Miami, città da quinto Slam (di Marco Mazzoni)
E’ proprio vero che i tennisti sono dei privilegiati. Mentre nel Belpaese l’inverno non pare volerne sapere di lasciar spazio all’agognata primavera, la tv continua a “torturare” l’appassionato di tennis emettendo match più o meno interessanti, ma tutti accomunati dalla visione dei nostri eroi della racchetta ripresi sotto un bel solicino, immersi in paesaggi da sogno.
Soprattutto in questa leg della stagione, che dopo la “NY degli Emiri” a Dubai sposta tutto il tour per un mese intero negli States, prima ad Indian Wells e subito dopo a Miami. Due tornei sul “duro” americano, che nel calendario stagionale sono un po’ come il cavolo a merenda, visto che una più razionale riorganizzazione della stagione tennistica vorrebbe forse un paio di eventi di quelle dimensioni sul rosso Latinoamericano, visto l’alto tasso di passione e tradizione di quelle terre… Ma si sa che il mondo del tennis è da sempre Usa-centrico, e questi due tornei relativamente recenti (nati rispettivamente nel 1987 e 1985) hanno acquistato da subito uno status Top, grazie a tanti dollari e campioni immortali che hanno via via popolato gli albi d’oro, quelli sì degni di uno Slam.
Due tornei gemelli, visto che si disputano da sempre molto ravvicinati, e da qualche stagione proprio uno dietro all’altro, monopolizzando l’attenzione del grande tennis per un mese intero negli Usa, e favorendo compatibilità tecniche ed agonistiche.
Non a caso più volte a Miami si è assistito alla stessa finale di Indian Wells, o comunque i protagonisti sono stati i medesimi. Due occasioni su tutte: 1990 – Edberg vince su Agassi a Indian Wells, con il Kids di Las Vegas che si vendica a Key Biscayne, due match tecnicamente eccelsi; 1995 – Sampras batte 7-5 al terzo Agassi nel deserto californiano, con Andre che la spunta su Pete al tiebreak decisivo a Miami. Agassi è il vero “Sindaco” di Key Biscayne, con ben 6 titoli (record assoluto), Pete lo segue a 3 successi, come Djokovic (in attesa dell’edizione 2013).
Tantissime bandiere a stelle e strisce nell’albo d’oro, segno di come il Master 1000 della Florida sia sempre stato molto sentito dai giocatori di casa, per svariati motivi, non ultimo quello economico, fondamentale alla sua nascita. Infatti fin dalla sua genesi i dollari sono stati il fattore determinante al concept stesso dell’evento, insieme all’enorme battage promozionale ideato dal suo mentore Butch Buchholz, che lo progettò nei primi ’80s come grande investimento insieme alla multinazionale Lipton, notissima casa produttrice di bibite. Buchholz, allora a capo dell’Associazione giocatori, incontrò il guru della Lipton proponendo loro la creazione di un “Wimbledon invernale”. Un evento di 2 settimane, importante e bello come uno Slam, da svolgersi come primo grandissimo torneo dell’anno visto che allora (e fino al 1985) gli Australian Open si svolgevano a fine dicembre; data mal digerita dai top players (soprattutto americani), che difficilmente si imbarcavano per down under dopo una lunga stagione, preferendo il riposo o le ricche esibizioni dell’epoca.
L’accordo fu trovato sulla base di 1,5 milioni di dollari per 5 anni, con il nome dell’evento che sarebbe stato proprio il noto brand. Non disponendo ancora di una struttura a Miami, il torneo si sarebbe svolto presso la Laver’s International Tennis Resort di Delray Beach, 50 miglia a nord della metropoli. L’intento di portare un po’ di Wimbledon nell’alto Caribe fu rispettato, coinvolgendo anche lo storico chairman dei Championships Alan Mills e il suo designer Ted Tinling. Con un montepremi faraonico, arricchito da una fetta dei diritti tv e commerciali appannaggio dei giocatori, tutti i migliori fin da subito hanno frequentato il torneo.
E’ stato proprio l’ottimo riscontro del campo a vincere lo scetticismo generale che aleggiava, anche da parte degli stessi addetti ai lavori che non videro di buon occhio questa sorta di “quinto Slam”; una provocazione quella di inaugurare un torneo della durata di due settimane, con 128 giocatori (e giocatrici) in tabellone, sorto letteralmente dal nulla per una operazione più commerciale che sportiva, sfidando di fatto gli Slam. Senza una storia. Senza uno stadio. Aveva ragione Buchholz. Nessuno ha potuto fermare l’ascesa del Lipton, che già della prima edizione fece “il botto”, soprattutto grazie ad una spettacolare finale femminile tra le star Martina Navratilova e Chris Evert (una delle loro sfide più belle di sempre), che vide il sold out sugli spalti e record di ascolti per la CBS, facendo capire a tutti che era di fatto nato il quinto torneo stagionale per importanza. Per mantenere le straordinarie sensazioni positive della prima edizione c’era la necessità di crescere. Subito. Nel 1986 ci si spostò a Boca Raton, fino ad arrivare nel 1989 nell’attuale location, anche se con strutture inizialmente provvisorie. La leggenda vuole che per la scelta definitiva della sede fu amore a prima vista. Il direttore del torneo fu portato in tour in vari siti di Miami, alla ricerca di quello migliore per edificare un complesso imponente; quando varcò la Rickenbacker Causeway che collega la metropoli alle isole Keys, piccoli paradisi tropicali di fronte allo Skyline cittadino, restò così impressionato dalla bellezza dell’area da comprare l’intero lotto (!) e progettare la nascita del Tennis Center di Crandon Park, a Key Biscayne. Buchholz raccontò in una intervista: “Mi sembrò di entrare in una cartolina, l’area era bella, grande, e già con alcune facilities che ci avrebbero aiutato nel metter su il complesso rapidamente. Pensai, è quello che stiamo cercando! Qua creeremo non solo un torneo, ma un luogo da favola che resterà negli anni e sarà il centro del nuovo tennis Usa”.
2 anni per avere i permessi e il budget, e poi con la solita efficienza yankee nel costruire (un vero Extreme Makeover!) s’iniziarono i lavori, ritardati di un anno per via del tremendo uragano Andrew che nel ’92 devastò pesantemente i Caraibi e la Florida. Una terra splendida, non a caso meta prediletta di vacanzieri da tutto il mondo e scelta come residenza di lusso da tutti i “latinos” arricchiti che lasciano Mexico, Colombia, Venezuela e via dicendo per trasferirsi nello stato americano dove ormai lo spagnolo ha soppiantato l’inglese come lingua. Un vero paradiso in terra, con un clima eccezionale e una natura straordinaria, che ti stordisce per profumi, colori e sapori, e colpisce anche chi si reca al torneo. Arrivati a Crendon Park si resta ammaliati dalla bellezza della vegetazione in cui l’impianto è immerso, con piante tropicali rigogliose a due passi dai campi da gioco, mosse della brezza del mare, indispensabile per resistere alla calura (occhio che il sole picchia in modo pazzesco!) e anche a scacciare nugoli di insetti che lussureggiano nel caldo umido delle isole, …non letali come i coccodrilli che si aggirano nelle zone esterne paludose, ma altamente fastidiosi. L’unico neo se volete recarvi al torneo il parcheggio delle auto: carissimo (30$!), molto meglio usare qualche navetta convenzionata dagli hotel di Miami. Molte agenzie organizzano eccellenti pacchetti di viaggio, che oltre ai biglietti per il tennis portano i turisti a scoprire le spiagge e le bellezze delle Keys, compresa una vista spettacolare di Miami dal mare che da sola vale il prezzo del biglietto.
Tornando al torneo, il primissimo match giocato nel nuovo impianto si disputò l’11 marzo 1994, un match rosa tra lo “scioglilingua” Karin Kschwendt e Kathy Rinaldi. Diversi sono i record e curiosità dell’attuale Sony Open. Con oltre 300 mila spettatori, è l’evento che richiama più pubblico dopo i 4 Slam, ed è quello che propone negli stand la proposta culinaria più ricca e varia. Abbinata al torneo da qualche anno si svolge anche la serata in cui vengono assegnati dei primi stagionali, in un party esclusivo per i giocatori e Vip. Non tutti ricordano che nel 2006 proprio a Miami venne introdotto l’instant replay per verificare in diretta l’esito di una chiamata di gioco. Fu Jamea Jackson a chiamarlo contro Ashley Harkleroad.
Un torneo nemmeno fortunatissimo, visto che quest’anno soffre l’assenza contemporanea di Federer e Nadal, ma che addirittura ha visto 3 finali funestate o non giocate. La prima nel 1989, quando uno sfortunatissimo Thomas Muster fu investito nel parcheggio da un ubriaco al volante, che gli spezzò una gamba mettendone a rischio la carriera (poi l’austriaco di ferro rientrò riuscendo a vincere il torneo 8 anni dopo); nel 1996 Goran Ivanisevic si ritirò dopo pochi games per un violento attacco di torcicollo, e nel 2004 l’argentino Coria gettò la spugna per forti dolori alla schiena, dovuti a calcoli renali.
Oltre al torneo, nel grande e funzionale impianto fu portato buona parte del programma di sviluppo dei giocatori di alto rendimento della USTA, diventandone il centro nevralgico. Del resto il tennis in Florida è proprio a casa. Grazie al clima incredibile che bacia lo stato tutto l’anno, qua sono nate come funghi decine di accademie, iniziando un inarrestabile pellegrinaggio tennistico da tutto il mondo da parte di giovani speranze che vedono in queste strutture una sorta di porta per il Paradiso sportivo. Un trampolino verso il successo, seguendo gli esempi di Arias e Krickstein prima, Agassi, Courier, Chang e Sharapova poi, tutti usciti dalla struttura del guru Nick Bollettieri, tanto per citare solo la punta dell’iceberg. Vallo a spigare poi ai piccoli talenti che questa sorta di Mecca è un po’ diversa da un luogo da sogno dove tutto è facile e magico… Non un hotel deluxe in riva ad una spiaggia bianca ad aspettarli, semmai una sorta di caserma non meno rigida di quella immortalata da Full Metal Jacket, con ritmi di vita-studio-allenamento impossibili, a far selezione naturale tra i più deboli, e ingrassare i conti in banca di procacciatori di talenti più o meno spregiudicati che promettono sicuri successi in cambio di un sogno pagato a suon di “verdoni”. Contraddizioni proprie anche di Miami, una porta verso il sogno americano per i vari popoli caraibici, punto d’incontro tra etnie che spesso mal si sopportano.
Qua non solo arrivarono i barconi di disperati in fuga dalla dittatura di Cuba, e migliaia di immigrati latini, russi, perfino finlandesi e vietnamiti, ma anche tantissimi ricconi WASP (White Anglo-Saxon Protestant) che scelgono proprio il clima eccellente della Florida per vivere in santa pace gli ultimi anni della loro vita; un’altra “Sala d’attesa di Dio” come Indian Wells, ma con attorno una città tra le più vive e dinamiche d’America. Ancor più nel periodo in cui si svolge il Sony Open, perché coincide con il classico Spring Break primaverile, il periodo di pausa scolastica tra primo e secondo semestre che porta a Miami una marea di teenager che si lasciano andare in festini ad alto grado alcolico ed eccessi di ogni tipo, immortalati in tanti film (ed episodi di cronaca); includendo anche il Winter Music Conference, il più importante evento musicale del mondo per la musica commerciale, con feste in ogni angolo della città e gare tra i più famosi DJ del mondo, comprese nottate in spiaggia ai ritmi serrati della techno music più cool.
I divertimenti in città non mancano proprio, anche per chi cerca un turismo più “classico” da abbinare al torneo di tennis. Miami è il porto principale negli Usa per le splendide crociere che solcano i Caraibi, ospita spiagge spettacolari con acque cristalline, gite avventurose nelle Everglades (paludi con una natura selvaggia, da scoprire a bordo di caratteristiche barche velocissime), il complesso Seacquarium, la opulenta Villa Vizcaya costruita da James Deering nel ‘900 e che riprende Villa Rezzonico di Bassano del Grappa, che insieme all’intero quartiere Art Decò può soddisfare la voglia degli amanti dell’arte. Pure delizie della tavola, con una scelta infinita di cucine viste che tutte le etnie sono più che rappresentate. Fino alla colorata, chiassosa e divertente Ocean Drive, ricca di ristoranti e locali di ogni genere, icona degli eccessi cittadini visto che a pochi passi è facile imbattersi in molti homeless. Miami vanta il terz’ultimo tasso di povertà tra le città americane, con un terzo dei residenti che vanno avanti di stenti sotto la soglia di sussistenza. Facile quindi che i poveri siano preda del crimine, soprattutto del fiorente business della droga, visto che tra i vari latini sbarcati in Florida non mancano i temutissimi narcos. Piaga questa difficilissima da estirpare, visto l’enorme il giro di soldi (ed interessi) dietro al traffico degli stupefacenti.
Come “stupefacente” fu la celeberrima battuta dell’Avvocato Agnelli a proposito di Miami e dei suoi traffici illegali: “Un giorno, un produttore di motoscafi annunciò di averne realizzato uno più veloce di quello dei contrabbandieri. Quella stessa sera fu ammazzato”. Il mitico Avvocato tirò fuori quest’aneddoto all’indomani del clamoroso omicidio dello stilista Gianni Versace, che proprio a Miami fu freddato nel ’97 davanti alla sua casa di South Beach. Il lato noir di Miami è diventato parte del suo fascino, anche grazie a tante produzioni del cinema: dal mitico Antonio “Tony” Montana di Scarface interpretato da un Al Pacino superlativo, passando per la serie tv cult Miami Vice, ideata dal grande regista Michael Mann e resa celebre dall’attore Don Johnson, che correva per le highways di Miami a bordo di una Ferrari bianca a caccia dei narcotrafficanti, con le sue le immancabili “espadrillas”; fino a CSI Miami, dove i colori vividi e le storie torbide della città sono diventate uno dei programmi più visti al mondo. Storie ed eccessi di una città assolutamente Yankee, in tutto e per tutto, come il suo grande torneo.
Marco Mazzoni
TAG: Masters 1000 Miami, Masters 1000 Miami 2013
E dove sarebbero le offese?
Il quinto torneo dello Slam è il torneo tra stelle della TV, calciatori, cantanti etc. etc. che si disputa in Toscana !!!
( se esiste ancora … ne avevo sentito parlare anni fa … forse decenni fa … forse secoli fa ! )
( magari si imparasse a dibattere senza offendere, invece si vuole sempre leggere e ricevere complimenti … mah ! )
Oh, se volete scrivo anche io ” Bell’Articolo, precisissimo, complimenti, grazie per le informazioni “.
Peccato però che non corrisponderebbe al mio pensiero.
( come se io scrivessi : LA FERRARI E’ UNA BELLA MACCHINA : HA 5 RUOTE ! ).
Se uno mi contesta il fatto che io dico che ha 5 ruote, mica contesta però il fatto che sia una bella macchina. Solo che mi dirà : guarda che la Ferrari NON HA 5 RUOTE !!! E’ bella lo stesso MA NON HA 5 RUOTE !
Le finali dei due tornei in questione, sono identiche in casi eccezionali, non è una regola come la si vuole fare passare.
Essendo un appassionato di questo sport, mi dispiace che venga maltrattato in questo modo, da moltissimi, tra l’altro. A partire dai commentatori TV attuali ! A parte gli ex giocatori, il 90% dei commentatori TV INVENTANO dati che non esistono. E non mi piace. Permettete ?
Un momento, prima di offendere.
Non sono io che non capisco, sei tu che ti esprimi con imprecisioni.
Non hai scritto rispetto allo slam, parlando di tornei recenti.
Non hai fatto questo paragone. Lo fai posteriormente adesso a giustificazione. ( scrivo in maiuscolo non per gridare, ma per sottolineare, visto che non si può sottolineare ). LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI TORNEI NON DELLO SLAM sono TORNEI RECENTI. E quindi che colpa ne hanno anche Miami ed Indian Wells, ad essere tornei recenti, rispetto a quelli del Grande Slam, di tradizione centenaria ?
Poi io non ho scritto che contesto il fatto che sia un quinto mini torneo dello Slam. O quinto torneo dello Slam ( che non lo è ).
Contesto il fatto che hai messo in risalto dei dati non corretti.
( dimmi dove mi oppongo alla definizione di quinto torneo dello Slam nei miei interventi, anche se sarebbe più giusto definirlo il migliore tra i tornei non dello slam, e quello che si avvicina di più. Per noi italiani il quinto torneo del Mondo è Roma, anche per tradisione, per gli statunitensi è Miami / Key Biscayne. Normale )
O vuoi forse insistere sul fatto che le finali dei due tornei sono uguali, perchè si sono verificate in tre casi su 30 ??? E elencarlo come un dato significativo per considerarli tornei gemelli ? Sono gemelli, ma per tutta un’altra serie di motivi. Non certo per le finali uguali !!!
@ stefano (#813972)
no, ho dovuto interrompere da teenager per gravi problemi ad una gamba, non mi sono mai classificato da “adulto”.
saluti
Per quinto torneo dello Slam io l’ho sempre considerato più che altro primo tra i non tornei dello Slam.
Tra l’altro, hanno iniziato pure male, anche come albo d’oro …
Tim Mayotte e Scott Davis … e che finale dello Slam sarebbe ? Tra l’altro i due non erano nemmeno teste di serie, quando hanno disputato la finale, per cui nemmeno top 10.
Poi, si ! , si è visto un albo d’oro di grande rispetto.
Ma se per questo, anche il vecchio torneo di Milano prima del recupero, vedeva vincitori tutti giocatori che avevano vinto almeno una prova dello Slam … ma l’Albo d’Oro, appunto, non indica la grandezza di un torneo. Se in un torneo c’è un solo big senza concorrenza, è chiaro che lui ha grandi possibilità di scrivere il suo nome, quello di un big, nell’albo d’oro del torneo.
Milano ? Mi sembra che la tradizione l’avvessero spezzata prima Volkov, e poi Camporese, ma prima tutti grandi nomi di vincitori dello Slam ( Connors, McEnroe, Noah, Lendl, Edberg … )
@ Sbandieretor sulla Luna Battuta REMIX (#814033)
perdonami, ma mi dispiace che leggi ed usi i dati a tuo uso e consumo, solo per far polemica, che mi pare piuttosto sterile francamente. Non voglio perdere del tempo cercando di spiegarti il senso, che evidentemente non capisci, delle cose che ho scritto, e che cerchi di confutare non so per quale ragione. Paragono Miami agli Slam, poiché l’intento era creare con Miami un quinto Slam, è una cosa dichiarata dal fondatore del torneo, quindi non confutabile. Se non pensi che Miami sia recente rispetto agli Slam, visto che quello ho scritto precisamente, allora boh, fai tu.
E così per il resto. Se leggi con attenzione puoi capire, altrimenti pazienza.
saluti e buon tennis
adesso ma per tanti anni e’ stato considerato da tutti il quinto slam miami…
Indian Wells per tante ragioni, in primis la precisa organizzazione, è un bel gradone al di sopra di Key biscayne, nella WTA è DI GRAN LUNGA IL TORNEO PREMIER col montepremi più ricco.
C.V.D. … stesse finali … io preferisco fare delle annotazioni e discutere riguardo l’articolo, invece che sprecarmi in complimenti a vuoto.
Per quanto riguarda la padronanza della lingua italiana, niente da dire.
Ma qui – a mio avviso – andando a prendere i dati della storia del tennis, si sta reinventandola e riscrivendola.
Altra nota da rilevare.
Il torneo che vede vincitore i giocatori a stelle e striscie ?
Gli statunitensi sono gli unici tennisti a riuscire a sopportare la pressione del fattore campo, a vedere dall’albo d’oro dei loro tornei.
Ma soprattutto : non hanno concorrenza a livello di altri giocatori di altre nazionalità, abituati al fuso orario ed alla superficie.
In Europa i francesi devono contare sulla rivalità di altri giocatori continentali, gli spagnoli idem.
Basta vedere gli Albi d’Oro di US OPEN, FRENCH OPEN, WIMBLEDON ed AUSTRALIAN OPEN. Quali sono e quanti anni fa hanno vinto il loro ultimo torneo del grande slam in casa, Inglese e Francesi ?
Discorso simile agli US OPEN, per quanto riguarda gli AUSTRALIAN OPEN, per il fattore campo – fuso orario. Ma ovviamente gli australiani faticano di più, perchè non hanno lo stesso parco giocatori di cui sono dotati gli statunitensi.
Più volte le stesse finali ?
Ma a me risulta che sappaimo tutti quanti che nel tennis moderno non è quasi più possibile disputare due tornei di questo livello, uno di seguito all’altro, al massimo delle proprie possibilità.
Non a caso spesso i vari Federer, Djokovic etc. etc. saltano il secondo se arrivano in finale. Oppure ai tempi, i finalisti uscivano subito da giocatori di secondo piano. Come succedeva anche quando Amburgo era attaccato a Roma.
Basta vedere l’Albo D’oro … recentemente però si ha la tirannia dei fantastici 4 … che anche stanchi morti arrivano in semi lo stesso, altro che stessi finalisti !
2012 : 4 finalisti diversi
2011 : DJOKOVIC – Nadal
2010 : 3 finalisti diversi
2009 : 3 finalisti diversi
2008 : 4 finalisti diversi
2007 : 3 finalisti diversi
2006 : 3 finalisti diversi
2005 : 3 finalisti diversi
2004 : 4 finalisti diversi
2003 : 4 finalisti diversi
… ( ah, le vedo tutte queste finali che Miami replica ad Indian Wells, oh, come no … il 10% a me risulta già un dato che ci indica UN CASO finali uguali nei due tornei … poi fate voi … )
2002 : 4 finalisti diversi
2001 : 3 finalisti diversi
2000 : 4 finalisti diversi
1999 : 4 finalisti diversi
… bon, ci rinuncio … già trovo tre errori.
Facciamo informazione sul tennis in maniera più precisa, please !
Se no qui stiamo cambiando la storia del tennis.
Ho letto l’inizio, e noto delle imprecisioni da subito.
Tornei recenti ?
Ditemi quanti tornei non del Grande Slam sono nati prima del 1985/1987.
Il tennis per questioni finanziarie sposta spesso le sedi dei tornei da un posto all’altro.
A) Difficile trovare grossi sponsor che sostituiscano quelli precedenti che ormai hanno lanciato il loro prodotto o la loro immagine e che quindi non hanno più ritorno economico.
Esempio : provare a trovare uno sponsor alternativo ad una Benetton o ad una Ferrero, per esempio ! O alla Rolex.
B) I tornei si accendono quando nel Paese di appartenenza nascono i campioni, e si spengono quando i campioni muoiono, sportivamente parlando ( cioè si ritirano ed i loro eredi non sono in grando di ripeterne le imprese ).
Degli esempi ? In Italia subito dopo l’era Panatta Bertolucci Barazzutti Zugarelli sono nati tanti piccoli tornei ATP. Addirittura più di 5 a stagione. Poi siamo arrivati ad avere solo Roma !!!
Germania : con Boris Becker, Steffi Graf e Stich avevano Essen, Stoccarda Indoor ed Outdoor, Amburgo 1000 ( TMS ), La Grand Slam Cup … Indovina ? Stoccarda si è trasferita … a Madrid !
GLI ATP 1000 :
INDIAN WELLS – MIAMI- Monte-Carlo – ROMA – MADRID – CINCINNATI – CANADIAN OPEN – SHANGHAI – PARIGI BERCY.
Più vecchi di Indian Wells e Miami ? Solo i tradizionali ROMA e MONTE-CARLO, forse forse CINCINNATI, dovrei andare a controllare.
No, vorrei vedere dov’è questa anomalia nel considerare tornei recenti Miami ed Indian Wells. Il 90-95% dei tornei non del Grande Slam sono tornei recenti, per le ragioni che ho elencato sopra.
MODIFICO : ( dimenticavo ) Indian Wells e Miami sono sempre stati attaccati come tornei, e non solo di recente. Come precisazione. Indian Wells è passato da Single Week ad affiancare Miami a double week.
Ma sei marco mazzoni l’ ex b1,se si rispondi.
Stupendo articolo, complimenti a te, Marco!!! 😛
agassi the king of miami. grande marco per l’articolo.
Veramente molto belli gli articoli di Marco Mazzoni, in fondo la bellezza dei tornei sono anche i contorni di ciò che succede nei campi di gioco e i contesti/storia delle location
ma non dimentichiamo il binomio MIAMI- DEXTER 😉
Sempre un gran bel leggere gli articoli di Marco Mazzoni.
C’è cuore per il tennis e sensibilità diffusa.
Doti rare.
…………..
concordo totalmente con sarvuccio……..
un plauso a marco mazzoni…
@ sarvuccio (#813589)
grazie
Anche se quest’anno il torneo è davvero meno interessante con l’assenza di Nadal e Federer………..
Complimenti! E’ un articolo splendido, da leggere tutto in un fiato! Ho vissuto a Miami ma non sono mai andato a vedere il torneo, che errore! Grazie Marco Mazzoni!
Se Marco Mazzoni è l’autore dell’articolo che fu di presentazione al torneo di Indian Wells, ed è ora l’autore dell’articolo appena letto di presentazione al torneo di Miami, beh signori,lasciatemi dire, che ha una capacità così limpida ed interessante di descrivere torneo e location che ti porta con piacere a leggere tutto l’articolo,davvero gran bell’articolo.
Applausi: ecco come bisognerebbe sempre scrivere un articolo 😆