Draper a cuore aperto: “Guido ancora una Polo usata. Tutto è cambiato quando mi sono reso conto di non essere il giocatore che volevo”
Quando si parla di tennisti e persone non banali, Jack Draper rientra a pieno titolo in questa categoria. Il mancino britannico è esploso nel 2024 sfruttando finalmente il suo potenziale: prima vittoria in carriera, su erba a Stoccarda, quindi la semifinale a US Open, dove solo un formidabile Jannik Sinner ha arrestato la sua ascesa, e secondo titolo a Vienna. Potente, completo, può fare il punto da ogni posizione e possiede la rara capacità di far giocare “male” l’avversario punendolo poi all’improvviso con un cambio repentino, tutto questo e molto di più è Draper, anche un fisico fragile che troppe volte l’ha costretto a stop lunghi. Attualmente, tanto per cambiare, è alle prese con fisioterapia e riabilitazione: anca indolenzita e niente sessione invernale di allenamento con Alcaraz, come programmato mesi addietro. Sarà all’Australian Open, ma chissà in quali condizioni. La sensazione è che quando Jack si presenta in campo in piena salute sia già un tennista che vale ampiamente la top10, pronto a combattere per i grandi trofei. Draper ha rilasciato una lunga e interessante intervista al collega Simon Briggs del Telegraph, nella quale parla a cuore aperto delle sue priorità, e di come nonostante il tennis fosse il suo ambiente casalingo fin da sempre (il padre Roger è stato direttore esecutivo della LTA, la Federtennis britannica) i suoi interessi siano vari. Soffre molto per la condizione di sua nonna Brenda, sua prima vera allenatrice, malata di Alzheimer, tanto che il sostegno alla lotta contro questa malattia è diventato una delle sue priorità. Riportiamo alcuni dei passaggi più significativi del suo pensiero espresso nell’intervista.
“Guardi quella persona che ami, e capisci che lei non capisce più chi tu sia e nemmeno che cosa le sta succedendo”, racconta Draper parlando di nonna Brenda. “Ci sono molte fasi dell’Alzheimer. All’inizio, non pensi correttamente e perdi la memoria. Poi la fase peggiore è quando sei fisicamente in grado, ma non riesci più a fare le cose. L’ho vista attraversare molte fasi diverse, come il non voler entrare nella doccia. ‘Come fai a convincere questa donna così forte a entrare nella doccia ogni giorno?’ È impossibile. E quindi sei fiero di persone come mio nonno, è un vero eroe per come continua a fare quello che sta facendo”. Proprio dopo l’intervista al media britannico, Jack ha partecipato alla “camminata della memoria” lungo il Tamigi, in sostegno dell’Alzheimer’s Society, evento a cui hanno partecipato il direttore generale della LTA Scott Lloyd e una vasta gamma di allenatori, giornalisti e familiari. Un sostegno economico e morale, di presenza, quello di Draper, che vive questa terribile malattia in famiglia.
Jack racconta come sia cambiato in modo radicale il suo stile di vita, focalizzandosi sempre più sul tennis. “Quando ero un po’ più giovane, mi piaceva solo allenarmi un po’, tornare a casa e mangiare patatine tutto il giorno guardando la TV… Ora che sento di avere un obiettivo e uno scopo più grandi di me, voglio essere impegnato totalmente in quello che faccio. Voglio progredire. È tutto ciò a cui penso davvero. Quando ho dei giorni liberi, attraverso dei momenti in cui sono infortunato o non posso giocare e andare in palestra, lo trovo incredibilmente difficile. Ora ho iniziato a capire perché Andy [Murray] ha fatto così fatica a lasciare lo sport. Noi tennisti siamo strani, è come se inseguissimo qualcosa tutto il tempo, siamo come in preda a quella scarica di dopamina che ti porta a giocare e viaggiare per vincere. Non è la vita reale. Quindi quando torni a non avere mille cose addosso, ti senti quasi un po’ perso, come arrivo alla fine della giornata? Cosa faccio? Guardo un po’ di TV? E poi?“.
Draper pensa che qualcosa dentro di lui è scattato dopo la stagione su terra battuta la scorsa primavera. Con Wayne Ferreira al suo fianco, pensava di migliorare molte cose, a partire dal servizio. Le cose non sono andate affatto come sperava, con la terribile sconfitta patita a Roland Garros contro Jesper de Jong, n.176 al mondo. Fu come uno schiaffo… tanto che appena ha ripreso a lavorare col suo fidato coach James Trotman, si è come accesa la lampadina. “In quel momento mi sentivo come fuori controllo. Pensavo tipo, ‘Devo rimettermi in sesto. Cosa sto facendo? Non sto realizzando il mio potenziale. Non sono il giocatore che voglio essere.’ Quindi, quando ripenso a quest’anno, è questa la cosa che mi dà più soddisfazione, ancor più della cavalcata a US Open. È l’essere riuscito a risolvere certe situazioni e trasformarmi in un giocatore diverso grazie al cambiamento di mentalità. Durante quelle due settimane, iniziate con l’allenamento sull’erba di Wimbledon e che sono proseguite fino al trionfo a Stoccarda, sono cambiato davvero”.
Il lavoro con Ferreira, terminato dopo la stagione su erba, ha dato i suoi frutti in estate. “Wayne voleva che provassi a essere più coraggioso, a giocare a tennis spingendo subito fin dal primo colpo. Suppongo di averne bisogno, ma allo stesso tempo dovevo capire che tipo di giocatore fossi. Non sono un John Isner, una delle mie principali caratteristiche è il muovermi bene per la mia stazza, il riuscire a rimettere in campo qualche palla in più, perché è così che ho vinto le partite quando ero più giovane, quando ero piccolo. Ho dovuto vedere in persona che non sarebbe stato qualcosa di radicale, un grande cambiamento. Era solo forse il cinque o il dieci percento di cambiamento nel mio tennis, era avanzare un po’ di più in campo, o prendere qualche rischio in risposta in più, o fare qualche serve-and-volley in più, e cercare semplicemente di creare una maggiore presenza attorno al mio gioco e non essere così monotono. Ho dovuto cambiare, ma non ho dovuto cambiare molto. Dovevo solo capire quando spingere e quando no.” Sembra poco, invece è stato tutto per lui: capire finalmente come usare i suoi mezzi, le proprie qualità. Tutto da lì in poi è decollato.
Victorious in Vienna 🏆
The moment @jackdraper0 claimed the biggest title of his young career!#ErsteBankOpen pic.twitter.com/rLVZDrbhz2
— Tennis TV (@TennisTV) October 27, 2024
“Ciò che funziona per me è venire ogni giorno ad allenarmi e cercare di capire cosa devo fare meglio per poter competere al massimo nei tornei più importanti, per arrivare nei giorni decisivi dei tornei e battermi con i giocatori di alto livello, mentalmente, emotivamente, fisicamente, tutto. Credo di essere pronto a livello mentale, sento di avere la personalità adeguata a farlo. Non mi chiuderò nel mio guscio, non me ne starò seduto ogni giorno nel mio soggiorno a pensare ‘Sono il numero 1 britannico, cosa vuol dire questo?’. Sono concentrato su come migliorare. E se un bel risultato arriverà in Australia, o se sarà a metà anno, a Wimbledon, lo vedremo. La cosa principale è sentire che sto migliorando di continuo. E sì, spero di poter essere uno dei migliori giocatori al mondo”.
La chiusura per l’extra campo, Jack afferma di esser un ragazzo molto semplice, che non pensa troppo al denaro e alle cose materiali. “Quest’anno ho guadagnato bene, è vero, ma guido ancora una Polo di seconda mano… Non sono materialista. Non penso a me stesso o a quello che faccio come qualcosa di impressionante”.
Da tonnellate di patatine fritte a quella scarica di adrenalina continua che porta Draper a mangiare “pane e tennis”, non stare mai fermo e pensare in modo quasi ossessivo a come fare a vincere. Eh sì, nella testa del britannico sembra davvero scattato qualcosa, quella piccola magia che rende un atleta un potenziale campione.
Marco Mazzoni
TAG: Jack Draper, Marco Mazzoni
Bel post!
Questo periodo, senza eventi, ci serve per conoscere le “persone” che giocano a tennis. Broosky, il suo autismo, Draper, il suo dramma familiare che ormai, visto l’ aumento dell’ età adulta, è la malattia di cui tutti noi abbiamo paura. Speriamo che anche loro contribuiscano con parte dei loro guadagni alle campagne per la ricerca, noi nel nostro piccolo lo facciamo.
Oggi abbiamo conosciuto un’ altra brava persona.
Lo sport professionistico necessita sempre più di disciplina se vuoi anche solo rimanere al tuo livello massimo,che sia il n.1,50 o 200 del mondo. Questo comporta non avere vizi,non perdersi in stupidaggini perché poi recuperare le posizioni perse è dura.
I ragazzi imparano che anche solo un infortunio può fermare una carriera quindi finché stai bene devi darci dentro anche per gli introiti economici che ne derivano.
Draper sembra una bella persona ma in fondo lo sono molti e i “bislacchi”,vedi Kyrgios,Paire,Tomic sono mosche bianche,dei George Best (che era un fenomeno) oppure dei Gascoigne o Adriano ,i cui talenti sono assolutamente insufficienti nello sport attuale.
Dall’intervista emerge una gran bella persona. Questi ragazzi che diventano ricchi e famosi da giovani facendo un lavoro che e’ una passione e uno sport, spesso perdono il senso della misura e súbito cominciano a spendere e spandere senza avere un obiettivo vero ma solo perché hanno cosí tanti soldi che non sanno che farsene. Forza Jack, ti auguro il meglio e di riuscire a vincere prima o poi nella tua Wimbledon. Hai le qualita’ e il gioco per poterlo fare.
Dai Jack
Non credo, la cercava con la guida a destra.
Draper piace.
Al di là del tifo per il nostro talento, sarebbe una gran bella cosa per il tennis se Draper vincesse prima o poi un Wimbledon
Forza Jack che se metti a posto i guai fisici in top 10 ci vai in carrozza
Ultimamente lei riesce a fare qualche simpatica battuta. Speriamo continui così anziché trollare …. Ne gaudagneremmo tutti.
Lui e Fonseca. Tirano forte come ‘Sandrino il mazzolatore’.
Staranno a breve con i più forti.
Credo.
Come tennis vale ampiamente la top ten forse di più
Se risolve i problemi fisici son guai per tutti
Sono d’accordo
@ Groucho (#4278315)
Scusa, non era una risposta al tuo post.
@ Groucho (#4278315)
Più questo ragazzo si presenta più mi piace.
amaranto con tettuccio apribile?
Ecco se potessi scegliere un giocatore straniero da tifare è Jack Draper,molto più forte del tanto pompato Shelton e molto più sincero e meno sbruffone del N1 ad Honorem Carlos Alcaraz
Forza Jack
La Polo gliel’ho venduta io, ma l’avevo davvero tenuta bene