Che ti succede Stan?

Stanislas Wawrinka classe 1985, n.4 del mondo

Gli ultimi anni tennistici sono stati terreno fertile per l’egemonia di quattro grandi campioni (Novak Djokovic, Rafael Nadal, Roger Federer e Andy Murray), i decantati Fab 4, sempre presenti e pronti a spartirsi più o meno equamente i tornei più importanti della stagione, non solo i 4 del Grande Slam ma anche le ATP Finals e i tornei Masters Series. Se c’è qualcuno però che è parso in grado di ricoprire il ruolo di valido e credibile antagonista nell’ultimo biennio, soprattutto sul cemento, è stato lo svizzero Stanislas Wawrinka.

Lo svizzero, scrollatosi di dosso il perenne paragone e confronto con il dio elvetico del tennis Roger Federer, è sembrato infatti l’unico serio candidato a mettere in dubbio la quadruplice tirrania sportiva, potendo tranquillamente ambire a risultati di rilievo e possibili exploit anche nei momenti caldi dei tornei Major: il classe ’85 è arrivato così a un passo dal battere Nole Djokovic sia agli Australian Open del 2013 e soprattutto nella semi finale dello stesso anno a New York. Partite epocali e impresse nella memoria di tutti gli amanti del tennis e che sembravano però rimarcare l’incapacità di battere uno di questi top 4 nel momento davvero topico.

A un passo dalla gloria ma pur sempre sconfitto. E invece…
Australian Open del 2014: l’avversario nei quarti di finale è sempre il serbo Djokovic e finalmente l’incantesimo si spezza. Altra partita epocale e vittoria 9/7 al quinto. Una dose pazzesca di fiducia acquisita e altri 2 capolavori prima in semi finale contro Berdych e poi contro lo spagnolo numero 1 del ranking Nadal in finale (a dire il vero in quella partita semi infortunato): primo trofeo Slam e la consapevolezza di poter essere davvero grande.

Così i numeri cominciavano a mettere in mostra un’alternativa valida ai 4 più forti e sebbene i confronti diretti con i più forti avessero un saldo sempre in negativo (contro Djokovic un head2head di 15 sconfitte e 3 vittorie, contro Nadal finalmente la 1a vittoria in Australia dopo 12 sconfitte, contro il più famoso connazionale Federer 2 vittorie e 14 sconfitte e per finire lo scozzese Murray, l’unico con cui i numeri non erano impietosi con 6 vittorie e “solo” 8 sconfitte), dopo Melbourne Stan Wawrinka, che aveva anche cambiato nome da Stanislas, divenuto il nuovo numero 3 del mondo e primo svizzero del ranking, non si faceva più apprezzare solo per giocare uno dei più bei rovesci del circuito. Era finalmente sbocciato e divenuto un campionissimo. Così come quegli altri 4. E invece…

Un crollo di motivazioni. Un fisico che di colpo sembra appesantirsi nuovamente (i chili in eccesso sono sempre stati fonte di chiacchiere spesso inopportune). Partite perse anche con giocatori decisamente di livello più basso. L’incapacità di ritrovarsi. Il dubbio, che andando avanti diveniva certezza, di aver raggiunto il proprio picco sportivo per cominciare lentamente una pericolosa discesa, senza possibilità di ritornare in vetta.

Cosa è successo nella testa dello svizzero? Perché improvvisamente ha perso quella condizione magica e quei colpi così distruttivi che si portava dietro da un po’ di tempo e che lo avevano condotto in cima a uno Slam? Possibile che dopo la vittoria australiana Wawrinka si sia smarrito, come se avesse staccato la spina, ritrovando la voglia di giocare e far male col suo tennis solo in un altro breve sprazzo di stagione con la 1a vittoria in un Masters Series a Montecarlo proprio contro Federer?

Stan in una recente intervista con molta obiettività ha definito il periodo post Melbourne come una sbornia: “Nei match che ho perso mi sono sentito come a dire: ‘Va bene anche se perdo, ho vinto uno Slam’. Non mi dispiacevo troppo, avevo un po’ perso la testa. Sapevo che il modo in cui affrontavo le partite non andava bene” – e ancora – “Dopo Miami abbiamo resettato tutto. Non ero affatto contento di come giocavo, né di come approcciavo mentalmente le partite. Così ho parlato col mio staff riguardo al programma, agli obiettivi, a cosa volevo e dove volevo arrivare. Montecarlo ha avuto tante cose in comune con l’Australian Open, e in più ho battuto Federer. Per me è sempre molto difficile giocare contro di lui, quella finale è stata davvero speciale”. Perlomeno un’analisi lucida, diretta ma ciò che è successo nel prosieguo della stagione non ha visto grandi cambiamenti.

Forse ciò che manca a Wawrinka per definirsi un campionissimo al pari di altri illustri colleghi è proprio l’incapacità di abituarsi ai grandi successi, di saper gestire la pressione successiva a una grande vittoria o le critiche dopo una sconfitta bruciante. Gli altri hanno un tempo di ripresa differente e se un top player si rivela non solo per il gioco espresso in campo ma anche per il suo equilibrio fondamentale nella gestione di una stagione davvero lunga, ecco cosa appare mancare nell’universo del valido Stan. Per il bene del circuito speriamo si ritrovi ad altissimi livelli nel prossimo Slam della stagione, quell’ultimo Slam in cui già in passato si è reso protagonista di grandissimi colpi ed epiche battaglie.

Alessandro Orecchio