Sofia Shapatava: il match point da non sbagliare? La felicità per sé e per gli altri. La tennista georgiana racconta ai lettori di livetennis il suo paese, i suoi viaggi, le sue speranze
“Il rifugiato siede nella valletta dei salici e torna/ a riprendere ancora il suo arduo mestiere: sperare” (Bertolt Brecht)
Il 5 maggio scorso contatto Sofia Shapatava per chiederle un’intervista. Tempo qualche ora ed ecco che mi risponde: “Hello…sure we can do it if would like…give me the the question and i will give you full answer”. Fantastico! Non è scontato ottenere una disponibilità così immediata, indipendentemente dalla classifica della tennista, e Sofia mi coglie davvero di sorpresa. Come faccio sempre in questi casi, comincio a pensare all’impostazione da dare all’intervista, agli spunti da utilizzare: non so nulla della Georgia! E allora inizio a ricercare i simboli di questa regione collocata proprio nell’intersezione tra Europa e Asia. E mi imbatto nell’inno nazionale che ha un testo completamente diverso dalla maggioranza di quelli tradizionali, spesso enfatici nel celebrare guerre, soldati, imperi, elmi… “Lodate siano la fratellanza e l’unità (…) Lodato sia il grande e splendente scopo delle nostre vite (…) Ave o gioia ed amore, Ave, felicità e disponibilità, Saluti alla verità, questa luce dell’alba”. Bellissimo. Quanto di questo spirito ritroverò poi nelle parole, ma anche nelle emozioni che Sofia mi comunicherà con le sue risposte….Proseguendo nella costruzione del mio piccolo “Bignami” sulla Georgia, mi imbatto nella Kartles Deda, una colossale statua di Tbilisi, alta 20 metri che raffigura una donna vestita con gli abiti nazionali georgiani e che regge nella mano sinistra una coppa di vino e in quella destra una spada: accoglienza e lotta. Sofia è proprio della capitale Tbilisi: e se alla spada sostituissimo una racchetta da tennis? Perché la coppa di vino Sofia dimostrerà di gradirla, simpatica ragazza. Ma una nota cupa fa ombra alle mie ricerche: un rapporto del UNCHR in cui si parla degli oltre 270.000 rifugiati georgiani, una cifra enorme considerato che l’intera nazione conta meno di 5.000.000 di abitanti. Sono georgiani fuggiti dalle zone di guerra, chi da vent’anni chi da dieci. “Per scappare dalla guerra ho camminato con i miei figli per più di 800 km nella neve e nel freddo” racconta un uomo 70enne parlando dinanzi ad un vecchio palazzo con pareti sventrate, vetri rotti, macerie. (Fonte Frontiere.it 7/2014). Vecchi alberghi abbandonati, baracche, palazzi devastati: esattamente i rifugi che Sofia ci dirà di visitare appena può, non più terra rossa ma terre di fuoco che non spaventano questa straordinaria ragazza che ho avuto la fortuna di conoscere e che ora, virtualmente, è qui con noi.
Allora Sofia, cominciamo col presentarti ai lettori di livetennis:
Innanzitutto vi ringrazio per l’interesse nei miei confronti. Ho iniziato a giocare a tennis all’età di 10 anni a Tbilisi, la mia città natale, in Georgia. Mio padre mi portava nei club di tennis a guardare giocare i bambini e mi innamorai subito di questo sport. Da bambina mi ero trasferita con la mia famiglia a Mosca, in Russia, ma poi siamo tornati in Georgia quando avevo 10 anni e diciamo che lì è iniziata la mia carriera tennistica. Ora vivo a Torino. Il mio ragazzo è italiano e da tempo viviamo insieme, ma amavo l’Italia già da prima. Non posso nominare una vittoria su tutte perché il tennis è uno sport mentalmente molto difficile e ci sono dei match che ti restano impressi, magari non sono finali di tornei. Puo’ succedere in un torneo importante o meno, ma ciò che conta è come ti sei sentito e cosa ti ha regalato quel match. Prevalentemente gioco da fondo campo, il mio colpo preferito è il dritto ma amo giocare le volée. I miei obiettivi sono principalmente di essere in salute e felice, tutto il resto è superfluo.
Che rapporto hai con il nostro paese?
Il mio rapporto con l’Italia è cominciato quando avevo 18 anni ed ho visto il Colosseo, per la prima volta nella mia vita. E’ stato amore a prima vista. E’ il paese del mio cuore e della mia anima e non riesco ad immaginare un posto migliore dove vivere. Amo la storia di questo paese. Amo le strade, i quartieri, e l’architettura. Amo le tradizioni, amo il cibo e in generale qui mi sento a casa.
Tu sei la tennista numero 1 in Georgia. Come è percepito il tennis nel tuo paese?
Beh il tennis non e’ molto popolare nel mio paese, a dire la verita’…
Eppure avete avuto tennisti di alto livello come Aleksandr Iraklievic Metreveli, anche se gareggiava, all’epoca, per l’URSS. Fu finalista a Wimbledon nel 1973 contro Kodes.
Si. E’ stato ed è ancora, il tennista più forte in Georgia in quanto nessuno batte i suoi risultati…ma è anche molto difficile ripetere i suoi successi perché in Georgia i servizi per i tennisti, per dirlo in maniera soft, non sono molto professionali…
In campo femminile la migliore dovrebbe essere stata negli anni ’90 Leila Meskhni giusto?
Lei è arrivata ad essere n.11 nel ranking e n.7 in race. E’ una donna di carattere, ha il mio piu’ grande rispetto ed è uno dei miei idoli del tennis. Inoltre ho la fortuna di conoscerla, e so che è una persona molto forte ed io ammiro sempre le persone mentalmente solide.
Attualmente cosa si muove nel tennis giorgiano a parte Sophia Shapatava?
In Georgia non c’è molto a livello tennistico e non ci sono molte novità. Il nostro tennista n.1 è Nikolos Basilashvili che è nella top 100 (nr. 61 nda) e questo è un ottimo risultato.
Dal 2014 Anna Tatishvili, georgiana, ha acquisito la cittadinanza statunitense. Non è l’unico caso, uno dei più famosi è quello di Daria Gavrilova. Cosa pensi di questi passaggi?
Non sono nella posizione di giudicare le decisioni di altre persone e non mi piace dire se fanno bene o male. Ognuno ha il suo modo di pensare e di comportarsi: probabilmente ci sono stati un momento e una situazione che li hanno portati a fare ciò. E’ una cosa personale e non me la sento di parlare di questo.
I costi del tennis, soprattutto a livello ITF, sono altissimi per le giocatrici. Tu come riesci a fare fronte alle spese?
Beh io gioco molti match di club, tornei con premi in denaro, il che costituisce un carico psicofisico aggiuntivo ai tornei del circuito ITF. Ma si fa fronte a questo con l’ingegno. Devo dirti, ad esempio, che con il tempo noi tenniste diventiamo come grandi agenti di viaggio e cerchiamo di trovare le migliori offerte di voli e hotel e l’80% di essi sono di budget basso. E’ difficile, ma se sei entusiasta puo’ funzionare.
Come procede la tua carriera?
Le mie migliori posizioni nel ranking mondiale sono state 183esima in singolare e 132esima in doppio. Sta andando bene, ma non a livello numerico, non quanto speravo. Il tennis è uno sport in cui non si smette mai di imparare a giocare fino alla fine e non si è mai mentalmente al 100%, quindi sto crescendo ogni giorno in maniera diversa. E forse, se non sto fra le tenniste migliori del mondo, non è solo un fatto tecnico ma mentale: penso di essere abbastanza complicata e ho tante cose dentro.
Nel tennis gli ultimi mesi hanno mostrato una maturazione piena, o il ritorno di tenniste 30enni o addirittura over 30: Vesnina, Kuz, Schiavone, Lucic Baroni. La stessa Kerber, n. 1 del ranking, ha compiuto 29 anni. Sembra che le emergenti debbano ancora aspettare:
Si, il tennis e’ cambiato molto. Le regole sono diventate piu’ difficili, i campi e le palline sono diventati piu’ lenti. Inoltre la preparazione fisica e’ diventata piu’ pesante e le donne e gli uomini possono competere più a lungo e ad un livello più alto. L’alimentazione è migliorata, abbiamo imparato come prenderci meglio cura del nostro corpo, i training di recupero sono più mirati e ci sono molte cose che concorrono affinché la tua carriera duri piu’ a lungo. Il che ovviamente mi rende felice, perché sento di avere ancora tempo a 28 anni…
Ti piace il tennis femminile che si gioca in questa epoca o ti saresti vista meglio in un altro decennio per il tuo gioco?
Amo il tennis di ogni generazione. E’ stato sempre uno sport speciale, regale e lo sarà sempre. Ha sempre avuto questo fuoco. Prima il tennis era molto più tattico, si potevano vedere molte volée e strategie mentali incredibili. Successivamente è diventato più un gioco di velocità e resistenza. Ora amo il modo in cui viene giocato, siamo arrivati ad una combinazione di velocità e tattica a mio avviso migliore di sempre e ciò rende il mio sport ancora più bello.
Finora il tuo rapporto con i tornei WTA non è stato favorevolissimo, a parte l’accesso al MD del Roland Garros 2014. Ci stai lavorando per superare questo gap?
Ci sto lavorando. Anche perché il calendario WTA non è fitto come quello dell’ITF quindi è più difficile competere solo in grandi eventi internazionali. Ma mi piace molto giocarli.
In Fed Cup hai un rendimento più che positivo. Senti particolarmente questa competizione?
Amo giocare per il mio paese, è una grossa responsabilità ma giocare per la tua bandiera è un qualcosa di speciale che ogni giocatore dovrebbe sentire…potrebbero non piacerti alcune cose del tuo paese, o del governo o qualsiasi altra cosa, ma quando vai a fare un campionato mondiale e scandiscono il tuo nome con una formula del tipo: “Sofia Shapatava che rappresenta la Georgia…” ti vengono i brividi. Si, è proprio quello per cui ogni sportivo gioca!
Quanto costa diventare una tennista? Parlo dell’impatto che ha sulla vita, delle esperienze negate. Ne vale la pena, lo rifaresti?
Quello del tennista professionista è un mestiere che ti costa la vita intera. Non hai infanzia perchè sei troppo occupato a organizzarti fra la scuola, lo studio a casa, gli allenamenti e i match. E anche se riesci a ritagliarti del tempo libero, quasi sicuramente non hai energia per nient’altro. Sacrifichi tutto. Sacrifichi anche l’adolescenza, il tempo con i tuoi amici, i divertimenti, una vita gioiosa e spensierata, le vacanze, l’essere vicino alle persone che ami e, in alcuni momenti, le relazioni. Costa molte cose che non potrebbero mai essere rimpiazzate da soldi o fama, ma quando vai in campo e vinci…quello è il momento in cui realizzi che ogni lacrima che hai versato e tutti i momenti di solitudine che hai passato con il tuo cuscino sono valsi la pena. Io lo rifarei di nuovo non una ma cento volte. Amo troppo il mio sport. Ma non sono sicura se vorrò che i miei figli giocheranno a tennis.
E’ possibile avere amicizie vere tra tenniste o la competizione condiziona tutto?
Credo veramente nelle persone buone. Credo davvero che ci siano anime gemelle e se mi piace una persona non mi importa se sia un giocatore di tennis o se svolga qualsiasi altra professione al mondo. Posso essere una tosta in campo, ma al di fuori del campo…se sei buono con me, io sarò buona con te, se non lo sei…credimi, semplicemente non mi importa. Ho molti amici nell’ambiente, giocano bene e sono molto fiera di loro. E sono fiera di me che riesco ad essere felice per i risultati di altri giocatori.
Tu eccelli particolarmente nel doppio. Da cosa dipende nel tuo caso?
Semplicemente amo giocare i doppi…! Mi diverto di più, sono più attiva.
Come gestisci la tensione psicologica prima e durante un match?
Direi che un bicchiere di vino durante la cena è il mio miglior antidepressivo e ansiolitico pre-gara, ma in generale, per essere onesta al 100%, devo davvero lavorare sul rimanere calma e bilanciare il mio carattere. La Georgia è il paese del forte temperamento e della fierezza, pura energia e istinto. E io sono georgiana quindi si…ho ancora molto lavoro da fare.
Oggi molte tue colleghe usano i social: alcune per postare allenamenti, altre presentano momenti divertenti. Tu che uso fai di facebook, Instagram ecc.?
Amo i social media. Amo postare foto e condividere esperienze con le persone. Ma odio chattare lì.
In molte tue foto su fb compare una bambina bellissima. È tua figlia o tua nipote? Hai sempre un’espressione felicissima quando sei con lei…
Quella bellissima bambina è mia nipote, la amo con ogni singola cellula del mio corpo. Ho una connessione speciale con le mie sorelle e condividiamo gli stessi sentimenti: è la figlia di mia sorella, ma è come se fosse la mia. Siamo cosi, lei è parte di me.
La tua famiglia di origine, genitori, fratelli, segue la tua carriera, vengono a vedere i tuoi match se i tornei sono vicino casa?
Non hanno il piacere di guardare spesso i miei match, perchè è abbastanza costoso e non posso permettermi cosi tanto da viaggiare con la famiglia. Ma seguono e sono interessati al tennis più di me credo… (compare uno smile)
A volte i tornei espongono a lunghi momenti di vuoto. Tu come impieghi il tempo nelle attese?
Amo leggere, i libri possono portarti in altri luoghi lontani e puoi trascorrere ore leggendo. Ma quando la lettura non mi aiuta vado a fare lunghe camminate o lunghe corse. Musica e natura intorno, jogging e così la vita è perfetta.
Tu sei nata nel 1989, anno storico con la caduta del Muro di Berlino. Cosa è cambiato in Georgia da allora, sentendo anche i racconti di chi c’era?
Beh non posso dire di ricordarmi molto del 1989 (smile). Inoltre ho passato la maggior parte della mia infanzia in Russia. Ma quello che posso dire con certezza è che la Georgia ha sofferto molto. Era un paese povero e sono orgogliosa del progresso che stiamo avendo ora.
“La danza non è spiegabile a parole e nulla di quanto se ne possa dire potrà sostituire ciò che alla fine si vedrà sul palcoscenico” così afferma il più grande coreografo georgiano, George Balanchine. Possiamo dirlo anche del tennis? In fondo è una danza…
Fantastico! Non potrei essere piu’ d’accordo.
Una leggenda del tuo paese racconta che quando Dio distribuiva i suoi beni sulla terra, giunto in Georgia fu trattenuto dai suoi abitanti. Lo fecero sedere a tavola e gli offrirono cibo e buon vino, così Dio posò la sua gerla piena di doni e se ne dimenticò. Venne sera e si ricordò il motivo che lo aveva spinto fin lì. Prese la gerla al volo che si ribaltò spargendo ogni “ben di Dio” al suolo. E’ l’ospitalità il carattere distintivo dei georgiani?
Si, siamo molto ospitali, siamo sempre felici di avere ospiti e condividere la nostra natura, il cibo e dell’ottimo vino con loro. Siamo fieri del paese in cui viviamo, lo amiamo e vogliamo che il mondo lo sappia e lo ami nella stessa maniera in cui lo amiamo noi. E comunque, anche tu sei il benvenuto!
Grazie dell’invito…potrei accettare! Ma continuiamo l’intervista: devi portare su un’isola un libro e un film. Quali porteresti?
Un libro sarebbe “Cent’anni di solitudine”, un film sarebbe sicuramente “Sandpit Generals” (è un film statunitense del 1971, famosissimo nell’ex URSS, che parla di una banda di bambini brasiliani, che vivono ai margini delle città, nda) perché ogni volta che guardo questo film mi ricordo di quanto sono fortunata . Ma se dovessi scegliere fra un libro e un film, sceglierei certamente un libro.
Puoi trascorrere un fine settimana con un tennista o una tennista, anche del passato. Chi scegli?
Andy Roddick in vacanza, yeah! E no, non ci parlerei di tennis, ahahah! era la mia cotta sul campo durante l’infanzia, mi piaceva tantissimo!
Sei impegnata in azioni benefiche o di volontariato?
Visito rifugi e cerco di fare un duro lavoro con coloro che si trovano lì, ci sono tante famiglie sfortunate nel mio paese, ma la beneficenza per me è una cosa personale e se desideri aiutare qualcuno, li aiuti, non c’è bisogno di parlare di questo e far sapere al mondo, “guarda quanto sono bravo che aiuto la gente”. Quindi non aggiungo altro a questa domanda.
ll tuo sogno ancora da realizzare nel tennis:
Il mio sogno è sempre di godermi ogni momento che passo sul campo.
I tre obiettivi più importanti che hai nella vita:
Aiutare i bambini in Georgia a migliorare le loro condizioni e insegnar loro a giocare a tennis; aiutare più persone possibile nella mia vita e spero che Dio mi dia la forza e le possibilità di farlo; essere una madre, questo è il mio obiettivo più importante nella vita, essere una brava madre.
Sofia non può conoscere, è troppo giovane, “Diario di una maestro”uno straordinario sceneggiato televisivo degli anni ’70 diretto da Vittorio De Seta ed interpretato da un indimenticabile Bruno Cirino. Nella periferia romana di Pietralata un insegnante elementare combatte il disagio infantile e l’abbandono scolastico, portando i suoi alunni fuori dalle mura scolastiche e si inventa una didattica innovativa tra prati, rifiuti e cantieri abbandonati. E pian piano, recupera tutti alla scuola, ma soprattutto alla vita. Sofia ci regala questa suggestione: la vedremo un giorno costruire un campo di fortuna, fuori da un rifugio di profughi, per insegnare tennis a bambini la cui infanzia è stata negata ma ai quali una racchetta, una rete, una pallina, ed una maestra innamorata del suo paese, potranno restituire un sorriso.
Antonio De Filippo
traduzione di Flavia Caselli
TAG: Interviste, Sofia Shapatava
8 commenti
Un’intervista emozionante che mette da parte l’aspetto esclusivamente “tecnico” di Sofia per lasciare spazio alla sua splendida spontaneità..il bicchiere di vino pre-match è fantastico! 😎 😀
Ciao a tutti. Vorrei mettermi in contatto con l’autore di questo articolo. Come posso fare?
La Georgia come l’Armenia è il paese del forte temperamento e della fierezza. Ho sempre desiderato andare nel Caucaso conoscendo l’ospitalità di questi popoli, le tradizioni il buon vino. Terre piene di monasteri di montagne innevate e di belle persone. L’intervista accresce ancor più in me pa voglia di andare e non è detto che non lo farò! Una bella presentazione, grazie all’autore, di una tennista che mette al centro di tutto l’esperienza della vita, dalla nipote ad ogni singolo punto sul campo, dalla famiglia e a quel passaggio bellissimo sulle belle persone, dare e avere. E auguri per la sua felicità col fidanzato!
Bellissima intervista, una ragazza molto sensibile, viene voglia di andare in Georgia!
Veramente una bella intervista, di una qualità rara.
Personalmente mi piacerebbe leggerne molte altre di questo tipo.
Bella intervista.
Aggiungo una piccola curiosità:
2006, la nostra Camila Giorgi, 14 anni, affronta il suo primo torneo del circuito ITF professionistico, un 10K a Baku, Azerbaijan.
Vince il primo incontro, vince il secondo, vince anche il terzo.
Al suo primo torneo è in semifinale, dove però in tre set deve arrendersi ad una ragazza di tre anni più grande.. Sophia Shapatava!
Chissà se si ricordano ancora di quell’incontro, delle loro speranze e dei loro timori.