Arrivederci e grazie, sir. Andy Murray. Il tributo a un grande campione
“Never even liked tennis anyway.” Solo un personaggio animato da cotanta arguzia ed ironia come Sir. Andy Murray poteva scegliere un epitaffio così per salutare il mondo del tennis, il suo mondo, dopo aver disputato l’ultimo match ufficiale alle Olimpiadi di Parigi, il doppio perso insieme a Daniel Evans contro il team a stelle e strisce Fritz – Paul. Si chiude con una sconfitta e non un’altra medaglia olimpica la carriera di Murray, lunga e travagliata, animata da tanti episodi, cadute e risalite, vittorie storiche e tonnellate di polvere masticate nell’infinita rincorsa ai tre davanti, Roger, Rafa e Novak, complessivamente più forti e vincenti di lui. Fab4? Per molti, sì, per altri nient’affatto, visto che erano loro i tre tenori e Andy solo la gamba zoppa dei Beatles tennistici, uno che ha provato a restare aggrappato al loro treno velocissimo, salendo e scendendo a più riprese, con più frustrazioni che soddisfazioni. Uno britannico quando vinceva, “scozzese” quando perdeva…
Ci vorrà del tempo per analizzare bene, a freddo, la carriera di Murray. Una cosa vorrei chiarirla immediatamente, forte e chiara: guai ad apostrofarlo come “perdente”. È vero che se andiamo a vedere il suo bilancio contro gli altri tre big ha solo dati in negativo (11-25 vs Djokovic, 7-17 vs Nadal, 11-14 vs. Federer), e che a livello di vittorie Slam siamo indietro anni luce (3 per Andy, contro i 20 di Roger, 22 di Rafa e 24 di Novak). 8 finali Major perse, 3 vinte. Una statistica non esaltante ma… si può considerare “perdente” un ragazzo che si è spinto oltre il limite delle sue capacità fisiche e tecniche, migliorando lentamente ma costantemente il suo gioco, arrivando a vincere 46 tornei ATP (tra cui 14 Masters 1000), due Ori olimpici consecutivi in singolare (record assoluto questo), US Open e due Wimbledon, riportando uno Slam nel Regno Unito dopo il mitico Fred Perry nel 1936? Io assolutamente no.
Proprio in questi giorni Olimpici a Parigi, si è acceso un forte dibattito sul concetto di sconfitta, di grandezza o meno di un risultato. Nel mondo super competitivo di oggi, dove milioni di persone praticano sport a livello agonistico sostenute da metodi scientifici di allenamento e grandi mezzi, arrivare secondi o terzi è indice di assoluta grandezza, non di povertà o miseria. Chi narra lo sport esaltando solo e soltanto vittoria e primati ha perso misura, non rende un bel servizio. I secondi, terzi o pure i quarti, sono enormi atleti e campioni. Non è solo il primo posto il metro di tutto. È ora di cambiare paradigma alla nostra visione dello sport, e se vogliamo della vita. Murray in questo è l’esatto esempio di un atleta formidabile che è andato oltre ai propri difetti e mancanze, riuscendo ad ottenere risultati eccezionali nonostante rivali più attrezzati. Per questo è un tennista esemplare, che dobbiamo ringraziare per le tantissime ore di spettacolo e divertimento prodotte nei più importanti court del mondo.
Never even liked tennis anyway.
— Andy Murray (@andy_murray) August 1, 2024
La sua storia è partita dal nord, Scozia, Dunblane per la precisione, uno di quei posti dove puoi passare solo per caso se la vita ti conduce attraverso altre rotte. Lontanissimo dai sacri prati verdi di Wimbledon. Ha iniziato a giocare a tennis a tre anni, spinto dalla passione dell’onnipresente madre Judy. Che la sua vita e carriera non fosse costellata solo da rose e fiori l’ha intuito a otto anni (1996), quando sopravvisse miracolosamente al massacro scolastico alla Dunblane Primary School: 16 compagni di classe e un insegnante furono assassinati in una sparatoria da un folle, entrato nella scuola per vendetta. Fu il più grave fatto di sangue accaduto in un istituto nella storia britannica moderna. La famiglia Murray conosceva l’aggressore. Non è mai stato un ragazzo come gli altri Murray, fin da quando ha iniziato a calcare il tour Pro con quella chioma di capelli ribelli, lo sguardo torvo e poi improvvisamente sereno, e quella lingua tagliente quanto il rovescio, forse ancor più letale… Andy in realtà è un tipo molto tranquillo nel quotidiano, animato da quell’irresistibile humor tutto British che esterna nei suoi leggendari tweet social, o con gli amici di sempre di fronte a un buona birra, talvolta anche nelle sala stampa. Per la sua ex allenatrice Amelie Mauresmo, “Andy ha come una doppia personalità. In campo e fuori sono due persone diverse, forse anche per questo non è riuscito a tirare tutto il meglio di se in ogni fase della sua carriera” ricorda l’ex campionessa francese, oggi direttrice di Roland Garros. Cosa rara tra i professionisti maschi, Murray è da sempre un appassionato sostenitore della parità di retribuzione per i tour maschili e femminili, di diritti e visibilità. “Sono stato coinvolto nello sport per tutta la vita e il livello di sessismo è irreale”, ha scritto una volta Murray su Instagram. Murray è diventato solo il secondo giocatore Top-10 nella storia dell’ATP Tour ad avere un’allenatrice nel suo box con Mauresmo. Tantissime chiacchiere allora, ma lui mai se c’è curato, è sempre andato avanti per la sua strada.
Proprio il rapporto con i coach è stato travagliato. Ne ha cambiati tanti, forse troppi. C’è chi dice per la presenza ingombrante della madre – e tutti sappiamo quanto possa essere castrante per un giovane una mamma onnipresente e mai doma…- tanto che alla fine i suoi migliori anni sono arrivati sotto la severa guida di Ivan Lendl, un super campione per certi versi ha più di un affinità con Murray. Il carattere scontroso, la certosina costruzione, anche lenta se vogliamo, del proprio gioco, le molte sconfitte Slam e la sensazione che vi fossero più “talenti” di lui, ma alla fine le vittorie arrivavano. Murray ha dovuto lavorare tanto, forse più degli altri tre campioni della sua epoca, per tirar fuori ogni stilla del suo talento. Ha stentato più degli altri a costruire il fisico, strutturalmente meno forte e più fragile, e il suo tennis è cresciuto e quindi esploso più tardi. A completata maturazione, dopo estenuanti sessioni di lavoro (in estate nel caldo di Miami per prepararsi al meglio a quello altrettanto torrido di NYC), finalmente i vari tasselli tecnici hanno iniziato a lavorare all’unisono, e nel 2012 proprio nella Grande Mela è arrivato il primo, sospirato, Slam. Forse gli è mancato almeno un successo agli Australian Open, ma complessivamente Djokovic nelle tante finali gli è sempre stato superiore per mentalità e completezza di gioco.
Forever in our hearts 💙 Today, we celebrate an amazing career and legacy. #SirAndy | @andy_murray pic.twitter.com/dailIta1Zo
— ATP Tour (@atptour) August 1, 2024
Cosa è mancato a Murray per vincere di più? Un po’ tutto se vogliamo, o solo dettagli fondamentali a fare la differenza. Di sicuro la sua seconda di servizio non è mai stata all’altezza degli altri tre, col diritto non ha mai davvero superato il limite di un’apertura meno fluida, e per anni ha tenuto un’attitudine fin troppo difensiva e da contrattaccante, spremendosi al limite invece di giocare più di petto, più diretto e offensivo. Non è un caso che nelle sue tre vittorie a Wimbledon (due ai Championships, una nell’evento Olimpico 2012) si è visto il suo tennis migliore, più rapido e incisivo, zero attendismo e tanta qualità. Forse avrebbe dovuto lavorare maggiormente sulla mentalità offensiva, provando a sgravarsi da un conflitto interiore e col rivale che l’ha penalizzato a più riprese, esplodendo spesso e volentieri in una rabbia agonistica nefasta e autodistruttiva. Iconiche le sue incazzature furibonde contro il suo angolo, gli sono costate più di una sconfitta. Ma anche a livello puramente fisico ha sofferto la minor potenza rispetto a Nadal, la minor elasticità e facilità rispetto a Federer, la minor resistenza rispetto a Djokovic. Solo nel 2016, il suo anno migliore, è riuscito a tenere il piede a manetta per molti mesi, con una seconda parte di stagione irreale che l’ha portato a dominare, vincere le Finals a Londra e chiudere meritatamente da n.1 del mondo. Uno sforzo clamoroso, oltre la sua capacità di tenuta, che ha pagato a caro prezzo con l’inizio dei problemi all’anca – poi operata – che di fatto hanno chiuso la sua carriera al vertice. Questo è stato l’ultimo grave infortunio di una lunga serie che l’ha caratterizzato per tutta la carriera. Nadal e Djokovic hanno spinto come forsennati, ma il loro fisico in qualche modo ha tenuto; quello di Andy assai di meno.
Lasciando l’annoso confronto con gli altri, il tennis di Murray stato un capolavoro di gioco difensivo pronto al contrattacco. Mano assai più sensibile di quello che gli è sempre stato riconosciuto, ha migliorato progressivamente in visione e prontezza per cambiare ritmo e attaccare. Leggendarie le sue rincorse, solo apparentemente disperate, come i tanti passanti e rovesci vincenti. Ho sempre pensato che dovesse spostare più in avanti il baricentro della sua posizione, per soffrire e consumarsi di meno. Il suo coach Lendl c’ha provato a più riprese, anche portandolo insieme a giocare a golf e provando a fargli capire la posizione ideale sui Green. C’è riuscito a tratti, con pesanti ricadute un po’ per infortuni, un po’ per la sua testa assai conflittuale, che nelle fasi delicate lo forzava a retrocedere su ataviche certezze difensive piuttosto che l’arrembaggio. Ormai è andata, ma chissà che ne penserà Andy in futuro, riguardando nella sua testa la propria lunga carriera davanti ad un bel fuoco e con i figli attorno. Certamente è consapevole di aver speso ogni stilla di energia fisica, in allenamenti estenuanti e infinite sessioni a riprendersi dai tanti infortuni.
1001 singles matches
739 victories
105 top 10 wins
46 ATP titles
41 weeks as World No. 1
29 wins over the Big 3
14 Masters 1000 titles
11 Grand Slam finals
3 Grand Slam titles
2 Olympic Gold medals
1 @andy_murrayThank you, Sir Andy 💙💙💙 pic.twitter.com/SQyNgA2hqV
— Tennis TV (@TennisTV) August 1, 2024
Operazioni, cambi di rotta e frustrazioni per finali perse e risultati che non arrivavano come sperato. Ma anche vittorie, momenti di gloria e immense soddisfazioni. Murray ha scritto pagine memorabili di tennis e di vita, mettendo in campo tutto quello che aveva e anche di più. Si è messo a nudo più e più volte, senza la paura di mostrare fragilità, lacrime e pensieri oscuri. Ha perso molto e vinto tanto. Ha lottato e ce l’ha fatta. Alla fine Murray, con tutti i suoi pregi e difetti, è un campione splendido che sentiamo più vicino a noi rispetto ad altri così forti da sembrare inarrivabili. Una volta sulle scale della press room al Monte Carlo Countri Club ci siamo scontrati fisicamente… lui scendeva di corsa, io salivo di corsa… boom! Siamo quasi caduti a terra e lui mi ha acchiappato e rialzato. È stato lui a sorridere e scusarsi per primo. Quello sguardo inquieto pur nel sorriso non lo dimenticherò mai.
Marco Mazzoni
TAG: Andy Murray, Editoriale LiveTennis, Livetennis Magazine, Marco Mazzoni, Ritiro
Ho sempre provato simpatia per Andy, uno dei FAB4 che si è trovato a disputare gli slam con 3 mostri sacri riuscendo a ritagliarsi il proprio spazio.
Ciao Andy! Mi scende quasi una lacrimuccia perchè un altro dei bei anni se ne va, ne rimangono ancora 5-6 in circolazione 😥
@ Amleto (#4157335)
Scendi dal piedistallo, anche meno, rilassati! Sfortuna nel senso che è capitato nell’era dei 3 cannibali, dei 3 più vincenti e, probabilmente, più forti di sempre, o vuoi negare anche questo bastian contrario? Certamente che, se guardato da un altro lato, per lui è stato un onore e un vanto giocarsela, alcuni anni alla pari, con quei 3 mostri della racchetta e di longevità. Certo che 3 Slam e 14 Master 1000 è tanta roba, in altre epoche sarebbero stati molti di più senza quei 3. Cosa ho detto di così grave e sbagliato da provocare il tuo saccente sarcasmo e il tuo sconcerto? Argomenta pure…
Grazie è stato un articolo illuminante. Dovrebberlo leggerlo agli studenti a scuola.
@intenditore sei sicuro che sia stata una sfortuna? Ti saresti senti sfortunano a vincere 47 titoli nel momento forse più magico e irripetibile di questo sport?
Personalmente mi sarei goduto ogni istante
Sarà la ventesima volta che dà l’addio al tennis dagli Aus Open del 2019
Thanks Andy!
un onore averti visto all’opera, sir Andy. grazie di tutto
God save the king,
Ciao Andy, é stato un onore
Mah…. se poi alla fine della carriera invece che 3 slam te ne trovi 13, te ne fai una ragione di non aver sempre trovato quei tre demoni sul tuo cammino..
Uno straordinario combattente.
Il pugile David Haye lo ha aiutato a sviluppare ancor maggior resistenza e tenacia.
Ricordo che da bambino, lui e suo fratello, si sono salvati per miracolo da una strage (18 morti) nella sua scuola di Dunblane.
Lui non ne ha mai voluto parlare.
Secondo me il giocatore più completo che abbia mai visto. Gli è mancato il colpo del k.o. Servizio e dritto molto forti ma non eccezionali. Ma tecnicamente senza un difetto. Ha fatto oltre 30 finali tra slam e 1000, è un risultato pazzesco se ci si pensa. Poi spesso in queste finali ha trovato i mostri, per cui è andato in negativo.
@ Intenditore (#4157014)
Si sfortunato. Come è molto fortunato Alcaratz ad avere solo 2 validi avversari oggi…Nole e Jannik!
C’è ancora wawrinka che si rifiuta di accettare l’inesorabile lancetta che gira..
Tanti saluti e complimenti al Campione! Ne avessimo tanti noi. Sta finendo un’era D’oro!!
Murray mi ha sempre suscitato sentimenti contrastanti. Bello il racconto di Mazzoni, in particolare nel passaggio sul tarare diversamente il racconto delle imprese sportive.
Un grande plauso va fatto ad Andy, è riuscito ad essere competitivo con gli altri tre mostri sacri del suo periodo tennistico, riuscendo ad arrivare in cima alla classifica per alcune settimane.
Ha lottato sempre al massimo delle sue possibilità, forse con meno talento degli altri tre big, ma con un attaccamento al tennis ed un’ umanità in tutti i suoi aspetti che lo hanno elevato al livello di Roger, Rafa e Novak pur senza raggiungere i loro risultati ma lui era lì che lottava e lo faceva perché amava questo bellissimo sport.
Grazie Andy e buona vita.
Non la chiamerei sfortuna. E’ stato probabilmente fortunato ad aver preso parte ad uno dei periodi più belli della storia del tennis. Forse avrebbe potuto vincere di più in altri periodi? E chi lo sa…. Ma condividere gioie e purtroppo un pò di dolori in più con i più grandi di sempre potrebbe essere stato un onore. Molti metterebbero la firma per dire aver potuto giocare contro Federer, Nadal e Djokovic.
Boh, forse mi sbaglio…
ed è riuscito ad essere numero 1 per quasi un anno di fila ed è quindi il 14° nella classifica delle settimane da numero 1
Allora Andy, vero che hai già più figli che Slam, però stando più tempo a casa mi sa che proseguirai ancora la serie…
A parte gli scherzi, non l’ho mai sopportato in campo, ma sicuramente un grande campione che mancherà al mondo del tennis, sempre che non voglia tornare magari da coach, lo vedo molto adatto al ruolo.
A dispetto dello sguardo spesso corrucciato, quando a Roma si potevano avvicinare i tennisti, tanti anni fa, mi ricordo che si faceva abbracciare e dare le pacche sulle spalle da tutti!! Una pertica, con muscoli in rilievo sulla schiena!! Affabile e sorridente
Mourinho? 😀
È stato un grande campione, con la gigantesca sfortuna di essere coetaneo o quasi dei 3 marziano cannibali. È stato l’unico a insidiarli, i 3 Slam e i 14 Master 1000 valgono tantissimo proprio per questo motivo.
Ciao e grazie Sir Andy,con la tua resilienza, caparbietà e tenacia sei riuscito ad insinuarti nell’interregno dei 3 immortali…diventando anche tu immortale……
Chapeau Andy
Valzer delle panchine.
Murray prendi Nardi!
Fognini prendi Nardi!
Ljubo prendi Nardi!
Vabbè, Nardi non è il Real Madrid però… Murray per gioco (affine) e carattere (opposto) non sarebbe proprio male.
Certo… Si liberasse Ancelotti avrei certezza del buon esito.
I tre eccelsi della Trimurti…
Poi sir Andy,
poi un po’ Wawrinka
e Del Potro
poi… attualità. 🙂
Thanks a lot Muzza!
WHAT A
M A N !!!!