Spacca Palle: ATP e nuovo CEO, vecchi problemi (con stralci di intervista a Chris Kermode che dichiara “Era giusto che a Wimbledon i giocatori adatti alla terra non potessero giocare? Non credo”)
Il nuovo Presidente dell’ATP Chris Kermode ha recentemente incontrato la stampa internazionale andando a spiegare la sua visione del tennis e le linee guida del suo mandato, appena iniziato con l’avvio della stagione. Quello che personalmente mi ha stupito nelle sue dichiarazioni è l’ostentare una situazione quasi ideale, troppo perfetta, facendo capire di non aver alcuna intenzione di affrontare con decisione i veri nodi del circuito “perché tutto va bene così”. Andiamo con ordine.
Dopo la drammatica scomparsa di Brad Drewett, stroncato lo scorso maggio da un tumore incurabile, l’ATP da inizio stagione è guidata dal britannico Kermode, ex tennista negli 80s quando toccò un modesto best ranking al n.141.
Faccia pulita e occhio vispo, ha scalato rapidamente le gerarchie, diventando prima direttore dello storico torneo del Queen’s e quindi delle ATP Finals dal 2008, portate con successo nella sua terra. Resterà in carica per un triennio, quinto boss dell’ATP (e primo europeo) dal 1990 dopo i mandati di Mark Miles (USA), Etienne de Villiers (Sudafrica), Adam Helfant (USA) e l’australiano Drewett. Eredita uno sport in salute ma lontano dall’esser perfetto, con varie questioni tutt’altro che risolte. Eppure a sentirlo il grande tennis pare quasi un mondo sospeso nel tempo e nello spazio, animato da campioni immortali che scrivono pagine incredibili, regalando a tutti felicità. E dollari. Non va proprio così, o almeno lo è solo per i vertici assoluti del nostro amato sport.
I top player hanno accolto con favore la nomina di Kermode dopo il vuoto lasciato dalla morte di Drewett.
Roger Federer s’è subito espresso positivamente: “Chris ha una grande esperienza, ha ricoperto moltissimi ruoli nel mondo tennis e ha le capacità per guidare l’ATP in quest’epoca che vede il tennis godere di successo e popolarità senza precedenti”. Gli fa eco Murray: “Lo conosco da anni, è bravo nei rapporti con i giocatori e come direttore ha fatto un lavoro eccellente al Queen’s e alle ATP Finals”.
Tutto pare bellissimo, ma lo è per davvero? Per spiegare il tenore della sua visione, riporto alcuni stralci di una bella intervista rilasciata al bravo collega britannico Simon Cambers, che al termine degli Australian Open ha parlato a 360° con il nuovo boss dell’ATP.
Il quadro che ne viene fuori è “gattopardesco”: perché cambiare davvero se i problemi non ci sono? Ecco alcuni passaggi significativi.
D. Qual è la più grande sfida come capo dell’ATP?
R. “Sfida non è la parola giusta, semmai parlerei di focus perché ho ereditato la guida di uno sport in salute. Tutti i numeri sono in crescita. Nel 2013 gli spettatori in tv sono stati 830 milioni, nel 2007 erano 430; i ricavi pubblicitari sono cresciuti del 200% dal 2009. Nel 2013 4,7 milioni di spettatori nei tornei, record all time. Il mio focus è continuare questa crescita nelle aree di mia competenza, ossia Master 1000, ATP 500, 250 e Challenger. Ovviamente il mio focus è sui top players che muovono la maggior parte dell’interesse, ma ho la responsabilità dell’intero movimento, che deve crescere di pari passo…”.
Quindi il buon Kermode conferma di essere molto focalizzato sui numeri, sui dollari delle sponsorizzazioni e tv, mossi ovviamente dai Nadal, Federer e pochi altri. Andiamo avanti.
D. E’ sua intenzione espandere il tennis in modo che sempre più atleti possano viverci?
R. “Non c’è un’area più importante delle altre, il mio scopo è creare una piattaforma comune dove poter incoraggiare Federazioni, imprenditori, Stati ecc. ad investire sul tennis per produrre eventi di alta qualità. Sono i grandi eventi a trainare il movimento. Stessa cosa per i Challenger, ce ne sono circa 150 oggi. Ho incontrato i responsabili del settore e la volontà è creare più tornei e più soldi. Già da quest’anno i ricavi del live streaming dei match ATP andrà a sostenere il Challenger Tour. C’è la volontà di attrarre i giocatori giovani, devono capire che giocare a tennis sia un’opportunità quanto entrare in una lega come quelle del basket, football, ecc…”.
Ok per la destinazione dei soldi dello streaming (ma quanti sono?), ma ha mai fatto i conti in tasca ad un giovane talento tennistico impantanato tra ITF e Challenger, comprandoli con quelli di un pari età che gioca il primo anno in una lega Pro USA? Dalle sue parole non credo, altrimenti non potrebbe paragonare due universi sportivi così diversi sul piano dell’impegno finanziario e dei sacrifici necessari ad emergere. Passiamo al tennis giocato.
D. Non è preoccupato dalla crescente omogenizzazione del gioco? Stili di gioco, superfici?
R. “No, per niente. Superfici diverse? Stili di gioco diversi? La gente ne parla, ed è ok. La questione è più semplice: il prodotto globale è buono o no? Negli ultimi 10 anni il tennis ha prodotto i match più belli di sempre. Quando Novak gioca contro Rafa, i due hanno uno stile completamente diverso e ogni match è differente”.
Risposta imbarazzante, viene da chiedersi quanto il guru veda realmente gli incontri. Ma il peggio forse arriva adesso, con le prossime risposte.
D. Perché le superfici non possono avere velocità diverse?
R. “Posso capire la domanda, ma non concordo al 100%. Ho la mia personale idea al riguardo, ma devo tenere conto delle richieste dei “5 azionisti del gioco”: giocatori, tornei, sponsors, fans e media. E’ necessario avere una visione d’insieme che tenga conto delle varie esigenze, non è giusto che la mia visione o solo quella di una delle varie componenti sia preponderante rispetto alle altre. Era giusto che a Wimbledon i giocatori adatti alla terra non potessero giocare? Non credo. La risposta è un bilanciamento, che tutti possano giocare ovunque”.
Quindi evviva l’appiattimento delle condizioni di gioco, e che si assista 365 giorni all’anno allo stesso tipo di tennis. I dollari crescono, quindi lo spettacolo vuol dire che piace. Non pensa che forse questi numeri siano un po’ “drogati” dalla personalità e fama di campioni già maturi ed amatissimi piuttosto che dalla vera bellezza dello spettacolo mediamente offerto? Kermode sembra arroccatissimo a difendere lo status quo attuale: “Non c’è ombra di dubbio che il talento degli ultimi 10 anni è il maggiore di sempre. Non sono sicuro che con il tasso di talento attuale e con il modo in cui il gioco è cresciuto in termini di resistenza, si possano abbreviare gli scambi velocizzando le condizioni. Le gente dice che il gioco è diventato durissimo, ma in realtà i campioni attuali sono più longevi di quelli delle generazioni precedenti”.
Quindi per lui nessun dubbio: tutto è assolutamente splendido ed elettrizzante. Incluse finali giocate in fotocopia, con ore ed ore di mazzate senza alcuna variazione e novità, sia tecnica che negli interpreti. Ma ecco i temi più spinosi: doping e scommesse.
D. Quanto sono pericolosi doping e scommesse?
R. “Il nostro sport è assolutamente pulito. Siamo tutti concentrati su questo. Penso che sia solo un problema di comunicazione, perché i problemi non esistono”.
D. Ma il problema non sta soprattutto a livello più basso, dove i guadagni sono scarsi?
R. “Dobbiamo assicurarci che i giocatori abbiano la corretta educazione sportiva, che siano responsabili; che siano consapevoli dei rischi e dei problemi, e che riportino ogni contatto sospetto. Siamo lavorando su questo con la Tennis Integrity Unit. E’ una priorità? Certo non più di altre perché sono sicuro che il tennis è uno sport pulito”.
Visti i vari casi accertati di scommesse, i tanti spifferi che arrivano a getto continuo ed i risultati anomali che si verificano molto frequentemente soprattutto a livello Challenger (basta bazzicare un po’ i livescore di categoria per rendersene conto) la sensazione è che queste dichiarazioni siano eccessive.
Quello che Chris Kermode descrive è un mondo troppo ideale, lontano dalla realtà che si riscontra giorno dopo giorno assistendo al nostro sport a 360°, dal piccolo Challenger sperduto nell’Asia sino alla grande finale in prime time. E la sensazione netta è che pensi al tour solamente come un prodotto vendibile, quindi con la miglior vetrina possibile per attrarre clienti, e chissenefrega di quel che avviene nel retrobottega.
Il mondo del tennis sta vivendo una fase di espansione trainata dalle leggende Federer e Nadal, dagli Slam e dai ricchi tornei asiatici; ma sta soffrendo anche di pericolosi problemi strutturali.
E’ stridente il contrasto tra i maggiori eventi dotati di montepremi faraonici (e molti punti) e gli enormi problemi finanziari e di gestione di troppi tornei ingiustamente considerati “minori”. E’ sempre più evidente lo stallo che si è creato nel movimento per colpa delle barriere quasi invalicabili tra le varie categorie di tornei ATP, e l’abisso tra ATP Tour ed il piano di sotto, quello dell’universo Challenger. Oggi basta un numero modesto di buoni risultati nella “tua” categoria che hai quasi assicurato il mantenimento dello status. Salire dal basso è un’impresa, e da qualche stagione tutto pare ingessato, con i soliti nomi che animano i tornei anno dopo anno; pochissimi i volti nuovi, basta confrontare classifiche e tabelloni dei tornei anno dopo anno per rendersene conto. Il circuito Challenger, che dovrebbe essere fucina di talenti pronti a scattare verso le vette, si è trasformato sempre più in una palude infida, dove la competizione è durissima, e anch’esso con una barriera all’ingresso per chi sta ancor più sotto.
Le acque sono piuttosto agitate, come dimostrano le crescenti rivendicazioni dei giocatori impantanati nelle categorie minori, che a mala pena riescono a far quadrare i conti e tirare avanti. Problemi ancor più seri per chi vive il mondo degli ITF, di fatto lasciato in mano alle varie Federazioni e alla piccola imprenditoria sportiva; un microcosmo affascinante, variegato e ricco di storie ed umanità, ma lontano anni luce dai piani di sopra, e purtroppo strumento sempre meno adeguato ad alimentare i palcoscenici più nobili di nuovi talenti.
Il tennis è oggi una disciplina globale, attraente ed affascinante, molto ricca per i giocatori importanti che lussureggiano a 5 stelle. Allo stesso tempo sta soffrendo tendenze “pericolose”, che è necessario invertire il prima possibile per non guastare il giocattolo, che già scricchiola.
Oltre ai problemi strutturali dei montepremi e della distribuzione dei punti tra varie categorie ATP e serie inferiori, il tennis deve affrontare anche altre sfide non meno impegnative.
Altrettanto delicati sono i temi della lotta al doping, delle scommesse e match truccati; problemi reali, che chi vive il tennis tutti i giorni teme moltissimo, e che ogni tanto tornano alla ribalta; ma chissà perché sempre con casi ritenuti “marginali”, così piccoli da non fare giurisprudenza. Già nel recente passato abbiamo parlato delle ipocrisie dell’antidoping nel tennis, di come i protocolli WADA adottati in molte altre discipline siano ancora maldestramente applicati nel tennis, con poca chiarezza e tempi biblici per avere risposte. E’ credibile uno sport in cui i “baci alla cocaina” sono considerati accidentali? La cortina di fumo prodotta dai vertici del tennis sul tema finisce per alimentare sospetti su casi insabbiati o peggio ancora. Del passaporto biologico lo stesso Kermode ha parlato recentemente in modo poco convincente, con il progetto di renderlo operativo verso la fine della stagione in corso ma con una strada ancora molto lunga in merito. E far finta di nulla sul problema scommesse è ancor più delittuoso. Ci sono decine di match ogni giorno potenzialmente sospetti. Purtroppo il tennis è uno sport individuale e di situazione; quindi per simulare un problema o un tracollo agonistico a coprire una partita “venduta” non serve aver doti da attore da Oscar… Molti giocatori hanno velatamente accusato colleghi sul tema, e venirne a capo è molto complesso. E con i pochi soldi che si guadagnano nei tornei minori cadere in tentazione non è mai giustificato ma più che umano. Leggere che il boss dell’ATP ritiene il tutto un falso problema è il peggior modo possibile per affrontarlo, ed insieme al tema doping continuare ad alimentare sospetti e barbarie mediatiche.
A questi nodi indiscutibili si aggiunge anche l’aspetto meramente sportivo, ossia la troppa uniformità nelle lente condizioni di gioco attuali, che appiattiscono ed impoveriscono il gioco e che non c’è alcuna volontà di affrontare. Molti tra i campioni del tour concordano invece sulla necessità di cambiare qualcosa, velocizzando il gioco e rendendolo meno prevedibile. La questione oltre che sull’oggi verte sulle prospettive future. Le nuove generazioni di giocatori non solo stentano ad imporsi e scalare il ranking, ma sono fondate su di una standardizzazione tecnica quasi industriale.
Forse molti vedranno in questa mia critica un grido d’allarme eccessivo. Ma che ne sarà dello spettacolo?
Marco Mazzoni
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Prevedo che Kermode individui presto una modalità per sovvenzionare i giocatori che hanno una classifica sotto la 150-esima posizione, tassando i guadagni del top-10.
Perfettamente d’accordo.Quando si saranno ritirati i vari Stepanek,Llodra,Muller,Mahut,che sono tutti sopra i 28 anni,e ci saranno solo dei Del Potro,Berdych,Dimitrov e Chardy a tirare delle cannonate da fondo il tennis sarà rovinato.I giovani non fanno sperare molto:i vari Kokkinakis,Kyrgios,Sousa tirano da fondo senza mai una discesa a rete e pochissime variazioni.L’unica eccezione è il tennis francese che ha sfornato due serve and volley come Herbert e Olivetti.
vedremo fra 3-4 anni se tutti questi numeri saranno ancora così favorevoli, cioè quando federer si sarà ritirato, ma anche gli altri tre dei fab4 saranno nella fase discendente della loro carriera, superata la trentina.
L’omologazione di certo non crea il personaggio, voglio vedere come e con chi li sostituiranno, quali bandiere dell’atp.
Di sicuro nadal a wimbledon quando era wimbledon non sarebba mai arrivato ai quarti…in quella pagliacciata che chiamano wimblddon ora puo vincere anche palestrato come rafa…la colpa pero’e’ di federer…é troppo signore! bastava che dicesse agli organizzatori le stesse cose che nadal disse a quelli di madrid nella terra blu.
Terraioli a Wimbledon in difficoltà era giusto? Si.
Hanno distrutto il concetto di versalità e di conseguenza l’importanza di essere capaci a vincere tutti i tornei dello slam. Oggi fare il “Career Grand Slam” è molto più semplice proprio per il fatto che hanno reso simili tutte le superfici appiattendo lo spettacolo. Un esempio è Nadal, se a Wimbledon riesce a passare i primi due turni poi va facilmente in finale perchè net frattempo è diventato un torneo in terra battuta. Se poi vi piace l’omologazione…
Modello tipicamente anglosassone, Kermode lavora per far crescere gli introiti, garantire un minimo di servizi essenziali, poi non è suo compito amministrare il dettaglio delle ricadute. Non dimentichiamo che l’ATP non gestisce i futures.
Il problema dei guadagni dei “piccoli” non può essere risolto, solo spostato: oggi i primi 100 campano bene, ed i 100-300 protestano, domani forse i 300 camperanno bene, ed i 301-600 protesteranno.
Sono quindi sostanzialmente d’accordo con Kermode, l’essenziale è che il movimento cresca tirato dai “grandi”, poi progressivamente ATP ma anche ITF, Federazioni, AssoGiocatori possono trovare un modus vivendi migliore.
Su altri temi è nato evidentemente struzzo, e tale resterà. Speriamo che agisca più di quanto parla.
Ma che razza di pagliaccio hanno piazzato ai vertici dell’Atp?
Bell’ articolo; il problema è sempre lo stesso:i big se ne fregano dei comprimari, le scommesse non esistono, il doping nemmeno…..ma mi faccia il piacere sto Kermode…..
Sono d’accordo con l’articolista; il tennis ad alti livelli sta diventando piatto, con giocatori tutti uguali e dove le eccezioni si contano sulle dita di una mano; sorvolo sul problema doping, sul problema scommesse, sul mancato ricambio generazionale dovuto alla difficoltà che hanno i giovani ad emergere ed a tanti altri problemi collaterali; speriamo che alle parole di facciata seguano azioni serie e mirate alla risoluzione di questi problemi annosi.
Il doroteismo democristiano ha fatto proseliti in tutto il mondo, a leggere queste dichiarazioni di Kermode mi sono tornate alla mente certe affermazioni di molti politici italiani di fine anni 80 inizio 90, in cui negavano l’esistenza di qualsiasi problema, raccontavano di aver tutto sotto controllo, e se mai il problema esisteva, era solo per colpa delle opposizioni che se li inventavano.
Poi alla lunga a furia di fare gli struzzi quelle che erano solo piccole crepe sono diventate dissesti strutturali, e ad oggi tutti quanti possiamo vedere e toccare con mano quello che sta succedendo… avanti così e il mondo del tennis finirà col fare la stessa fine.
Stupendo articolo, come sempre del resto. Comunque il problema resta e resterà per sempre il solito: i soldi. Chi guadagna di più se ne frega di chi soffre per guadagnare uno stipendio accettabile, così nello sport, così come nella vita di tutti i giorni
Sempre interessante leggere Marco Mazzoni, del quale condivido in toto il punto di vista. Su doping e scommesse, Kermode ha il ruolo di un imprenditore che non può che difendere il suo business. Non mi aspettavo prese di posizioni diverse. ATP ha ampiamente dimostrato di non voler affrontare questo tipo di problema, per loro l’ideale sono le leghe professionistiche USA dove di fatto il doping è tacitamente legalizzato. Sarebbero organi di controllo indipendenti, o azioni di natura giudiziaria, o magari l’opera di qualche giornalista coraggioso a darci un minimo di speranza. Ma non sono onestamente molto ottimista.