Gonzalo Vitale: dall’Uruguay alla Svizzera per arrivare…a Georgia Brescia! Un viaggio nel tennis sudamericano, e non solo, guidati dal maestro di Montevideo
La mia libertà è tango che balla in diecimila porti è rock, mambo, è opera e flamenco. / Il mio libero tango è libero, poeta e vagabondo. / Così vecchio come il mondo, così semplice come un credo. / Da bambino la adorai, crebbi desiderandola, la mia libertà , madre di tempo e luce, la voglio fino al dolore e fino alla solitudine. (Horacio Ferrer)
Horacio Ferrier, nato a Montevideo in Uruguay, è stato la voce narrante di Astor Piazzolla, grande musicista argentino, costruendo un sodalizio che ha arricchito il tango de El Gran Astor, favorendone la straordinaria innovazione. In questo suo anelito alla libertà, riconosciamo qualche emozione che Gonzalo Vitale, maestro di tennis nato a Montevideo e molto più di un coach per la nostra Georgia Brescia, ci ha trasmesso in questa lunga intervista. La sua inquietudine, il suo eterno viaggiare, non senza una nota di nostalgia verso l’Uruguay, il suo saper stare insieme agli altri mantenendo però un nucleo impenetrabile di solitudine, sono temi che mi pare emergano dalle sue parole, mai banali, penetranti come il suo sguardo. Abbiamo conosciuto Gonzalo Vitale nel corso dell’intervista a Georgia Brescia: in alcuni momenti lui era presente, non certo per controllare, ma per condividere le parole della sua protetta, viverne insieme l’entusiasmo per gli ultimi successi. Ed in questo nostro viaggio non possiamo che ripartire da quel punto immaginario e farci guidare da Gonzalo nel suo mondo, fino in Sud America.
Allora Gonzalo. Innanzitutto grazie per la tua disponibilità. Partiamo subito da Georgia Brescia. Come sta? Georgia dopo l’ultimo match con la Chiesa ci ha parlato di over training…
Over training e il nome che giustamente hanno dato i medici al problema, ma noi parlavamo già di qualcosa senza nome, da tempo. Avevamo già cambiato il bilanciamento e tolto un chilo alla tensione delle racchette. Inoltre avevamo rivisto qualcosa nella programmazione. Il problema è stato che Georgia ha giocato più di 50 partite consecutive di livello alto, relativamente ai suoi standard abituali, in un periodo relativamente breve di tempo. Se avesse continuato a giocare così tutto l’anno avrebbe triplicato le partite che ha giocato nel 2016. Io l’ho chiamerei “over level”
Veniamo ai progressi fatti da Georgia quest’anno che l’hanno portata a ridosso delle prime
200 nel mondo. Te l’aspettavi?
Me lo aspettavo anche un anno fa. Georgia valeva già questo livello l’anno scorso. Esprimeva un tennis per il quale nei 10.000 era molto difficile batterla. Potevamo salire di livello prima ma con lei è meglio andare adagio. Non ho mai avuto fretta con lei.
Dove può arrivare Georgia?
Può arrivare molto più avanti ma lo farà regolarmente, senza strappi. Io punto sempre a carriere lunghe e senza infortuni “procurati”. Cercare con insistenza la top 150 nei prossimi 6 mesi significherebbe andare contro le mie idee. Ovviamente se arriverà questo ranking sarà perché vincerà 4 partite nel torneo giusto e allora ci adatteremo e ci fermeremo per lavorare.
Facciamo finta che Georgia non ci legga. Che cosa ti fa arrabbiare di lei e cosa adori invece?
Spesso prende decisioni che non deve prendere, il discorso è che lo fa per aiutare me nel lavoro, che è tanto, perché ho altre giocatrici da seguire. Mi fa arrabbiare questo ma quando ragiono sul perché, finisce sempre che capisco quanto la sua era una buona causa.
E come tennista qual è la sua più grande dote e cosa bisogna migliorare?
Questa domanda è troppo easy…Georgia non molla mai. Spesso mi domando come può ribaltare e far girare il punteggio di una partita nel modo in cui riesce a lei. Questa è una dote dei campioni e lei ce l’ha nel sangue. Bisogna migliorare e deve imparare a mettere la stessa grinta sia sullo 0-0 che sul 2-5 ma purtroppo in parte questa è una caratteristica del tennis femminile.
Durante l’intervista che ho fatto a Georgia, mi sono reso conto del grande feeling che vi lega. In generale, secondo te, quale deve essere il rapporto tra coach e tennista?
Il rapporto deve essere di totale rispetto tra le due parti. Non dimentichiamo che, prima del legame sportivo, c’è quello tra un adulto e una ragazza e questo lo insegna la famiglia, fin da quando si è bambini: “rispettare gli adulti”. Per questo io consiglio sempre di prendere un allenatore con esperienza di vita. Trovo inutile che un buon giocatore abbia come coach un ragazzo di 25 anni. Lui può essere lo sparring, il traveling coach, l’assistente dell’allenatore, ma è l’adulto che deve avere il ruolo più importante per la questione del rispetto. Quando Geo parla di me, definendomi un secondo padre, si riferisce alla mia età e non al rapporto, lei ha un padre e io non ho figli.
E che tipo di rapporto deve esserci tra staff della Federazione e coach di una giocatrice?
Quando si parla di Federazione non bisogna confonderla con una persona sola, quella con cui ci si interfaccia, perché una Federazione è un insieme di allenatori che lavorano in diversi rami, under 14,16,18, over maschile e femminile, e convivono tra di loro. Il poter confrontarsi con loro permette una dialettica con altre opinioni che e una cosa fondamentale per chi lavora privatamente.
Come vedi la situazione del tennis italiano in generale ed in prospettiva?
In Europa sono stato 6 anni in Spagna e sono da 10 in Svizzera. Lavoro con italiani ma non in Italia.
Ho provato ad allenare italiani in Italia ma è molto difficile; non generalizzo, ma secondo me i ragazzi italiani rendono di più allenandosi fuori dall’Italia. Rispondo alla tua domanda sul tennis femminile. Che ci sia stato un periodo buono non vuole dire che adesso ci sia la crisi nel tennis italiano. Non so quante ragazze ci sono tra le top 500. Aspetta che vado a vedere…Eccomi…sono 19. Più avanti ho visto che mi fai una domanda (Gonzalo ha ricevuto le domande per email nda) in cui dici che in tutto un continente, il Sud America, ci sono solo 4 giocatrici top 200. In Italia ci sono 6 top 200 e 11 top 300. La crisi la vede chi vuole solo vincere titoli. I numeri dimostrano che c’è una buona base per lavorare.
Sul caso Errani che idea ti sei fatto?
Chi non la conosce bene non può parlare, chi la conosce se parla, parlerà bene. Non conosco il caso personalmente al punto da poter dare una mia opinione e tutto quello che leggo o le ore che passo davanti al computer sono per il mio lavoro, per il bisogno di perfezionarmi e per le mie giocatrici.
In ogni caso il tennis può e deve avere un ruolo educativo?
Il tennis è educativo. Lo sport in generale lo è. Il primo messaggio che viene trasmesso dove si lavora seriamente è il rispetto delle regole. A cominciare dal raccogliere le palline, anche questo è educativo. In una società molto confusa lo sport rimane un ambiente con delle regole. In questo modo, gli adolescenti diventano professionisti e costruiscono le fondamenta per imparare a perdere e lavorare per migliorare.
Tracciamo un breve profilo di te come coach: quando hai iniziato, i tuoi trascorsi di giocatore,i ragazzi o le ragazze che hai seguito, gli obiettivi attuali:
In Uruguay ai mie tempi giocavano al tennis poche persone ma c’erano 3 top 100 contemporaneamente: Diego Perez, Jose Luis Damiani e Marcelo Filippini. C’erano buoni professionisti lavorando in campo ed era quasi tutto centralizzato nel Carrasco Lawn Tennis, dove sono cresciuto. Ho iniziato molto giovane. Tutti quelli come me con livello Future eravamo sparring di professione e non necessariamente futuri giocatori. Il vertice era pieno per una nazione cosi piccola. A 17 anni ero in una delegazione ufficiale della AUT (Federazione Uruguaiana) come assistente del capitano. Ho accompagnato la delegazione in C.O.S.A.T. giocando e contemporaneamente davo una mano in cambio dei biglietti aerei. A 20 anni ero assistente in Davis Cup e avevo già una decina di diplomi di corsi e workshop ITF presi dappertutto, spesato dal mio circolo in cambio del mio lavoro. Il mio circolo spendeva più soldi per farci fare carriera che in competizioni. A 25 anni ero in Giappone come capitano nel mondiale under 14 e dopo, tutto è venuto a ruota. Non ho obiettivi a lungo termine ma l’ultimo obiettivo che ho è di allenare una giocatrice top. Le top players possono essere seguite soltanto dal loro storico allenatore o da qualcuno che ha voglia di autopunirsi…
Perché la scelta della Svizzera?
La Svizzera mi ha dato una opportunità, come hanno fatto anche altre nazioni, ma non so per quale ragione, per la prima volta in vita mia mi sento a casa. Non ho scelto. Il lavoro mi ha portato in Svizzera 10 anni fa e qui sento di essere migliorato.
Ok veniamo al tennis sudamericano. Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un’intervista alla cilena Fernanda Brito. Tutte le tenniste hanno una spiegazione da fornire quando da un anno all’altro sono peggiorate: quasi sempre si tratta di problemi fisici, altre volte di scelte sbagliate. Fernanda no. Lei ci ha detto, e la cosa ci ha colpito molto, che le sue difficoltà sono state e continuano ad essere soprattutto economiche. Ti sorprende una risposta del genere in una tennista sudamericana? Quanto pesa più che per un europea l’aspetto economico?
Praticamente Fernanda non avrebbe problemi fisici ma economici. Se domani però trova uno sponsor, gioca di più, programma diversamente, appaiono questi problemi. Superare questo e molto altro è quello che fa il carattere del giocatore. Quando hai potenziale i soldi appaiono. In ogni torneo “importante” di qualunque livello c’è un scout: per questo bisogna competere dove il livello è alto e questo succede sempre nelle città dove è più facile arrivare con 10 voli al giorno. Certo che se il tuo calendario prevede di andare a fare un torneo in Messico, poi uno in Cina e uno in USA perché il livello è più basso, avrai bisogno di tanti soldi oltre a non alzare il tuo livello. Competere in Sud America è 3 volte più caro che in Europa.
L’altro elemento che emergeva dall’intervista con la Brito era la mancanza di sponsor, di sostegno da parte delle imprese private, che non promuovono il tennis in Sudamerica.
Parliamo di sponsor privati e non di vestiti e racchette che non servono per comprare biglietti aerei. Non mi viene in mente un’impresa privata in Italia che sponsorizza una giocatrice che non sia top 100 se non è amica della famiglia. Anche in Sud America ci sono degli sponsor per i giocatori ed anche in Sud America le Federazioni hanno degli sponsor (ed anche tanti). La differenza è che in Europa le Federazioni spendono quei soldi in contributi e nell’organizzare tornei mentre in Sudamerica quei contributi li spendono in ….. Non ne ho idea, non so in cosa li spendono….
In Italia il tennis sembrerebbe ancora uno sport riservato, in generale, a ragazzi che provengono da famiglie di classe sociale media o medio alta. In Sudamerica è la stessa cosa? Io ho la sensazione che ci siano più ragazze di estrazione socio-culturale medio bassa. Ad esempio molte giocatrici non parlano inglese.
Non credo che sia uno sport d’elite. In Sud America ci sono molti programmi in piazze pubbliche e si può giocare al tennis gratuitamente. Non credo che l’italiano medio non possa pagare i 300€ all’anno che può costare iscriversi ad un corso di tennis in un circolo vicino a casa. Certo che se il circolo che hai vicino a casa costa 2000€ l’anno, perché vivi in un quartiere residenziale e i tuoi possono permettersi di farti giocare in quel posto, cambia il discorso. Il problema della lingua nasce perché tutto un continente parla lo spagnolo, tranne il Brasile. In Europa si parlano tante lingue e se parli solo l’italiano o solo il francese o solo lo spagnolo, sei limitato a un solo paese. Io direi che nel circuito tutti parlano inglese. E chi non lo parla si fa capire. Io parlo l’inglese molto bene e fidati che capisco di più un collega di qualunque nazionalità che un inglese o un australiano.
E’ molto più difficile intervistare una tennista sudamericana che europea. Eppure per promuovere il tennis occorre utilizzare i media.
Il tennis devono diffonderlo le Federazioni e i circoli con le scuole tennis. Io critico un po’ la stampa nel senso che le interviste vengono sempre fatte ai giocatori o agli allenatori. Non vedo mai un’intervista a chi davvero può diffondere lo sport, come il maestro della SAT che ha in mano 150 bambini. Quello è il vero sport popolare. Il messaggio che arriva a casa delle famiglie arriva sbagliato. Tu dici la parola calcio e la prima cosa che ti viene in mente sono i milioni che guadagnano, tu dici la parola tennis e la prima cosa che ti viene in mente è Federer. Sicuramente se la dici oggi in Italia viene in mente il caso Errani. La gente è più informata sul caso Errani che su come avvicinarsi al tennis. La popolarità massiva dei media sta uccidendo il vero sport.
Nel tennis femminile abbiamo soltanto 4 giocatrici sudamericane tra le prime 200: Cepede Rog,
Haddad Maia, Duque Marino e Podoroska (208). Sono davvero poche. Quali sono le cause secondo te di questa situazione? Parliamo di un intero continente e non di una singola nazione.
Non e una domanda facile. Perché la Svizzera ha sempre giocatori nei primi 10 al mondo? Qualche anno fa c’erano contemporaneamente Federer, Wawrinka, Bencic, Bacsinszky e Hingis in doppio.
In Sud America il declino è stato generale e non solo tennistico. E un continente molto costoso per vivere e la gente ha perso la motivazione. Io non voglio parlare di cose in cui non sono qualificato ma ti dico solo parole e nomi senza entrare nell’argomento. Brasile: Lula. Argentina: Kirchner, Maradona, Evo Morales. Venezuela: Chavez, Maduro. Uruguay: Mujica. Tutto in declino. Onore a queste 4 ragazze.
Qual è il percorso che una tennista sudamericana compie per arrivare al tennis? Il modello è
quello circoli/tornei giovanili e federazione se sei brava?
Assolutamente no. Il circolo è l’avvicinamento generale al tennis, dalla “escuelita” Scuola SAT si passa a “preentrenamiento”, pre-agonistica, e dopo si passa al “entrenamiento”, agonistica. Generalmente l’“entrenamiento” è gratis ma gli allenatori sono pagati dai circoli e non dalle Federazioni. Questo dà una forza molto importante all’allenatore perché ha la capacita di trovarsi ragazzi motivati sapendo che, se vengono esclusi da questo gruppo di “elite” gratuito, dovranno passare a un gruppo più basso. Adesso i circoli che erano fondamentali nel passaggio finale sono cresciuti come imprese e non diventano più il “padrino” che erano qualche anno fa. Adesso il “padrino” del giocatore medio è un allenatore che non può viaggiare perché deve rimanere in campo nel suo paese per guadagnarsi lo stipendio. E qua c’è il vuoto. Generalmente non ci sono progetti delle Federazioni. Per quello c’è la COSAT (Confederacion Sudamericana di Tennis) che porta i ragazzi sudamericani più bravi in giro nei tornei più importanti ma soltanto juniores. E dopo c’è un altro vuoto. In tutto queste processo la Federazione (almeno in Uruguay) conta zero.
Il tennis sudamericano ha un passato glorioso: pensiamo alla squadra del Cile del ’76 in CoppaDavis o a giocatori talentuosi come il paraguayano Pecci. Oggi sembra sia oscurato nella popolarità da altri sport. Eppure il materiale umano c’è in abbondanza ma altri sport sono più avanti. Pensa all’atletica leggera con la 21enne venezuelana Rojas che ha vinto una straordinaria medaglia d’oro nel salto triplo ai mondiali di Londra:
Il sudamericano è molto individualista, e la gente riversa questa caratteristica ancor di più nello sport. L’argentino sta chiedendo a Messi di vincere un mondiale da solo. Non chiede un progetto, un tecnico o una squadra seguita dall’under 18. Vuole che Messi faccia quello che ha fatto Maradona. L’Argentina ha vinto una Coppa Davis con Del Potro ma non è riuscita a vincerla avendo in squadra 5 come Del Potro per anni. Comunque penso che una Federazione debba supervisionare il lavoro in generale che fanno gli atleti ma lo sport e stato sempre individuale e ognuno ha sempre fatto la sua carriera a modo suo. Per individuale intendo il giocatore e il suo contorno (allenatore,famiglia,amici) che è diverso per ciascuno.
Finora abbiamo parlato di Sudamerica in generale. Proviamo a differenziare la situazione tennistica nei vari paesi pensando alle strutture, alle politiche per lo sport ed al materiale umano:
Mi stai portando su argomenti in cui non sono molto esperto ma ci provo lo stesso. Le strutture sono quelle che sono. Per esempio per anni ci siamo allenati in campi da tennis costruiti sotto l’autostrada. Intendo dire che la stessa autostrada era il tetto. Il problema era quando pioveva di lato che si giocava solo in metà campo…Una mentalità simile in un continente cosi grande nasce dal fatto che sempre ci arrangiamo. Mai un allenamento viene sospeso per mal tempo e per nulla al mondo ci si allena indoor. Non so se questo nasce dall’indole sudamericana o è anche dovuta al fatto che le strutture sono poche ma io penso che è cosi il nostro sangue. Comunque sia, si accettano le condizioni. La vera scuola nello sport sudamericano è nella strada. Ma non come fanno vedere in TV con la storia retorica del ragazzino povero della “Favelas” che diventa ricco e famoso. Anche nei quartieri residenziali si gioca sulla strada. Penso che questo permette di far riposare il sistema che dovrebbe occuparsi dello sviluppo sportivo. Il Sud America che ricordo io era un paradiso sportivo, spiagge illuminate fino a mezzanotte, area aperta per qualunque attività. Questo ora sta finendo e la strada è diventata pericolosa. E anche questo sta succedendo in tutto il Sud America.
Qual è quindi il paese su cui tu investiresti e che credi possa fornire in futuro giocatrici di livello
internazionale?
Il Sud America è diviso un po’ in due parti. La parte alta: Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia e la parte bassa: Cile, Argentina, Paraguay, Uruguay e Brasile. Senza dubbio per la parte bassa Brasile e Argentina. Il resto è solo un riflesso di loro due ma in queste momento sarebbe più facile investire in un paese più piccolo come l’Uruguay. Più piccolo è il paese e meno personaggi che fanno male allo sport ci sono. Si deve cominciare da capo con facce nuove ma lo vedo molto difficile. Per la parte alta del Continente, la Colombia sta lavorando molto bene nel tennis e da molti anni. Io per lavorare bene non intendo avere top 100 ma disporre di un un gruppo di ragazze di livello simile che possono crescere e da lì inizia tutto.
Parliamo dell’Uruguay: in Fed Cup, nell’ultimo incontro contro Cuba, hanno giocato due 15enni,
da un lato un elemento positivo:
Si potrebbe dire un elemento positivo se ci fosse un progetto. Sono l’unico uruguaiano che si occupa a Tempo pieno del tennis competitivo femminile. Vivo nella competizione, sono stato capitano di Fed Cup e non so chi sono queste ragazzine. Per esempio io non permetterei di partecipare alla Coppa Davis o alla Fed Cup se la nazione non ha una squadra di livello competitivo. A cosa serve un incontro tra due nazioni che nella loro formazioni non hanno nessuna giocatrice con livello competitivo ? O ancora peggio che fanno giocare delle ragazzine di 15 anni perché sono le migliori? Questa delegazione deve andare in trasferta pagando spese a ragazze di 15 anni che possono andare in confusione perché stano giocando la stessa competizione di Williams o Halep, capitani che non sono nel circuito professionale e dirigenti che viaggiano a fare lo scambio di bandierina. Non sarebbe più coerente usare queste soldi per organizzare futures e creare un calendario motivante per fare in modo che giocatori di altri continenti vengano a competere in Sud America e trovare in parte la soluzione al problema che si trovano ragazze come la Brito?
La Federazione paga per andare a giocare una settimana di Fed Cup nei Caraibi e non può organizzare un 15.000 dollari.
In generale accade che una tennista sudamericana esploda precocemente e poi si perda, oppure il contrario e su chi punteresti tra le giovanissime?
Quello è un processo normale. Il precoce si ferma e passa per l’adolescenza e l’altro vive l’adolescenza giocando a tennis. Se salta l’adolescenza avrà una vita molto triste più del suo best ranking. Punterei sul creare una collaborazione e non lavorare solo da Sud America. In realtà la soluzione perfetta sarebbe di creare competizioni in Sud America ma bisognerebbe che ci fosse un cambio totale e quello non succederà rapidamente. Basterebbe coinvolgerci un po di più e farci sentire che se comunque siamo da tanti anni all’estero non abbiamo perso l’amore per la nostra patria e lasciarci accesa le scintilla della nostra bandiera. Io mi sono offerto tante volte direttamente con allenatori e dirigenti del Uruguay ad ospitare e allenare uruguaiani che hanno bisogno di fare base in Europa (ovviamente gratis). Non ho ricevuto risposta. In Germania c’è un collega che ospita ogni tanto qualche ragazzo e li aiuta anche a trovare una squadra per giocare, ma si fa tutto per amicizia e non per un progetto della Federazione. Ti racconto una una storia molto particolare: l’anno scorso ero a Santa Margherita di Pula e mi sono trovato una ragazza uruguaiana in qualificazione. Viaggiava con un’altra ragazza argentina, entrambe sotto i 20 anni. Il suo calendario era un torneo a SMP 10.000 ed uno in Turchia quando a SMP c’erano almeno altri tre tornei. Questa e la realtà.
In Italia alcuni 15enni hanno sponsor, fisioterapista, naturopata e sono delle piccole star. Tu cosa
ne pensi?
Penso che se veramente sono delle piccole star riusciranno a brillare nel top del ranking ma non mi risulta che nessuna italiana sia ancora lassù quindi il metodo non funziona. Anzi la giovane migliore italiana classificata viaggia tanto da sola e l’ho visto molto matura nei tornei. Non c’è bisogno di niente di quello che hai scritto delle star per andare avanti.
Lino Sorrentino, il coach della 15enne Federica Sacco sostiene che siccome il gioco effettivo, gli scambi, durano solo il 15% della durata totale di un incontro, occorre lavorare sull’85% del tempo, sul “non gioco”, quindi curare enormemente l’aspetto mentale. Tu cosa ne pensi?
Se mi fai questa domanda potrebbe essere per due ragioni: la prima è perché neanche tu sei d’accordo con questa teoria e la seconda è che vuoi farmi fare polemica. Devo iniziare la risposta chiarendo che ci sono tante teorie e metodi e tutti possono funzionare, ma secondo me niente può occupare il posto del colpire un miliardo di palline al giorno. Contemporaneamente fai chilometri e superi dei momenti mentali che in partita si presentano soltanto durante lo scambio. Rinforzi tutta la parte di tendini e legamenti ed hai altri benefici che non possono essere lavorati in palestra né fuori dal campo. Dopo di che non so quale sia davvero il vero pensiero del coach perché è difficile trasmettere un’idea in 4 righe. Ma letta cosi non sono d’accordo.
Un’ultima domanda anzi una considerazione: da napoletano tifoso di calcio tu per me sei gioia e
dolore: gioia se penso al Matador Cavani, uruguaiano come te, dolore se penso al tuo nome che evoca Gonzalo Higuain…Chi ti piace di più tra i due?
Io posso essere solo gioia per te perché Higuain è argentino… 🙂
E’ in partenza ora Gonzalo: sta per iniziare l’avventura di Georgia agli Us Open, nell’America dei dollari, ben lontana dai ponti dell’autostrada dove il maestro giocava da ragazzo. Davvero un bel viaggio quello di Gonzalo, novello Ulisse del tennis che forse un giorno ritornerà nella sua Itaca…a Montevideo, non prima di aver vinto la sua battaglia più importante: portare una sua tennista tra le top players. Ma intanto…mentre scriviamo queste ultime righe ci arriva un messaggio….è di Georgia Brescia. “Scusami…ma quando esce l’intervista a Gonzalo?”. Eccola Geo e in bocca al lupo!
Antonio De Filippo
TAG: Gonzalo Vitale, Interviste
Ma si dai mettiamoci dentro la Sacco anche qui …ridicolo
In questa intervista ho scoperto questo coach, che sembra anche essere una grande persona. Possibile che in Italia non lo si sia mai fatto lavorare? Conoscendo la FIT, certo che e’ possibile…
Gran bella intervista, molto interessante. Gonzalo è molto intelligente e sa bene come far crescere Georgia. In bocca al lupo per il futuro
Grandissima intervista! Gonzalo sarà sicuramente d’aiuto a Georgia, in bocca al lupo!
Molto interessante, grazie mille!
Complimenti! Chiacchierata molto interessante!
Complimenti a Vitale e complimenti alla Brescia che s’è scelta un allenatore molto intelligente. Ora testa e fiducia per le quali US Open, mi raccomando 😉
bella intervista….belle risposte…..
e tante risposte anche per molti formasti qua solo a far polemiche su baby boom, federazioni,ecc…ecc…finalmente s’è parlato di tennis!
Brescia tienilo stretto quest’allenatore!
Complimenti a De Filippo per la sua intervista per niente banale.
Bellissima intervista a mio parere!