Le gestione del sovraccarico cognitivo nella next generation
La sconfitta di Jannik Sinner al Roland Garros da favorito poteva rappresentare un evento isolato per un atleta che contro i tennisti al di sotto del suo ranking ha spesso fatto valere i favori del pronostico; ma il secondo stop sull’erba olandese ha amplificato dubbi e incertezze sulla sua competitività in vista di Wimbledon, sia tra i fan che tra gli addetti ai lavori.
Già durante l’intervista post sconfitta al Roland Garros, Jannik, sempre molto lucido in questi frangenti, aveva sottolineato due aspetti importanti che potevano aver influenzato negativamente la sua prestazione:
– l’eccessiva pressione
– l’incapacità di divertirsi in campo
Tradotto in altri termini, questo può significare giocare teso, giocare consumando il doppio delle energie psicofisiche, abbassando il livello del proprio gioco per ritrovare la propria zona di comfort, ma arrivando al traguardo comunque stremato.
A Parigi è stata probabilmente la prima volta che abbiamo osservato l’altoatesino buttare la racchetta a terra sconsolato, o lamentarsi a voce alta, tutti segnali che sono in contrasto con la tenuta mentale che avevano caratterizzato le sue prestazioni precedenti.
Se vogliamo provare a metterci nei suoi panni, possiamo provare a immaginare di essere stati invitati a un pranzo a cui non vogliamo mancare. È una bella giornata, usciamo di casa con largo anticipo per essere sicuri di arrivare in tempo e ci mettiamo al volante della nostra auto. Non conosciamo la strada ma abbiamo il nostro fido navigatore che ci accompagna. Sta andando tutto bene, ma a un certo punto il segnale GPS si interrompe.
Senza che ce ne accorgiamo, iniziamo a rallentare, e fissiamo lo schermo indicante la nostra posizione sperando che le cose si sistemino; potrebbe sfuggirci qualche imprecazione, o alcuni colpetti di troppo allo schermo nella speranza che magicamente si sistemi, ma nessuna di queste strategie si rivela adeguata.
Il nostro dialogo interiore si fa più pressante, prova a proporci soluzioni che si accavallano una sull’altra. Non avendo pianificato una strategia alternativa efficace, le nostre abilità di problem solving si stanno rivelando tutt’altro che funzionali. Come se non bastasse davanti a noi comincia a crearsi una lunga coda di auto, probabilmente a causa di un incidente.
Lentamente prendiamo consapevolezza che le premesse iniziali si erano rivelate errate, e la nostra idea di arrivare puntuali al pranzo lascia spazio alla frustrazione e al dispiacere.
In situazioni del genere, che probabilmente son capitate a tutti, il nostro sistema nervoso non è in grado di comprendere che si tratta solo di un pranzo, o di una partita di tennis, perché il nostro senso del pericolo si è sviluppato filogeneticamente per proteggere la nostra specie e garantirci la sopravvivenza. Di conseguenza, una volta che il sistema di allerta è stato attivato, mette in atto i suoi sforzi per proteggerci dalla minaccia, non importa se ipotetica o reale, attraverso una reazione di attacco-fuga, che consiste nell’insieme di risposte fisiologiche che avvengono nel nostro corpo e che ci preparano agli sforzi necessari per combattere o scappare. Ed è inevitabile che sia così. Quello su cui è possibile intervenire, e che può fare la differenza tra vittoria e sconfitta in un campo da tennis, è la gestione funzionale di questi momenti di tensione.
Prendiamo ad esempio la finale vinta da Djokovic contro Alcaraz, vittima di crampi causati dall’eccessivo stress psicofisico.
Anche in questo caso, quando sembrava tutto pronto per il passaggio di consegne tra il giovane astro nascente del tennis e il veterano, Djokovic ha dimostrato ancora una volta che per avere la meglio su di lui non basta la forza fisica, non basta la tecnica, ma è necessaria una dote che solo il tempo può forgiare, la solidità mentale.
Non sappiamo con certezza se il tennista serbo abbia inserito nei suoi allenamenti quotidiani anche una routine di mental training, ma sappiamo che è molto attento ad argomenti come la midfulness o lo stato di attenzione sul momento presente tipica della meditazione, che nel campo da gioco possono aiutare a sperimentare sensazioni positive anche nei momenti più complicati della partita, e che aumentano il senso di autoefficacia nella gestione della frustrazione. Non sappiamo se i giovani tennisti abbiano nel loro team figure dedicate all’allenamento mentale, e se sia solo l’esperienza il tassello mancante per la gestione ottimale della tensione nel rettangolo da gioco. Quello che possiamo notare, è che il carico di aspettative può avere un impatto negativo e sottovalutarlo potrebbe non essere una buona idea.
Se torniamo a riflettere sugli aspetti che hanno caratterizzato le ultime sconfitte di Sinner, soprattutto quella con Altmaier, non possiamo non considerare il ruolo centrale che le alte aspettative hanno avuto sull’esito finale dell’incontro: un tabellone mai così favorevole, un avversario alla portata, una prestazione precedente che fa ben sperare. Di fronte a queste premesse, sarebbe stato difficile per chiunque non avere la testa già proiettata all’intervista di fine match.
A queste condizioni, se gli eventi prendono una direzione inaspettatamente negativa, mantenere la mente focalizzata sulla partita senza rimanere ostaggio di un dialogo interiore incessante e influenzato da uno stato emotivo instabile, può diventare un’impresa da Guinnes dei primati.
Inoltre, quando si ha la percezione che la voglia di divertirsi stia vendendo a mancare, potrebbe significare che alcuni valori importanti per sé stessi, per quello che si fa, e per il significato più profondo che l’impegno nello sport comporta, stanno venendo meno o hanno bisogno di essere riconsiderati, approfonditi, ed eventualmente rielaborati cosi da evitare un carico emotivo e cognitivo che può risultate ingestibile nelle fasi calde di un match o prima di un incontro importante.
Una sconfitta imprevista può richiamare alla mente vecchie ferite del passato, e rappresentare una minaccia per l’immagine di sé che è stata faticosamente costruita per nascondere determinate fragilità.
Per questo lavorare sulla preparazione mentale, magari con il proprio psicologo dello sport, potrebbe essere utile per comprendere a fondo il significato che si cela dietro una sconfitta, per riflettere sulle emozioni provate nei momenti difficili, e su quelle sensazioni che rimangono attive e che spesso si tende a non considerare perché rappresentano solo una piccola nota negativa di sottofondo nei giorni successivi, così da affrontare i match successivo con il giusto spirito.
Anche valutare una piccola pausa potrebbe risultare necessario per riordinare le idee o ricalibrare gli obiettivi o le aspettative inconsapevolmente sottovalutate.
Inoltre, ritagliarsi un momento per avere compassione e accettazione per i propri limiti e le proprie debolezze potrebbe favorire il salto di qualità verso la completa maturazione non solo come atleta, ma anche come persona.
Al contrario, evitare di fermarsi per focalizzarsi su questi aspetti, sottovalutandone l’importanza perché “tanto prima o poi passano”, o cercare di distrarsi per voltare pagina al più presto attraverso la partecipazione a un torneo minore, potrebbero rappresentare strategie utili nel breve termine, ma nel lungo periodo, amplificare le problematiche se le sconfitte dovessero diventare più frequenti, e la conseguente frustrazione molto più ingestibile.
Marco Caocci
Psicologo
TAG: psicologia sport, psicologia tennis
Grazie dott. Caocci.
Tutto ciò che è psicologia mi interessa molto.
Ad un certo punto della mia vita fui molto attratto dalle figure di Milton Erickson e Steven Heller (soprannominato ‘the Wizard’).
Poi tra Vipassana o ipnosi, vipassana o ipnosi, ho scelto la prima.
Saluti 🙂
@ Locovanz (#3619750)
Applausi scroscianti…
Qui si fa fatica a capire di tennis, figuriamoci di cosa sia scienza o no…
Sbagliato.
La psicologia è una pseudoscienza.
La scienza è tutta un’altra cosa.
@ Luis Piz (#3619353)
Ribadisco, la psicologia E’ una scienza.
Non perché lo dico io, ma perché così è definita dalla comunità internazionale di esperti che decide cosa sia una scienza e quali caratteristiche debba avere, esperti molto più brillanti, acculturati ed intelligenti del sottoscritto. Che poi per te non lo sia conta come un 2 di picche.
Scusa la pedanteria ma mi infastidiscono le inesattezze frutto di opinioni personali e non di un parere esperto.
Ad ognuno il suo campo, ed impariamo a fidarci in po’ di più di chi un determinato campo lo conosce senza fare i tuttologi
@ Koko (#3619486)
@ Luca Martin (#3619556)
Salve Luca, grazie per il suo spunto. Se è interessato ad approfondire il tema della flessibilità cognitiva, ne avevo parlato in questo articolo: https://www.livetennis.it/post/352607/la-flessibilita-cognitiva-il-tennis-e-le-olimpiadi/
@ Luca Martin (#3619556)
Ho visto giocare Jannik che aveva tra i 15 e i 17 anni. Purtroppo non mi ricordo esattamente l’anno.
Era il Challenger di Genova e giocò contro l’indiano Nagal sul Campo n.1. Era una mattina. Soleggiata.
Ricordo questi miei pensieri e considerazioni.
‘Mio dio, questo ragazzino è italiano!’ (il cognome ovviamente mi aveva indirizzato per altre strade, ma poi vidi la bandiera tricolore sotto il suo nome).
‘Mai visto un ragazzino (Jannik all’epoca sara’ stato 10 cm più piccolo di adesso) così giovane tirare così forte’.
Mi guardai attorno pensando ‘Come on, ma venite a vedere ‘sto fenomeno’ ‘E’ possibile che a nessuno interessi?’ (ero forse l’unico a vedere il match!)
Mi ricordo che Jannik ‘tirava tutto’, ma mi accorsi che era un po’ testardo. Questo mi fece un po’ dubitare di lui. In pratica rifiutava di cambiare strategia. Costi quel che costi, continuava nel braccio di ferro.
Alla fine, per la cronaca, vinse questo Nagal, che giocava bene (non era uno scappato di casa). Il match fu molto tirato. Combattuto.
A distanza di anni, mi pare che l’imprinting che aveva (scarsa adattabilità alle situazioni) sia rimasto. Sono caratteristiche della personalità, che evidentemente sono difficili da modificare.
Mental coach? C’è una vasta gamma di approcci. Quella di Jacobs ha dato frutti per l’Olimpiade, adesso pare in grossa difficoltà.
Lo stesso valse per la fenomenale tiratrice Jessica Rossi. Fece un record mostruoso 99/100, vincendo l’Olimpiade a soli 20 anni.
Anche lei era seguita da un mental coach, genovese (molto avversato dalla federazione, sigh).
Articolo davvero interessante, però ci sono due note un po’ stonate. Intanto, il confronto dell’appuntamento per il pranzo con una partita di tennis. Il primo ci mette in grave agitazione perché non possiamo fare nulla per cambiare la situazione. Jannik, in partita, fino a prova contraria, può fare sicuramente qualcosa, bisogna vedere se ha le armi per farlo. Però ha il 50% della situazione in pugno (la persona in macchina non può volare sull’incidente o riparare il navigatore, quindi è totalmente inerme alla situazione).
Infine non si tiene conto del momento del ragazzo.
Ha di nuovo (!) cambiato il movimento del servizio, tornando al foot-up, cosa che l’ha già messo in crisi in passato. In generale quando Jannik deve assorbire questi grossi cambiamenti va in crisi. Probabilmente proprio perché deve stare più attento a tutto e si diverte meno.
È così dai tempi di Piatti e dei challenger
Bah se è per questo nemmeno la medicina è una scienza! Se l’oggetto di studio è molto complesso la scientificità dell’indagine decresce fatalmente! La scienza per eccellenza è la fisica ma anche li vi sono interpretazioni molto creative se si arriva in profondità alle particelle minime o all’origine di tutto! Nondimeno è possibile intervenire nelle misurazioni a livello di regolarità statistiche significative affidandosi a test statistici efficaci. Nella psicologia sperimentale ci sono laboratori con esperimenti su studenti ( ti mobilitano a caso e ti fanno percepire qualcosa ad esempio sui colori o sulle forme geometriche) e applicazione della statistica sui dati raccolti! Non è un qualcosa di introspettivo e fumoso!
Mmm… Non proprio. Lendl era un campione, che subì come tutti Borg e Connors da cui perse i primi 8 match ma non aveva timori reverenziali verso McEnroe che batte sette volte di fila dopo aver perso i primi due incontri. Che poi avesse una mano di pietra no, non è così: se guardiamo dei vecchi match scopriamo volée molto difficili eseguite di fronte ad un John stupito ed irritato (si riteneva l’unico in grado di farle).
Lendl a rete era capace, non un maestro,la sua difficoltà era la transizione da fondo. Tra l’altro batteva e scendeva regolarmente su erba e non lo disdegnava su altre superfici, giocava più volée lui in un match che Rublev e Sinner sommati in un intero torneo… Anzi due. Mentre Borg era un atleta naturale lui fu, con la Navratilova,il primo a mettere la scienza dell’alimentazione come elemento fondamentale dell’allenamento.
@ Gartierundolo (#3619320)
Sai cosa dice Gabriele quando afferisce alla categoria inferiore? (cfr. “seppur in categoria challenger”) , il Re dei Giudei purtroppo per Ponzio Pilato non lo scomodare invano…
Da oltre un secolo -partendo da Einstein e da tutta la Fisica Quantistica- la “Scienza evoluta attuale” ha superato la visione limitativa della vecchia scienza meccanica che @Alecon definisce fisico-materiale.
la psicologia è scienza umana, quindi di livello ancora più nobile, sono caso mai i metodi o le scuole di applicazione che sono più o meno affidabili
Esiste una “disciplina” che ha più basi scientifiche della psicologia: l’astrologia.
I dati sui moti dei pianeti sono verità scientifiche, basate su calcoli precisi che portano a conclusioni e previsioni verificabili e riproducibili.
bell articolo vero, viviamo sorridendo, con autoironia, facendo non quello che ci pare ma facendo quello che ci piace, nel rispetto degli altri e delle regole non ascoltando i pareri degli altri Smettiamo di relazionarci solo sui social…divertiamoci e circondiamoci
di positività…e gli psicologi i 100 euro a seduta lì guadagnano in altro modo …
Non è un pugnetto triste….è un gesto di autoconvincimento che è sulla strada buona per la vittoria…ovviamente nasconde anche delle insicurezze…ma a questi livelli con così tanto equilibrio l’insicurezza della vittoria è normale. E’ un andiamo, un forza che ce la faccio, un autoincitamento verso il proprio obbiettivo.
Più il braccio è teso e il gesto pronunciato e più l’intensità è alta, più il braccio è mosso in modo “più rilassato” significa che ha la situazione è più sotto controllo, se non lo fa o è totalmente in controllo o è già sotto la doccia perchè si sente sconfitto. Questa ultima ipotesi è accaduta molto di rado.
Orrore !!! 😐 … i primi 30° fanno danni enormi !!!
Tutto giusto. Ma perchè Djokovic ha un mental coach?
quale scritto? …..!!!
@ ospite (#3619399)
chi lavora senza divertirsi e non arriva a fine mese e sono molti di più dei primi 100 tennisti al mondo , beh le
loro sono pressioni . Le pressioni le hanno chi è 500 al mondo senza aiuti non loro , loro si divertono sono le persone che gli sono intorno
che vorrebbero tutti n. 1 , chi gioca si diverte
@ Gartierundolo (#3619320)
Conosci la frase “seppur in categoria inferiore” (ndr ovviamente i Challenger)?
più se ne parla peggio è.le pressioni ci sono e ci saranno sempre
Non a caso Del Potro ha punzecchiato Alcaraz: “A 20 anni hai i crampi dopo 2 set? Io a 20 sconfissi Roger Federer vincendo gli Us Open 2009”.
appunto, la scienza umana ha a che fare con uomini, non con pietre, fluidi o macchine, per cui NON SI POTRà MAI utilizzare il metodo scientifico per le scienze sociali.
Se lo fai, dai luogo ad aberrazioni indefinibili (economia oggi ma anche eugenetica, etc.)
Al più di dovrebbe dire che il metodo scientifico sperimentale non definisce l’ambito della scienza, che è un concetto analogico e non univoco, non che la psicologia è una scienza esatta (il che non è e non sarà mai e nemmeno si avvicinerà ad essere tale, per fortuna)
Senza offesa ma la prima cosa che mi viene in mente leggendo l’articolo è …..supercazzola
Urcaz oggi comi mi fischiano le orecchie ! 😆
Bah… dico la mia ( che poi è la stessa cosa che mi pare ripeto da boh… forse 2 anni ormai… ) : scienza o no , non è assolutamente il caso di scomodare e scervellerasi con ipotesi e teorie da specialisti , ahimè il ragazzo non è libero , proprio per niente … in partita è quasi sempre a disagio ( anche quelle in cui vince eh ) .
Da li nascono i tentennamenti e persino le rogne fisiche .
Pagherei per sapere se mai qualcuno dello staff a cui s’affida gli ha mai chiesto ( e darei il doppio per sapere l’eventuale risposta ) perchè , praticamente ogni volta dopo ogni punto ( anche e sopratutto quelli ” insignificanti ” ) , fa quel pugnetto triste … questo è già un aspetto che dovrebbe far scattare mille allarmi .
L’abitudine , anzi direi il gesto compulsivo , è nato se non sbaglio , nelle partite immediatamente successive a quella tremenda sconfitta con Tiafoe a Vienna …
L’HO scritto 😎 piu’ volte … voglio un bene enorme a Jannik , ultimamente ammetto molto di piu’ per l’essere umano che per il giocatore , mi auguro quindi trovi il modo di sbloccarsi innanzitutto per divertirsi e stare bene e poi , se possibile , per ritrovare il campione ( se non il fuoriclasse epocale che auspicavo e scorgevo ) che può essere .
Ciao !
Bellissimo articolo, utile a tutti per come affrontare dei brutti momenti e non solo come analisi tennistica.
Su quali basi fai un’affermazione del genere?
Come è stato già scritto, la psicologia è una scienza sociale, basata su metodi scientifici.
Temo che molti confondano la psicologia con la psicoanalisi.
Mettere sullo stesso piano i “fallimenti” di Sinner con quelli di FAA, per non parlar di Shapovalov, non ha senso…
@ Jasmine (#3619128)
la psicologia NON è una scienza
Il fatto che un determinato sapere non sia “dimostrabile” come accade nelle scienze fisiche…’. Fino a un secolo fa, quanto hai scritto era sentire comune. Ma oggi nessun fisico serio, tantomeno se avesse anche un solo un bit di expertais gnoseologica, formulerebbe più una frase del genere. Parole come statistica, probabilità, indeterminazione, non ti dicono nulla?
Anche Sinner dovrebbe avercelo… : https:
//www.gazzetta.it/Tennis/ATP/15-11-2022/sinner-si-prepara-il-2023-c-anche-mental-coach-4501112950083.shtml
@ Roberto (#3619228)
Però attenzione. Medvedev ha vinto il primo torneo a 22 anni, ha fatto la prima finale 1000 e slam a 23 anni ed ha vinto il suo (per ora) unico slam a 25 anni. Sinner ad agosto compirà 22 anni e per ora è più avanti rispetto al russo. Non vuol dire che la sua carriera sarà migliore, attenzione… ma per ora a pari età è più avanti, ergo c’è tempo per raggiungere determinati traguardi magari facendo degli step ulteriori. Medvedev docet
Lendl era un ottimo giocatore, serio lavoratore, con la mano scolpita da Geppetto e una mentalità un po’ da secchione…quello che solo se sa tutto si sente soddisfatto di se stesso.
Ha fatto 4/5 anni da top player prendendole regolarmente dagli assatanati dell’era: Borg, McEnroe, Connors….poi ha deciso che era ora di basta e si è fatto un fisico così, e si è trasformato in un terminator.
Io spero che Jannik sia uno così, sennò è un Berdych e buonanotte.
@ Betafasan (#3619183)
No, quella era un’altra epoca, competevano a tennis un nr enormemente inferiore di giocatori, e anche se ora come allora, il talento certo occorreva comunque a profusione, altri attributi pesavano molto meno per raggiungere le migliori posizioni del rank e rimanervi.
Vediamo quando Arnaldi (più anziano di Sinner di qualche mese tra l’altro) arriverà a fare la metà dei risultati dell’altoatesino… cosa assolutamente non scontata.
Sono discorsi totalmente senza senso che non faresti se solo riflettesi 2 secondi su quello che scrivi. Arnaldi è in una fase della carriera in cui non ha niente da perdere, proprio come Sinner 3-4 anni fa.
Vediamo se è quando comincerà a fare risultati importanti come gestirà la pressione. Ha vinto qualche partita ATP cristo re, Sinner ha 7 titoli ATP alla stessa età…
@ Jasmine (#3619128)
Chapeau!!!
Concordo nella sostanza, un pò meno nella forma, e poi penso che la fai un pochino semplice.
Se hai giocato a tennis, a qualsiasi livello, saprai che la gestione dello stress è un fattore primordiale e difficilissimo da controllare positivizzandolo. E’ per questo che sono molto avvantaggiati, a livello di carriera, i giovani che con una buona dose di incoscienza raggiungono vittorie notevoli (penso a Becker, Wilander, Borg, Agassi e più recentemente Alcaraz e Rune, senza dimenticare gli alieni ovviamente). Ci sono passati ed hanno vinto. Mentre per altri (penso a enormi talenti come Shapovalov, Auger e Sinner), il fallire a ripetizione non fa che complicare le cose col passare del tempo. Si matura, si pensa di più, ci si complica maledettamente la vita. Ed è lì che un aiuto esterno può essere utile.
Sì ha perso 2 partite (dopo averne vinte il 90 e passa per cento fino a maggio) e sta pensando di ritirarsi dal tennis. Bravo, hai capito tutto
Nel tuo bla bla bla parli di una cosa importante. L’emozione. Lo sai che l’emozione si può cambiare con il cambio dei pensieri?
Hai scritto poco…secondo te emozione, inetersse e divertimento sono cose automatiche che tutti i giocatori riescono a riversare in campo sempre con positività? Non è cosi’, ci sono dei momenti down dettati da varie aspetti. Poi se la volete buttare in modo sempliciotto fate pure ma siete lontani anni luce dalla realtà.
Dott. Caocci,
complimenti per l’articolo.
La capacità di gestire il quotidiano sia nelle settimane senza tornei che in quelle dove ci sono i tornei è importante.
Il problema non è solo arrivare il forma all’inizio del torneo ma riuscire a gestire e risparmiare il più possibile le proprie energie psicofisiche. In questo i nostri Sinner e Musetti fanno fatica.
Necessitano di ripulire il loro quotidiano durante i tornei cercando di creare pensieri positivi che gli portino energie e contribuiscano a rimanere su livelli di eustress (tensione positiva) invece di distress (tensione negativa). Djokovic a fine carriera farà senzìaltro dei corsi su come si prepara e si vice ulo slam,gesti, azioni, pensieri, gestione dei propri spazi.
nel contempo questa cosa la si potrebbe fare già. Basta che si unisca un gruppo di professionisti. lei che credo sia nell’ambiente o comunque conosce persone dello stesso farebbe molto bene a proporre questo tipo di consapevolezza e gestione mentale che non è solo psicologia delle condizioni mentali durante il match ma di psicologia propedeutica con lavori che si focalizzino sul quotidiano. Soprattutto per i ragazzi il rischio di vivere momenti nocivi nel quotidiano ci sono. es. troppa playstation, smarthphone. Troppi social.
A Roma Sinner il giorno prima del match con Cerendulo lo hanno fatto andare a giocare a padel con Totti…Non ci azzecca come cosa…
E’ vero ma rimane il fatto che la psicologia è una scienza e non mi sembra che ci sia una laurea che fa riferimento al campo medico che non sia riconosciuta dalla scienza
Chi ti ha raccontato che non è riconosciuta come scienza? la psicologia è una scienza, pensa che ci si laurea anche in psicologia e si diventa medico psicologo…
Tiri a indovinare? Conviene che tu legga un libro in merito. Tra l’altro vivi nell’epoca di internet dove basta fare un click e hai tutta l’informazione che vuoi. Basta volere informarsi però.
Mindfulness è il qui ed ora, il saper focalizzare la propria mente nel momento. Aiuta a crescere nella concentrazione delle attività quotidiane e quindi nella crescita personale.
Sempre che si voglia essere concentrati nel quotidiano. Serve soprattutto per chi à abituato a cazzeggiare e a perdersi in un brainstorming di vuoto cosmico.
Ovviamente è anche più faticoso per questo tipo di persone ma facendo un piccolo step graduale la fatica in sostanza non si sente e rimane il piacere di sentirsi energie positive nuove.
Sante parole quello dello psicologo e articolo molto tempestivo.Ma vorrei aggiungere un tema importante:senza la “cilindrata mentale giusta” non vinci con certa gente top 5 o 10 o simili. O meglio: ci vinci sporadicamente ma non con una certa costanza. Perchè Medvedev è riuscito a vincere 4 tornei di seguito? Potrebbero farlo in tanti? La risposta è no. Ed è ovvio l’abbiamo constatato in tanti anni di attenzione al circuito del tennis. Per performare a quel livello ci vuole una resistenza mentale allo stress che SOLO POCHISSIMI HANNO. I nostri giocatori(Sinner, Musetti, e tralasciamo i mid age Berrettini e Sonego che se non ci sono riusciti a 27 anni mi pare difficile riescano a farlo ora anche se glielo auguro) acquisiranno quel tipo di cilindrata posto che non è come nelle moto che quella che “di fabbrica” è, quella rimane?
lo dico da mesi che non era un problema di stanchezza fisica ma mentale. Ha fatto la stessa fine di Aliassime: plafonato perchè oltre un certo livello, con un tennis sparapalle sa di non poter andare ed esaurisci le energie mentali. Toglietevi la benda difensori dei miei stivali.
Probabilmente i ragazzi di questa generazione, con la sovraesposizione mediatica continua, i contratti milionari a 20 anni, le aspettative da non deludere di fan e sponsor, la frustrazione di migliaia di utenti dei social che aspettano una sconfitta per rovesciare i propri fallimenti su questi ragazzi (esempio classico di questo forum), devono affrontare pressioni a cui non sempre sono pronti e che le generazioni precedenti non vivevano. Devono avere un ambiente intorno che li isoli da questa sovraesposizione e faccia capire loro che sono solo dei ragazzi fortunati che vivono una vita che chiunque non oserebbe neanche sognare. Non è facile farlo, ma è quello che devono fare per concentrarsi e trovare soddisfazione nell’agonismo. Senza pensare al risultato ma col gusto del confronto e dell’impegno.
Le soluzioni spesso sono più semplici rispetto a quelle prospettate da questi soloni della psicologia.
Questo dott. Marco Caocci che addirittura dice che sarebbe meglio fermarsi per un po’ per allentare la pressione, sa a che cosa esporrebbe un assistito? A una miriade di commenti anche giornalistici di gente che darebbe al giocatore in oggetto del “cacasotto” che non regge le pressioni e pur di non perdere scappa dal confronto agonistico. La soluzione di questi problemi è individuale, non esiste un approccio generico, magari a qualcuno potrebbe far bene staccare, ma ovvio che l’isolarsi e fare scudo al mondo esterno è l’unica soluzione ma anche molto difficile visto che questi ragazzi nascono nell’era social in cui tutto, anche il minimo difetto, è sovraesposto.
Bravo!! Basta …e giocare
La mente umana è così importante e pericolosa.La disamina del Sig./Dott. Coacci è forte e profonda.Sono rimasto sorpreso di come la mente umana possa influenzare così profondamente le nostre vite.A volte si pensa che l’azione pratica possa sistemare le cose ma bisogna ammettere che non sempre funziona.
Quindi è necessario fermarsi e studiare con accuratezza il momento e la situazione attuale e poi agire di conseguenza.
Non sono un intenditore ma ho praticato il tennis tifo sempre per gli italiani/e, ovvio, questa analisi mi è piaciuta molto! Complimenti.
Ditelo a Rod Laver! Mental coach?! Sveglia e voglia di TENNIS!
Quanto FUMOO!! BLA BLA BLA BLA ! MA È CHIARO DA DECENNI CHE L’EMOZIONE,INTERESSE E DIVERTIMENTO IN CAMPO SONO ALLA BASE DI UNA BUONA PRESTAZIONE!
In sostanza Sinner,che non era considerato un predestinato come Zverev,potrebbe (il condizionale è d’obbligo) avere dei problemi simili.
Jannik è arrivato in modo improvviso, non aveva riflettori puntati ed ha sorpreso fin da subito anche per la gestione delle emozioni.
Ora le aspettative ci sono, del pubblico, degli sponsor e pure da parte sua e questo toglie serenità, va in campo pensando non ha colpire ma a non poter “fallire”.
Il più delle volte questa ansia può attanagliare i predestinati, in questo caso in lui potrebbe insinuarsi il dubbio di non avere davvero certe qualità, di aver raggiunto certi risultati per una serie di coincidenze.
Ma ovviamente non è così:non si diventa top 10 per caso, non si fanno vedere i sorci verdi a certi giocatori ma senza uno “storico” (Attività giovanile di alto livello) i momenti bui sono “nuovi” e vanno gestiti con persone competenti di certo ma anche lui deve capire che è “solo” un gioco, che sa fare benissimo,che in campo nessuno va sottovalutato perché siamo sì tra giocatori forti ma che non hanno la sua classe e quella deve incidere come ha fatto finora.
Usufruiscono dei servizi di un mental coach coloro che lo ritengono utile e funzionale al proprio miglioramento personale e prestazionale.
Nel caso di Sinner credo che avendo lavorato su questo aspetto per qualche tempo con una professionista del team piatti, basterebbe un amico che gli spiegasse dei concetti che mi sembrano persino ovvi.
Avendo terminato le ultime due stagioni al decimo e quindicesimo posto del ranking per una serie di motivi, il primo obiettivo da porsi è terminare l’anno corrente tra gli 8 giocatori che parteciperanno al Master di fine anno.
Qualsiasi risultato funzionale a questo obiettivo va accolto con soddisfazione, quando si raggiunge la semi di un mille o i quarti/ottavi di uno slam si deve festeggiare e non deprimersi sbattendosene le balle per qualsiasi tipo di commento esterno.
Nel percorso divertirsi il giusto, trombarsi qualche fighetta e assicurare ai genitori una vita piacevole.
A fine anno fare un consuntivo alla luce dei risultati ricordando che una carriera alla Cilic (slam, finali slam, titoli 1000, coppa Davis, partecipazione a vari Master e decine di milioni di prize money seguendo per anni il corso dell’estate) è una figata pazzesca.
Si tratta di un errore, il termine corretto è mindfulness.
Ma probabilmente tu lo sapevi e hai ironizzato sul refuso.
Tutto molto bello. Piccolissimo appunto. Djokovic la finale l’ha fatta con Ruud, con Carlos la semifinale.
Così interessante da proporsi come psicologo al povero Jannik, che tuttavia non ha bisogno del solo mental coach. E comunque più o meno tutti, almeno a periodi si affidano a preparatori mentali, anche tra i più giovani.
Il problema è che in questo campo c’è un pò di confusione e non tutti sono preparati per il nostro sport che bisogna conoscere anche nei meccanismi tecnici e di campo. Altrimenti è difficile aiutare, anche se ci sono delle tecniche che possono essere utili comunque. (es quella della visualizzazione)
In qualche modo mi trovi d’accordo, anch’io sto avendo la sensazione che Jannik si stia divertendo sempre meno. Se chi lavora per lui non trova una soluzione brillante per aiutarlo in questo senso, c’è rischio di perdere un elemento dal potenziale infinito…
@ Pippolivetennis (#3619129)
Sono informazioni più o meno reperibili in rete, più o meno dichiarate. Ad Esempio Alcaraz nel suo team lo ha, Rune pure, il problema è anche che il titolo di mental coach è un pò abusato, in alcuni casi son figure poco professionali rispetto ad un vero psicologo sportivo.
L’articolo giustamente riguarda tutta la next generation con indicato alcuni dei casi, vedi Alcaraz e Sinner. Dagli sponsors che spingono alla miriade di tornei da affrontare, e “l’incapacità di divertirsi in campo” lascia ben pensare. Oramai si tifa per nazionalismo, per simpatia o per stile di gioco come faccio io, la tanto declamata quantità che bisogna vincere per essere qualcuno mi ricorda il “Turnover to be achieved” delle aziende.
Anche la terrificante macchina di soldi che gira attorno a tennisti come Sinner può influire negativamente sul rendimento, soprattutto se si è ancora giovani e ancora non maturi abbastanza da sapere gestire il carico travolgente che ne deriva.
Sarebbe interessante capire chi tra gli attuali top 20, top 30 ha il mental coach….
Come indicato da un articolo di Sarà Garofalo, divulgatrice scientifica e ricercatrice presso l’Università di Bologna, la psicologia è una scienza proprio in virtù del fatto che utilizza i principi propri del metodo scientifico come mezzo per comprendere meglio i fenomeni oggetto di studio, e cioè: osservazione o studio del fenomeno; formulazione delle nuove ipotesi che permettono di spiegare meglio o di comprendere nuovi aspetti di quel fenomeno; sperimentazione (o test), durante la quale quelle stesse ipotesi vengono passate al setaccio; si cerca, poi, di capire quale è la migliore interpretazione dell’effetto che si è osservato, discutendone e passandolo al vaglio della comunità scientifica; i risultati così ottenuti entreranno a far parte del patrimonio di conoscenze su cui si baseranno i nuovi esperimenti che, oltre ad avere l’obiettivo di fare dei passi avanti, avranno anche il compito di replicare quei risultati. E il ciclo ricomincia.
Ciò che può però variare molto di disciplina in disciplina, è il grado di controllo che possiamo avere sul fenomeno oggetto dell’esperimento (ovvero, sulle variabili che lo determinano o influenzano) e, di conseguenza, sulla capacità di misurarlo con precisione.
Quindi, se ci spostiamo verso la fisica quantistica e i processi biologici, fino ad arrivare al comportamento umano, la precisione matematica con cui il ruolo di queste variabili nell’influenzare il fenomeno oggetto di studio viene misurato e “predetto” con un basso margine d’errore, sulla base di leggi matematiche note, inizia man mano a scemare e a non essere più in grado di descrivere perfettamente quello che si osserva.
Ad eccezione della logica e della matematica, nessuna scienza basata su misurazioni empiriche può essere definita tecnicamente una scienza esatta. Esiste, però, un grado maggiore o minore di incertezza nella misurazione effettuata che può caratterizzare non solo diverse discipline, ma anche diverse evidenze all’interno della stessa disciplina.
La scientificità di una disciplina, però, non risiede tanto nel grado di certezza o incertezza di un risultato, quanto nel metodo utilizzato per gestire questa incertezza al fine di rendere le concussioni il più solide possibile, e cioè una disciplina è scientifica se applica, con scrupolo e rigore, il buon vecchio metodo scientifico. Per questo la Psicologia è definita scienza.
Al momento non è certamente possibile essere in grado di descrivere e prevedere ogni comportamento umano attraverso una precisa formula matematica, ma per fortuna, il continuo lavoro di riflessione, sperimentazione e del proporre nuove idee su come funziona la nostra mente è vivissimo e vastissimo.
se per questo neanche la fisica, adesso…
Credo che sia stata influenzata da certe teorie filosofiche come quelle di Popper riguardanti la non falsicabilità di una teoria scientifica. Popper ha fatto molti danni da questo punto di vista.
Ma ovvio che non si diverta…stà lì a far sempre il compitino, dritto, rovescio e servizio….mai una variazione, mai uno slice esterno e una volee, mai un back per rompere il ritmo, palla corta e pallonetto…come si fa a divertirsi giocando sempre uguale??? Se non stai in forma, e non puoi vincere giocando il tuo tennis di pressione, prova a far giocar male l’avversario, variando, facendo melina, tirando alto, basso, tagliato, sporco ecc. e tenendo vicino con il punteggio per poi colpire….invece jannik fa sempre quello e se non sta al 100%, perde deprimendosi per giunta…e ti credo.
Ottimo articolo, chiaro, sintetico, davvero molto interessante e che mi trova pienamente d’accordo. Non credo che il problema di Jannik sia di carattere fisico, poiché se così fosse, anche la prima partita avrebbe evidenziato lo stesso problema. Invece, è parso tonico, preciso, veloce. E allora come mai queste uscite premature nelle successive, dove si è visto un Sinner esattamente opposto a quello precedente? Ha detto bene lo psicologo, testa, solo questione di testa. Non è difficile cogliete le differenze fra il più forte ( che andrebbe studiato e, se possibile, copiato) Djokovic. Osservatelo bene prima di ogni servizio, osservate la routine che ha…… sembra che stia lì a prendersi il tempo a riflettere un pó, con calma, respira, osserva e poi colpisce. E guardate invece gli altri, che paiono ogni volta improvvisare il colpo di inizio gioco, che spesso è determinante per comandare il gioco. Guardate Sinner (prima non era così), sembra che vada di fretta, che non veda l’ora di togliersi di mezzo il colpo che gli sta creando non pochi problemi, sembra che voglia sbarazzarsene il più presto possibile, come fosse preso dall’ansia. Osservate bene le differenze, e già da lì si potranno ricavarne utilissime indicazioni.
Ma certo. Grossa confusione fra scienze umane e metodo scientifico, che peraltro la psicologia moderna usa in moltissimi casi, insieme a metodi che rilevano più dell’intelligenza emotiva.
La pressione a Jannik gliela ha messa chi lo considerasse uno dei grandissimi sulla terra rossa solo per aver vinto al balneare trofeo di Umago, dove notoriamente l’organizzazione giustamente per fare andare in spiaggia manco fa giocare prima delle 5, 5 e mezza del pomeriggio: sulla erba credo siamo ancora a meno di dieci games ufficiali da lui giocati in tre anni, ergo non si può dire: sicuramente le troppe aspettative riposte su di lui non lo aiutano, ad esempio Arnaldi non ne ha su di sè ergo sta giocando benissimo, seppure in categoria inferiore
La psicologia è una scienza umana. Qui probabilmente si sta facendo confusione tra scienze esatte/fisiche in senso stretto e scienze umane. C’è poi un utilizzo molto ampio del termine scienza: c’è chi parla di scienze speculative facendo riferimento per esempio alla filosofia, ma quest’uso è certamente meno diffuso oggigiorno.
Il fatto che un determinato sapere non sia “dimostrabile” come accade nelle scienze fisiche, proprio perchè non ha a che fare con ciò che è fisico-materiale ma con ciò che è mentale-spirituale, non significa che non sia scientifico. E’ il caso della psicologia. L’estremismo positivista è stato per fortuna superato, per quanto lo scientismo provi sempre a riemergere, come accade oggi, togliendo scientificità a ciò che non rientra nei suoi rigidi parametri.
Giusto un chiarimento. Il discorso meriterebbe ben altro approfondimento epistemologico, per usare un parolone.
Ho
Sto iniziando a capire. Mi limiterò a chiamarla una disciplina e non una scienza.
A prescindere dal dibattito sulla psicologia come scienza o non scienza io penso che Sinner abbia bisogno di uno psicologo del settore.
Questo perché la mente come il fisico si possono e si devono “allenare” entrambi.
Ogni sportivo ha i suoi percorsi di crescita e maturazione differenti, con tempi differenti. Ma per superare meglio ostacoli apparentemente ostici ma che in realtà non lo sono (o viceversa) serve l’aiuto di chi ti può dare consigli su come superarli meglio e con tempi decisamente migliori.
Sinner è forte, si è fermato molto vicino a traguardi importanti e questo gli sta creando un blocco. Può arrivare da solo a superare questo blocco, con la caparbietà e la determinazione che lo contraddistinguono. Oppure no.
Un mental coach serio e di esperienza può solo fargli bene.
Come già ti hanno risposto, la psicologia non usa il metodo scientifico tipico di Galileo Galilei. Non sto a spiegarti cos’é perché lo potrai trovare dappertutto se ne hai voglia.
Definizione di psicologia da Treccani: “Scienza che studia i processi psichici, coscienti e inconsci, cognitivi (percezione, attenzione, memoria, linguaggio, pensiero ecc.) e dinamici (emozioni, motivazioni, personalità ecc.)….”
Poi però se su byoblu o noncielodikono.it non la considerano una scienza, allora non se ne discute… 😳
@ yuja wang (#3618984)
Per dovere di cronaca, la psicologia E’ una scienza umana, così come ad esempio la pedagogia, ecc. ecc.
Concordo in toto con l’analisi.
Lo switch off di Jannik è stata la sconfitta con rimonta agli USopen subita da Carlitos. Essere sopraffatto da uno più predestinato e giovane di lui lo ha minato profonda-mente nelle fondamenta.
Ci si deve lavorare su.
Sarà, a me sembra un problema innanzitutto fisico, da Barcellona in poi. Che si stanchi prima perchè non regge la tensione psicologica è la rispettabile opinione di uno psicologo, che però non segue Sinner direttamente, quindi per me può essere o non essere azzeccata
il fatto che ci sia una laurea a corredo di una disciplina non è condizione necessaria a determinare se sia scienza o meno. Voglio dire, ci sono anche i dottori in teologia…
Non è riconosciuta come una scienza? Non sapevo e non capisco perché non sia riconosciuta se poi ci fanno i corsi di laurea. Mi faccia capire meglio.
È anche diventato ricchissimo x essere un ventenne, da quel punto di vista non ha più stimoli,ha raggiunto l obiettivo economico molto presto,questo pure può creare un calo di intensità nella prestazione.
A parte Sinner, direi che nel suo gruppo stanno gestendo male la situazione, sia che si tratti di un problema fisico notevole ( non certo l’allergia) sia che si tratti di un problema di impostazione mentale.
Io temo che questo ragazzo, non abbia piu’ tanta voglia di giocare a tennis….
Probabilmente, non riesce piu’ di tanto a sopportare schemi e disposizioni, non potendo divertirsi sul campo come faceva prima.
Per il tennis italiano probabilmente sarebbe stato meglio avere un cavallo pazzo che se ne stava tranquillamente tra i primi 50 con qualche exploit, che qualcuno che sta meditando magari di ritornare allo sci.
@ yuja wang (#3618984)
Gentile yuja wang, quello che scrive non è inesatto. La nascita della psicologia come scienza avviene durante la seconda metà dell’Ottocento
Se le interessa approfondire, è con Wilhelm Wundt all’Università di Lipsia che, nel 1879, per la prima volta viene utilizzato il metodo scientifico per lo studio della mente e del comportamento umano.
Per quanto riguarda la generalizzazione sono d’accordo con lei, quando si affronta un percorso da un professionista si guarda all’unicità della persona.
Saluti
E che cos’è, un’arte? O sei rimasto fermo al positivismo dell’800 saltando il sec. XX, l’avvento delle scienze sociali, la teoria della relatività ecc. ecc.?
bell’articolo, condivido.
Se una macchina del tempo portasse ai giorni nostri il Sinneri di 3 anni fa, questo batterebbe quello odierno due set a zero. E’ un paradosso, ovviamente, ma non credo che, almeno mentalmente, Jannik abbia fatto molti progressi, anzi.
Del suo entourage, tolto certamente Cahill, ho davvero poca stima e non lo nascondo, soprattutto su chi gestisce la parte atletica. E mi auguro seriamente che non compiano lo stesso errore dell’anno scorso, quando hanno presentato un Sinner completamente sfinito a Ottobre proprio su quei campi (hard indoor) che dovrebbero essere la sua cassaforte naturale di punti e teste di serie alte per tutto l’anno.
Ottimo articolo, grazie, ce ne vorrebbero più spesso di questo tipo!
Chiunque abbia fatto sport, anche a livello dilettantistico, sa quanto la parte mentale sia importante, quanto ti faccia trovare energie quando sembrano mancare, o quanto te le faccia mancare quando sembra andare tutto storto.
E questo a maggior ragione in uno sport come il tennis in cui si è da soli.
Pezzo interessante, a parte la considerazione finale che sembra fatta apposta per “punzecchiare” Jannik ( e la scelta di partecipare al 250 in Olanda.. che avrebbe dovuto fare, da tennista, fermarsi fino a Wimbledon senza fare una partita su erba prima perché utile fare una pausa? Rischioso).. sul resto, in effetti Jannik sta dimostrando di esser in difficoltà sia atleticamente ( ma, non parlando, non si capisce mai se sia dovuto all’allergia o ad altro) che psicologicamente.. la mia impressione è che fisicamente stia ancora pagando dazio per i primi mesi a palla e questo la dice lunga sul lavoro di preparazione atletica che deve ancora compiere.. certo, la testa conta tantissimo e anche qui sembra ci sia da lavorare, ma se già di fisico sei ko, qualsiasi altra considerazione viene dopo
Per chi non lo sapesse, la psicologia non è riconosciuta come scienza, e comunque non penso si possa generalizzare. Ogni uomo, ogni sportivo, ogni tennista, può avere delle difficoltò psicologiche, delle improvvise incertezze, delle crisi esistenziali che sono diverse da quelle di un altro e dalle quali si può uscire in modo differente. Alle volte con il supporto di un medico, altre volte di un amico, a volte da solo. A volte non se ne esce proprio.
“… sappiamo che è molto attento ad argomenti come la midfulness…”. Questa “midfulness” cosa sarebbe? La consapevolezza dell’ esistenza di una terra di mezzo? Una specie di purgatorio delle anime e dei corpi?