La sfida di Camila
Quando penso al gioco di Camila Giorgi spesso mi torna in mente il famoso slogan di una pubblicità di pneumatici: la potenza è nulla senza controllo.
E osservando le partite della nostra tennista, non di rado accadeva che si percepisse la sensazione di un braccio di ferro esasperato con l’avversaria che irrimediabilmente portava a una serie di errori gratuiti e alla conseguente sconfitta.
E così quel grande potenziale tecnico-atletico si disperdeva in risultati non all’altezza.
Fino alla straordinaria vittoria del torneo di Montreal.
Come ha sottolineato anche Marco Mazzoni nel suo articolo, la domanda che un po’ tutti ci facciamo è se questa vittoria rappresenti un episodio isolato o l’inizio di un periodo nuovo per Camila. Proviamo a capirlo da alcuni segnali.
Chi ha seguito il match tra la Giorgi e la Sabalenka nei quarti di finale a Eastbourne, avrà notato una inconsueta tenuta mentale della giocatrice italiana soprattutto nei momenti salienti dell’incontro.
Per chi non lo ricorda, dopo un primo set tiratissimo conquistato al tie-break, la tennista italiana subì un secco 60. Nel set decisivo, dopo aver conquistato il break nel game di apertura, arrivarono due break consecutivi che la portarono sotto 3-1. Poteva essere il colpo del ko, ma sorprendentemente, dopo una grande lotta e continui capovolgimenti, porta a casa l’ultimo set per 64. Dal mio punto di vista, questo match potrebbe rappresentare un primo segnale di cambiamento, soprattutto nella percezione di sé della giocatrice e nella capacità di gestire i momenti importanti. E che si consoliderà successivamente nelle recenti olimpiadi svolte a Tokyo.
In un precedente articolo, ho parlato della flessibilità cognitiva e di come un cambio di contesto possa determinare l’abbandono di schemi routinari consolidati e favorirne la sperimentazione di nuovi.
Se pensiamo al percorso della Giorgi, durante queste ultime olimpiadi, potrebbe essere avvenuto proprio questo: cambia la competizione, cambia la guida tecnica, e di conseguenza cambia il modo di giocare. Ed emerge la possibilità per l’atleta di poter lasciare da parte i propri condizionamenti per sperimentare soluzioni tattiche diverse. Se pensiamo alla vittoria del master 1000 canadese, sarà balzato agli occhi di tanti la capacità nuova di Camila di non forzare tutti i punti, di non giocare a tutto braccio sempre e comunque. Non sappiamo se questo nuovo schema, che consiste nell’inibire la tendenza a concludere lo scambio alla prima occasione, e che probabilmente ha contribuito alla vittoria del prestigioso master, si consoliderà ulteriormente. Dipenderà da diversi fattori, come ad esempio il rinforzo positivo derivante da ulteriori successi. Qualcuno obietterà che si è trattato solo di coincidenze fortunate, che la differenza l’ha fatta il servizio, o che non si ripeterà più un evento del genere. Staremo a vedere, intanto godiamoci questo successo.
Dott. Marco Caocci
Psicologo
TAG: tennis e psiche
Ma anche 6 o 7, sicuro. Quanti Wimbledon?
Dai ma come nonno Simpson, riuscite a non umiliarvi per 10 secondi?
Senza il padre in tribuna, avrebbe già due o tre Slam minimo. Siamo seri.
@ Francesco t (#2903938)
No, non ce l’ha. Il padre era a casa per la gioia di quasi tutti!