50 candeline, auguri Mats! (la storia di Wilander, di Marco Mazzoni)
A pochi giorni dall’avvio dell’US Open e con il tabellone appena sorteggiato, tutti gli occhi degli appassionati sono rivolti all’ultimo Slam della stagione, tra sogni e speranze per i propri idoli. Però il calendario oggi tocca il 22 agosto 2014. Una data segnata in rosso: è il compleanno di Mats Wilander, che proprio oggi soffia su 50 candeline. Mezzo secolo per il grandissimo campione svedese, uno dei giocatori più forti dell’Era Open, capace con le sue imprese di segnare in modo indelebile il tennis degli anni ’80. Oggi Mats è la punta di diamante di Eurosport nei tornei dello Slam, con una nota rubrica quotidiana. Sempre sorridente e pronto alla battuta, analizza le dinamiche dei match da vero maestro del gioco, quale è stato in campo, …anche se sta diventando leggendaria la sua “abilità” nel dare un famigerato “bacio della morte”, eleggendo un favorito alla vigilia che puntualmente si ferma ad un passo dalla vittoria!?! Battute a parte, è il giorno giusto per ricordarlo come tennista, ancor più per coloro che non hanno avuto la fortuna di viverne gli anni migliori, quando affrontarlo (soprattutto sul rosso) era una faccenda molto complicata.
Mats è nato a Vaxjo, piccola cittadina persa nella campagna a circa metà strada tra Malmo e Stoccolma. Un luogo banale, senza grandi motivi di interesse eccetto una natura prorompente, praticamente sconosciuta al turismo (pescatori esclusi, i laghi sono incredibilmente pescosi). Un classico per i giovani praticare lo sport, tanto che la maggior parte delle personalità uscite da lì sono proprio sportivi, come altri tennisti (Bjorkman), piloti (Johanasson), la formidabile e biondissima atleta Carolina Klüft, o il premio Nobel per la letteratura 1951 Pär Fabian Lagerkvist.
Mats amava e praticò molti sport: hockey, calcio, corsa fra gli altri, sfruttando le sue doti naturali. E’ sempre stato uno di quelli a cui dai un pallone o un attrezzo in mano ed in pochi minuti è capace di farci qualcosa e piuttosto bene, come se l’avesse sempre fatto. Un coordinato naturale, rapido ed esplosivo. Gli piaceva anche il tennis, nel pieno dell’epopea di Borg, ma solo dopo gli 11 anni decise di allenarsi per davvero ed eleggerlo a sua disciplina. E’ qualcosa di difficilmente spiegabile come nel 1981 a 17 anni da compiere (con solo 6 anni di pratica “vera”!) vinse il Roland Garros junior, imponendo un tennis cerebrale davvero inconsueto per la sua giovanissima età, totalmente figlio dei dogmi borghiani. Borg, affermò perentorio: “Mats Wilander sarà un campione, ha una maturità incredibile, una testa perfetta per il tennis e doti fisiche migliori delle mie”. Una dichiarazione stupefacente per l’orso svedese, sempre molto parco nelle sue rare uscite. L’anno seguente Wilander sbarcò per la prima volta nel tabellone principale dello Slam parigino, con alle spalle i quarti ad Amburgo e la semifinale a Roma. Zitto zitto avanzò nei primi tre match, con il pubblico parigino che si soffermava ben poco nei campi secondari a scoprire il tennis apparentemente lento e conservativo di quel ragazzo riccioluto che correva su ogni palla, senza trasparire alcuna emozione o espressione. Il suo gioco regolare basato sul rovescio bimane, tanta corsa e consistenza non attirava i francesi, più impegnati a seguire le gesta del loro giovane Noah. Il mondo del tennis si accorse davvero della forza di Mats il giorno degli ottavi, quando il 17enne svedese rimontò uno svantaggio di due set ad uno a Ivan Lendl, in un match lungo ed intenso. Ancor più impressionante fu la vittoria nei quarti contro Gerulaitis: il funambolo yankee attaccò invano, venendo inesorabilmente passato, tanto che affermò frustrato: “Non sono riuscito a fargli sbagliare un rovescio, non è possibile!”. In semifinale tutti pensavano che il gioco di Mats sarebbe stato troppo leggero per battere il tosto Clerc. Niente, anche lo strepitoso rovescio dell’argentino fu annullato dal tennis chirurgico di Wilander. Fu una battaglia memorabile, in cui Mats compì un gesto bellissimo: proprio sul match point ci fu una chiamata dubbia favorevole allo svedese, che gli consegnava il match. Clerc reagì, sentendosi derubato. Wilander senza batter ciglio accettò le proteste e chiese di rigiocare il punto. Mats vinse, uscendo dal campo sotto un’autentica ovazione del pubblico, che lo adottò il giorno della finale contro il mostro sacro Vilas. In una grande sfida di rovesci, prevalse il bimane dello svedese, che si aggiudicò il torneo stabilendo l’allora record di precocità, 17 anni e 9 mesi (record poi battuto da Chang). Il mondo del tennis trovò in lui una naturale continuità con Borg, ma Wilander, sempre molto pacato, reagiva con fermezza al paragone con il suo connazionale. Si ispirava chiaramente a Bjorn ma voleva essere solo Wilander.
Freddo e calcolatore in campo, il vikingo era tutt’altra persona fuori dalle competizioni. Forse per evadere dalla ferrea disciplina imposta dalla precoce vita da Pro, e anche dalla sua provenienza non proprio caraibica, non fu affatto insensibile al fascino della bella vita fuori dal campo. Quest’aspetto trapelava poco negli anni Top della sua vita agonistica, anche perché Mats era considerato un giocatore ideale da allenare, per l’incredibile attitudine al lavoro ed alla serietà. Ma quando nel 1990 Wilander si allontanò dal tennis per prendersi una pausa apparvero tutte le sfaccettature dell’uomo e divennero pubbliche le sue goliardate, eccessi e scappatelle (anche se adesso è felicemente sposato con la bella modella Sonia, che gli ha dato 4 figli e con la quale vive da anni negli USA). Il suo appartamento di Montecarlo era sempre ben frequentato ed animato, così anche in decine party in giro per il mondo. Molte furono le sue fidanzate, tra cui Annette, poi sposa di Edberg (inizialmente nacque proprio da questioni di cuore il cattivo sangue tra i due grandi campioni svedesi, poi ricomposto). Fu pure trovato positivo per cocaina poco prima del suo ritiro, ma ormai frequentava il tour per mancanza di alternative che per reale voglia o ambizione.
Mats amava la buona tavola, tanto che non era raro vederlo cenare nei locali più gettonati delle grandi città. Poi la musica, una grande passione. I suoi amici dicono che fin da piccolo suonasse la chitarra e componesse canzoni. Quando appese temporaneamente la racchetta al chiodo, formò in pompa magna i “Wilander”, band di 7 elementi con lui alla chitarra ritmica nonché voce. Incise un paio di Cd, ingaggiò il più importante promoter scandinavo di concerti e si esibì per diversi mesi, riscuotendo davvero poco successo, mentre era fermamente convinto in questa seconda carriera. Emblematico un concerto nei pressi di Stoccolma, al quale diversi fan si presentarono armati di racchetta, come a dirgli “gioca e non suonare!” Fu colpito duramente come uomo da un altro evento che avrebbe potuto terminare la sua vita: aveva un posto su quel maledetto aereo che cadde nella campagna inglese di Lockerbie colpito da un attentato terroristico, ma un taxista glielo fece perdere. Mats restò qualche settimana a terra, impaurito.
Vanto anche un piccolo aneddoto personale riguardo allo svedese. Inverno 1987, Mats si sta allenando al TC Prato, preparando il match di coppa Davis Italia-Svezia. Assistevo quotidianamente a bordo campo agli allenamenti dello squadrone vichingo, visto che giocavo al club. Wilander aveva la pessima abitudine di sputare spessissimo sulla terra, a fine palleggio. Ad un tratto, mentre stava raccogliendo una palla all’angolo del campo, …quasi mi colpì con uno sputò! Se ne accorse immediatamente e visibilmente costernato, si scusò con un gesto della racchetta e con lo sguardo basso. Uscendo dal campo, mi riconobbe tra i tanti spettatori come il malcapitato della sua maleducazione, tanto da fermarsi qualche istante per un breve saluto ed autografo, mentre nei giorni precedenti scappava via veloce, senza degnare di uno sguardo i fan che lo braccavano.
La sua carriera sbocciò al Roland Garros 1982, con la vittoria parigina che fu la sua prima in assoluto da professionista. Gli anni ’80 furono per lui straordinari: si aggiudicò 33 tornei, soprattutto su terra, tra cui spiccano le 3 vittorie a Parigi (’82, ’85, ’88) ma anche i titoli sull’erba degli Australian Open nel 1983 ed ’84, zittendo ben presto coloro che non lo consideravano capace di produrre un tennis offensivo su erba, oltre alla vittoria sempre down under nell’88 nel rinnovato impianto di Melbourne Park; ed una all’US Open (1988). A questi 7 titoli dello Slam vanno aggiunte 6 finali di Coppa Davis con 3 vittorie (1984, ’85, ’87), ed altri titoli prestigiosi come Roma, Montecarlo, Cincinnati, Stoccolma, Bruxelles. Fu numero uno del mondo alla fine del 1988, sua annata record quando completò tre quarti di Slam, sconfitto nei quarti a Wimbledon.
Wilander era il prototipo del tennista svedese del dopo Borg: freddo, grande atleta, tecnicamente non eccelso ma capace di far tutto sia da fondo che a rete, con una tecnica anche personale e che affinò via via negli anni, completandosi. Atleta naturale se ce n’è stato uno, era veloce, resistente, e soprattutto aveva una capacità di concentrazione insuperabile. Un episodio su tutti: contro Leconte nella finale del Roland Garros 1988 doveva cercare di evitare le incursioni in avanti e gioco aggressivo del francese già dalla risposta. Detto fatto: Mats servì il 100% di prime palle nel primo set, vincendolo e traumatizzando così le speranze del rivale. Un computer.
L’arma migliore il rovescio bimane, un colpo strepitoso. Era un contrattaccante paziente, spietato come un killer al momento di colpire con un lob o un passante stretto. Mai ho visto tanti lob ben giocati come quelli di Mats, in un’epoca dove di attaccanti veri ce n’erano eccome. Dai suoi 180 cm di altezza riusciva a giocare una prima palla buonissima, non vincente ma sicura, spesso liftata per impedire l’attacco con la risposta. Giocava un diritto in top, nemmeno troppo accentuato, che pareva correr poco. Nessun colpo di Mats era una frustata violenta, non aveva un colpo definitivo, soprattutto nei primi anni di carriera. La forza dello svedese era la sua grande capacità di far muovere il rivale con traiettorie varie d’altezza e d’angolo, di rimettere tutto ma non in modo passivo. Ogni colpo, seppur difensivo, aveva una trama, non era mai giocato a caso. Probabilmente è stato il miglior stratega in campo di sempre. Se Mats concedeva una palla attaccabile, lui era già pronto a tirare un passante o un lob perché intuiva dove sarebbe stato attaccato. Grazie alla sua straordinaria mobilità si trovava sempre in posizione ottimale. E’ molto riduttivo catalogare Wilander come un “pallettaro”, è stato un giocatore molto intelligente e completo. E’ vero che lo svedese era pronto a sfidare chiunque in battaglie estenuanti dal fondo basate su corsa e regolarità (le inguardabili partite contro l’amico Nystrom hanno disamorato molti al tennis in quegli anni!), ma allo stesso tempo era in grado di attaccare la rete con sicurezza e tentare il vincente dal fondo, soprattutto di rovescio, dopo una fitta ragnatela di colpi che lo mettevano in posizione di vantaggio. Wilander era, come Lendl, un maestro nel controllare il tempo del gioco, nel cambiar ritmo alla palla per il suo schema tattico, variare il peso e l’angolo con facilità, giocare smorzate. Proprio tra questi 2 campioni ci furono battaglie tatticamente degne dei dettami del barone Von Klauseviz. Eccezionale la precisione e costanza del suo rovescio, con cui sapeva disegnare il campo e con cui produceva passanti impossibili e pallonetti millimetrici a scavalcare i tanti attaccanti dell’epoca. Wilander ha giocato il miglior pallonetto dell’Era Open.
Wilander era un moto perpetuo, non pareva uno scattista perché non stava mai fermo, si trovava sempre nel punto giusto al momento giusto. Pareva tirar piano, eppure quando lasciava partire il rovescio bimane, soprattutto lungo linea nel passante, era quasi sempre un colpo vincente. Grazie a questa sua freddezza e calcolo, non forzava mai niente. In anni in cui dominavano i rovesci ad una mano di Lendl, Mac, Becker, Edberg, Noah, il suo rovescio era uno dei migliori del circuito. Iniziava il movimento con una preparazione minima, portando dietro la racchetta e posizionandosi ben di fianco. Il resto lo faceva il corpo, che si chiudeva con la massima coordinazione piegandosi al meglio ed accompagnando l’avvicinarsi della palla nel suo rimbalzo, per poi rilasciare tutta la sua forza colpendola. Il tutto era pulitissimo, facile, senza attriti. Usava ogni muscolo del corpo in ogni esecuzione, i suoi gesti erano sempre composti, non davano idea di esplosività grazie alla grande elasticità e coordinazione. Inoltre Wilander fu uno dei pochi giocatori ad avere 2 rovesci veri, bimane e tagliato, con la stessa efficacia.
L’intelligenza di Mats è dimostrata da come sia riuscito ad arricchire il suo gioco, diventando sempre più aggressivo e con discese a rete che non erano più sporadiche ma crescenti, e con accelerazioni che sorprendevano gli avversari dopo alcuni scambi. Questa continua crescita ebbe il suo apice nella meravigliosa stagione 1988, in cui Mats completò tre quarti di grande Slam. Il vero miracolo fu la vittoria su Lendl a Flushing Meadows, una battaglia finita 6-4 al 5° set, in uno degli incontri più incredibili che io abbia mai visto. Wilander partiva nettamente sfavorito contro Ivan, dittatore dispotico in quel torneo in cui arrivava in finale ogni anno e di cui deteneva il titolo da 3 stagioni. Dopo una partenza equilibrata, ci fu un vero scontro frontale e Lendl rimase sconcertato dalla tattica del suo avversario. Di solito Mats impostava i match contro di lui sulla resistenza e sulla consistenza, su di una fitta ragnatela di scambi, visto che Ivan era dotato di un punch nettamente superiore. Stavolta Mats ruppe gli indugi ed affrontò lo Zar a viso aperto, attaccandolo come mai aveva fatto, mettendolo spesso alle corde già dalla risposta. Fu un match epico, in cui lo svedese prevalse giocando un tennis stellare, come mai nella sua carriera, probabilmente oltre i suoi stessi limiti. Chiuse l’anno giustamente da numero 1. Ma dopo questa cavalcata scoppiò letteralmente, iniziando il declino. Nel 1989 sprofondò al 70° posto del ranking. Un crollo sorprendente, figlio del bisogno di prendersi una pausa mentale per rigenerarsi e ripartire. In realtà non si riprese mai a quei livelli. Si ritirò per un paio d’anni, per poi riprovarci nel 1993, in un rientro clamoroso che gli valse anche qualche successo, compreso un torneo minore ad Atlanta. A fargli appendere la racchetta al chiodo fu una squalifica per doping (cocaina) che l’ITF gli combinò con l’amico di baldorie Novacek, ma ormai Mats era un “divertito pensionato” che amava giocare per ammazzare il tempo. Dopo un periodo “off”, Mats tornò alla ribalta per alcuni mesi nell’angolo di Safin, e soprattutto come capitano di Coppa Davis per la Svezia, in periodo molto difficile con il tennis scandinavo in netta crisi.
Molte delle grandi sfide ed emozioni del bel tennis degli anni ’80 sono legate a match con Wilander in campo, perché la combinazione tra il suo gioco e quello degli attaccanti dell’epoca come Edberg, McEnroe o Becker era garanzia di spettacolo. Con il fermento generato in Svezia dalla GTGT Acedemy, chissà che anche lui non abbia voglia di tornare in pista, magari stimolato pure dall’amico-rivale Edberg oggi sulla panchina di Federer. Tanti Auguri Mats!
Marco Mazzoni
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@ l Occhio di Sauron (#1146839)
Tutto vero. E che nostalgia, quello è stato il periodo con il massimo spettacolo tennistico ever.
Grandissimo Mats e grandissima quella partita di Flushing Meadows che mi tenne attaccato al televisore fino a notte tarda e che nessuno l’abbia vista potrà dimenticare.
E’ vero che come dice Mazzoni in quella partita Wilander combattè all’arma bianca ma la cosa che magari non traspare dalle poche righe che poteva dedicare all’analisi di quell’incontro è che era una sfida di intelligenza tattica contro solidità e potenza..
Davide contro Golia, i guerriglieri contro l’esercito regolare più forte del mondo. A guardare la partita all’inizio sembrava che ogni punto dello svedese fosse venuto per caso e che quell’altro appena s’assesta lo schiaccia, con la differenza che è andata così fino in fondo e non l’ha schiacciato mai 😉
Che giornata che è stata quella!
Per non parlare di quel che combinavano Edberg e Becker in quegli anni.. che nostalgia!
Incredibile anche come scoppiò letteralmente dopo gli usopen 88.
In realtà la sua fu una carrieta brevissima e bruciante…come se Nadal si fosse ritirato nel 2009..
Anch’io!! …con annessa bigiata da scuola il lunedì mattina per il 5° set!!
uno dei tennisti più noiosi da vedere
che curiosa coincidenza!
caro marco mazzoni proprio questa mattina ricordavo mats wilander con un amico sottolineando come la memorabile vittoria nella finale degli us open contro lendl (schematizzando in modo un pò retorico l’itelligenza che trionfa contro la forza bruta)fosse il suo canto del cigno.
pertanto coincidenza piena anche di vedute
Io ricordo volentieri un wilander cane’ a cagliari in coppa davis
Grande articolo e grande campione Mats…..
Splendida la finale del 88′ che partita
Mitico Mats. Grande testa, grande concentazione, freddezza assoluta. Anche se la bellezza dei suoi passanti si esaltava quando incontrava i giocatori di rete, concordo che una delle sue migliori partite sia stata la finale allo USO dell’88 con Lendl
Il gioco di Mats Wilander, si basava “naturalmente” sul suo grande talento tennistico. Ma in particolare : sulla sua incredibile resistenza mentale e fisica, forza, concentrazione, grinta, polmoni, grande intelligenza tattica e grande volontà nel vincere a tutti i costi. Galeazzi quando commentava la telecronaca su Mats Wilander, ha sempre detto, che se Wilander portava l’incontro al 5° set al 99% vinceva l’incontro
Articolo un po’ lunghetto ma comunque tanti auguri Mats!!!
Gli articoli di Marco Mazzoni, oltre a contenuti tecnici sempre appropriati, sono carichi di una umanità rara… Non ho mai avuto l’impressione che per lui scrivere risponda a una necessità di mettersi in mostra, ma piuttosto di scavare nel suo profondo, anche nei suoi ricordi più intimi e personali, per cogliere una soddisfazione interiore, pura e limpida. Da lettore mi pare di riuscire a cogliere, e ad apprezzare, tutto questo.
ottimo come sempre, complimenti.
solo lockerbie è in scozia.
Grande Mats, che nostalgia!