Recensione al libro “Dónde está Daniel Schapira. Desparecido”. Storia di tennis e di vita al tempo della dittatura in Argentina
Publichiamo la recensione di Paolo Silvestri al libro scritto da Roberto Brambilla e Alessandro Mastroluca “Dónde está Daniel Schapira. Desparecido”, Battaglia edizioni 2022. Un libro che ci riporta alla pagina oscura della dittatura in Argentina.
Mentre scrivo queste righe, nell’Avenida Corrientes e intorno all’obelisco della Plaza de la República, uno dei centri nevralgici di Buenos Aires, la folla è in tripudio: l’Argentina ha appena battuto la Francia nella finale dei mondiali, conquistando la sua terza coppa. Non è questa la sede per discutere se sia giusto o no, ma lo sport spesso copre con una patina brillante superfici non esattamente pulite, come è successo in Qatar, e a volte sembra offuscare la memoria, che invece libri come quello di Brambilla e Mastroluca contribuiscono a mantenere viva. La nazione argentina, per tanti aspetti straordinaria e a noi intimamente legata, oggi è unita sotto lo sventolio di centinaia di bandiere albicelesti, ma in un passato neanche troppo lontano è stata lo scenario di una lacerante divisione interna che, dietro l’etichetta edulcorata di Proceso de reorganización nacional, nascondeva una feroce e spietata repressione dittatoriale, fatta di violenze, torture e omicidi di massa. Nel 1976 un colpo di stato sovvertì infatti il governo di Isabelita Perón e seminò il terrore fino al 1983, anno in cui si celebrarono elezioni democratiche che portarono alla presidenza di Raúl Alfonsín. In sette anni furono circa 30.000 i desaparecidos, vite annientate, sparite nel nulla, o più verosimilmente scaraventate in mare con i cosiddetti “voli della morte”. Il recente film Argentina 1985 diretto da Santiago Mitre e superbamente interpretato da Ricardo Darín nel ruolo del procuratore Julio César Strassera, ripercorre la storia del processo voluto da Alfonsín contro i responsabili di tale genocidio. Nella scena finale, Darín/Strassera ripete, durante la lettura della sua arriga, quella che si è convertita in una frase simbolo della rinascita del popolo argentino: nunca más. Questo “mai più” ha avuto il suo suggello simbolico nella condanna della maggior parte degli imputati, ma non ha potuto sanare le ferite di migliaia di famiglie che non hanno potuto conoscere il destino dei loro cari, come continuano a testimoniare le coraggiose Madres de la Plaza de Mayo. Se, in sostanza, la Storia ha messo le cose al loro posto, ci sono molte microstorie da riscrivere e microprocessi da celebrare. È in questo senso benvenuto il libro di Brambilla e Mastroluca, che presentiamo qui perché il protagonista, Daniel Schapira, nato nel 1950, oltre a condividere il triste destino di tantissimi altri ragazzi della sua generazione, era stato in gioventù un ottimo giocatore e soprattutto un apprezzatissimo maestro di tennis.
Gli autori ripercorrono, con dovizia di particolari e con solidità documentaria, lo sfondo storico, sociale e politico sul quale si svolge il golpe del ’76, per poi rivolgere la loro attenzione al lato umano di Daniel, che fin da ragazzino dimostra una sensibilità particolare nei confronti delle ingiustizie sociali, la filosofia e la politica, con un’affinità nei confronti dell’ideologia peronista. L’impegno politico, condiviso con l’attività tennistica e gli studi nella facoltà di diritto, acquista sempre maggiore protagonismo, fino a convertirsi nella sua attività principale, svolta nella clandestinità dopo il golpe. Con il senno di poi sappiamo che questa scelta significò la condanna a morte sua e di sua moglie, verosimilmente giunte dopo un calvario di torture nella tristemente famosa ESMA, la Escuela de Mecánica de la Armada, centro “logistico” dello sterminio degli oppositori del regime trasformato, nel 2004, in museo della memoria.
Per quanto esistano alcuni documenti in cui appare il suo nome, le circostanze precise della sua sparizione non si conoscono né si conosceranno mai ma, anche grazie a questo volume, Daniel non è finito nell’oblio come la maggior parte dei suoi compagni. Ha avuto anche un riconoscimento postumo, grazie soprattutto all’impegno di suo figlio: nel CeNARD, il Centro Nacional de Alto Rendimiento Deportivo, la sua figura viene infatti ricordata con una targa commemorativa e si è proposto, non senza polemiche, di istituire in suo onore il Día nacional del maestro de tenis il 18 ottobre, giorno della sua nascita.
Roberto Brambilla e Alessandro Mastroluca sono ottimi giornalisti sportivi, ma soprattutto (basta curiosare fra le loro pubblicazioni per averne conferma) amano la Storia e le storie. Sanno pertanto costruire un testo molto interessante e documentato, arricchito tra l’altro da numerose testimonianze originali di persone che hanno conosciuto personalmente Daniel, ricostruendone in questo modo un ritratto denso e sfaccettato. Forse, dal mio punto di vista come lettore, predomina un tono eccessivamente documentario, ma forse è giusto che sia così: si tratta di una questione delicata e gli autori hanno scelto di mettersi in secondo piano rispetto ai fatti, senza cadere nella tentazione di una scrittura facilmente accattivante.
Paolo Silvestri
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8 commenti
E’ talmente un fissato che non riesce a spostarsi di un millimetro dalle sue fissazioni… neanche di fronte a migliaia di morti!
Questo commento è una fesseria visto che si parla di desaparecidos e non del risultato di un match di calcio.
Credo che dovresti avere un po’ di rispetto.
…gli olandesi anche in quel caso,sono quelli che hanno pagato il prezzo di quel mondiale!!!
…diciamo che a livello sportivo(per motivi extra campo),non sono proprio una nazione fortunata!!!
E stasera lo ordino.Credo sia utile per capire ulteriormente la realtà argentina di quegli anni ,e penso ai Mondiali del ’78, ma anche le vicende del Cile di Pinochet e la memoria non può non andare alla finale di Davis del ’76.
…se ti riferisci a me,come sempre sei fuori strada…
…il don Abbondio italico e Haggerty,secondo te come sono arrivati a ricoprire questi ruoli?
…malgrado in questi anni hanno fatto più danni della grandine,(e ahimè continuano a crearne altri)e di loro i primi a lamentarsi sono stati una buona parte degli stessi players,e nonostante questo sono ben saldi sulle proprie poltrone,secondo te perchè?
…ti stupiresti se dopo Haggerty il prossimo presidente dell’Itf sarà il sultano federale?
…io no di certo!!!
Direi che non c’entra niente con chi butta gente dall’areo nell’oceano… o pensi che Gaudenzi faccia questo?
…il problema è proprio questo,che ormai lo sport in generale(e il nostro ne è pesantemente condizionato)è proprio in mano a politicanti ed investitori corrotti e mercanti!!!
Dedicato a chi, ottusamente, continua a ripetere che “non bisogna mischiare lo sport con la politica”…