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Uno Sventaglio di Tennis: Intervista a Roberto Commentucci

20/07/2011 08:34 9 commenti
Intervista a Roberto Commentucci
Intervista a Roberto Commentucci

Dopo Amburgo avremo solo qualche ATP 250 e poi basta con la terra. Spazio al sano e difficile cemento che tanto fa penare i nostri italiani. Il primo ATP vinto da Seppi su una superficie diversa dalla terra può accendere un campanello su un’inversione di tendenza dei top player italiani?
Lo vedremo nei prossimi mesi; intanto, rimanendo nell’argomento possiamo puntare il nostro focus su un’iniziativa presa dalla Federazione: progetto “Campi Veloci”. E ci aggiungo un finalmente. Ne parliamo con Roberto Commentucci Dirigente Federale e membro della Commissione Impianti della FIT

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1-Roberto accendo su Supertennis e trovo il mitico Pietrangeli (simbolo dei trionfi italiani sulla terra rossa internazionale) che sponsorizza il Progetto Campi Veloci: “Mettiamo il turbo al nostro tennis!” 
Come dire, era ora!


I tempi erano maturi. Ormai sulla terra rossa si disputa solo un quarto delle gare valide per il circuito maggiore, mentre le superfici sintetiche sono di gran lunga le più utilizzate nei tornei ATP e WTA. Si tratta di un fenomeno irreversibile, che viene da lontano, e che non può essere arrestato. Dipende da cause profonde, come la globalizzazione dei mercati (con il crescente ruolo organizzativo dei paesi asiatici e del medio oriente) e l’evoluzione tecnica del gioco, che ha portato ad una progressiva omologazione delle superfici: i giocatori e gli organizzatori vogliono condizioni il più possibile simili nei diversi tornei, e questo favorisce l’utilizzo del sintetico, che è la superficie più “neutrale”.
Effettivamente rispetto ad altri paesi con antica tradizione di terra battuta, come Francia e Spagna, siamo partiti in ritardo. I Francesi hanno iniziato ad investire sui campi veloci più di 30 anni fa, gli spagnoli da oltre un decennio. E i risultati sono evidenti. La cosa divertente è che Pietrangeli, quando abbiamo girato lo spot, mi ha raccontato che già negli anni ’70, da Capitano di Davis, aveva cercato di “spingere” per una maggiore diffusione dei campi veloci, trovando però l’opposizione di Mario Belardinelli, che era allora capo del Settore Tecnico.




2-Tracciamo un bilancio al giorno d’oggi nei vari circoli e centri federali d’Italia?


Per ora il bilancio è positivo. A un anno dall’avvio del progetto i Circoli affiliati alla Federazione hanno installato circa 120 nuovi campi sintetici di ultima generazione. Si tratta di una cifra importante, perché è pari a oltre il 12% dello stock di campi veloci disponibili in Italia al momento del lancio del progetto. Un anno fa ne avevamo meno di mille, ora sono oltre 1100. In più la Federazione sta usando con maggiore frequenza, per le competizioni giovanili dove sono impegnati i nostri migliori ragazzi, i campi sintetici presenti nelle belle strutture dei centri federali, tipo Sestola o Castel di Sangro. A Tirrenia e a Castel di Sangro, in particolare, abbiamo di recente rifatto tutti i campi veloci con un sintetico splendido, di ultima generazione. Infine, anche i campionati italiani individuali per alcune classi di età, come l’under 13 femminile e l’under 14 maschile, quest’anno saranno giocati sul veloce. Si tratta di un segnale importante, che mira a creare una nuova consapevolezza nel movimento e in particolare nei team e nei circoli che seguono i nostri migliori under: l’obiettivo è quello di creare tennisti completi, perché con la specializzazione terraiola ormai non si può più competere ad alto livello.



3-Ovviamente non bastano solo i campi. Anche i maestri devono adattare il loro metodo d’insegnamento in relazione alla superficie. Che iniziative si stanno prendendo in merito?

Il progetto campi veloci non si esaurisce nello stimolare i circoli a installare campi rapidi: si tratta di un insieme di iniziative fra loro sinergiche: ti parlavo prima dei nuovi criteri per l’organizzazione delle gare giovanili: a questo si aggiunge l’orientamento, anche se non sarà facile nell’immediato, di aumentare il numero di tornei professionistici italiani, future e challenger sul veloce. Ma ovviamente il contributo della Scuola Maestri è fondamentale, per veicolare il messaggio alla base in modo capillare. Grazie all’impegno di Michelangelo Dell’Edera, già da quest’anno i nuovi programmi dei corsi per istruttori e maestri, nonché i corsi di aggiornamento, prevedono sessioni dedicate a sensibilizzare i maestri sull’importanza del gioco sui campi veloci. Viene data maggiore enfasi alla tecnica di spostamento sul veloce (che è diversa da quella che si usa sulla terra), ai colpi di inizio gioco (servizio e risposta aggressiva) allo sviluppo dell’anticipazione motoria, alla posizione vicina al campo, e via di seguito.





4-Sui blog di Federtennis noto spesso l’errore che si fa su questo progetto: ovvero che debba essere il “risolutore” della crisi del nostro tennis (soprattutto maschile). Concordi con me che i campi veloci siano invece un volano per il rilancio?


Il progetto campi veloci non è “la soluzione”. Il nostro tennis ha tanti problemi diversi, è ovvio che non ci può essere una sola soluzione in grado di risolverli tutti. Però non ha senso dire sempre: “eh, ma i problemi sono altri…”, perché è il modo migliore per crogiolarsi nell’immobilismo. In realtà il progetto vuole essere soprattutto una rivoluzione culturale: è una grande occasione per migliorare la cultura dei maestri e soprattutto per cambiare la mentalità con cui i ragazzi vengono cresciuti. In Italia si mira troppo a far vincere i ragazzini a 13-14 anni, per compiacere i circoli, rassicurare i genitori, far fare bella figura ai maestri. Ma si tratta di vittorie effimere, perché passano per la costruzione di piccoli tennisti dal gioco prudente e regolare, molto forti mentalmente e smaliziati tatticamente, che però poi, qualche anno dopo, quando si inizia a fare sul serio, hanno difficoltà a tirare colpi vincenti, a servire e rispondere in modo incisivo, e via discorrendo. La terra battuta purtroppo favorisce questo modo miope di costruire i giocatori: e così capita che chi gioca in modo “futuribile” non vince e magari smette, mentre chi vince a 13-14 anni giocando in modo utilitaristico non ha futuro e due o tre anni dopo smette anche lui. Giocando di più sul veloce, dove essere aggressivi è più redditizio che sulla terra, tutto l’ambiente sarà stimolato a impostare i giocatori in modo più lungimirante e meno mirato alla vittoria immediata.




5-Nell’arco di 5 anni c’è la possibilità che si possa avere un ATP 250 giocato sul veloce in Italia?


Questo è difficile da dire. Le risorse organizzative della Federazione sono già molto impegnate con gli Internazionali d’Italia, torneo cresciuto moltissimo negli ultimi anni, ma che è diventato sempre più impegnativo da gestire. Quindi per la FIT è difficile farsi carico degli oneri organizzativi di un altro grosso evento. Occorrerà trovare degli imprenditori privati disposti ad investire, magari mettendo insieme le risorse di una intera regione, o di un distretto industriale: vi sono regioni dove adesso si giocano 5 o 6 challenger. Si potrebbero unire gli sforzi e cercare di prendere la data di un Atp indoor primaverile, come era Milano fino a qualche anno fa. Molto dipenderà anche dalla competitività dei nostri giocatori, è inutile negarlo. Se avremo un paio di top 30 stabili, in grado di ben figurare in questi eventi, e capaci di “tenere il cartellone” sarà certamente più semplice far quadrare i conti e trovare organizzatori disposti a rischiare.



6-Nei circoli spesso e volentieri le “vecchie volpi” preferiscono la terra rossa perchè è più salutare per i tendini e le articolazioni.. Le nuove superfici come rispondono a questa esigenza?

Questo è il problema più grosso. Purtroppo i campi sintetici di nuova generazione in Italia sono ancora pochissimi e pochissimi sono coloro che li hanno provati: i vecchi soci sono rimasti legati alle memorie negative di 30 anni fa, con le superfici infauste e pericolose dell’epoca. Logico che quando, alla fine degli anni ’90 il nostro movimento si restrinse, quei campi veloci scomodi e obsoleti furono i primi ad essere trasformati in campi da calcetto. Ma ora le cose sono completamente diverse. Le nuove soluzioni tecniche sono molto più morbide e dotate di accorgimenti atti “smorzare” le sollecitazioni per le articolazioni. Nel prossimo numero della newsletter della FIT, Supertennis, uscirà una mia intervista al prof. Giovanni Di Giacomo, medico ufficiale per l’Europa di Atp e Wta, che rassicura tutti sulla sicurezza delle nuove superfici. Certo, è anche un problema di tecnica corretta, che resta il miglior antidoto agli infortuni: se io “spezzo” continuamente il polso quando tiro il diritto, non posso poi lamentarmi se mi becco una tendinite. Allo stesso modo, se cerco di scivolare sul sintetico, non posso prendermela con la superficie se mi faccio male. Grandi campioni americani, come Sampras o Agassi, che hanno imparato per tempo la corretta tecnica di spostamento sul veloce, hanno avuto carriere lunghissime giocando su un cemento più duro di quello attuale. Tuttavia, va anche chiarita la portata del progetto: non è che vogliamo cementificare l’Italia: vogliamo creare le premesse perché le competizioni possano essere disputate in modo più omogeneo fra terra e veloce: portare nel giro di qualche anno l’attuale 10% di gare sul veloce a un più equilibrato 35-40%, come è attualmente in Spagna, ad esempio.




7-Come reputi le potenzialità dei nostri attuali tennisti di punta sulle superfici veloci?

Beh, i nostri terraioli, Volandri e Starace hanno limiti evidenti. Non sono riusciti a stare con continuità nei primi 30 del mondo, come la loro dimensione tecnica complessiva in fondo avrebbe consentito, proprio per l’incapacità di raccogliere punti lontano dalla terra. Per Seppi, Fognini e Bolelli le cose vanno meglio, sono tecnicamente più duttili, e credo che tutti e tre, se si programmeranno in modo ambizioso, potranno ottenere dei buoni risultati anche fuori dalla terra. Seppi ha vinto un Atp sull’erba, Bolelli ha battuto gente come Gonzales e Wawrinka a Wimbledon, di Fognini si ricorda la bellissima partita contro Ferrer a Bercy o la vittoria su Verdasco a Church Road.



8-E in proiezione futura?

Tra i giovani abbiamo alcuni tennisti piuttosto completi, come i vari Trevisan, Giannessi e 
Gaio, che nel centro federale di Tirrenia sono cresciuti giocando sia su terra che su veloce. Tutti e tre possono adattarsi molto bene su tutte le superfici. C’è poi il caso di Stefano Travaglia, che è cresciuto sul veloce, dove gioca benissimo, e addirittura ha avuto bisogno di competere sulla terra per migliorare la mobilità e la difesa, imparare ad avere meno fretta e costruire meglio il punto. Anche queste osservazioni confermano l’idea di base del progetto, che è in fondo molto semplice: nel tennis attuale bisogna mirare a costruire tennisti completi e non specializzati. E per farlo occorre far allenare e competere i giovani, nel loro processo di crescita, su tutte le superfici.


Un grazie a Roberto Commentucci e un saluto da Andrea Martina (Andrea24h)

zedarioz 25-07-2011 11:15

Mi piacerebbe fare una domanda da appassionato di tennis:
– perchè ci son voluti 35 anni senza un top ten per capire che il gioco moderno è veloce e richiede spostamenti veloci, prima e seconda di servizio molto efficienti, risposte e gioco aggressivi?

– ma se i nostri maestri non hanno mai insegnato queste cose, come fanno di colpo ad insegnarle? Evidentemente non ne sono capaci…

Quando vedo il servizio e il dritto di volandri (e anche quello della schiavone) mi vien da piangere pensando i livelli che hanno raggiunto senza avere quei colpi…

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Roberto Commentucci (Guest) 22-07-2011 11:08

Per completezza di informazione, posto qua sotto uno stralcio dell’intervista al prof. Giovanni di Giacomo citata nell’articolo, a proposito della presunta nocività delle superfici veloci di ultima generazione:

Nel mondo del tennis italiano c’è un dibattito molto acceso sul Progetto Campi Veloci, con cui la Federazione vorrebbe stimolare i Circoli a dotarsi di più campi sintetici per far allenare e competere maggiormente i giovani su queste superfici. Cosa ne pensa?

Da appassionato posso dire che mi pare un’ottima cosa. Mi sono reso conto che ormai il veloce è la superficie più diffusa nel tennis professionistico, e una graduale introduzione dei campi rapidi, anche in un paese a prevalente cultura della terra come il nostro è del tutto auspicabile per ottenere risultati migliori.

E sul piano medico? Tanti soci e appassionati hanno paura che i campi sintetici facciano male alle articolazioni. Qual è il suo parere in proposito?

Mi sento di lanciare un messaggio pienamente rassicurante, ma vanno fatti dei distinguo: le vecchie superfici dure erano in effetti piuttosto impegnative per le articolazioni. Ma negli ultimi anni sono stati compiuti grandi progressi. I campi sintetici oggi hanno uno strato di materiale gommoso, detto “cushion” che consente di eliminare gran parte delle sollecitazioni a carico di caviglie, ginocchia e colonna vertebrale. E quindi molti allarmi mi paiono ormai non più giustificati.

E poi?

E poi, ripeto, anche qui gioca un ruolo importante la tecnica: il modo di spostarsi sui campi veloci è diverso da quello che si usa sulla terra rossa, e si deve imparare a muoversi nel modo giusto, esattamente come si impara il servizio. Infine, va anche detto che molti problemi nascono da una scelta superficiale dell’attrezzatura. Il sintetico è una superficie bloccante, se ci si gioca sopra con scarpe da terra rossa, che sono costruite per scivolare, poi non si può dare la colpa al campo. Scegliamo le scarpe corrette.

L’intervista completa si può consultare on line a questo link, dove è possibile scaricare la newsletter FIT. L’intervista è a pag. 26:

http ://www.federtennis.it/FlipPage-nuovo-formato.asp?ID=34

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gisva 20-07-2011 22:13

@ individuo malefico (#550872)

Da diverso tempo, per lo meno un paio d’anni, non è più con Scannagatta, ma collabora con la Federtennis.

Roberto è una persona di grande competenza, che ama molto il tennis e quindi non può che far bene il suo impegno in Federazione.

Proprio due anni fa, era durante le quali di Orbetello, mentre vedevamo giocare il povero Andrea Stucchi, io (entusiasta del suo gioco e soprattutto del suo rovescio ad una mano) gli dissi che quel giovane si sarebbe trovato benissimo a giocare sul veloce.

Roberto, mi spiegò che Stucchi, pur essendo una promessa del nostro tennis, aveva giocato pochissimo sul veloce perché non c’erano campi dove allenarsi.

Il progetto che ci descrive adesso era solo nella testa sua e di pochi altri. Mi fa un immenso piacere vedere che il suo impegno costante nel tempo stia portando questi frutti.

PS:
Forse non è casuale il fatto che non collabori più con Scannagatta….

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Roberto Commentucci (Guest) 20-07-2011 18:47

Scritto da francesco brancato
Approfitto dell’articolo per comunicare che è di questi giorni l’inaugurazione di 2 campi in green-set presso il nostro circolo….non è stato molto facile convincere tutti a trasormare 2 campi in terra,ma senza dubbio il lavoro che ha fatto Roberto è stato stato di grande aiuto..

Grazie Francesco, un caro saluto. 😉

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francesco brancato (Guest) 20-07-2011 16:13

Approfitto dell’articolo per comunicare che è di questi giorni l’inaugurazione di 2 campi in green-set presso il nostro circolo….non è stato molto facile convincere tutti a trasormare 2 campi in terra,ma senza dubbio il lavoro che ha fatto Roberto è stato stato di grande aiuto..

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individuo malefico (Guest) 20-07-2011 12:50

Eppure io Commentucci lo vedrei bene al posto di Baccini. Commentucci mi sembra un grande comunicatore, e poi la sua politica campi veloci mi trova d’accordo. Ma commentucci se non sbaglio, non era il braccio destro di scanagatta??

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andrew (Guest) 20-07-2011 09:55

andrew..

sono il vero andrew…

infatti io avrei scritto kommentucci

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jonny 20-07-2011 09:30

l’iniziativa è buona, per costruire un top 10 ci vuole versatilità…. un giocatore alla Ferrer, un terraiolo che ha imparato a raccogliere ottimi risultati anche su altre superfici. Pure un Melzer, Almagro che sono specializzati terraioli ma non sfigurano su altre superfici. Ovviamente siamo molto in ritardo per questa iniziativa, penso che se si iniziasse da adesso i primi risultati li vedremo tra 4-5 anni.

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andrew (Guest) 20-07-2011 08:52

comentucci dirigente federale? hahahahahahah si è nominato lui ultimamente?

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