Matteo Berrettini: “Io ho fatto un percorso diverso rispetto a Jannik e Lorenzo. Non sono mai stato un predestinato”
Matteo Berrettini ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera.
Dichiara il n.1 italiano: “Se lo portavo al quinto set si navigava in mare aperto. Non posso dire che sarei stato favorito. Contro Djokovic non lo sei mai. Ma fisicamente stavo bene, forse meglio di lui”
Quella pausa Non mi ha fatto bene, questo è certo. Mi ha tolto qualcosa. Prima dell’interruzione, l’inerzia del match era cambiata a mio favore. Al rientro, ero un po’ bloccato con le gambe e ho avuto un calo di tensione. Lui invece ha usato il tempo per riorganizzare le idee. Il tennis vive di momenti. Quella sosta ha fatto girare ancora la partita. Potevo vincerla. Da un lato mi fa piacere, dall’altro mi rode”.
Mi ha fatto piacere quella reazione di Novak. Significa che ha sentito paura. E sono stato io a mettergliela addosso. Si era reso conto che stava rischiando grosso. Urlando così si è liberato dalla tensione. Il fatto che non ci fosse pubblico e si giocasse nel silenzio ha amplificato l’effetto”.
La partita con Novak dimostra che il livello per puntare ancora più in alto c’è. Lui ha disputato più di 50 quarti di finale in uno Slam. Io, appena due. Ora comincio la preparazione per Wimbledon. C’è sempre un altro torneo, c’è sempre un’altra possibilità”.
“Io ho fatto un percorso diverso rispetto a Jannik e Lorenzo. Non sono mai stato un predestinato. A 18 anni ero ancora molto indietro. Quindi capisco che ci sia tutto questo clamore intorno a loro. Sono ancora più giovani di me, fanno impressione. Per me rappresenta uno stimolo ulteriore. Una sana competizione, per non farmi superare da loro. Ammetto che certe volte me la prendo un po’. Non solo per me. Vedo quello che fa Lorenzo Sonego, e tutti gli altri nostri giocatori, per fortuna ne abbiamo molti, e sembra quasi che non conti nulla. Ma che posso farci, funziona in questo modo, così va la vita”.
“So chi sono, so che sono partito da lontano, costruendomi pezzo per pezzo. Per me è importante sentire la fiducia delle persone che mi stanno intorno e quella per fortuna non manca. Credo che pure la mia sia una bella storia, anche se non sono entrato nei top 100 a 19 anni, e a quell’età cercavo di farmi strada giocando piccoli tornei in località sperdute dell’Egitto o della Grecia”.
“Sogno di vincere Wimbledon. Ma non è che se vinco Parigi, o New York mi dispiace, sia chiaro. Mi accontenterei volentieri…”.
Il peggior avversario è Nadal sulla terra del Roland Garros. Ma anche Djokovic sul cemento non è una esperienza che consiglio. Per le sue caratteristiche, iniziando dalla risposta al servizio, Novak è il giocatore che mi dà più fastidio”.
Devo imparare a tenere alti i giri del motore, continuando a investire su me stesso. Quei mostri non sono eterni. Bisogna farsi trovare pronti. E comunque vada, mai smettere di crederci”.
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Massimo rispetto e ammirazione per Matteo! Mi sembra in costante miglioramento, il rovescio e’ scarso ma non ho mai visto in 50 anni un tennista che avesse tutti i colpi! Si forse uno si…..forse non sarà mai numero 1 ma lo vedo vincere una quindicina di tornei e, quando i mostri si ritireranno,credo neanche uno Slam gli sia proibito
Detto questo : con Berrettini si è aperta anche in Italia la strada ” mentalità brucia tappe “. Il tennis non è uno sport che ti aspetta, devi salire subito.
Berrettini è passato in pochissimo tempo dall’oltrepassare i future, pochi challenger e via sul circuito ATP. Come successo a Musetti e Sinner, solo un po’ più tardi come età.
Io dicevo quando Quinzi aveva 17 anni che già non era un segnale che non entrasse ancora nei primi 100 del mondo, ma in Italia si diceva che si va nei 100 a 21 anni, perchè non c’era nessuno, ai tempi, o forse uno solo, nei primi 100 sotto i 21 anni.
Ma perchè c’era stato un buco qualitativo tecnico generazionale.
Poi si può arrivare anche gradualmente, ma non ho mai visto nessuno dei primi al mondo arrivarci pian pianino, stiamo parlando di primi 3 giocatori al mondo stabilmente fissi nelle prime tre posizioni mondiali.
Ljubicic ci è arrivato gradualmente, ma la n.3 è stata una posizione in classifica fugace ed effimera, non ha giocato tutta la carriera da primi 3.
Se vogliamo avere Nadal, Djokovic, Federer, Lendl, Sampras, Agassi, Laver, Newcombe, Becker, Edberg, Muster, Borg, McEnroe, Connors etc. etc. anche in Italia, è quella li la strada.
Berrettini ha già 25 anni, una carriera di questo tipo ormai è andata, ma è un top 10, ed è un grandissimo risultato che è riuscito ad ottenere.
Ma per essere di quella categoria di cui sopra, non c’è niente da fare, devi saltare tutte le tappe bruciandole, perchè da n.100 in un anno vai a top 10, e poi al massimo in 2 a primi 3 fisso.
Vinci o fai finale in 5-6 future al massimo, giocandone al massimo una decina, poi qualche mesetto nei challenger e sei già sul circuito maggiore, se sei un fuoriclasse.
Idem Murray, ma in certi casi è successo anche a chi comunque non è riuscito a diventare uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, vedi Gasquet, Tsonga, etc. etc.
Non ti preoccupare che se Quinzi fosse andato nei 100 a 17 anni come successo a Nadal, la Nike o chi per essa, l’avrebbe ricoperto d’oro senza dubbio.
Purtroppo per lui, il classe ’96 predestinato era Gianluigi Quinzi, ma il suo fisico è stato tartassato da stop per infortuni uno dietro l’altro. Se fosse filato tutto liscio adesso avremmo avuto Quinzi e Berrettini nella top 10 a sfidare i mostri sacri.