Ryan Harrison, bentornato giovane Kid
Lo avevamo scoperto giovanissimo vincere un match nel circuito ATP (addirittura il terzo più giovane dopo Gasquet e Nadal) a 15 anni e 11 mesi, additato dall’impaziente stampa americana come il giusto erede di Sampras, Agassi, Courier e Roddick, un nuovo possibile vincitore Slam dopo tanto aspettare e patire: eppure di Ryan Harrison avevamo ben presto perso le tracce, delusi forse dalle troppe aspettative su di lui riposte e non confermate, atleta fregato non tanto dal proprio tennis quanto dall’invivibile pressione dei media che in passato avevano già fatto male a un altro baby statunitense da tutti descritto come il futuro numero 1 del mondo, Donald Young.
Buon giocatore ma psicologicamente non pronto ad affrontare il carrozzone spettacolare creatosi attorno a lui: Harrison crolla in classifica, sparisce dai radar del tennis che conta, mentre gli anni scorrono rapidi e lui sembra perdere il treno giusto, quello dei campioni. Alcuni exploit sparsi qua e là ma senza quella continuità di risultati necessaria per arrivare a una posizione di classifica quantomeno tranquilla. Con il tempo da lui non ci si aspetta più la top10: il problema è che lentamente Harrison non riesce a mantenere né la top50 né la top100. Ma come ben si sa in uno sport affascinante come il tennis, spesso dietro la caduta c’è la risalita, incredibilmente forte e forse per questo più affascinante.
Il 2016 è un anno decisamente migliore rispetto ai precedenti con il classe ’92 americano nativo di Shreveport che comincia a mettere in serie alcune vittorie, segno importante che forse c’è ancora tempo per costruirsi una carriera: 40/27 lo score W/L, un segno assolutamente positivo cui fanno seguito le 14 vittorie (a fronte di sole 3 sconfitte) colte in questi primi due mesi del 2017.
Inizia male con le quali non superate di Brisbane, mentre ad Auckland accede al main draw e a Melbourne supera un turno fermandosi solo con Berdych. A inizio febbraio coglie un bel successo al challenger di Dallas, in finale contro Fritz e con un parco giocatori di buon livello: dopo Dallas arriva anche la prima vittoria nel circuito principale, sul duro indoor di Memphis contro Basilashvili, in cui alza al cielo il suo trofeo più importante e segna il best ranking di numero 43 al mondo. Non male per un giocatore finito e che invece abbiamo il piacere di riabbracciare nel tennis che conta.
Non arriverà magari fra i primi 10 giocatori al mondo ma la storia di Ryan Harrison mette in luce un grande problema del tennis dei giorni nostri: quando un giocatore è bravo e sembra avere i colpi per diventare un campione del futuro, si genera un meccanismo pericoloso, fra titoloni e aspettative esagerate, che rischia di ingurgitare la carriera ancora non nata del tennista in questione. Non è un caso che quando le luci della ribalta si sono spente su Harrison, l’americano abbia cominciato a raggiungere traguardi di livello, con le spalle finalmente libere dal peso complicato del “dover essere”, del “dover diventare”, del “futuro numero 1”.
Harrison non rappresenta l’unico caso di giovani campioni che si perdono per strada e devono faticare più di quanto previsto per diventare tennisti professionisti: in casa nostra il caso più eclatante è quello di Quinzi ma in giro per il mondo, quanti giocatori non sono diventati quello che tutti invocavano a gran voce?
Le seconde chance esistono e fortunatamente Harrison sembra essere riuscito a giocarsi le sue carte, finalmente: adesso la scalata può continuare, d’altronde l’esperienza ormai c’è e gli errori del passato non verranno ripetuti e le paure non saranno più vissute. Forza Ryan, il tennis ha bisogno di storie come la tua.
Alessandro Orecchio
TAG: Ryan Harrison
Harrison è solo uno dei tanti come ce ne sono stati milioni….classico americano alto e grosso, fosse stato un quarterback con una cheerleeders vicino nn sarebbe cambiato nulla 😆
Non e’ esagerato aspirare a qualcosa di bello! E’ giovAne e puo’ arrivare benissimo in TOP 10 @@@
Fritz ha fatto da poco 19 anni ed e’ 112… ad avercene…
Ho sentito che vuole arrivare in TOP 10. Per carità ognuno è libero di esprimere e pensare quello che vuole però oddio mi pare esagerato 😆
Un giocatore ritrovato va a vincere il suo primo atp, con buone speranze per il suo futuro! Unico lato oscuro: dove potrà sistemare l’ingombrantissimo trofeo che gli hanno rifilato quei campioni di buon gusto degli organizzatori di memphis!
Fritz è passato incredibilmente da giocare solo u18 a vincere challenger nel giro di tre mesi, era normale che scontasse l’iincredibile fine 2015 ed inizio 2016 perchè il suo valore attuale non è quello espresso in quei pochi mesi, ma si aggiusterà e salirà e anche molto perchè ha i numeri e poi perchè basta guardarlo in faccia…semb ra un po’ svanito ma ha uno sguardo che incute timore, mi ricorda un po’ il Delpo degli inizi.
Harrison era impossibile che non entrasse nei 100, bisognava proprio metterci impegno al contrario.
è l’ennesima dimostrazione che nel tennis contemporaneo, tranne rare eccezioni, la maturità agonistica si raggiunge più tardi che in passato. Questo dovrebbe spingere anche noi tifosi ad avere pazienza, invece che “condannare” la mancata esplosione di tennisti che a 20/21/22723 sono magari ancora lontani dalle aspettative formatesi a livello giovanile
Secondo me è superiore a Young Johson Sock…vedremo se riuscirà a fare meglio di Isner e Querrey nel corso della sua carriera
Ora mi sembra che questo problema ce l’abbia il coetaneo Fritz, esploso nel 2015 e ora ampiamente fuori dai 100
bentornatA ?
Prima di tornare, ha fatto un passo a Casablanca?
Mah insomma, più che la pressione mediatica a me sembra che Harrison non abbia poi questo gran tennis. E’ un ragazzone tutto muscoli che probabilmente da giovane ha saputo sfruttare bene il suo fisico. Comunque potrebbe anche arrivare nei primi 20, forse anche un po’ più su, come sta facendo il suo coetaneo Sock, se lavora bene.
Nn vorrei sembrasse una provocazione ma se ci riflettiamo, il tennis nn e’ mica solo fatto di tecnica e fisico.
Anzi la componente spesso giudicata cm principale e’ la testa che porta cn se personalita’ e carattere.
Per cui tt sommato, molti di qst n.1 da junior o cmq top, tra cui purtroppo anche molti italiani negli anni passati, evidentemente hanno fallito tra i pro (in proporzione o in senso assoluto) semplicemente perche hanno dimostrato di nn avere la testa ed il cuore del campione. Tt qui.
La differenza spesso sta in qst compomente secondo me e anche nelle scelte. Nn sempre quindi si ha necessita di qst grandi interrogazioni sui perche della vita e sul perche uno forte da junior si perde. Semplicemente, magari, finche viveva tt cm un gioco era libero di testa ma nn aveva lo spirito ed il cuore per imporsi da adulto e farne una professione di altissimo livello
È “bentornato giovane kid”, e poi “il 2016 è un anno migliore PER il classe 92”,il superlativo stona con “con”,se era un aggettivo “benevole”,”buono”,”gentile” allora si