Open Court: Donati, la scelta dell’estate “sul duro” (di Marco Mazzoni)
L’estate è entrata nel vivo, ricca di buon tennis, ma si fa sempre più invadente la voglia di fresco, mare e vacanze… L’ondata di caldo africano che sta investendo l’Italia pare sia agli sgoccioli (speriamo!), ma rende ancor più malinconico il mio assistere in tv ai tornei di questa settimana. Ad Istanbul l’estate scorsa ho lasciato letteralmente un pezzo di cuore. Città straordinaria, crocevia di storia, popoli e culture, ti segna dentro in modo indelebile. Tanto che ieri mentre scrutavo i drive carichi della Schiavone mandare fuori palla la spinta furibonda della Giorgi era impossibile non ripensare alle moschee, ai mosaici bizantini, ai mercati così ricchi di colori e sapori… Bastad è lontana in tutto dalla magia del Bosforo, ma è una piccola perla di cui mi hanno parlato molto bene, e che spero presto di conoscere. Umag è sinonimo di vacanza, una vera e propria full immersion in tennis & turismo, provare per credere. Proprio sui campi a due passi da Trieste questa settimana erano impegnati molti dei nostri azzurri. Ben 5, con alterne fortune e la speranza che Fognini riesca a ripetere il grande torneo del 2013 sulla terra battuta croata.
Terra battuta. Questo il fattore che unisce la quasi totalità dei nostri azzurri, l’essere impegnati in tornei sul rosso. Oltre ai presenti in Croazia, Vanni e Arnaboldi erano in tabellone in Svezia, ed eccetto il Challenger di Recanati di questa settimana (duro) molti altri ne andranno in scena su terra da qua in avanti”. In questo panorama che possiamo definire classico per la stagione (tennis di luglio = tornei su terra battuta), è assai interessante non trovare Matteo Donati sui campi in mattone tritato. Il nostro talento classe ’95 infatti ha scelto di volare in America e giocare sul duro. Questa settimana in Canada nel Challenger di Granby, dotato di un montepremi ricco (100.000$), e con un discreto campo di partecipazione.
Perché questa scelta merita attenzione? Non solo per l’essere in controtendenza. Inserita in un percorso di crescita articolato ed ambizioso come quello di Matteo, la reputo una decisione coraggiosa e molto intelligente.
La stagione sul cemento USA è storicamente poco felice per la storia del nostro tennis. Inutile girarci intorno e cercare le cause, i numeri parlano chiarissimo: al maschile di soddisfazioni dall’estate americana ne abbiamo avute ben poche. Sporadiche fiammate in tante delusioni (e percentualmente anche poche presenze rispetto ad altri momenti dell’anno). E’ quindi la scelta di Donati un tantino rischiosa? Forse, nel senso che è una trasferta potenzialmente insidiosa, non solo per la storia, ma per il suo momento. Viaggio lungo, con già parecchio tennis nelle gambe; venendo dalla terra di casa si trova a cambiare in modo repentino condizioni tecniche (superficie) e climatiche. E’ per Matteo una trasferta molto impegnativa sul piano fisico e mentale. Nei tornei sul cemento USA la competizione è durissima, poiché oltre a vari tennisti internazionali sono in gara spesso giocatori di casa, magari delle università nordamericane, che girano di meno ma che conoscono perfettamente le condizioni e che sfruttano le poche settimane dell’estate come il proprio picco stagionale, dando il massimo per ottenere risultati e salire. Quindi tornei mediamente molto duri, fisicamente ed agonisticamente, il tutto accentuato dal fattore novità, visto che il nostro ventenne mai prima d’ora ha affrontato queste situazioni con un ranking già discreto, trovandosi di fronte avversari di alto livello.
La domanda (lecita) potrebbe essere: è stata forse una scelta “azzardata”? Alla sua prima stagione ad alto livello sul tour ATP, non sarebbe forse stato più consono giocare di più in Europa, nei più “comodi” Challenger italiani? D’ora in poi ce ne sarà di fatto uno ogni settimana fino a settembre. Oppure tentando già le qualificazioni nelle tre settimane di tornei ATP fino ai primi di agosto? Non avrebbe sofferto le problematiche di un cambio di condizioni/superficie, e quindi avrebbe potuto guadagnare punti “potenzialmente più facili”, grazie a cui salire ulteriormente in classifica. Il tutto innescando un circolo virtuoso che nasce spontaneo grazie alle vittorie: si vince in campo, si fanno punti (e prize money, che non guasta per maggior serenità), si acquista soprattutto fiducia grazie ai successi e si cresce di motivazione, di convinzione nel proprio gioco, riuscendo così ad elevare ancor più il livello, libero di testa e di braccio. Le migliori condizioni per salire insomma. E’ una teoria con un fondamento, tecnico e sportivo, quindi rispettabile, e che magari poteva portare a buoni risultati ed una crescita reale in classifica.
Però Donati ha scelto altro. Ha deciso di tentare la via dell’America, non tanto per inseguire un ancestrale sogno di libertà e successo come gli antichi pionieri, ma perché il cemento americano è forse la condizione che meglio può aiutarlo a formarsi, a crescere in prospettiva verso l’altissimo livello. E’ un piano a lungo termine, più ambizioso, che guarda avanti e che sconta anche qualche possibile battuta d’arresto. A dire il vero il buon Matteo sta disputando un ottimo torneo a Grandby. Ieri ha sconfitto seccamente il giapponese Sekiguchi, lasciandogli la miseria di cinque game, e domani sfiderà non l’esperto Go Soeda ma l’altro nipponico Uchiyama, in un match che non sarà scontato ma che può assolutamente vincere. Strappare una semifinale al primo Challenger sul cemento nordamericano sarebbe un signor risultato, punti e fiducia. Ma la decisione di competere in America e non sulla terra in Europa va inquadrata in un piano più ampio, di lungo periodo, che deve salutare con enorme soddisfazione questi primi risultati positivi, ma non sarebbe stato da liquidare come negativo nemmeno in caso di premature sconfitte. Non conosco precisamente la programmazione di Matteo, se resterà per diverse settimane al di là dell’Atlantico, o se il tutto è flessibile a seconda di come procederà l’avventura. Mi auguro che sia stato scelto di continuare a competere sul cemento per diverse settimane, perché credo che sia un momento ideale per spingere e provare tante piccole cose. Cose che solo in partita puoi affinare, cose che ti fanno crescere, portandoti ad salto di qualità.
Donati sembra crescere molto bene, sotto tutti i punti di vista. Dopo il primo exploit al Challenger di Napoli ha tenuto un profilo basso ed ha continuato a lavorare, seguendo la sua strada e perseguendo obiettivi chiari, di lungo termine, stabiliti da tempo con il suo team, guidato dalla esperta visione di coach Puci. La grande impressione che ha destato a Roma passando il 1t e poi giocando un bellissimo match vs. Berdych (ricordo distintamente quella serata e come ha tenuto il campo sul centrale) non hanno spostato di una virgola la sua serenità, il suo restare ambizioso ma con i piedi ben saldi a terra, consapevole che per arrivare in vetta all’Everest la salita sia lunghissima, vada preparata per anni e per step successivi, senza trionfalismi e senza mollare la presa.
Del resto Massimo Puci su Donati lavora da anni, con prospettive molto corrette e coerenti. Quest’inverno per esempio hanno deciso di fermarsi alcuni mesi e lavorare, intensamente, inserendo in ogni settore di gioco qualità ed intensità, andando a rafforzare i punti di forza e cercando di limare quelli di debolezza, ed iniziando ad inserire anche delle novità. Hanno lavorato moltissimo sui colpi di inizio gioco, che sono la chiave del tennis moderno e che stanno diventando i punti di forza di Matteo. Inoltre hanno lavorato su di un dritto più carico all’occorrenza, ma senza perdere la sua naturale fluidità ed esplosività; nell’ottimo rovescio hanno provato a inserire più spesso la palla lavorata in back, addirittura la smorzata per cambiare i ritmi quando non riesce a sfondare con lo scambio. Hanno focalizzato l’attenzione sulla fase difensiva, perché nel tennis di oggi al salire di livello è fondamentale reggere e controbattere, non puoi comandare sempre. Un lavoro fisico e tecnico, ad affinare la base già ottima del piemontese. Un lavoro importante, che richiede tempo e pazienza, ma che è iniziato anni fa e continua con coerenza.
Avendo un terreno così fertile sul piano tecnico, fisico ed umano, avendo un ragazzo così ben predisposto ad ascoltare e lavorare, senza isterismi positivi e negativi, si può spingere per costruire un buonissimo giocatore. Gli elementi per provare a fare molto bene (sottolineo provare a fare, il tennis non è mai una scienza esatta) ci sono tutti. In questo contesto positivo, trovo assai azzeccato prendersi il rischio, come è la scelta di andare adesso a competere in America. E’ scegliere dei momenti in cui alzare l’asticella, ponendo obiettivi importanti, sempre inserendo il tutto in una traiettoria di crescita generale sostenuta da una visione chiara di dove si vuole arrivare nel medio-lungo termine. Sono degli strappi, come quando il ciclista si trova di fronte una montagna davvero impegnativa, che affronta con rispetto e timore, ma che se affrontata al momento giusto e con una grande preparazione può farti letteralmente esplodere le gambe, e darti quella fiducia interiore nei propri mezzi che ti fa fare uno scatto di crescita importante, a volte definitivo.
In questo trovo interessante ed anche intelligente la programmazione sul cemento di Donati. Saranno esperienze molto formative, probabilmente piuttosto dure, con il rischio di ottenere di meno in termini di vittorie e punti – anche se le somme le tireremo alla fine – ma che potranno tornargli estremamente utili in futuro, soprattutto se Matteo è arrivato in questa fase con gambe e testa a posto, pronto a dare il suo meglio.
Quando si ha l’ambizione di salire davvero in alto è necessario porsi obiettivi alti sul proprio miglioramento. Per completare il proprio bagaglio tecnico in questo momento fertile di crescita, Donati ha bisogno di confrontarsi con condizioni difficili, con la velocità del gioco e l’aggressività dei battitori e di chi ti pressa immediatamente rubandoti il tempo di gioco. Ha necessità di restare invischiato in dure battaglie in pressing, in avversari potenti e veloci, che non ti lasciano il tempo di respirare e di imbastire una trama di gioco. Ha la necessità anche di finire sotto per provare la propria reazione in condizioni di “pericolo”, senza potersi attaccare alle antiche certezze ma dovendo prendere in campo decisioni rapide per invertire le tendenze negative. Ed ha la necessità di provare cose nuove in libertà, senza lo stress del risultato a tutti i costi (magari in Italia potrebbe avvertire più pressione ed aspettative), ma sperimentando soluzioni che solo in partita puoi affinare ed interiorizzare, fare tue e quindi poterle usare in futuro.
In questo trovo la scelta coraggiosa ed azzeccata, il modo migliore per lavorare e completarsi tecnicamente ed agonisticamente per l’alto livello. Pazienza se alla fine della stagione non fosse riuscito ad ottenere risultati tali da fargli fare un balzo importante nel ranking. Oggi le statistiche dicono che mediamente i giocatori toccano il proprio massimo in carriera dai 24 ai 29 anni. Donati ne ha solo 20. Adesso è più importante crescere nel proprio gioco che rapidamente di 30-40 posizioni in classifica, restando fermi sul lato tecnico. Donati ha un tennis fondato su qualità moderne, colpi di inizio gioco notevoli, un fisico discreto ed una testa “giusta”. E’ una grande occasione per il nostro movimento. Avrebbe senso salire rapidamente con punti in tornei “comodi” ma senza una vera crescita e completamento tecnico ed alle varie condizioni (ricordando che sul duro si gioca per la maggior parte dell’anno…), ritrovandosi poi con minor esperienza in contesti più alti, senza aver affinato il proprio gioco?
Marco Mazzoni
@marcomazz
TAG: Challenger Granby, crescita giovani, Donati, Giovani Italiani, Marco Mazzoni, Massimo Puci, Matteo Donati, Open Court, tornei in america
non mi stanco di dire : bellissimo articolo Marco
a guardare i numeri al servizio delle due partite giocate in Canada sembra che non ci siano problemi. Contro Caruso a San Benedetto non poteva servire, qui ha subito un solo break in 2 match. Quindi probabilmente sta bene.
@ Gabriele da Ragusa (#1405193)
Il problema allo scafoide è una di quelle rotture che difficilmente passa, peró magari è tanto lieve.
Ma notizie sul polso/mano che gli aveva dato problemi nel torneo precedente? Immagino tutto per continuare a giocare
Ben detto
Fa bene a giocare sul cemento americano!
Ho visto Matteo live a San Benedetto del Tronto….la cosa che più mi è piaciuta di lui è il modo di stare in campo….una solidità complessiva che può e deve aumentare migliorando i colpi base, a partire dal servizio….speriamo bene….
ps: bell’articolo!
Bella disanima….Bravo!
Comunque se con due campi coperti non ci hanno fatto vedere una testa di serie come Donati fino ai quarti qualcosa non quadra. Quando ci si lamenta delle nostre programmazioni partigiane guardiamo gli altri che ci propinano i loro doppi o giocatori locali impresentabili, elevano a fenomeni assoluti da campo centrale quattordicenni (mai che abbiano un tennista serio nei primi turni questi piccolini fenomenali), e non ci fanno vedere tennisti ben più consolidati come Donati.
Bell’articolo che condivido in pieno.
Immagino che stia in America fino agli U.S. Open,magari con il passaggio delle qualificazioni….
La decisione di giocare i tornei sul veloce in America è super azzeccata:
1) guadagni confidenza con il clima e la superfice americana.
2) ti fai esperienza con la trasferta
3) ti confronti con avversari rodati prima degli U.S. open
4) se vai avanti guadagni punti e soldini visto che sono Challenger importanti.
Indipendentemente che vinca o che perda,per me ha fatto benissimo a partire.
Forza Donats! 😎
Direi però che stante una certa crisi del tennis USA rispetto a quello europeo è anche una scelta furba! Non sono convinto che un Giapponese 350 al mondo o un universitario mai esploso siano più temibili di un Francese 210 ATP con esperienza su cemento europeo o di un connazionale alla Caruso molto tignoso. In definitiva Donati si trova in un challenger abbastanza grande a competere su un terreno che non disdegna contro avversari più abbordabili di quelli europei in challenger 100k equivalenti. In europa un 100k sarebbe saturo dei vari ex buoni giocatori nordici o del sud con volontà di riemergere a livello di top 100 che comunque rappresenterebbero ostacoli esperti e molto ardui. In nordamerica qualche sprovveduto (per il livello top 100) in più di varie nazionalità capita.
noto con soddisfazione che non sono il solo……
medita buon rob , medita!!!!
bravo donati a buttarsi nella mischia. non pagherebbe assolutamente purtroppo, se si vuole arrivare top 100 atp e rimanerci x lungo tempo, rimanere terraiolo a vita con il tennis di oggi. scelta giusta se si guarda la concorrenza super affamata che c’e’ away from us. vincere in America sarebbe la prova del super 9 che il nostro giocatore c’e’ in tutti i sensi. battere tutti sti australiani, e tutti gli altri giovani talenti internazionali (giganti fisicamente delle nuove generazioni con il fisico da cage fighter che ti servono a 220 km x hr prima e seconda ), significherebbe che il nostro talento e’ mezzo pronto.la fortuna aiuta gli audaci; stare lontano da casa, gli darebbe meno pressione, ( giochera’ sicuramente meglio ), e oltre a farlo crescere, gli darebbe sicuramente + fame di vittorie. oltre se fossi nella crew di donati, gli direi vivamente di guardare solamente ed esclusivamente la sua agenda, xche’ sarebbe un errore incominciare a pensare a cosa fanno, dove sono gli altri. guardare e cercare di migliorare solo se stessi, prendendo i suoi coetanei con classifica migliore solo come motivazione a fare di +. penso che so far, al nostro talento non possiamo dire niente. ci sta provando..vamossssssss…italia del tennis. ps non alludo a nessuno, in questo brevissimo pezzo. ho solo espresso il mio parere sul nostro talento piemontese. allez !!
L’avevo notato anch’io. Senza fare “imprese” Donati potrebbe addirittura portare a casa il Torneo. Quindi scelta doppiamente intelligente quella di andare dall’altra parte dell’oceano…
Bravo Mazzoni!concordo 100%
Agli altri che oggi cantano del pelide Matteo l’ira funesta e del prode Puci le amabil gesta , vi ricordo di credere in lui e tifarlo anche dopo che avrà magari perso in tre primi turni consecutivi.
😉
@ Fede-rer (#1404929)
Quindi stai confermando che ha fatto molto ed ha rischiato facendo tornei che gli hanno permesso di arrivare dove é arrivato. Adesso se ne é andato in America dove potrá continuare a fare esperienza. Fino a prova contraria Quinzi questo non l’ha fatto, e quest’anno ha fatto meno dell’anno scorso. Cecchinato che si trova in una situazione di ranking migliore si sta dimostrando che si trova molto bene sulla terra ma non tanto sulle altre superfici. Del resto Daonati si che lo sta facendo e per un ragazzo di 20 anni (italiano) non é poi cosi normale.
Pienamente d’accordo. E’ un sacrilegio continuare a impostare la carriera delle giovani promesse quasi esclusivamente sulla terra battuta. Lo hanno capito anche in Spagna che è sbagliato.
Hanno reso un terraiolo persino Quinzi che da junior preferiva il cemento.
Mi auguro che Cecchinato, che adesso ha la classifica sufficiente per entrare direttamente nel tabellone principale degli US Open, tiri fuori il coraggio di cambiare programmazione e cominciare subito a giocare tornei sul cemento, almeno fino all’ultimo Slam dell’anno. Però il fatto di non aver disputato il challenger di Recanati, spinge a essere pessimisti.
@ Fede-rer (#1404905)
Concordo, anche se nn userei il termine miope per definire una strategia diversa che, cm per Cecchinato che hai citato ma anche per la maggior parte degli italiani, e’ forzata dalle strutture su cui inizi a giocare e sulle possibilita’ economiche o appoggi che ricevi. Per qst trovo fastidioso, nn da te per carita’, il continuo sputt…to che subisce di continuo la terra battuta. Secondo me bisogna cambiare mindset, prosettiva e strategia. Si puo benissimo giocare solo 30cm dalla riga di fondo anche sulla terra. Nn e; detto che devi giocare 2m dietro. Dipendo dal gioco che ti vuoi creare. Capisco premi meno il gioco d’attacco, ma premia di sicuro.
Guardate le classifiche degli 8 giocatori ai quarti di Recanati (42.500) e Granby (100.000)
Donati ha un occasione più unica che rara.
Meglio giocarsi un 100 mila contro Quigley, 337atp, Millot207, Nishioka 145…..
che un 42mila contro Berankis,83atp, Bemelmans94 e Przysiezny142
Io a volte mi chiedo se le persone si fermano un secondo a cercare di capire cosa un’altra persona voglia comunicare oppure sparino subito a zero senza pensarci due volte!
Dipende da come intendi il paragone Donati-Cecchinato! Io non li sto paragonando sul rendimento attuale nè sulle aspettative di carriera! E’ ovvio che ci siano 4 anni di differenza ed anche diverse ambizioni. Lo davo per scontato essendo su un sito di intenditori e conoscitori di tennis.
Terovo invece normalissimo poter paragonare l’impostazione di due tennisti, anche se non coetanei. Entrambi hanno avuto un percorso di crescita giovanile: ebbene, quello di Cecchinato dev’essere stato, per forza, più monotematico e limitante! E non sto dicendo che abbia lo stesso talento e gli stessi mezzi di Donati. Mi sento però di asserire che se si fosse lavorato diversamente sul suo gioco e lo si fosse fatto giocare sul rapido più spesso, potrebbe ottenere ora risultati discredi anche lì… Il servizio è più che buono, i fondamentali sono solidi, ma la posizione in campo, gli schemi, l’abitudine a spostarsi sul dritto sono da terraiolo purissimo, alla Volandri.
Ma quello di Cecchinato era il primo esempio che mi era venuto in mente di provincialismo all’italiana. Poi ho citato Bolelli per la sua idiosincrasia a certe trasferte ed a provare a puntare obiettivi più alti… Ma ti potrei citare altri casi: Starace, se ben impostato, avrebbe avuto fisico, servizio e colpi adattabilissimi al veloce. Invece è sempre stato un disastro al di fuori della terra. E per me è un sacrilegio!
Come al solito commento intelligente e interessante.
Speriamo lo legga anche il diretto interessato.
La competizione è sempre più dura e le qualità citate nell’articolo ci vogliono tutte, ma proprio tutte.
Poi ci sono altre variabili che al momento non si possono determinare ma che permettono un ulteriore salto di qualità.
Staremo a vedere.
Noi ci divertiamo anche per questo.
Il motivo per cui gli spagnoli sono competivi anche sul cemento è semplice. In Spagna ci sono 4 volte i campi sintetici che ci sono in Italia. E andate a guardare quanti futures spagnoli si giocano sul veloce. 🙂 E lo fanno ormai da parecchi anni. Sono terraioli, si, ma sono terraioli evoluti.
Su Naso non sono d’accordo: ha una tremenda impostazione terraiola che poco si addice alle sue caratteristiche fisiche. Su Caruso invece siamo in una situazione particolare: lui viene dalla provincia di Siracusa e si è formato anche su campi in cemento (da quelle parti c’è poca acqua…); e infatti ha caratteristiche a mio avviso molto più adatte al veloce. Sul veloce il suo rovescio, ad esempio, diventa molto più incisivo e la sua capacità di trovare angoli e anticipi paga molto di più.
Donati è diventato il mio tennista, da anni sognavo che un italiano partisse per la tournée americana, ho sperato che lo facesse Seppi che invece si é sempre intestardito sul rosso quando invece sul duro avrebbe potuto fare molto meglio. È dai tempi di Sanguinetti e Caratti che non accadeva, quindi Forza Matteo, facci sognare!
Ottimo l’articolo di Mazzoni, che fa un’analisi perfetta e ineccepibile.
Certamente Donati è il nostro miglior prospetto, e la sua attuale importante crescita (per certi versi anche un pò inaspettata) ci compensa, almeno in parte, dalla cocente delusione di Quinzi.
Il paragone con Cecchinato lo trovo francamente assurdo, al di la delle improbabili dissertazioni nord-sud (le facciamo anche nel tennis ?) e sulle superfici più adatte ai due giocatori.
Donati è ancora giovane e in piena ascesa, mostrando un potenziale che potrà davvero farlo divenire un giocatore importante, forse anche un top player (anche se molti suoi coetanei sono tuttora ben più forti di lui).
Cecchinato, pur meritevole ed ammirevole, ha già un’età alla quale normalmente si raggiunge il proprio massimo, pertanto i margini di miglioramento sono minimi. Portrà magari arrivare alla 40esima 50esima posizione del ranking, forse anche qualcosina in più (glielo auguriamo di cuore) ma sarà quasi impossibile vederlo nei top ten.
Nella tua disamina c’è sicuramente un grande fondo di verità…Di certo la Sicilia è più vicina ad altre scuole latine come quella spagnola od Argentina. Ciò non toglie che molti dei terraioli spagnoli hanno un buon adattamento alle superfici veloci. Non consideriamo Lopez che è uno spagnolo atipico, ma i vari Nadal-Ferrer-Verdasco-Robredo ed Almagro hanno tutti raggiunto, chi più e chi meno, degli ottimirisultati sul veloce! Non vedo perchè ciò non debba accadere anche per un giovane siciliano! E poi non tutti i siciliani denotano un gioco monotematico e monosuperficie come quello del buon Cecchinato! Naso, a livello di fondamentali, potrebbe giocarsela su tutte le superfici, Caruso sta iniziando a raccogliere discreti risultati anche sul veloce ed ha un gioco ultimamente abbastanza aggressivo e più vicino alla linea di fondo.
Cecchinato manco ci prova, evidentemente gli va bene così! L’unico siciliano di ottimo livello che è stato monosuperficie come Cecchinato è Di Mauro, altro terraiolo DOC!
Io sono piemontese, ma ti assicuro che campi veloci qui ce ne sono pochissimi! Non siamo nè la Germania nè la Repubblica ceca! A Torino la maggior parte dei circoli è totalmente in terra rossa! Io che amo giocare sul veloce, devo spostarmi di parecchio per trovare qualche campo! Di inverno, semplicemnte, si gioca perloppiù su campi in terra coperti! 😉 E’ più una questione di mentalità ed ambizioni, quindi, che climatica e di disponibilità di campi!
Io, sinceramente, penso non stia rischiando proprio nulla! Ha già guadagnato centinaia di posizioni quest’anno, il suo obiettivo l’ha già praticamente raggiunto e si è messo nella condizione di poter fare un’esperienza nuova ed importante in America giocando quindi a braccio sciolto e con poche pressioni! E l’inizio è incoraggiante!
@ fabrizio (#1404921)
Bel commento, grazie, aggiunge altri spunti alla mia analisi. Avrei voluto scrivere altro sul lavoro invernale, anche quello del prossimo inverno che dovrà basarsi sul piano fisico per crescere di cilindrata, ma già son troppo lungo 😀
Saluti
L’antico “ancestrale” sogno di libertà e successo come gli antichi pionieri….???????
😈
Spero proprio che non ripeta le gesta di quei pionieri.Pionieri che, per appropriarsi di ciò che non era loro,sterminarono i nativi allegramente e,soprattutto,nel nome del loro dio che non era Manitù.
A proposito del paragone Cecchinato – Donati.
E’ evidente a tutti che sul piano tecnico Matteo è un tennista universale, mentre Marco ha caratteristiche tecniche da specialista della terra, pur avendo qualità fisiche naturali (ad esempio la velocità di piedi e l’esplosività) per certi versi superiori a quelle di Donati.
A mio avviso la differenza la fa il contesto dove si cresce:
Matteo è piemontese. Nel nord d’Italia, per ragioni climatiche, si gioca su terra d’estate e sul sintetico indoor d’inverno.
Marco è siciliano. Nella dorata Palermo, come in quasi tutto il centro-sud, si gioca sulla terra, all’aperto, per tutto l’anno.
E’ interessante notare che le condizioni del nord d’Italia sono sostanzialmente simili a quelle prevalenti in Francia, Repubblica Ceka, Germania, e altri stati del nord europa, dove si producono da sempre giocatori dal tennis universale, in grado di fare bene su tutte le superfici.
Matteo, per la qualità dei colpi di inizio gioco, l’impostazione tecnica e tattica, la posizione in campo, sembra un tennista della Repubblica Ceka.
Marco sconta l’abitudine a rispondere da lontano, le aperture ampie dei fondamentali, la poca necessità di usare e migliorare il rovescio (rapido com’è, sulla terra ha sempre coperto gran parte del campo con il diritto).
Il mio parere è che un Cecchinato nato in Piemonte avrebbe una impostazione tecnica molto più moderna e completa, e grazie alla sue qualità fisiche sarebbe un tennista molto più forte.
Pertanto, quello che il nostro movimento deve capire, è che i giovani vanno fatti allenare e competere, fin da piccoli, su tutte le superfici.
La terra non va demonizzata, anzi: è utilissima per imparare tante cose che i tennisti americani e australiani fanno molta fatica ad apprendere, ad esempio la fase difensiva o le variazioni di ritmo e di effetto, la solidità nello scambio prolungato.
Ma ad essa va affiancato un lavoro specifico da fare sul veloce: cura dei colpi di inizio gioco, anticipo, posizione in campo, aggressività.
Questa è la strada, e va seguita al nord (dove è più facile per clima e impianti) e soprattutto al sud (dove bisogna avere il coraggio di installare molti più campi veloci, anche all’aperto).
deve tirare fino a NY poi valuta.scelta ottima quella di andare in america.poi cedo faccia tutta la stagione indoor europea ma magari anche la trasferta in asia dove ci sono tornei dove potrebbe quasi entrare visto il livello medio basso.
credo comunque che abbia tutte le carte in regola per avvicinare e magari conquistare il main draw dell’australian open 2016
Io credo che Donati sta rischiando e anche tanto. Dei giovani sicuramente é quello che sta avendo piú coraggio. Ricordo che tutti puntavano su Quinzi che ha solo un anno meno e per ora non ha dimostrato un gran che…
Concordo in pieno con Mazzoni.
A 20 anni è il momento di “assaggiare” tutte le superfici ad alti livelli, non solo la terra battuta, come invece sta succedendo per altri nostri giovani ex promettenti. Non solo: c’è bisogno di combattere ed anche di perdere contro i “cementisti” incalliti. Matteo deve trovare forza e spunto per migliorare i punti deboli, che non sono molti in realtà. E’ comunque già adesso un giocatore completo e molto somigliante, a mio modesto avviso, ai migliori regolaristi del circuito.
Mettiamoci infine nei panni di chi dovrà giocare le prossime 10 stagioni ATP: il 70% dei punti sono in palio su superfici dure. Se non ci si fa l’abitudine, si finirà per andare a ritirare assegni, e questo non fa certo onore ad uno sportivo!
Redazione attenzione che dal testo sembra che Recanati sia su terra, invece è Durflex.
Per il resto articolo non banale e bene argomentato come sempre Mazzoni.
@ Fede-rer (#1404905)
ben detto!!!
Condivido l’analisi di Marco , Matteo deve inserirsi rapidamente nel circuito che conta. Nel tennis di oggi ci sono almeno 20 gradini e Matteo ne ha già saliti una decina . La campagna nord americana vuol dire accumulare grande esperienza , allenarsi in condizioni estreme ma anche stare con i migliori , è da loro che si impara . Bravo Matteo ma soprattutto brvo MAX il mio allenatore preferito .
Articolo condivisibile in toto!! Complimenti!!
Sottolineo solo che nella Race è già messo molto bene e se la turnee americana andasse bene, oltre dal punto di vista dei miglioramenti personali anche dei risultati, beh, l’anno prossimo lo inizierà alla grande!!!
Mazzoni… Articolo come sempre ben scritto ed analitico. Però, in questo caso, secondo me, il concetto è molto semplificabile. Donati è un giocatore UNIVERSALE, ma con una predilezione per le superfici veloci. Sicuramente è più adattabile al cemento che alla terra (dove pure ottiene comunque ottimi risultati). Lo segue un coach lungimirante che vedendone la stoffa e la propensione al lavoro ha, per fortuna, scelto l’opzione meno “provinciale” (cosa rara)e l’ha mandato a fare esperienza lontano da casa, con condizioni di gioco nuove e sulle sue superfici più congeniali. E’ vero che non è una trasferta semplice, ma se è vero che il picco per i tennisti arriva dopo i 24 anni, accumulare esperienza e situazioni di gioco e di vita nuove, lo porterannop a cresce e maturare in fretta, a temprare ulteriormente il carattere e amigliorare il proprio gioco. Finalmente un ragazzo che viene impostato per puntare in alto e non per giocare nel proprio orticello… Capisco per esempio che Cecchinato resti a giocare su terra. E’ stato impostato in modo miope come terraiolo e potra’ ambire a fare bene nelle settimane su terra ed a costruirsi con esse una buona classifica. Ma non si può vivere di sola terra ed ambire a diventare un top player (il re della terra, Nadal, ha vinto slam su tutte le superfici per esempio). Sono entusiasta della scelta fatta da Donati, anche se ritengo che non dovrebbe essere l’eccezione… Ahimè, purtroppo, non è sbagliata solo la programmazione di molti giovani. Anche quella di molti giocatori affermati è spesso incomprensibile e figlia del provincialismo. Basti vedere la scelta del mio giocatore italiano prediletto, Bolelli, che sarebbe un ottimo giocatore da veloce!
Un plauso a Puci, sperando che riesca nell’arduo compito di recuperare e far crescere anche un altro prospetto interessantissimo come Baldi!
Impara Gianluigi, impara!
Se restava in Italia aveva sbagliato perche non aveva fatto esperienza all’estero….