti. Cos’è che non ha funzionato in questi due anni? Chi ti conosce bene si aspettava un salto di qualità un po’ prima.
Fisicamente e mentalmente ero molto indietro, non ero affatto pronto. Magari poteva anche capitare il momento in cui giocavo bene ma così come me ne girava una storta tornavo ad essere troppo negativo. Riponevo su me stesso tantissime aspettative, mentre quelle che provenivano dal di fuori riuscivo e riesco tuttora a gestirle bene. Se tu mi ponessi di fronte ad una scelta del tipo stare con la ragazza più bella del mondo e avere un sacco di soldi in banca oppure darmi una racchetta in mano ed entrare tra i primi 50 desidererei sempre la seconda. Ti dirò, è stato un bene non cogliere questi risultati in passato senza aver raggiunto lo stato di forma fisico e mentale attuale. Avessi raggiunto grandi traguardi due anni fa con qualche exploit chiudendo una stagione da 250 al mondo, sono sicuro che poi non appena avessi perso 2-3 partite sarei poi sprofondato e magari mi sarei ritrovato col pensiero di smettere. Dal punto di vista fisico tu lo sai, ero un bell’abbacchietto. Più che massa grassa, come la definisci carinamente tu, era proprio panza! Adesso curo moltissimo il corpo e anche di testa sto maturando giorno dopo giorno. Sono convinto che questo risultato a Santiago non è arrivato per caso ma è stato guadagnato in questi mesi.
Forse è arrivato tutto subito: collaborazione con la Scuola Piatti in gioventù così come il contratto sottoscritto con la Nike a 14 anni.
Sì ma è servito ed è stato un periodo della mia vita importante che ha fatto parte di un percorso di crescita. Quando è maturata la decisione di cambiare? Ho perso al primo turno nel primo torneo dell’anno a Paguera, ho chiamato e ho comunicato la mia scelta. Riguardo la Nike avevano puntato su di me ma da circa un anno e mezzo è stata interrotta la collaborazione.
Avevano intravisto in te del potenziale ma stai sicuro che si pentiranno.
Alle brutte un domani semmai ne avessi la possibilità risponderò per le rime a mi unirò ad Adidas (ride, ndr).
Per chi non lo sapesse hai sin da piccolissimo accusato una serie di infortuni assurda. Facciamo un recap?
Il più grave è stato nel 2015 alla caviglia e rimasi fermo tre mesi più riabilitazione. Già da bambino accusai infortuni di varia natura: partii col dolore alla spalla sino agli 11 anni, per poi passare allo strappo dei polpacci a 12 anni, successivamente ho patito uno stiramento all’addome. A 16 anni ricordo principalmente due stiramenti al polpaccio uno all’adduttore e un’elongazione al vasto mediale. Ne ho avuti così tanti, più di uno all’anno, che ne dimentico qualcuno sicuramente. Fortunatamente ora è da un po’ di tempo che non sto fermo ai box per problemi di carattere fisico. Aver lavorato col mio ex preparatore fisico Riccardo Zacco, l’osteopata Claudio Zimaglia e Nicole Gelio mi ha aiutato tanto in quanto c’era tanta attenzione e prevezione sotto questo punto di vista.
Disquisiamo insieme della vita di un tennista che galleggia e “sopravvive” nei Futures. Cosa ne pensi dell’ITF Transition Tour? Potrà cambiare qualcosa in futuro?
La Federazione è da ringraziare tanto per il supporto che dà a noi giovani. A livello Future è totalmente un’altra vita anche solo rispetto ai Challenger dove è palese che ci sia un’organizzazione totalmente differente. Nei Futures è come se ti dessero le palline e ti dicono “vai e gioca”, a volte pensa che neanche l’incordatore ho trovato. Non a caso il pubblico in queste occasioni è inesistente, mentre già nei Challenger l’atmosfera che si respira è totalmente differente. Tutto questo comporta per alcuni una vita difficile, con tanti sacrifici in cui bisogno stare lì attenti al risparmio. Se le regole del Transition Tour verranno messe in pratica tante cose cambieranno ed è una notizia positiva. Dimezzare il numero dei tennisti professionisti e concentrare in un’area geografica i tornei garantendo l’ospitalità è un passo non da poco. Rimango ancora questioni poche chiare a riguardo.
Senti ci sia competizione tra voi italiani più giovani in rampa di lancio?
A me non piace, la vedo una cosa inutile. L’unica competizione dovrebbe essere fatta con se stessi. In generale ho un buon rapporto con tutti gli italiani, poi ognuno la vede a modo suo. Se ti metti a guardare i risultati degli altri rischi di distrarti e di perdere tempo che avresti potuto impiegare sul tuo di lavoro.
Hai rimpianti su qualcosa che hai fatto o non hai fatto?
Non aver fatto quello che sono riuscito a compiere negli ultimi 6-7 mesi. Imparare a conoscere più me stesso, capire cosa e quali erano le cose su cui non lavoravo come avrei dovuto. Inoltre accettare che mi portavo dietro qualche kg di troppo e che avrei dovuto faticare per smaltire. A tal proposito devo ringraziare le due “maestrine” di Bordighera che mi hanno aiutato tantissimo portandomi a correre ogni volta. Ora devo ammettere che mi piace anche e ne benificio anche in campo. Più lo scambio è lungo e più mi trovo a mio agio, godo proprio, anche meglio di una donna!. A parte gli scherzi, rimpiango il fatto di essermi messo in riga a 19 anni e non prima. Ad agosto è stata Virginia (l’ex ragazza, ndr) a cambiarmi come persona e da lì sono ripartito. Non è affatto vero che le donne siano sinonimo di sbandate e basta e lei in questo è stato il mio esempio.
Qual è il complimento più bello ricevuto in questi giorni?
“Grande, sei un esempio per tutti noi”. Questo mi inorgoglisce e mi ha fatto riflettere sul fatto che voglia esternare anche in campo non solo fuori la parte migliore di me. Chi me l’ha detto è qualcuno che io già ritenevo un esempio. Chi è? Una collega, ma non aggiungo altro perché mi vergogno. Ora sto da Dio e non cerco nulla in più.
Si può sempre correre dietro ad una palla per scambi lunghi…
Esatto, è la mia priorità! (risata generale, ndr)
Fra i giovani, chi ti ha colpito in maniera particolare?
Alex De Minaur a Sydney e Brisbane. È un cagnaccio, immagino che anche lui la pensi come me sul discorso della palla e della corsa. Non penso diventerà numero uno, ma lo stimo tanto per l’atteggiamento e la mentalità con cui è entrato in campo senza paura. Ha preso a pallate gente più quotata di lui e per questo lo stimo tanto.
E tu, hai un sogno nel cassetto in particolare?
Anche io vorrei essere nella lista fra i candidati di prima.
Firmeresti per una carriera al numero 30?
Preferisco rischiare.
Com’è il tuo rapporto coi social?
Prima ero molto social ora decisamente meno. Ho realizzato che ci stavo dietro troppo ed ho capito che quel tempo lì era meglio investirlo in altro magari parlando con una persona faccia a faccia o cercare di formarmi o rilassarmi spegnendo il telefono e godermi il momento.
Hai avuto modo di palleggiare e stare a contatto con tennisti di alto spessore. C’è qualcuno che ti ha stupito non solo per il modo di giocare?
Grigor Dimitrov senza dubbio. Si allena col sorriso sulle labbra pur rimanendo professionale e genuino. Djokovic si gestisce in maniera paurosa, ho preso spunto da lui su alcune cose inerenti al fisico e alla dieta.
Descrivi Gianmarco in tre parole.
Positivo, lavoratore e scherzoso anche se spesso faccio più piangere che ridere.
Classica domanda di rito. Come si svilupperà la tua programmazione nelle prossime settimane?
Dovevo giocare un 25.000$ a Xabia in Spagna ma mi sono cancellato per recuperare un po’ dalle fatiche e dal lungo viaggio. Giocherò un 15.000 $ a Reus vicino a Barcellona per poi dirottarmi sui Challenger con Marbella e Alicante. È vero che sto andando bene ma la classifica mi vede 500 o giù di lì al mondo quindi non devo fare il passo più lungo della gamba.
Obiettivi entro fine anno? Non per forza di ranking.
Continuare a fare quello che sto facendo nelle stesse modalità. È vero che non giocherò tutte le partite come negli ultimi due tornei ma devo rimanere positivo e tranquillo. Lavorare al meglio e poi ciò che verrà e verrà.
Luca Fiorino
TAG: Challenger, Gianmarco Moroni, Intervista, Italiani
in spagna ci sono campi ovunque, e lo sport è parte integrante dell’educazione dei giovani.
Grazie a Fiorino e Moroni per questa bella intervista. Un incoraggiamento a Gian Marco. Usa tutto: testa, cuore, polmoni, fegato e palle. 😉
Perché l’ultima frase sul team Piatti, che, anche a livello internazionale è molto ben considerato?
entusiasmante intervista, si capisce molto della, per ora, giovane carriera di Moroni e anche tanti “retroscena” che lo hanno portato al grandissimo challenger di Santiago. E sembrerebbe anche molto simpatico.
Grazie a Luca Fiorino per averci fatto conoscere meglio questo ragazzo.
Inoltre non voglio denigrare il tennis italiano sia perchè non mi piace denigrare sia perchè sarebbe,oggettivamente,semplice ma soltanto mettere in eveidenza la stragrande qualità e quantità di successi ottenuti negli ultimi trenta anni dalla cultura sportiva spagnola non soltanto nel tennis ma in tantissimi sport.
Se poi uno mi dice che in Italia c’è il Team Piatti,beh,allora meglio soprassedere.
@ Fede-rer (#2054409)
HO visto allenare Julian Alonso a Napoli da un certo Pato Alvarez e ti assicuro che ci provava e ti assicuro anche che la palla gli camminava eccome,eppure,nada.
Non voglio dire che andando in Spagna si ottengono risultati o viceversa perchè per chi è a conoscenza di quanto succede nel tennis da trenta anni ,soprttutto a livello maschile,sarebbe una risposta davvero banale ma ad occhio e croce,reale e sincera soltanto prendendo in considerazione gli ultimi trenta anni del tennis maschile mondiale.
Vorrei vedere un Carreno-Busta ,cioè uno che ad Alonso (Julian)in quanto a pura velocita di palla sta un poco dietro,arrivare al numero 10 del mondo(ovvio viste le numerose assenze ecc… ecc…..) non nascendo in Spagna ma che ne so ,negli States!!!
O ancor piu da sottolineare un Albert Ramos-Vinolas nei primi venti…………………
@ Nevskij (#2054994)
Hai ragione, ho trascritto senza farci caso. Farò correggere, grazie per la precisazione
Bella intervista, complimenti e in bocca al lupo a Moroni, simpatico oltre che bravo
Magari autolesionismo era il termine giusto, non autolesionamento. L’italiano ancora conta in questo Paese…
Direi proprio di sì. Ferrer è stato un grandissimo giocatore, per la sua carriera firmerebbero tutti i tennisti dopo la settantesima posizione ATP.
Commento evitabilissimo Koko.. Qualche battuta o polemicuccia ci sta.. Però se conti quante partite ha giocato Moroni in 10 giorni.. 10 partite, molte lunghissime al terzo set.. E non penso fosse neanche abituatissimo.. L’anno scorso usciva sempre ai primi turni, non aveva molte partite nelle gambe..
Caro Moroni a giudicare dal crollo con Robredo le maestrine devono incrementare il chilometraggio delle corse! 😛
Grande Luchè!!!
@ Tennismania (#2054508)
Credo che per la carriera di ferrer firmerebbe subito!
@ Tennismania (#2054508)
sottoscrivo anche io,
tre indizi fanno una prova 😆
Intervista meravigliosa. Grazie a Jimbo e Luca!
Bella intervista, Moroni mi è sempre sembrato molto simpatico e devo dire che ogni volta che leggo una sua intervista non fa altro che confermarmi questa impressione 😀 .
Lo volevo rassicurare che anche facendo la scelta del top 50 per molti anni, la ragazza bellissima e il conto in banca ben messo vengono di conseguenza 😆 , quindi giusta scelta, la farei anch’io .
Burrieza lo ricordo spagnolo atipico per l’epoca, molta rete, se non ricordo male faceva proprio serve & volley. Ecco potrebbe dargli quel passo in più dentro il campo per andare a chiudere ogni tanto il punto a rete, perchè anche se gli piace correre 😀 , quel passo in avanti ogni tanto non gli farebbe male come soluzione in più 😉 .
In bocca al lupo per la carriera al ragazzo… mi vien da chiudere con… corri Jimbo, corri!
Anche io ho notato una somiglianza con David…che sia di buon auspicio??
@ Gerry (#2054478)
Ho chiesto informazioni per avere un suo contatto. Attendo speranzoso
@ Pollicino (#2054493)
Yes!
Ma la sorella di Gianmarco è Micaela, ex tennista?
@ Luca Fiorino (#2054457)
Bellissima intervista di Fiorino (dal quale mi aspetto un approfondimento speciale sul suo e mio idolo Thiago Seyboth Wild a breve ) e interessantissimi spunti forniti da Moroni che spiega cose non affatto scontate (il cambio di mentalità, la vita di un atleta, i fattori esterni come la presenza di una persona che ci può influenzare positivamente e dare serenità). Davvero davvero complimenti ad entrambi
@ marco mazzoni (#2054410)
Grazie mille Marco.
I tuoi complimenti valgono il triplo
Tutto giusto, ma se invece uno preferisce tanti soldi in banca senza giocare, dove si firma?
Intervista davvero interessante e per nulla scontata, bravi!
Bravo Luca.
Caspita, intervista stupenda che ci fa conoscere Moroni a 360 gradi! Complimenti a lui ed all’intervistatore.
Il primo mito sfatato è quello che sia migliorato tanto perchè si allena in Spagna come dicevano in molti per denigrare ulteriormente il tennis italiano. Ebbene, si allena in Spagna da 3 settimane e quindi la preparazione atletica l’ha svolta completamente in Italia! Penso che molti meriti vadano scritti alla volontà di migliorarsi del ragazzo stesso e del team Piatti.
La risposta più innteressante è senza dubbio: “Fisicamente e mentalmente ero molto indietro, non ero affatto pronto. Magari poteva anche capitare il momento in cui giocavo bene ma così come me ne girava una storta tornavo ad essere troppo negativo. Riponevo su me stesso tantissime aspettative, mentre quelle che provenivano dal di fuori riuscivo e riesco tuttora a gestirle bene. Se tu mi ponessi di fronte ad una scelta del tipo stare con la ragazza più bella del mondo e avere un sacco di soldi in banca oppure darmi una racchetta in mano ed entrare tra i primi 50 desidererei sempre la seconda. Ti dirò, è stato un bene non cogliere questi risultati in passato senza aver raggiunto lo stato di forma fisico e mentale attuale. Avessi raggiunto grandi traguardi due anni fa con qualche exploit chiudendo una stagione da 250 al mondo, sono sicuro che poi non appena avessi perso 2-3 partite sarei poi sprofondato e magari mi sarei ritrovato col pensiero di smettere. Dal punto di vista fisico tu lo sai, ero un bell’abbacchietto. Più che massa grassa, come la definisci carinamente tu, era proprio panza! Adesso curo moltissimo il corpo e anche di testa sto maturando giorno dopo giorno. Sono cinvot che questo risultato a Santiago non è arrivato per caso ma è stato guadagnato in questi mesi.”.
Come vedete non c’è Spagna o Italia che tenga: quando un ragazzo con del talento decide di condurre anche una vita da atleta, allenarsi con dedizione, perdere i Kg di troppo e non cedere alla seduzione della bella vita i risultati poi arrivano. Come abbiamo sembre detto una buona dose di talento è una “conditio sine qua non” ma in un mondo così competitivo e dove occorre per emergere una meticolosa cura dei dettagli, lo scatto interiore che ha avuto Moroni è di fondamentale importanza per fare il salto di qualità, dsalire di rendimento, fiducia, consapevolezza…
Incredibile, è uguale a Ferrer con 17 anni in meno!