Io e la mia ossessione: Ivan Lendl e il “sogno” Wimbledon
Ivan Lendl ha vinto tutto il vincibile, dominato gli anni ’80 del tennis, guardato tutti gli avversari dall’alto della cima del ranking per 270 settimane (record di allora prima dell’avvento prima di Pete Sampras e poi di Roger Federer), è stato un pluri vincitore di prove Slam con 8 successi, battagliato e regolato con il suo tennis disarmante una generazione di campioni fatta dai vari Jimmy Connors, John McEnroe, Mats Wilander, Boris Becker e Stefan Edberg.
Lendl appariva ai suoi avversari come un robot in grado di disinnescare qualsiasi gioco altrui, grazie a colpi da fondocampo in grado di mescolare in maniera esplosiva lo stile classico degli attaccanti e quello innovativo dei moderni regolaristi, soprattutto con un dritto dalla potenza inaudita diverso sia da quello carico di top spin di Bjorn Borg che da quello piatto di Jimmy Connors, producendo un palleggio pressante dalla linea di fondo in grado di realizzare incredibili recuperi da posizioni spesso ritenute impossibili.
Il tennista cecoslovacco poi naturalizzato statunitense (ma riuscì anche a vincere una Coppa Davis con il suo Paese d’origine) ha avuto una carriera invidiabile, con la ciliegina sulla torta di oltre mille incontri vinti nel circuito: eppure nella gloriosa vita sportiva di un campione come Lendl può esserci una macchia, una zona d’ombra che per lui fu il non riuscire a vincere sull’erba di Wimbledon.
Ivan “il terribile” negli anni sviluppò infatti una vera e propria ossessione per ottenere il tanto agognato trionfo sul verde londinese: avrebbe rinunciato a parte dei suoi successi, avrebbe volentieri scambiato un paio delle sue affermazioni Slam per una sola vittoria a Wimbledon, rendendosi protagonista e fautore anche di scelte clamorose a livello di preparazione e programmazione, ma purtroppo quel trionfo diverse volte sfiorato non arrivò mai. Vi disputò 5 semi finali e 2 finali in 8 anni (1983-1990), incontrando sulla sua strada nell’atto conclusivo prima Bum Bum Becker nel 1986 per perdere l’anno successivo contro pronostico dallo specialista erbivoro aussie Pat Cash, al suo primo e unico acuto Slam. Un desiderio cullato, il sogno di sollevare quella coppa tanto ambita, la certezza di avere non tanto i mezzi (il suo gioco si adattava forzatamente all’erba ma non si poteva certo parlare di predisposizione innata) quanto la tenacia e la caparbietà per riuscirci: eppure quella coppa gli sfuggì di mano fino a tramutare il sogno nel più infausto degli incubi.
Il 1990 è stato un anno passato alla storia di questo sport, con Lendl assoluto protagonista in grado di dividere completamente l’opinione degli appassionati: a inizio anno conquista in Australia il suo ottavo titolo Slam, vincendo in seguito altri tornei prima di prendere una decisione che avrebbe avuto del clamoroso. Ivan Lendl, intenzionato a conquistare finalmente il torneo di Wimbledon e consapevole di essere prossimo alla fine della sua carriera, salta l’Open di Francia dove sarebbe stato uno dei tennisti da battere, al fine di preparare al meglio lo Slam londinese.
L’intento sembra raggiungibile quando dopo una preparazione mirata a consolidare anche il suo gioco a volo, conquista il torneo del Queen’s superando McEnroe in semi finale e Becker in finale: a Wimbledon però i suoi sogni di gloria vanno ancora una volta in frantumi per colpa e per mano dello svedese Stefan Edberg che lo sconfigge in semi finale. Lendl aspetterà il 1994 per dire addio al tennis e per alcuni anni sarà in grado di vincere ancora tornei relativamente importanti, ma la consapevolezza definitiva di non avere più possibilità di portare a casa quell’unico titolo Slam che gli mancava, lo fa lentamente allontanare dalla vetta del ranking, senza più squilli nei 4 tornei più importanti della stagione, abbandonando non solo il vertice della classifica ma anche quella sensazione di essere imbattibile da più parti, eccezion fatta per i verdi prati inglesi.
Un’ossessione ti irretisce, ti accarezza l’anima, sembra farti stare meglio ma sta logorando il tuo io, snaturando le tue sensazioni, talvolta amplificandole e altre volte relativizzandole, al solo fine comune di non farti osservare la realtà nella sua vera e pura essenza. Il teatro londinese è stato spesso il luogo di successi mai compiuti, di imprese mai realizzate, per alcuni tennisti che hanno fatto la storia di questo sport ma che sul verde prato hanno visto infrangersi i loro gloriosi e imperituri propositi: penso a Ken Rosewall (4 finali con la prima e l’ultima a distanza di 20 anni), ad Andy Roddick incappato contro sua maestà Roger Federer e 3 volte finalista o a Patrick Rafter (2 finali e il rimpianto Ivanisevic), tennisti che quel sogno l’hanno cullato ma che poi hanno dovuto abbandonarlo in maniera assolutamente dolorosa.
Lendl è stata una macchina da guerra sportiva, ha distrutto con i suoi colpi e la sua sicurezza le armi degli avversari, ha atteso prima di vincere un torneo dello Slam ma poi ha mantenuto una costanza di rendimento incredibile, dando l’impressione di sconfiggere i propri avversari dal punto di vista psicologico ancor prima di scendere in campo: non si possono avere rimpianti con una carriera del genere, eppure sono convinto che a distanza di più di un quarto di secolo dalle sue gesta, lui senta ancora la mancanza di Wimbledon, non capacitandosi fino in fondo di come abbia fallito, sapendo di essere un giocatore fantastico per cui tutto sembrava possibile e soprattutto non realizzando pienamente come quell’erba verde sia diventata un pantano da cui fu impossibile uscire indenni.
Alessandro Orecchio
TAG: Ivan Lendl, Lendl, Notizie dal mondo, Wimbledon
Proprio bello l’articolo. A Ivan fu attribuita la frase “DAREI IL MIO REGNO PER WIMBLEDON”, in realtà non disse proprio così.
Sull’erba costruita di oggi lo avrebbe vinto più volte senza problemi, basta vedere i nomi di alcuni vincitori nel ventennio successivo.
Lendl l’ho visto una sola volta in esibizione a Treviso..era il 1992 se ben ricordo….in Televisione era spesso antipatico …forse era arrabbiato più con se stesso che con gli avversari…ma quel giorno me lo ricordo ancora…scese in campo e si mostro’ molto educato oltre che un grande agonista.
@ Hector (#1139504)
ok 4.
bravo
la sostanza cambia di molto
Panatta e’stato n.4, non 2.
@ groucho (#1139344)
@ groucho (#1139344)
mi sembra un po presuntuoso affermare “”per tutti quelli che sanno di tennis””, connors negli anni successivi perse nettamente da lendl e non ci pensò più a dargli qul nomignolo riferito poi ad un caso particolare. Quanto a simpatie a litigiosità Connors non mi sembra che sia da esempio.
Panatta ridicolozzò un giovanissimo Lendl, per la precisione. Documentarsi magari su cosa in altre occassioni ha detto Panatta di Lendl. Se un giocatore non piace o non piaceva rimane opinione personale ma almeno riportare dati e/o riferimenti precisi.
@ groucho (#1139344)
credo che l antipatia di Lendl sia di gran lunga inferiore a quella che sai sprigionare tu 🙂
inoltre non credo che Panatta possa ridicolizzare Lendl..seppur Panatta sia stato un grande e per breve tempo n. 2 del mondo….La carriera di lendl fa impallidire quella di Panatta. quindi non dire …ate!!!
@ groucho (#1139344)
Redazione ha una sola Z. Per la serie anche la grammatica ha un’anima.
grazie redazione per aver sostituiti i puntini alla reale parola che avevo usato (era un plurale cmq)
@ groucho (#1139344)
hai rotto… con le tue critiche. credimi
@ gattone (#1139299)
d’accordo completamente
leggo con piacere che altri usano il mio nick, quindi aggiungo la mia data di nascita. è vero lendl era antipatico e la sua ossessione per wimbledon lo portò a commettere errori di programmazione. io tifavo contro…ma quanto mi manca tifare contro un campione così. per di più con l’ossessione di wimbledon. quando invece leggo spesso che per molti l’erba andrebbe ormai bandita e che hanno storto il naso una volta saputo che dall’anno prossimo c’è una settimana in più per preparare il torneo londinese. lendl non era ne terribile ne coniglio. connors era un mattacchione e voleva solo cercare di incrinare il granitico carattere di ivan. non ci riuscì.
@ groucho (#1139344)
Abbiamo capito che non ti garba ma per favore evita di commentare l’autore e se ti va commenta il pezzo.
Manchi di rispetto alle persone e la cosa e decisamente di cattivo gusto, dato che vorresti alimentare polemiche volutamente.
Per quanto io all’epoca fossi un fan sfegatato di John McEnroe, non posso non riconoscere l’enorme grandezza di un campione come Lendl che, tramite il duro lavoro, è riuscito a migliorarsi costantemente in un periodo storico in cui il tennis, oltre a essere popolato da tanti grandissimi tennisti, era iperspecializzato secondo stili di gioco ben definiti e contrapposti. Tutto il contrario di oggi dove si riesce ad eccellere in ogni superficie.
Comunque gli articoli di Orecchio non hanno mai un’anima, ormai questa è la triste conclusione a cui sono giunto. Secondo me non basta saper scrivere in un corretto italiano per scrivere bene. Comunque, fatti della Redazzione che glieli pubblica…
Per tutti quelli che sanno di tennis, Lendl non è mai stato “Ivan il Terribile” (quello era Galeazzi che se la cantava e sa suonava nel suo box RAI)) ma piuttosto “Chicken Lendl”… Il nomignolo gli fu affibbiato da Connors, e mai nomignolo fu più azzeccato. Lendl era un perfetto codardo, uno che una volta perse una partita di proposito al Master di NY per evitare una semifinale pericolosa, non ricordo chi fosse il temuto avversario. Ma mi ricordo bene che Panatta una volta lo ridicolizzò, battendo da sotto e facendo ace con una palla corta, tra le risate del pubblico… Meraviglioso!
Lendl si meritava tutta l’antipatia che sprigionava.
mi permetto di aggiungere ai bellissimi commenti letti,””cattiveria agonistica””, “”preparazione”” e “”programmazione specifica””, anche sei poi non arrivò il trofeo di wimbledon. Mi piace anche sottolineare un “”signore”” dopo la cattiveria agonistica che ci sta una vita di famiglia, di iniziative di ruuoli ricoperti tv, allenatore per un breve periodo e mai “”sopra le righe”” mai uno scandalo!!!
Complimenti, articolo bellissimo; ora mi piacerebbe un articolo simile su Stefan Edberg, unico nella storia ad aver ottenuto il grande slam junior e che poi arrivò ad un passo dal vincere il Rolando (vincendo poi negli anni a venire gli US OPEN avrebbe completato el grand slam career)….ricordo ancora il pauroso primo set (6-1 Chang)…poi il dominio totale per 2 set e mezzo…ed infine l’inspiegabile caduta che regalò la coppa al ragazzino….in precedenza soffrii così tanto solo quando vidi Lendl rimontare i 2 set a mad mac nella finale del 84.
Vero… con i campi veloci di prima Nadal alla seconda settimana non arrivava mai . di Lendl mi ricordo questa sua ossessione…a me dispiace che non vinse mai
Complimenti Alessandro, bell’articolo.
Io che ero un tifoso di Lendl ricordo con gran dispiacere tutti i tentativi di Ivan di vincere i Championships e ricordo i pomeriggi estivi incollato alla TV a tifare, ricevendo sempre delle gran delusioni (soprattutto quella finale persa con Pat Cash che non era un “signor nessuno”, ma che non era proprio tra i più acclarati campioni dell’epoca).
Di Ivan, antipatico all’inverosimile, ricordo comunque la tenacia nel cercare di perseguire ed inseguire il suo sogno.
Complimenti ancora.
PS: Vorrei segnalare che fino alla fine del secolo scorso era più marcata la differenza tra l’erba e le altre superfici, e che è molto più difficile trovare nel passato campioni che abbiano vinto tutti e 4 gli slam. Di contro, era più facile trovare “erbivori” più specializzati, come il già citato Cash, che avevano nei Championships il picco di tutta la stagione.
grande ivan, uno che aveva imparato a fare serve&volley pur di vincere contro i migliori erbivori di sempre
un esempio da cui ogni giovane dovrebbe imparare specialmente i nostrani pizza, spaghetti e terra rossa