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Jarry lapidario sul Chile Open: “Per come stanno le cose non c’è motivo di giocare qua. Ma il torneo deve restare su terra battuta”
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Perché mai i tennisti di grande livello dovrebbero venire a giocare al Chile Open visto lo status quo del calendario ATP, che colloca il torneo in una settimana pessima, schiacciata da due tornei più ricchi e sul cemento? Un’affermazione pungente che diventa addirittura paradossale visto che l’ha pronunciata Nicolas Jarry, n.45 nel ranking mondiale e secondo miglior tennista cileno dietro a Tabilo. Il gigante di Santiago ha parlato appena prima dell’avvio dell’unico torneo maggiore nel suo paese, il terzo della brevissima stagione su terra battuta in America Latina dopo Buenos Aires e Rio, a concludere un tour che, ridotto ai minimi termini con le ultime novità del calendario, ha creato disagi e polemiche nel continente vista la scarsissima considerazione da parte della dirigenza del tennis mondiale. Una situazione che sta spingendo i tre tornei latini a ipotizzare una rivoluzione passando a campi in duro in modo da accodarsi a quello di Acapulco che, grazie al cambio di superficie, si è rilanciato in passato ed è diventato oggi un evento centrale (e assai ben frequentato) appena prima del “double sunshine” negli USA. Secondo Jarry tuttavia il problema non deve essere la superficie in terra battuta, poiché rappresenta la storia del tennis in Cile ed è una superficie della quale c’è bisogno sul tour.
“A livello di torneo passando al cemento migliorerebbe, al 100%. A livello di giocatori, no, non credo più di tanto” commenta Jarry. “È importante mantenere il tour con eventi sulla terra battuta, il tennis si gioca sulla terra in molti posti. Non dobbiamo spostare tutto sul cemento”.
Duro Nicolas sulla collocazione in calendario del Chile Open: “Questa è la settimana peggiore in tutto l’anno per un torneo, ci sono due ATP 500 in contemporanea prima di un torneo sul duro di categoria Masters 1000. Non c’è motivo di venire qui se non sei cileno o sudamericano”.
Un’analisi secca ma corretta: difficile tenere in vita e far prosperare il torneo in un tour che privilegia la superficie in cemento e che non valorizza affatto i tornei nel continente, regalati ad una sorta di “contentino” per i giocatori locali che invece li disputano in massa, come è giusto che sia. Per Jarry l’unica soluzione non è quindi quella ventilata dalla zia Catalina (direttrice del torneo), ossia il passaggio al cemento, ma lavorare con l’ATP per una differente collocazione di tutti i tornei latinoamericani nella stagione. Una battaglia molto difficili, vista la direzione presa dalla dirigenza attuale del tour maschile.
Vedremo che ne sarà Movistar Chile Open 2025. Luciani Darderi è l’unico italiano in gara (testa di serie n.8, esordio contro il portoghese Faria), il seeding è guidato da Francisco Cerundolo e Tabilo.
Marco Mazzoni
TAG: Chile Open 2025, Nicolas Jarry
6 commenti
Potrebbe essere una buona idea, questo calendario è come un puzzle, tutti i pezzi vanno collocati al loro posto senza conseguenze negative. Cosa molto difficile ovviamente, ma io credo che alla fine ce la faranno
È quello che diceva di poter battere Sinner?
Non ascolto
La soluzione, comunque ardua, può solo essere lo scambio di posizione in calendario tra il blocco di tornei sul cemento (inclusi i due mega tornei statunitensi) e l’ormai ridottissima pattuglia di tre tornei sudamericani su terra rossa: lasciare febbraio ed i primi di marzo al cemento spostando Buenos Aires, Rio e Santiago tra marzo ed aprile, subito prima di Monte-Carlo.
In SudAmerica si avrebbe qualche rischio meteo in più, ma non certo peggio dell’incertezza primaverile che comunque incombe sempre sui più importanti tornei europei su terra rossa.
Quel che mi pare comunque affatto importante è non ridurre ulteriormente il numero di tornei di prima fascia su terra rossa e su erba in un calendario già assurdamente sbilanciato a favore dei tornei sul duro.
Men che meno facendolo in Paesi di grande tradizione tennistica, come Argentina, Brasile e Cile, fondata interamente sul mattone tritato.
Il punto è: accetterebbero i potenti organizzatori statunitensi di anticipare i propri tornei di un mese, un mese e mezzo?
Jarry ha ragione. L’unico che potrà cambiare le carte in tavole e costringere l’Atp ad avere una maggiore considerazione di questi tornei sudamericani è Fonseca.
Anche il 1000 di Miami (e Madrid) se dovesse essere venduto potrebbe dare vita ad una riorganizzazione del calendario più sensata.
Staremo a vedere.
Sino agli anni 80 i tornei sudamericani si giocavanop prevalemente fra Ottobre e Novembre, è solo dal 2000 che sono stati “retrocessi” a Febbraio. Sarebbe molto interssante che la stagione sulla terra battuta venisse allungata fino all’Autunno (vale a dire la Primavera Australe), in parallelo a quella sul cemento, con tornei di alto livello.
E il fatto che è un campo di patate di certo non aiuta a renderlo un torneo prestigioso