Boris Becker e la fobia del rosso: storia di un amore impossibile.
Nelle credenze popolari delle vetuste corride, quando i tori vedono il colore rosso dei drappi branditi dai toreri, non capiscono più nulla, vanno fuori di testa e attaccano: a Boris Becker, indimecato campione tedesco, succedeva esattamente il contrario, poiché quando vedeva il rosso della terra battuta gli tremavano le gambe e non sapeva più vincere. Si tratta di una relativa iperbole perché Becker è stato un campionissimo della racchetta, ma la sua personale avversione per questa superficie, è entrata a suo modo nella storia di questo sport.
Campione esploso giovanissimo fra lo stupore del pubblico sull’erba verde di Wimbledon, Bum Bum non vinse un solo torneo su terra in tutta la sua carriera, unica vera pecca in un percorso sportivo che ha incantato intere generazioni di appassionati per la pulizia dei colpi, per i servizi incandescenti e per l’eleganza offerta al pubblico.
Erano gli anni ’80 e ’90 come sfondo, con superfici che realmente erano diverse fra loro e senza quell’omologazione sui terreni di gioco attuale che porta a un equilibrio sostanziale fra i vari giocatori, con i più forti in grado di vincere in tutte le tipologie di tornei sparsi per i quattro angoli della Terra, senza veri e propri specialisti abili nel monopolizzare intere parti di stagione, eccezion fatta ovviamente per lo spagnolo Rafa Nadal proprio su terra rossa o per il miglior Roger Federer su erba, anche se le due stagioni non possono essere comparabili per tempistiche e durata.
Nonostante una polivalenza inseguita e agognata nel tempo, i suoi infiniti piazzamenti nelle fasi finali dei tornei dello Slam, Boris Becker manifestò una vera e propria allergia al rosso dei tornei europei, con la buona compagnia dei vari Pete Sampras, John McEnroe e Stefan Edberg, tutti pluri vincitori Slam ma incapaci di segnare almeno uno squillo parigino. Per Becker arrivarono comunque tre semi finali al Roland Garros (1987/1989/1991) ma la sensazione è sempre stata di una relativa incapacità ad alzare quella tanto desiderata coppa: qualcosa in incomprensibile per la ragione comune o forse fin troppo semplice da spiegare. La terra rossa lo faceva stare male, non ci si adattava, provava ad allontanarsi da essa, ma come per tutti i grandi campioni, ciò che non riesci a ottenere, a vincere, diventa il tuo più grande cruccio. O il tuo più grande rimpianto.
Emblematica di questo rapporto conflittuale fu la finale del torneo di Montecarlo del 1995 contro il claudicante austriaco Thomas Muster, autentico dominatore quell’anno sul circuito in terra battuta: il tennista di Leibnitz prossimo vincitore quell’anno proprio sul rosso Slam di Parigi e futuro numero 1 del ranking mondiale ATP, aveva faticato e accusato notevoli problemi fisici il giorno prima contro il nostro Andrea Gaudenzi in semi finale, e superato lo scoglio italiano, si apprestava a giocare l’atto conclusivo in preda ai dubbi e allo sconforto.
Becker quel giorno giocò due set da fenomeno, dando l’impressione finalmente che la sua prima gioia su terra battuta fosse finalmente vicina e in una cornice prestigiosa come quella del Principato di Monaco. Gettò un terzo set alle ortiche, perdendolo in un attimo 6/1, mentre le rotazioni esasperate ed esasperanti di Muster ricominciavano a funzionare. Si arrivò al 4° set, un quarto parziale che si trascinò fino al tie break e in cui il tedesco si ritrovò a servire sul 6/4: due match point, la fine di un incubo che finalmente diventa realtà. Un servizio a disposizione e poi il blackout. Uno sciagurato doppio fallo con una seconda di servizio sparata via a 196 km/h. 196 km/h. Un doppio fallo e il secondo match point che sparisce in un attimo. Il tie break perso inesorabilmente, senza capire come e con il grande rimpianto di quel servizio incomprensibile. Una scelta folle, così come l’ossessione del rosso tedesco per questa superficie. Inutile dire che il 5° set fu un assolo austriaco e l’ennesimo titolo su rosso sfuggì dalle mani scivolose e sporche di terra rossa del buon vecchio Boris.
Si disse che gli dei del tennis lo avessero punito, per il suo esser spaccone e showman e l’irrefrenabile voglia di chiudere in bellezza: Becker rimase senza titoli su terra rossa, quel rosso passione che ammalia e incanta, superficie su cui si infrangono però molti, troppi desideri tennistici. La sua carriera seppur senza titoli su terra battuta è stata straordinaria, ma sono sicuro che la notte Becker ogni tanto pensa a quei 196km/h.
Alessandro Orecchio
TAG: Becker, Boris Becker
E’ possibile abbia ragione tu, era comunque sconfortato…
A me sembra di ricordare che disse “no, no, non ci siamo proprio”.
Piu’ che girare a suo favore sarebbe finito proprio, visto che era match point…
se avesse trovato quel servizio il mach sarebbe potuto letteralmente girare in suo favore,muster però è sempre stato un grande giocatore sulla terra battuta.
Ero presente quel giorno e tifavo Becker,grande delusione ma mi ricordo anche che in conferenza stampa Becker ammise di aver rischiato il tutto per tutto tirando la seconda a quella velocità poichè non ne aveva proprio più ed era consapevole che al quinto sarebbe stato distrutto da Muster, cosa che puntualmente avvenne, secondo me però la finale che buttò fu quella del 1991 contro un giovane Bruguera, dopo aver vinto il primo set 7-5 si “sgonfio” sotto il sole monegasco.
L’articolo dimentica la cosa più divertente di quel match, a inizio quinto, con Becker che stava per tirare la zampetta per la stanchezza, e Muster che pareva rinato, partì per sbaglio la sigla della premiazione.
Muster si mise a ballare come un matto… Commento di Clerici a memoria “si, beh, Rino tu puoi dire quello che vuoi, ma questo non e’ tanto normale”…
Memorabile la faccia di Becker, che si stancava solo a vederlo ballare dopo 4 set giocati…
In quel periodo ogni stagione c’era un manipolo di superspecialisti che da aprile ad agosto si spartiva tutti i tornei sulla terra. Delle macchine sparapalle contro il cui muro Boris si è sempre scontrato, Mancini, Bruguera, Muster, Chesnokov, etc senza scomodare Wilander e Lendl che erano ancora di un altro livello.
purtroppo per lui spesso le finali 3/5 gli erano fatali, mentre in un 2/3 se la sarebbe potuta cavare.
Non ha mai vinto un torneo sulla terra anché perché tendeva a voler palleggiare con gli specialisti invece che sfruttare il suo tennis d’attacco.
@ boris becker n.1 (#1220543)
Il mio Dio del tennis immenso Boris tu come una donna ti può insegnare la pratica sessuale mi hai iniziato al tennis è te ne sarò grato per sempre Grande Campione
Idolo
Sarebbe bello “allegare” un video del doppio fallo all’articolo, renderebbe meglio l’idea 😉
Tutte storie.
Boris temeva il rosso perché sì era convinto che i “rossi” mangiavano i bambini.
un caso non abbia mai vinto un torneo sul rosso con tre semi a parigi e altre finali importanti. un caso perché becker era tennista piuttosto completo tecnicamente oltre ad avere classe cristallina.
ho visto pochi coprire bene la rete come faceva lui.
Divertente l’articolo!