Il tennis è uno sport per ricchi?
Nel 2015 gli Australian Open vedranno il loro montepremi crescere del 10% rispetto all’anno precedente, arrivando alla somma incredibile di 36 milioni di dollari australiani: una crescita vertiginosa e che assume toni esponenziali se si confrontano con i “soli” 24 milioni di prize money del 2012. Tre edizioni e un’impennata simile aprono scenari interessanti su cui disquisire.
Un torneo che vedrà il vincitore intascare un assegno da 2 milioni di dollari, con la crescente consapevolezza che insieme al montepremi aumenteranno introiti televisivi, la competitività con gli altri tornei dello Slam e la voglia matta di arrivare in fondo o perlomeno di esserci, dato che fin dai primi turni ci sarà una crescita notevole dei compensi.
Ne ho sentite di tutti i tipi in merito a questa situazione: si sbaglia perché si innescano meccanismi possibilmente senza fine, uno sport che guarda più ai fuoriclasse e si dimentica dei suoi preziosi “gregari”, investimenti che puntano su prodotti già di prima qualità e non valorizzano i circuiti minori, i top player che diventano ancora più ricchi senza tenere in considerazione tutti coloro che remano ogni anno nei tornei più piccoli (challenger, futures e compagnia bella), rischiando di impoverire ulteriormente il panorama internazionale a favore solo di pochi eletti.
Va detto a onor del vero che non si può impedire a un torneo dello Slam di crescere, visto che la competizione all’interno di questo nugolo ristretto è forte e il desiderio di primeggiare è grande: ci si mette anche lo spettro di un quinto torneo dello Slam (Asia?) con la preoccupazione dei 4 tornei storici di dover diventare a tutti i costi un appuntamento irrinunciabile salvo possibili problematiche in divenire. Perché bloccare quindi tale miglioramento nel trattamento economico riservato ai propri attori? E chi favorirebbe una situazione del genere? Creare una spaccatura con tante divisioni mi pare però decisamente contro produttivo: non ha senso a mio avviso innalzare i tornei del Grande Slam a un livello esagerato e irraggiungibile per molti e poi, passando attraverso i Masters 1000, arrivare fino ai tornei 250 e challenger la cui sopravvivenza rimane attaccata a un filo di anno in anno.
Sinceramente trovo poco attraente una stagione tennistica in cui ci sono grandi buchi di interesse: non mi piace l’idea di passare dagli spalti pieni di un torneo Slam o Masters 1000 a quelli semi deserti dei vari piccoli appuntamenti. Credo che la dinamica del tenere un occhio chiuso non volendo vedere i problemi che si presentano senza cercare un valido modo per risolverli, alla lunga possa stancare creando delle situazioni che finiscano per fare del male in maniera totale e generalizzata. Si potrebbe trovare una strategia che faccia crescere ogni piccola realtà, senza la presunzione che esistano solo i grandi appuntamenti e che solo su questi sia giusto puntare.
Sia chiaro che non credo che investire su un torneo dello Slam come quello australiano sia un male, d’altronde ai nastri di partenza di un torneo chi non vorrebbe vedere tutti i grandi protagonisti tanto attesi dare la propria disponibilità? A tal proposito un ulteriore incentivo economico renderebbe il piatto più appetitoso ma siamo sicuri che così facendo non si punti solo ad arrivare ai ricchi top player scordandosi degli onesti mestieranti? Se il montepremi sale è chiaro che aumenta per tutti: pare evidente però che un voler premiare i giocatori gonfiando i loro portafogli sia una strategia per arrivare ai migliori, e chi se ne frega se il numero 88 del mondo ad esempio alla fine non partecipa al torneo, l’importante è avere i nomi di richiamo. Lo Slam australiano è da sempre alla ricerca di ulteriori consensi e credibilità per potersi definitivamente appaiare alla storia della terra rossa parigina, a quella dell’erba londinese o del fascino newyorchese: un 10% in più di anno in anno val bene quindi una messa.
Non apprezzo chi si nasconde dietro un dito dicendo che una ripartizione del genere porti denaro utile (per tutta la stagione) soprattutto ai giocatori di media classifica e che i tennisti più affermati in realtà non programmino le loro stagioni sulla base di motivazioni esclusivamente economiche: gli ultimi casi delle tournèe asiatiche e delle varie esibizioni che profumano di petrol dollari non vengono mai rifiutate proprio da coloro che guardano il “panorama” dall’alto delle loro posizioni in classifica. L’Australia punta a loro e questo sembra un assioma evidente.
Sarebbero tuttavia fuorvianti e pretestuosi discorsi sul valore del denaro e sui principi etici che giocoforza vanno progressivamente sparendo dietro scelte di questo tipo: il business che ruota attorno al mondo del tennis è da sempre rinomato, una vera macchina da guerra e se è vero che i soldi chiamano soldi (sponsor, marketing e partnership stanno lì a insegnare) è pur vero che a guadagnarci può essere proprio lo spettacolo. La mia preoccupazione va solo nella direzione sovra citata: puntare sul top dimenticando il medio, ingolosire i tennisti pro con succulente motivazioni, lasciar da parte i piccoli perché tanto non interessano a nessuno, dimenticando che lo sport è prima di tutto condivisione e che le grandi imprese sportive non sempre fanno rima con la parola montepremi. Un tennis di tutti, non solo di chi arriva a poter disputare un torneo così importante ma anche di quelli che girano il mondo dovendo fare i conti con un bilancio da far quadrare: è davvero utopia?
Alessandro Orecchio
TAG: Australian Open, Notizie dal mondo
Facile quotarti..
da ragazzino mi ero iscritto, dopo varie lezioni individuali, ad un corso per misurarmi con altri coetanei. La sfortuna volle che una settimana prima di iniziare le lezioni, mi fratturai lo scafoide al polso destro (3 mesi di stop). Pur di non buttare i soldi pagati dai miei genitori (non pochi) mi sono adattato e ce l’ho messa tutta per giocare da mancino, io che sono destro in tutto…
Uno dei maestri del circolo, vedendomi tirare dei colpi al pari degli altri col braccio “sbagliato” voleva assolutamente rivedermi una volta guarito giocare con il mio braccio “risanato”.
Peccato che fosse solo un maestro ingaggiato per poche settimane per quel corso. Peccato che al titolare del circolo interessasse solo incassare lo stipendio di fine mese.. mai visto uscire dalla sua scuola tennis neanche un mediocre semi-pro.
Alla fine, per i costi delle lezioni, ho mollato il tennis a neanche 15 anni.
Magari sarei rimasto un brocco, o magari no. Certo nessuno mi ha sostenuto economicamente nel momento che ho mostrato di avere qualche potenzialità.
E di chiedere soldi ancora ai miei genitori, con uno stipendio modesto, non avevo il coraggio..
Questo per dire che ancora oggi, o hai le spalle “coperte” o è veramente dura andare avanti..
Scusa ma su di un sito che si chiama livetennis pensavi di trovare un’analisi sulle contraddizioni della società capitalistica e sull’attualità del pensiero marxista?
semmai non è uno sport per poveri..quello si
@ groucho (#1185520)
Figurati che stolto che sono…io trovo insopportabili i presuntuosi che credono di saper tutto e sparano giudizi a raffica…
L’articolo 1 della dichiarazione universale dei diritti umani recita:
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Ora domandatevi:”com’è possibile parlare di solidarietà e fratellanza quando siamo costretti a vivere in un’economia capitalista basata solo sulla concorrenza spietata?” L’esagerato montepremi stabilito per gli Australian open altro non è che la conferma di questa inarrestabile “concorrenza spietata”.
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Lo scandalizzarsi per l’esagerato montepremi senza scrivere che 800.000.000 di umani lotta giornalmente contro la fame lo trovo “scandaloso”.
A me? Nulla.
E’ che ci vuole propinare sempre tesi sbagliate, condite da una insopportabile retorica. Beh, quasi sempre sbagliate perché talvolta ne ha di buone. Peccato, se ce le propinasse sempre sbagliate sarebbe molto meglio. Almeno dimostrerebbe una perversa coerenza. Invece, nemmeno quella.
Il tennis va nella stessa direzione del mondo. I ricchi saranno pochi eletti sempre più ricchi, la massa sarà sempre più povera.
I primi 10-20 tennisti al mondo saranno sempre più ricchi, tutti gli altri guadagneranno sempre meno
Assolutamente si,in un anno un ragazzino deve spendere per avere una buona preparazione dai 700 agli 800 €,soldi che una famiglia con uno stipendio da operaio non si può permettere, diciamo che le persone ricche ma anche quelle medie riescono a mandare i propri figli a giocare a tennis,gli altri no,ciò che non succede in molti altri sport che con 200 euro al mese te la cavi.
è sicuramente uno sport per ricchi!
a tirar due calci al pallone trovi sempre gratis..
stessa cosa coi canestri di basket..
per il tennis o hai grana di tuo e hai il campo nel giardino del villone o devi spendere per andare a giocare per cui sì il tennis è uno sport per ricchi o comunque bisogna permettersi di poterci spendere qualcosa per farlo
Decisamente più abbordabile oggi di un tempo comunque..
(Che poi i giocatori nr 747 del mondo frignano perché non hanno la Porsche allora è un altro discorso e non mi fanno pena per nulla ma questo è una altro discorso)
@ groucho (#1185267)
Dai onestamente … che t’ha fatto orecchio?
dipende…sicuramente se sei forte no..dai bambini non cè bisogno di girare in lungo ed in largo basta fare qualche torneino e non comprarsi mille cose di marca,fare i tornei giusti ed allenarsi bene nn ha un costo cosi elevato, soprattutto se hai talento le cose verranno da sole..cmq non devi essere ricco per farlo..non come il golf dai
Sì, il tennis è uno sport per ricchi. Possiamo togliere il punto interrogativo al titolo e quindi anche quest’articolo si conferma del tutto inutile.
Perfetto!
Gli slam come la coppa davis sono gestiti direttamente dalla ferderazione internazionale . Ne deduco che non c’è la volontà di modificare la situazione . Un primo passo avanti si potrebbe fare se scomparissero tutti i 10000 e restassero solo i 15+H . In questo modo , molte pippe resterebbero a casa loro e gli altri dovrebbero solo pagarsi il viaggio .
@ Tennisman (#1185203)
Sul tifo non mi sbilancerei…in realtà ricordo diverse situazioni con emigranti divenuti australiani fare un tifo al limite del buongusto a favore dei giocatori dei propri Paesi d’origine…
Risposta semplice: si!
Se poi volessimo articolare il discorso sarebbe altrettanto facile far notare come dalle classifiche manchino tennisti “colrored” o provenienti da paesi di quello che un tempo era il “terzo mondo”…
Il punto e’ che dove girano cosi’ tanti soldi, gioco forza, gli interessi incrociati di chi campa (…e direi bene) su quei soldi ha tutto l’interesse a mantenere un certo status quo.
Il tennis e’ un gioco neppure eccessivamente oneroso da praticare. Si lasciano le classifiche a chi ha risorse e lasciamo semplicemente che i nostri bambini si divertano!
—> Suggerimento alla redazione: <—
Visto che si parla di AO, non sarebbe piu' pertinente mettere una foto con dei dollari australiani al posto degli euro? 😉
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Bell'articolo; secondo me gli AO non hanno nulla da invidiare agli altri tre slam dal punto di vista storico o di prestigio quindi non credo che il rialzo del montepremi sia dovuto a una sorta di complesso di inferiorita'.
Anzi, tra i quattro posso senz'altro dire che e' quello organizzato meglio e col tifo piu' civile: meglio delle gazzarre americane e francesi – anche se bisognera' vedere con un eventuale Kyrgios ai quarti come si comporterebbero… – e molto meglio delle improvvisazioni di Wimbledon, con giocatori che disputano tre partite in tre giorni.
Bell’articolo con tanti spunti di riflessione!
Complimenti alla redazione: fa davvero leggere ogni tanto articoli di questo genere, vere e proprie inchieste su cui riflettere tutti.