Spacca Palle: Tornei ATP/WTA in Italia, alla ricerca dell’imprenditorialità perduta
Dopo tanta terra rossa (e un bel carico di noia accumulata negli ultimi giorni del Roland Garros maschile…) il colore dominante nel tennis diventa il verde. Lo choc cromatico delle ore 12 del lunedì post-Parigi si materializza su Supertennis, quando il nostro Andy Seppi calca per primo l’erbetta vergine del Gerry Weber stadium, seguito all’una e trenta dalla storia del Queen’s in Londra su Eurosport. Uno choc non solo visivo, ma che coinvolge tutti i sensi del vero appassionato: la vista dei campi, il suono più soffice della palla, quasi ovattato mentre scivola veloce sull’erba freschissima; l’odore di erba che quasi esce dalla tv per il desiderio irrefrenabile di esser lì e magari accarezzare quella meraviglia della natura. Il gusto? Beh, con Wimbledon alle porte e la canicola di questi giorni, per accompagnare i match magari ci si prepara una bella coppa di fragole con panna, certamente più economica di quella salatissima dei Championships…
Primi tornei in preparazione a Wimbledon e prime sensazioni, come vedere il talentino Thiem in grande difficoltà di adattamento all’ABC del tennis sui prati, ed un Gulbis di nuovo perso in tutt’altre faccende extra tennistiche. Fa sensazione anche una notizia che arriva dal nulla, giusto a tema “erba”: a Maiorca andrà in scena dal 2016 un WTA International a metà giugno… su erba naturale! Sarà costruito un impianto che poi fungerà da accademia, addirittura con l’aiuto dei Mastri giardinieri di Wimbledon. Scelta a dir poco bizzarra, per alcuni azzardata. Portare il gene del tennis primitivo proprio nella patria dei più grandi terraioli moderni, quelli che a furia di fisici irreali e toppate assassine stanno attentando non solo a tutti i record dell’era moderna ma anche a rivoluzionare (per sempre?) i canoni tecnici ed agonistici del gioco. No, c’è qualcosa che non torna.
Se chiedevi agli storici giardinieri del Lawn England Tennis Club il segreto per fare il miglior campo in erba, la loro risposta in pieno stile british era “Niente di più semplice: lavoro, attenzione, qualche secolo di pioggia ed un buon rullo, da usare ogni giorno…”. Che gli iberici possano lavorare bene e con enorme dedizione è matematico; sul secolo di pioggia in quel delle Baleari un tantino di meno. Eppure si farà. E conoscendo l’imprenditorialità iberica sono pronto a scommettere che si farà anche parecchio bene.
Imprenditorialità. Questa la parola chiave. La molla che ha fatto scattare un’idea, forse folle ma poi a pensarci nemmeno così tanto. E’ il segno evidente della voglia di esserci, di sfruttare un’opportunità che si è venuta a creare dallo spostamento di Wimbledon una settimana in avanti rispetto al solito, con un piccolo buco nel calendario. Bravi gli spagnoli a inserirsi e copiare i tedeschi, che già hanno Halle e avranno Stoccarda su erba.
Tennis su erba in Spagna, proprio sull’isola di Nadal. Facile ipotizzare che il n.1 sarà il testimonial a lancio del tutto, magari pure coinvolto a livello organizzativo, chissà. Una settimana ideale per passare una vacanza sulle spiagge stupende dell’isola, appena finite la scuole. Ancor più facile pensare ad un traino economico-vacanziero-turistico importante, con orde di nordici che avranno nel torneo uno stimolo ancor più interessante per scegliere Maiorca come meta di quella settimana. Ecco la molla del business, e dell’imprenditorialità. Un po’ come a Dubai, torneo in cui sugli spalti di pubblico indigeno se ne avvista ben poco (eccetto sparuti gruppetti vip di emiri con codazzi al seguito), ma di turisti internazionali se ne trovano eccome.
Aspettando con curiosità l’arrivo di questo futuro evento WTA, che magari vedrà come stella la giovane Muguruza che pare parecchio attrezzata per il tennis su erba, la prima riflessione che ho fatto a caldo una volta appresa la notizia è stata: ma da noi sarebbe stato proprio impossibile? Perché ci siamo fatti scappare l’opportunità, se c’era in giro (e sicuramente c’era) la voce di un possibile buco in calendario? I numeri straordinari degli Internazionali non fanno pensare che in Italia ci sia vera fame di tennis, e quindi spazio per un nuovo torneo ATP e/o WTA?
Non è facile avere una data, ma il mondo del tennis non è del tutto paralizzato, qualcosa si muove. Nel recente passato alcuni tornei internazionali sono stati cancellati (negli USA, il torneo dei Djokovic a Belgrado, ecc), altri sono sorti o risorti (Bucarest, Nizza); altri si dice che non navigano in buone acque (Open del Portogallo, Metz, San Pietroburgo o Katowice nel femminile); altri sono sorti come funghi in calendario ma privi di senso logico (come il torneo del prossimo luglio a Bogotà in Colombia sul cemento, lontano da quello USA e anche dalla terra in Europa). Il calendario del tennis internazionale è un coacervo allucinante, frutto del compromesso del compromesso tra decine di interessi, grandi e contrastanti. Ne ho parlato più volte diffusamente, e non è questo il momento di tirar fuori di nuovo l’ascia di guerra sul calendario stagionale. Piuttosto può essere il momento di parlare di nuovo di Italia, e di come da anni ormai nessuno provi veramente a riportare un torneo ATP o WTA nel nostro paese. Delle opportunità ci sono state, concrete. Voci nel recente passato avevano parlato di Torino, poi di nuovo di Milano, anche di Napoli. Niente si è poi concretizzato. E resta aperta la questione del torneo di WTA di Palermo, “affittato” a Kuala Lumpur per tre anni con opzione per i successivi tre. Voci e speranze, prontamente disilluse. La realtà parla chiaro: oggi in Italia abbiamo solo la stupenda settimana del Foro Italico al massimo livello. Per quanto gli Internazionali siano molto cresciuti e ci sia la reale volontà di trasformare il torneo in evento di 10 giorni sulla falsa riga di Indian Wells e Miami, questa resterà una parentesi troppo breve per saziare la voglia di tennis dell’appassionato italico; che infatti spesso prende l’iniziativa e si sposta nei vicini tornei di Monte Carlo, Umag, Vienna, Basilea, Marsiglia e via dicendo.
Non solo ATP. Il calendario dei Challenger in Italia è ricco: quest’anno ben 16 eventi se li ho contati bene, da Bergamo lo scorso febbraio fino a Biella il prossimo settembre (e molti sono anche gli ITF femminili). Sono realtà spesso molto radicate nel territorio, ottimamente organizzate e che riescono a proporre eventi nemmeno così piccoli e davvero notevoli per gli appassionati, alla scoperta delle nostre “seconde linee” e di giovani pronti a provare la scalata. Però per quanto io stesso adori il panorama dei Challenger, il livello ATP (e WTA) è superiore. Senza contare che qualche torneo ATP in più in Italia sarebbe anche un traino fondamentale per la crescita del nostro movimento, sia a livello tecnico che di interesse generale. Se penso a quando in Italia esistevano un sacco di tornei ATP, persi uno dopo l’altro, la malinconia sale oltre il livello di guardia. Milano, Firenze, Genova, Saint Vincent, Bologna, Bari, Napoli, Venezia, Catania, Treviso, Ferrara, Palermo, Ancona, Sanremo… Forse ne dimentico qualcuno. Quanti ricordi, e quante storie.
Nel 1982 abbiamo toccato il top con 8 tornei ATP (Roma, Milano, Firenze, Genova, Palermo, Napoli, Venezia ed Ancona); dal 1986 al 1993 abbiamo organizzato 6 o 7 eventi a stagione. Dal 1978 al 1997 almeno 4 tornei all’anno, fino al crollo del 2000 (solo Roma e Palermo). Il nuovo torneo ATP di Milano ha retto dal 2001 al 2005, per un totale di 3 eventi; perso Milano, nel 2006 s’è disputata l’ultima edizione di Palermo. Dal 2007 solo gli Internazionali salvano l’Italia nel calendario ATP. Non va molto meglio tra le donne, con Palermo che ha resistito appena qualche stagione in più.
Dove sta il problema? Facile: nei soldi. Alcuni manager nel mondo del tennis affermano convinti che diversi tornei internazionali in calendario (ATP 250 e WTA International) sarebbero ben disposti ad affittare – attenzione: affittare, non vedere – i diritti di una data in calendario; ma per meno di 1 milione di dollari non se ne parla. Un torneo ATP con il monte premi minimo di circa 450mila dollari costa agli organizzatori poco meno di 2 milioni, tutto incluso. Non sono inclusi eventuali ingaggi ai top player… a volte indispensabili per muovere l’interesse, più degli sponsor che del pubblico. Sommando il tutto, viene fuori una cifra notevole. Qualcosa di meno per un WTA, ma nemmeno troppo. Numeri che solo attraverso un progetto di business pluriennale e molto ben strutturato sarebbe possibile sostenere. Il tutto è ipotizzabile solo in una piazza abbastanza grande da poter garantire un certo ritorno di pubblico e sponsor, ed in Italia è facile pensare a Milano, Torino, Napoli. Forse Genova. Oltre alla volontà di qualche club, determinante sarebbe la collaborazione del mondo dell’impresa, con qualche brand importante che voglia ottenere visibilità attraverso il mondo della racchetta, un po’ come fa Armani con il basket tanto per intenderci. In passato infatti quando il Gran Prix aveva in Italia moltissimi eventi (secondo solo agli USA in alcuni anni per numero di tornei ATP), il mini-circuito italiano era sostenuto da importanti sponsor (produttori di auto e abbigliamento sportivo, che a cavallo tra anni 80 e 90 vedeva l’Italia nazione leader del settore) che investivano in tutti i tornei nazionali, creando importanti economia di scala e sinergie a livello promozionale. Oggi trovare uno sponsor del genere è assai più complesso, anche perché negli uomini di marketing persiste una sottostima della crescente passione dell’italiano per il tennis, in deciso aumento dopo troppi anni di calo; un calo che nel recente passato aveva incrinato l’immagine del settore tennis come appetibile per i marchi non di settore.
Ma è ancor più complicato trovare la giusta imprenditorialità, un gruppo di persone che credono nel tennis non solo come sport ma come possibile veicolo per le proprie attività industriali o commerciali. Questa è forse la più grave carenza, solo in parte addebitabile alla crisi. Infatti la Spagna ha vissuto una crisi ancor più severa della nostra, ma forse nonostante la difficoltà economica c’è una imprenditoria più aggressiva, o più lungimirante, o che soffre di meno vincoli e burocrazia rispetto alla nostra. C’è più voglia di rischiare, di provare ad inventare lavoro (e soldi) scommettendo sulla creazione di nuovi eventi. Non è forse un caso che il paese delle corride da qualche anno abbia superato l’Italia come meta turistica internazionale, nonostante non ci sia paragone tra il patrimonio artistico e naturale del Belpaese rispetto a quello iberico. Prezzi più aggressivi, offerte stagionali, accoglienza migliore ed investimenti nella qualità spiegano in buona sintesi il sorpasso ai danni dell’Italia nel settore turismo. Fatto per noi gravissimo.
Magari in futuro riparlerò del passato dei tornei italiani scomparsi. Era un piccolo universo colorito, forse irripetibile, animato da decine di aneddoti curiosi e storie da ricordare; un’eredità che purtroppo si è persa e che sarà quasi impossibile rivivere in un mondo così globalizzato e con i capitali forti che adesso risiedono altrove. Tornando all’oggi e al torneo su erba che nascerà a Maiorca, spiace constatare che questa non sia stata nemmeno un’occasione persa per l’Italia, perché nessuno ci ha proprio pensato a “prendere” una data che era nuova, e quindi possibile. E’ un altro piccolo segnale di un paese che non sa più scommettere su se stesso, sulla propria capacità di fare e di realizzare una visione, quando invece molti dei miracoli che abbiamo realizzato nella nostra storia sono proprio dovuti a imprenditori coraggiosi, “visionari” che con coraggio e creatività sono riusciti a costruire delle meraviglie che tutto il mondo ci invidia.
Marco Mazzoni
TAG: ATP, Challenger, Marco Mazzoni, organizzazione, Spacca Palle, tornei, tornei ATP in Italia, WTA, WTA erba Maiorca
Tanti a sputare sulla terra rossa. Chissà perché poi. Ricordatevi che è sul mattone tritato che si impara a giocare, chiedetelo a qualunque allenatore. Da noi c’è il progetto “campi veloci”. Bene, qualche campo in cemento in più va anche bene, ma riflettete sul fatto che negli USA, in crisi NERA nonostante la USTA non abbi certo problemi di soldi e/o organizzazione, sta facendo il percorso inverso.
Per quanto riguarda gli ATP250 che non dovrebbero interessare a nessuno: MA PER FAVORE! Avete mai visto dal vivo qualche torneo? Dal vivo i tornei di tennis sono bellissimi, e se pensate che debbano giocare solo i top 10 siete folli. Io vado sempre a vedere Umago e qualche challenger della zona, il livello è altissimo e non è nemmeno troppo raro trovare giovani emergenti e campioni di domani (l’anno scorso Thiem, impressionante, e Carreno Busta ai Challenger, qualche anno fa uno sconosciuto Novak Djokovic a Umago) o qualche ex top 15-20 rientrante.
@ groucho (#1094219)
…savonarola o robespierre ti fanno un baffo come rivoluzionari 🙂
non è una idea da buttare, ma per fare una rivoluzione del genere servirebbe un vero esercito… 🙂
@ kenny (#1093875)
Questa storia della scommessa di Gulbis é molto romanzata, ma ammettiamo anche che sia vera… non so se ti hanno informato che Gulbis é lettone, che gli frega a lui del torneo fenmminile di Palermo? Se proprio volesse spendere dei soldi per il tennis mi viene facile pensare che organizzerebbe un torneo in lettonia…
Uno splendido articolo, che fa percepire quanto amore per questo sport, e quanto per questo nostro paese tradito, alberga nel cuore dell’autore.
Personalmente credo che i tornei ATP250 e ATP500 (e forse anche qualche ATP1000) siano però anacronistici. E’ come se nel circuito della formula 1 ci fossero dei gran premi minori a cui le Ferrari o le Mercedes o le Red Bull non partecipano. Secondo me questo gebere di tornei se li possono permettere solo i Paesi dove ci sono espressioni agonistiche medie di alto livello (quindi almeno 10-15 top100, per favorire l’interesse locale del pubblico) combinate con una tradizione tennistica consolidata e un’economia comunque solida. E quindi Spagna e Francia. Oppure laddove ci siano paesi emergenti e imprenditori disposti a rischiare molto (dunque i paesi asiatici, arabi, la Russia, forse il Brasile) in cui la “fame” di tennis e i ritorni di immagine siano fortissimi). Solo nei paesi di questi due tipi (o altre eccezioni tipo la Germania e qualche altro caso anomalo) ha ancora senso organizzare un ATP250 o ATP500.
L’Italia non fa parte né del primo né del secondo gruppo, e dunque la dura realtà è che nel circuito ATP ci resta solo Roma, e spero ci possa restare a lungo ma purtroppo non ne sono tanto sicuro. Ammettiamo anche che Genova e Milano si consorzino per avere un torneo di questo tipo, ospitando una città la parte alta del tabellone e l’altra la parte bassa, con la finale alternata un anno di qua e un anno di là. Siamo certi che possano reggere il colpo? Non ne sono tanto sicuro. E non mi pare che si possa sperare che Milano ce la possa fare da sola.
La domanda vera, per me, è: “A chi intessano/servono gli ATP di fascia bassa?” Al grande pubblico? Non mi pare. Agli appassionati/malati veri di tennis? Forse, appena un po’. Agli imprenditori che oltre a farsi pubblicità possono frodare il fisco con false spoorizzazoini? Purtroppo non ci sono più questi soggetti.
E allora? Noi perché vogliamo questi tornei? La mia risposta è: perché non riusciamo a pensare a nulla di meglio, perché ragioniamo come i vecchi elefanti dell’ATP e dell’ITP desiderano che noi ragioniamo. Sognare un ATP proprio, italico, ma poi appassionarsi veramente solo agli SLAM.
Allora la mia proposta, quella che mi viene in mente da ormai un annosarebbe rivoluzianaria, ma ho capito che non la capiscono nemmeno gli appassionati veri, che ormai sono plagiati dall’ATP e dall’ITF pensiero.
L’ho già scritta e riscritta su questo forum, ma nessuno l’ha mai capita veramente. Per me il futuro del tennis è glocal, intendento un mix di global vero e di local molto forte.
Per global, 10 eventi per il grande pubblico (i 4 slam + 1 slam in Cina, + 4 mini-slam o master nei 4 continenti a giro nelle maggiori città, tutti tornei rigorosamente a 64 giocatori e 3 su 5 + 1 evento speciale “finale” chiamato supermaster unico torneo a 128 giocatori). Via gli ATP1000, 500, 250. Infine un campionato del mondo, individuale e a squadre, ogni quattro anni negli anni parÍ non olimpici. E naturalmente le olimpiadi. Pinfine Coppa Davis concentrata in due settimane nella stessa località. Punteggi ATP che durano due anni, l’ultimo a punteggio pieno, il penultimo a punteggio dimezzato.
Per local, tornei challenger con ammissione fino a 25 anni di età, con montepremi minimo di 50 mila, da organizzarsi nei paesi che lo desiderano ma solo 1 evento a settimana, quindi 40 tornei l’anno non di più. Vietare le scommesse sportive su questi tornei (basta non vendere i diritti). Via i Future. Inoltre, serie A vere e forti nei singoli paesi, nelle grandi città, manifestazioni in cui sono tesserabili anche i grandi campioni internazionali, con obbligo per essi di disputare almeno 4 giornate di campionato (pena perdita punti ATP). Inoltre punti ATP che si assegnano anche in queste occasioni. Allora avrebbe senso la serie A, avvicinerebbe i giovani spettatori al tennis, che potrebbero ammirare i campioni una volta l’anno dal vero nelle grandi città.
Ecco, l’ho detta di nuovo e non verrà capita.
Pazienza.
Chi non si piange addosso se ne va 🙂
Ci sono cose contro cui puoi lottare. E ci sono altre che non puoi cambiare… distinguere tra le due cose è niente altro che saggezza 🙂
@ kenny (#1093875)
kenny (Guest) 12-06-2014 17:16…..Io non mi piango addosso, anzi, ma se i soldi finiscon o non ci sono c’è poco da fare. Faccio invece una domanda: perchè il signor Gulbis, invece di buttare via i soldi al casinò, non li ha invece investiti in qualche torneo italiano (magari poteva salvare Palermo?) Cordialmente
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1)E basta con questa storia.
La gazzetta dello sport(chiamata anche la rosa) l’11/06 titolava l’articolo così:Gulbis si brucia al casinò la vincita del Roland Garros.
L’articolo poi così proseguiva…Il lettone,dopo la semifinale contro Djokovic,racconta d’aver perso al casinò tutta la vincita in una sola puntata: 412.000 euro.
Ad un giornalista indiscreto(che pensava di avere il diritto di chiedere a Gulbis dove mette i soldi vinti?) Gulbis ha risposto con una bugia grossa come la Lettonia.
Il giornalista,come ormai fan tutti,ha dato la notizia senza controllare.L’avesse fatto avrebbe scoperto che in tutti i casinò viene fissata una puntata minima ed una massima.La massima non supera quasi mai i 15.000 euro e quando la supera arriva a 20.000 euro.
Quindi,che Gulbis si sia giocato tutto in sola puntata non può essere vero.
@
2)Se i palermitani non han voluto salvare il torneo di Palermo perchè pretendere che lo faccia Gulbis?
Il discorso è molto semplice, se per vedere qualche top 20 c’è da spendere 3-4 milioni è preferibile accontentarsi di vedere qualche top 100 ma spendendo meno di un decimo a mio parere.
Poi se un imprenditore vuole farsi un regalo e buttare via i soldi è un altro discorso. Ma la sostenibilità economica è un conto i sogni un altro.
Bellissimo articolo. Complinenti
Io non mi piango addosso, anzi, ma se i soldi finiscon o non ci sono c’è poco da fare. Faccio invece una domanda: perchè il signor Gulbis, invece di buttare via i soldi al casinò, non li ha invece investiti in qualche torneo italiano (magari poteva salvare Palermo? Cordialmente 🙂
Al posto di Maiorca, Sardegna …
a prima vista sembrerebbe strano esempio che in una città così ricca come Milano non si riesca a organizzare un 250, per non dire un 500.
il mio parere è che in italia gli sponsor non ci guadagnano dal tennis perché è visto dalla gente come uno sport di elite e non come sport popolare.
per mettere su un 500 fatto come si deve, bisogna trovare uno o più imprenditori che vogliano investire 3-4 milioni di euro (strutture permettendo) e ammesso e non concesso che si troviano, non avranno mai un gran ritorno se venissero gasquet, anderson o robredo.
molto è anche dato dal fatto che non abbiamo tennisti in grado di competere negli slam o nei masters, per cui la gente non si appassiona più di tanto: basti pensare a quanto era più seguito il tennis all’epoca dei pietrangeli e dei panatta (all’epoca la concorrenza del calcio e dell’ippica erano agguerritissime)
insomma vedo poche speranze per un altro torneo da noi..continueremo ad andare avanti con gli internazionali grazie alla banca e a supertennis 😥
Riguardo la considerazione di kenny,l’unica soluzione per me,sarebbe di azzerare l’attuale classe politica(compresa la politica locale) marcia e corrotta,e mettere al posto di questa gentaglia,invece gente competente ed onesta.Ma per un Paese come il nostro è utopia,temo,e forse lo sarebbe di meno se l’elettorato fosse responsabile e incorruttibile,ma non mi sembra il caso del popolo italiano,purtroppo.Finchè la mentalità imperante è salvaguardare il proprio orticello,anzichè collaborare insieme per rendere l’Italia un Paese migliore,e farlo tornare competitivo in tanti campi,compreso quello imprenditoriale e sportivo,come ai tempi del boom economico,la vedo dura.
questo articolo rispecchia ciò che penso io, per me un atp 250 farebbe bene all’Italia e non credo come dice qualcuno che gli spalti sarebbero vuoti, Roma è la dimostrazione della fame di tennis che c’è… possibile che dobbiamo avere un torneo super top e poi il vuoto? neanche il problema dei giocatori vedrei in Italia in molti ci vengono volentieri e poi avremmo sicuramente Fognini,Seppi e i giovani italiani promettenti magari con WC come Quinzi ed altri che attirerebbero i tifosi
Tra il serio ed il faceto, proposi di trasformare l’isola di Venezia venduta per 300000 euro poche settimane fa, in un club, su erba, ove organizzare un torneo Atp. Naturalmente coi vincoli delle sovrintendenze (va a rotoli tutto, vedi Pompei, ma non si può far nulla che permetta di rendere i luoghi remunerativi e dunque capaci di automantenersi) l’ipotesi era fantascientifica. ma, all’estero, non sarebbe così.
Tutto vero. Ma continuare a piangersi addosso serve a qualcosa? Non parlo di tennis, ma in generale…
Hai centrato il nocciolo del problema, che riguarda non solo lo sport in Italia, ma l’arte, l’agricoltura, il turismo, l’industria e l’economia in generale. Qui è impossibile avere intenti imprenditoriali.
@ Kriss69forever (#1093712)
ciao Kris,
guarda tutto quello che può aiutare ad aumentare il giro & interesse sui tornei ITA è ben accetto, e la tua idea di una sorta di mini-tour o consorzio è interessante. Ma non nuova. Negli anni 80 infatti c’era una sorta di piccolo circuito sponsorizzato da una casa auto francese, che infatti aveva quell’intento dal punto di vista commerciale-promozionale (e credo anche dei premi, ma non ne sono sicuro), come infatti ho scritto nel pezzo.
Non so dirti se per una cosa “ufficiale” tipo la US Series serva altro, il benestare l’ATP, ecc. So che i vari ITF in Italia in qualche modo tra loro si sostengono, ma non sono abbastanza informato per spiegare come nel dettaglio.
Ripeto l’adagio del pezzo: mi piacerebbe vedere uno spirito imprenditoriale diverso, più aggressivo, per provare a ripartire.
saluti
“o che soffre di meno vincoli rispetto alla nostra”.
Secondo me la chiave sta tutta qui.
è che in un ambiente economico con una tassazione semplicemente mostruosa, un debito pubblico insostenibile, una burocrazia che frena qualsiasi idea sulla base di presunte “carenze di sicurezza”, una situazione normativa che cambia di ogni ora causando incertezza totale per gli operatori economici… Beh, in queste situazioni è difficile operare.
E sta diventando difficile anche per i piccoli club, per quelle associazioni sportive che costiuiscono la linfa vitale del mondo del tennis.
Fai bene a ricordare la necessità di riportare il grande tennis in italia ma secondo me, ascoltando anche i racconti colmi di rabbia e tristezza dei gestori, qui si rischia di perdere, progressivamente, tutto il tennis.
Scusate ma è deformazione professionale, quella di intervenire nei post “economici” 🙂
UN caro saluto
il solito Mazzoni: solo lui ne capisce, solo lui sa come si dovrebbe fare, solo lui ha le soluzioni…. Ma allora invece di chiaccherare ci metta i soldi di tasca sua o eviti questi discorsi pieni di melassa e retorica.
Caro Marco
Oggi ho tempo da perdere – così ti sto col fiato sul collo 😉
Concordo con lo stato di assenza del grande tennis in Italia, e purtroppo anche con chi spiega che chi “fa impresa” ci guadagna solo di essere spolpato in anticipo da una serie infinita di loschi soggetti (fisco, politici locali, federazioni, etc.).
Mi chiedo: visto che la media impresa da 2-3 milioni è impossibile, non dovremmo piuttosto cercare di introdurre nel tennis dei “circuiti secondari”?
Riunire una serie di tornei, Atp/Challenger o Wta/Itf >25000, in circuiti con premi e classifica, permetterebbe a sponsor più grandi di interessarsi, agli eventi di legarsi fra loro, ai giocatori di concorrere per premi più elevati, soprattutto I famosi no. 200-300 in classifica.
Pensiamo ad ex ad un “campionato del mediterraneo”, ove includere Nizza, Napoli, e simili.
Credo che questo esista oggi solo negli USA, con I tornei NordAmericani.
Attenzione al Forte Village di Pula che dopo i tre mesi consecutivi di futures vuole piano piano arrivare ai Challanger e poi ai 250 tra un paio d’anni
L’italia è per tradizione il paese della terra rossa, e deve puntare su quello. ( ricordo a tutti l’episodio della spagna con la terra blu di madrid !!). l’erba deve rimanere un fenomeno dei paesi del nord dove piove e dove si possono fare ottimi campi in erba. Un secondo atp in italia è sacrosanto invece, e dovrebbe coincidere con la ripresa della stagione sul rosso nel mese di settembre ( un progetto sostenuto dagli stessi giocatori…). Un bel 250 a genova, napoli o palermo, certo bisogna investire, ma gli introiti degli internazionali lasciano ben sperare. Roma è diventato un mini slam… sono vent’anni che vedo gli internazionali e quest’anno sono stato a roland garros… la strada tracciata dalla federtennis è quella giusta… ora bisogna aprirne altre, ma guai a lasciare la tradizionale terra rossa italiana…
@ Marco Mazzoni (#1093680)
Sognare è un conto ma allora decade il discorso sulla sostenibiltà economica dell’investimento. Anche a me piacerebbe avere un ATP 500 a Milano magari ma ritengo non sia conveniente a livello economico, meno che non si trovi un imprenditore appassionato di tennis che decida di farsi un regalo ma la cosa non avrebbe molto senso a mio parere.
L’ATP dovrebbe creare delle regole che aumentino il divario tennistico tra ATP 250 e Challenger. Al momento organizzare un ATP ha un costo troppo alto rispetto ad un Challenger.
@ Marcello Berton (#1093641)
ciao, rispetto il tuo punto di vista ma non lo condivido, per un semplice motivo: non mi piace puntare “al ribasso”. Ben vengano i Challenger, magari anche 20 o di più, così che in tutta Italia tennis di ottimo livello (vedi Caltanissetta questa settimana, non il luogo più raggiungibile d’Italia…) possa arrivare.
Ma siamo l’Italia, un paese unico, che vanta decine di primati e che ha rappresentato da sempre la patria del genio, della creatività e della voglia di fare e stupire, pur senza i mezzi di altri paesi più ricchi e potenti. Mi da fastidio pensare che non siamo più in grado di sognare, e dai sogni realizzare cose.
@ zedarioz (#1093648)
Il tuo ragionamento generale non fa una piega ma mal si adatta al tennis secondo me. Il discorso di base è che spendere 3 milioni di euro per organizzare un torneo 250 non ha senso. Per avere se va bene il numero 20 del mondo. Io stesso preferisco vedermi Bolelli o Cuevas al challenger di vercelli gratis a bordo campo.
splendido articolo, condiviso in pieno. il tennis su erba e l’ essenza del tennis. una volta. si giocavano 3 slam su 4 su questa superficie, gli scambi a fondo erano una chimera. usciva la tecnica e l’eleganza che ora rimane in pochissimi: llodra,stepanek,mahut,lopez e naturalmente roger. grandi quelli di maiorca ad approfittare di un occasione cosi ghiotta, ma io andrei anche oltre. per la storia del queens o meglio ad halle farei un bel master 1000 obbligatorio al posto di quell’obbrobrio di madrid..sai che spettacolo..
Caro Mazzoni. La risposta è una sola. Prova a fare l’imprenditore in Spagna o in Italia. Prova ad organizzare un evento lì e qui. Prova a chiedere un finanziamento per realizzare l’evento medesimo, chiedere le autorizzazioni, ungere chi devi ungere, assecondare le richieste della federazione, quelle dei politici locali ecc ecc e pagare le tasse magari in anticipo…
Mi spiace ma fare impresa (perché organizzare un evento che costa 3 milioni di euro senza perderci vuol dire fare impresa) in Italia è diventato veramente impossibile. Stiamo scivolando molto velocemente verso il terzo mondo anche se penso che il 70% degli italiani non se ne sia ancora accorto, almeno a giudicare dagli esiti elettorali.
Io credo che i costi per un torneo ATP siano troppo alti in relazioni ai benefici che può portare. Il livello di un buon Challenger è comunque sufficiente per gli appassionati della provincia che possono vedere ottimo tennis gratis.
Organizzare un Atp 250 vuol dire avere i numeri 30-40 del mondo, allora tanto vale organizzare un Challenger e avere qualche topo 100 con una spesa di un quinto.
Non è stato citato l’Atp di San Marino: non lo consideri, correttamente, italiano? mi ricordo la presenza di Muster ed un ottimo afflusso di gente, che non manca anche nelle fasi finali del Challenger dei nostri tempi.
C’è da dire che girando per gli internazionali di Roma la percentuale di pubblico veramente interessato non è poi così alta. Si sentono commenti da brividi…la maggior parte degli spettatori è lì per Nadal, Federer e Nole o ancora peggio perché “fa figo”. Quindi non saprei quanto pubblico italiano possa andare a vedere un torneo ATP 250 composto da top 20 e oltre. Di sicuro un po’ di inventiva e un importante investimento di marketing potrebbe far diventare appetibile un evento minore, ma chi ne ha voglia?
Se poi parliamo di International WTA proprio non c’è molta speranza, gli spalti sono sempre vuoti e le top10 ne possono giocare solo 2 all’anno; sono una perdita economica sicura.
@ andre948 (#1093600)
ciao, ti ringrazio per la corretta precisazione, in effetti non ho controllato (mia colpa) il sito ATP che da già ufficiale Tel aviv, non era ancora sicuro poco tempo fa.
grazie 🙂
Bell’articolo.. comunque due precisazioni:
1- Il torneo di S.Pietroburgo è stato cancellato e dovrebbe essere ufficializzato a breve il nuovo torneo ATP 250 di Tel aviv da 1.000.000$ di montepremi.
2- Un buco nel calendario ci sarebbe la settimana prima di Madrid.. c’è ancora un ATP 250 da inserire in concomoitanza con Oeiras e Monaco.
E poi (opinione personale) chissà un buco ci potrebbe essere la settimana prima di Wimbledon. Al momento si disputa soltanto l’Atp di Nottingham.
l’articolo inizia con…. “un bel carico di noia accumulata negli ultimi giorni del RG” —parole sante scritte nella pietra!!!!
basta con questa terra battuta, lo stesso RG dovrebbe essere declassato!!! è solo NOIAAAAAA!!!!!
Marco sei un grande. Ma basti pensare a quello scempio di wta di Palermo. Uno schifo. Poi basta con sta terra. Escono fuori solo delle Errani incallite,pronte a scambiare il tennis per maratone