Goodbye Andy. Provaci ancora Nick. Wimbledon. Day 9

Nick Kyrgios classe 1995, al momento al n.66 ATP

Nona giornata di gare a Wimbledon e i due tabelloni di singolare si allineano alle semifinali, fra sorprese, mancate conferme e giovani talenti che sembrano definitivamente maturare, raggiungendo il loro miglior tennis.

Nel torneo maschile si sono giocati i quattro quarti di finale: a regalare la sorpresa è stato il bulgaro Grigor Dimitrov (tds n°11) che ha mandato in frantumi i sogni di un Paese intero sconfiggendo l’idolo locale, nonché il defending champion, Andy Murray (tds n°3). Sulla carta doveva essere una battaglia di puro spettacolo, grazie alla dose di talento cristallino apportato dal giovane bulgaro contro l’assoluta confidenza nei propri mezzi dimostrata fino a quel momento nel torneo dal tennista di casa. Purtroppo le aspettative sono state disilluse, con Dimitrov che ha letteralmente annichilito la resistenza del campione in carica: 3 set a zero, con solamente il secondo parziale vinto al tie break e gli altri due portati a casa in maniera inaspettatamente semplice.

Non c’è stata partita, Dimitrov è stato perfetto nella gestione delle sue energie, ha saputo accelerare nel momento in cui era necessario per non far rientrare nel match l’avversario (ovviamente il secondo set), sfoderando una sicurezza che più volte in passato gli era mancata nelle prove in cui invece avrebbe dovuto confermare la crescita che stava vivendo, inanellando sconfitte preoccupanti all’indomani di exploit considerevoli. Oggi ha fatto valere la sua freschezza e l’esplosività nei colpi, mentre Murray è parso in leggera regressione, rivelando uno stato di forma psico fisica che è sembrato risentire ancora del lungo stop a cui si è dovuto sottoporre causa infortunio.

In semi finale Dimitrov incontrerà la testa di serie numero 1 del torneo: Novak Djokovic ha faticato per 3 set contro il croato Marin Cilic (tds n°26), prima di regolarlo (causa anche flessione dell’avversario) nel quarto e nel quinto parziale con un doppio 6/2. Cilic è parso un giocatore ritrovato ma con questo odierno ha perso il decimo head2head contro il serbo. Sensazioni contrastanti invece quelle ricavate dall’incontro riguardo Nole: in un torneo in cui i “grandi vecchi” avvertono il fiato sul collo dei “nuovi”, ha superato il primo vero banco di prova, giungendo alla sua ennesima semi finale Slam, con la speranza che possa invertire la tendenza negativa nelle finali. Dovrà fare molto di più, né contro il bulgaro Dimitrov né contro l’eventuale avversario in finale potrà permettersi cali di tensione o passaggi a vuoto, dovendo ricavare dal proprio gioco il meglio possibile.

Nel derby svizzero Roger Federer (tds n°4) ha battuto Stanislaw Wawrinka (tds n°5): ci si aspettava molto di più anche da questa partita in termini di spettacolo, ma dopo un primo set vinto con merito da “Stan the man”, Federer non ha faticato particolarmente nei parziali successivi. Wawrinka è parso stanco, a tratti indolente, incapace di fare male con le sue armi migliori, il rovescio in primis, rassegnato a una sconfitta che era preventivabile ma che ha finito per colpire soprattutto per la rapidità con cui si è verificata. Ma perlomeno è stato bello rivederlo vicino a standard che maggiormente gli competono, come quelli raggiunti ovviamente a Melbourne o nel master 1000 di Madrid.

Federer in semi finale incontrerà Milos Raonic (tds n°8): il bombardiere canadese (anche oggi per lui 39 aces) ha spento le velleità di Nick Kyrgios, forse appagato dalla logorante partita contro Rafa Nadal. Il giovane aussie non è riuscito a ripetere la magnifica prestazione di ieri, soprattutto a servizio dove era parso in giocabile contro il numero 1 del mondo. Raonic di par suo ha dimostrato ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, gli evidenti miglioramenti dell’ultimo anno: è impressionante il ritmo che tiene nei turni di battuta e in più è anche in grado di far male in risposta breakkando spesso l’avversario. Non incarna il giocatore tutto servizio: Raonic è di più. Complimenti a Kyrgios, vera sorpresa di questo Wimbledon ed esploso a grandissimi livelli: se non si perderà strada facendo e manterrà questi picchi (non prenda esempio dal connazionale Tomic), sarà difficile non ritrovarlo nei grandi tornei e nei momenti che contano.

Nel tabellone femminile si sono giocati i due ultimi quarti di finale: la rumena Simona Halep (tds n°3) è andata sotto 4/1 contro Sabine Liscki (tds n°19) prima di piazzare 11 game consecutivi chiudendo addirittura sotto l’ora di gioco. Dopo la partita di oggi il dilemma è: troppi i demeriti della tedesca o i meriti della Halep? La risposta probabilmente è una particolare via di mezzo: la Lisicki è stata troppo fallosa e all’improvviso è realmente uscita dal match ma la Halep ha giocato in maniera solida e centrata, affermando ancora una volta una crescita che in un anno ha avuto un livello esponenziale e dimostrandosi matura per la sua prima affermazione Slam. Fra lei e la finale, la seconda consecutiva dopo quella parigina del Roland Garros, la canadese Eugenie Bouchard: la testa di serie numero 13 ha sconfitto nettamente Angelique Kerber (tds n°9), apparsa decisamente svuotata dopo la maratona di ieri contro la russa Sharapova. Per la Bouchard un traguardo importante: terza semi finale Slam consecutiva e la certezza di essere, già adesso, la giocatrice canadese con la miglior classifica della storia, avendo eguagliato il best ranking della Basset. La semi finale contro la Halep appare incerta, ma il pronostico pende leggermente dalla parte della rumena.

Nel doppio le nostre Chichis hanno sconfitto (in rimonta nel 1° set) la coppia Aoyama/Voracova: l’occasione adesso è ghiotta per raggiungere il loro Career Slam, vista anche la contemporanea uscita di scena delle attuali numero 1 della specialità Peng/Hsieh e il ritiro prematuro delle sorelle Williams. Nei prossimi quarti di finale la coppia australiana Dellacqua/Barthy: un impegno probante, ma se le tenniste nostrane innalzeranno ancora il livello di gioco avvicinandosi al loro massimo, potranno sicuramente arrivare a un ulteriore passo dal sogno.

Alessandro Orecchio