Coppa Davis: la storia di Italia vs. Francia
Quella che si giocherà a Genova dal 6 all’8 di aprile sarà la sfida numero 11 della lunga storia che in Davis ci unisce alla Francia.
I rappresentanti degli “italiani tristi”, come Cocteau dipingeva i suoi connazionali, li incontrammo per la prima volta nel 1925, a Parigi: e che rappresentanti!
Noi contavamo sul barone Hubert de Morpurgo, il più forte giocatore di nazionalità italiana prima che apparisse Nicola Pietrangeli, classificato alla fine degli Anni Venti del secolo scorso tra i primi dieci al mondo, e poi su Cesare Colombo. Loro, i francesi schierarono tre dei quattro leggendari “moschettieri”. Nei primi due singolari mandarono in campo Henri “le Crocodile” Lacoste e Jean Borotra, il “basco salterino”, chiamato così per via del copricapo che gli teneva a bada la chioma bionda e per quel vezzo di buttarsi sempre verso rete; sempre e comunque. Il primo giorno raccattammo un solo set con de Morpurgo, che vinse la terza partita prima di subire un inequivocabile 6-0 al quarto opposto a Lacoste, e a Colombo riuscì solo di strappare a Borotra sei giochi in tre partire secche. Il doppio del giorno appresso sancì la vittoria dei transalpini: Lacoste e Toto Brugnon in poco più d’un’ora fecero polpette dei nostri due e fu il preludio del 5 a 0 finale col quale si chiuse il primo Francia – Italia di Coppa Davis.
Due anni dopo a Roma fu tutta un’altra storia, vuoi perché i francesi si sentivano talmente superiori da permettere a Borotra di starsene a Milano a curare i propri affari e soprattutto perché Cochet, chiamato a sostiuire “the bouncing basque”, si stirò un muscoletto d’un piede. Fatto sta che dopo la vittoria al quinto di Lacoste su Hubert de Morpurgo e il successo facile facile proprio di Cochet su Giorgio de’ Stefani, che lasciava intendere come tutto sarebbe stato uguale a due anni prima, Henri Cochet, il secondo giorno, cominciò a patire l’infortunio di cui sopra e i nostri risalirono da 0 a 2 a due pari. Prima, nel giorno dedicato al doppio, i due azzurri sconfissero Cochet e Brugnon con un triplo 6-4 e poi ci pensò il barone triestino de Morpurgo a pareggiare le sorti battendo Henri Cochet, dopo quattro set tirati che evidenziarono sempre più l’infortunio occorso al transalpino. Nell’ultimo match Lacoste spense i nostri sogni ed ebbe la meglio su Giorgio de’ Stefani: 3 a 2 per loro e festa finita. Troppo grande il divario tra i due, anche se non troppo tempo dopo – cinque anni, per l’esattezza – de’ Stefani raggiunse la finale al Roland Garros, facendo rilucere come non mai i suoi due diritti. Già, giocatore autodidatta, de’ Stefani aggirò il problema d’un rovescio monco creando un modo tutto suo di giocare, passando, a seconda delle condizioni, la racchetta da una mano all’altra, eseguendo un colpo di diritto sia con la mano destra, sia un diritto con la mano sinistra. In campo erano proverbiali sia la sua determinazione che i micidiali colpi passanti giocati in allungo, favoriti dai suoi inusuali “ due diritti”.
Nel ’27 Lacoste era però un’altra cosa rispetto a de’ Stefani, come del resto i suoi compagni “mousquetaires”: i quattro moschettieri che proprio dopo aver salvato la pelle a Roma, presero l’abbrivio per issarsi sino al “challenge round” a Filadelfia dove sconfissero gli americani forti di “Big” Bill Tilden e riportarono in Europa la Coppa Davis.
Dovettero passare nove anni prima che i destini di Francia e Italia tornassero ad incrociarsi nuovamente e nuovamente a Parigi: 4 a 1 per loro e unica vittoria nostra con Taroni che ebbe la meglio nel terzo singolare su Destremau.
Dovemmo aspettare la fine della guerra, poi che la federazione internazionale ci riammettesse, dopo averci lasciato fuori nel ’46 e ’47 per farci spurgare ulteriormente i danni che il fascismo aveva provocato, per trovare, finalmente, la prima vittoria.
Sul rosso di Parigi furono Gianni Cucelli e Marcello Del Bello a regalarci un 3 a 2 per noi sudato e bellissimo. Tanto Marcello Del Bello aveva, come suo fratello Rolando, uno stile rotondo e impeccabile, quanto Cucelli giocava un tennis istintivo, decisamente più primitivo, ma quanto mai efficace e affascinante.
Nato a Fiume, quando l’Istria era italiana, Gianni faceva Kucel di cognome e col pallone tra i piedi era un fenomeno, ma facendo il raccattapalle al circolo del tennis qualche centesimo lo tirava su e quindi ben presto mise al servizio delle racchette i coscioni da calciatore. Sapeva correre leggero sulla terra battuta argillosa e ben presto divenne sparring dei migliori giocatori fiumani, fino a che un mecenate lo prese in forza al Tennis Este per vincere il torneo degli “avanguardisti”.
Di Kucel colpiva d’acchito il tocco straordinario, unito ad un servizio ragguardevole pur scagliato da un’altezza modesta e un drittaccio da far paura: un colpo, una sberla spiazzante giocata con una vigoria incredibile. Il rovescio non era all’altezza del diritto, ma quando meno te lo aspettavi tirava fuori dal taschino quello che prese ad essere definito il “rovescio fantasma”, un passante che lasciava di stucco ogni genere d’avversario.
Un’altra cosa che colpiva l’autarchico tennis nostro era che quel cognome rappresentava una macchia, anche perché, come nel torneo di Viareggio del ’39, il pubblico prese a fare il tifo per Pelizza, un francese dall’appellativo ben più italico, scansando d’applaudire il nostro Kucel: di lì a poco l’avrebbero costretto a “italianizzarsi”: sarebbe nato Cucelli, dopo che Gianni s’era opposto al vedersi affibbiato un Cucchi o Cucchetti, come federazione fascista voleva.
Negli Anni ’50 arrivarono ben tre vittorie di filotto nostre: nel ’56, nel ’59 e nel ’61. Erano gli anni d’oro di Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola, un altro profugo fiumano come Cucelli, un gigante di quasi due metri che divenne il partner ovvio di Nicola, col quale costituì il team di doppio più forte che abbiamo mai avuto.
Che dire di Pietrangeli? Chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare nelle giornate di grazia – come a Torino nel ’61, quando batté Rod Laver nella finale degli Internazionali d’Italia giocata in terra subalpina, dovuta al centenario dell’unità d’Italia – ricorda un rovescio esemplare, un’eleganza di gesti unita ad una concretezza con pochi pari: a Torino, per un’ora e mezza, si dimenticò di sbagliare una-palla-una, giocò tutto mezzo metro sopra la rete e a poche dita dalle righe di fondo o laterali che fossero. Laver subì una lezione durissima, come raramente gli capitò in carriera.
Grazie a Nicola, Sirola, Fausto Gardini e Beppe Merlo, il primo ad esibire un rovescio bimane straordinario in quelli anni, non solo battemmo i francesi per due volte in casa loro, per triplicare a San Remo, ma raggiungemmo per ben due volte il “challenge round”, l’atto finale che allora la Davis imponeva, nel quale i vincitori dell’anno precedente attendevano, a casa loro, gli sfidanti, cioè coloro che erano usciti da una ridda di incontri, finali europee e finale interzone incluse. A noi, purtroppo, toccò sempre d’andarcela giocare sull’erba australiana, dove non avevamo chance contro gente come Laver, Emerson e Fraser. Purtroppo.
Dal ’61 passarono un’infinità di epoche tennistiche prima che in Davis rivedessimo un Italia – Francia.
Pietrangeli si ritirò dalla Coppa nel 1972, dopo aver fatto da chioccia a Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli, gli uomini che, con lui come capitano non giocatore, avrebbero vinto in Cile, nel ’76, la nostra unica “insalatiera”.
Quando ci presentammo a Parigi nel ’75 avevamo un Panatta che stava per schiudersi in volo, un Barazzutti che in Davis aveva già dimostrato tutto il suo valore di grande agonista, andando a battere, ad esempio, a Praga uno come Jan Kodes, fresco vincitore della più tribolata delle edizioni di Wimbledon, e un Bertolucci che, soprattutto in doppio, faceva rifiorire la scuola del bel gesto italico: lo chiamavano “braccio d’oro” e il perché basta chiederlo a gente come Newcombe e Roche, che subirono mirabilie e magie in un giorno felice al Foro, prima di imbarcarci per portare a casa la Davis.
Forti di tutto questo, fors’anche con un po’ di sicumera di troppo, andammo incontro alla Francia: del resto l’anno prima non avessimo incocciato contro una tre giorni da dimenticare col Sud Africa non avremmo già potuto issarci di nuovo in finale?
I transalpini schierarono nel primo singolare Francois Jauffret, uno a cui il coraggio certo non mancava. Giocava curiosamente con un asciugamanino ripiegato infilato nei calzoncini per eliminare ad ogni pié sospinto il sudore dalla mano e aveva già battuto Adriano Panatta quattro volte su quattro. Apparentemente Jauffret non aveva nulla che potesse preoccupare Panatta: non era un vero attaccante, non era un regolarista e i suoi passanti di rovescio non erano mai conclusivi, e quasi sempre giocati in lungo linea. Insomma, pareva un avversario perfetto per Panatta, ma non era così. Appena ogni loro match iniziava, Jauffret prendeva ad attaccare Adriano in back sul rovescio: gli toglieva il fiato, gli prendeva il tempo, tanto che il nostro si annichiliva e si prostrava. Anche nel match di Davis del ’75 fu così e meno male che Barazzutti regolò il povero e ormai defunto Patrice Dominguez. In doppio Panatta sembrò rianimarsi al fianco di Bertolucci e chiudemmo la seconda giornata in vantaggio per due a uno. Ma il terzo giorno avvenne la catastrofe.
Panatta andò in campo contro Dominguez svuotato, confuso, senza anima e finì col perdere, come del resto fece anche Barazzutti, dopo un lotta acerrima contro Jauffret, che ebbe il coraggio di lanciarsi a rete nei momenti clou: “Soldatino Barazza” aveva, per una volta, incredibilmente perso l’uso del passing e al primo turno fummo così fuori dalla competizione. La sconfitta costò a Fausto Gardini la panchina da C.T.
Nel ’77, da campioni in carica, li attendemmo a Roma, nella “semi” interzone e finalmente ci smagammo, rendendo pan per focaccia. Opposti ai soliti Dominguez e Jauffret ci bastarono due giorni per chiudere la vicenda e nel terzo Panatta si tolse un sassolino fastidioso dalla scarpa e una scimmia dalla spalla dando, a risultato acquisito, un 6-2 6-1 inequivocabile a Jauffret. Potevamo volare un’altra volta verso l’Australia per andare a giocarci un’altra finale, un’altra in terra straniera e per conoscere ancora l’amarezza dell’erba aussie. A ripensarci ora, la pena più grande sta nel fatto che di sette finali di Davis, ben sei abbiamo dovuto giocarcele fuori casa, mentre la settima, a Milano, contro la Svezia fu compromessa dal cedimento di un tendine della spalla di Andrea Gaudenzi: la fortuna ha quasi sempre guardato da un’altra parte.
“Gaudio” c’era l’ultima volta contro la Francia. Giocammo a Nantes, per la prima volta indoor, su un tappeto che ai francesi parve subito troppo lento, tanto da consigliare capitan Noah a lasciar fuori Guy Forget, che non avrebbe potuto far troppo valere la potenza del suo servizio mancino. A fianco di Cedric Pioline, schierò, e non senza azzardo, uno come Arnaud Boetsch che lo ripagherà con gli interessi.
Anche se il primo giorno ci fu totalmente favorevole: Gaudenzi liquidò Pioline in quattro set, mentre Renzo Furlan, piegò, sempre in quattro, Boetsch. Il cielo sopra Nantes ci parve subito bellissimo, propizio e privo di nuvole. Invece il giorno appresso Forget e Raoux diedero una lezione di doppio a Nargiso e Gaudenzi e riportarono in scia i padroni di casa , che nell’ultimo giorno ribaltarono la situazione. Pioline si vendicò battendo Furlan e Boetsch fece il miracolo, dando tre set a zero a “Gaudio”. Anche se su quel match grava un’ombra e non da poco. Proprio mentre il francesino cominciava a incartarsi, Gaudenzi ebbe una palla decisiva che l’avrebbe issato a set point e a nuovi possibili scenari. Ma il pessimo arbitro Wayne McKewen cambiò la decisione, in un primo tempo favorevole a Gaudenzi, e scoppiò la bagarre. Panatta, capitano non giocatore, prese a scuotere il seggiolone del giudice di sedia e arrivò a spintonare McKewen, ma la decisione presa in favore dei francesi restò “L’occhio di falco” era di là da venire e di lì a poco il “furto con destrezza” permise a Boetsch di chiudere e regalare il successo che avrebbe schiuso ai transalpini la via verso Malmoe, dove avrebbero poi, dopo una vita, riconquistato la Coppa.
Tra breve vedremo a Genova cosa succederà: una storia lunga 93 anni condensata in tre giorni, una storia affascinante che si preannuncia in forte salita per noi. Di formazioni valide capitan Noah potrebbe schierarne più d’una, mentre noi dobbiamo puntare tutto su una prestazione monstre di chi ci è rimasto. Il divario coi cugini transalpini è di nuovo forte e a nostro svantaggio. La sfida numero undici tra Italia e Francia, vada come vada, romperà la parità ora fissa su 5 vittorie e testa: rendere ancor più mogi “gli italiani tristi” di Cocteau sarebbe bellissimo, ma sarà dura, se non durissima. Speriamo che Fognini si esalti ancora una volta in Davis e faccia rilucere tutto il talento che ha e che, ahinoi, spesso nasconde.
Elis Calegari
TAG: Coppa Davis, Davis Cup, Davis Italia, Italia vs Francia, Italia vs Francia 2018
IL CALENDARIO
Venerdì 6 ore 11.30
Seppi – Pouille
Fognini – Chardy
Sabato 7 ore 14.00
Lorenzi/Bolelli – Herbert/Mahut
Domenica 8 ore 11.30
Fognini – Pouille
Seppi – Chardy
Cerco un biglietto per domani…. 😥
E’ così. Sfida che sarà decisa dalla condizione di forma dei singoli tennisti, perchè in quanto a valore sono molto vicini. Mi pare che il solo Fognini abbia rotto il ghiaccio con la superficie quest’anno. Potrebbe essere questo un fattore decisivo. Le condizioni di forma di Seppi sono un’enigma, nessuno le conosce, ma Barazzutti si affiderà alla sua esperienza e farà bene, anche se Andreas non è quello che si dice un grande uomo Davis, dal momento che subisce un po’ la pressione che è altissima in queste sfide. Il doppio italiano potrebbe esaltarsi al cospetto di avversari titolati. In Giappone è piaciuto, soprattutto Bolelli, che chiaramente dovrà ripetersi a quei livelli perchè ci possa essere partita pari.
Sul fronte francese non c’è un tennista di punta su terra. Pouille è tennista di talento e di valore, ma spesso in difficoltà sull aterra e in Davis. L’ho visto perdere malamente sulla terra in casa in Davis contro Laiovic. Mannarino è tennista da prendere con le pinze perchè il suo tennista geometrico e “morbido” potrebbe creare problemi, ma obiettivamente è avversario alla portata di un buon Fognini e di un Seppi in condizione. Insomma, si può fare, sempre che i nostri tennisti si presentino in campo da subito esprimendosi bene senza regalare set, quindi senza mettere subito a loro agio gli avversari. Sappiamo infatti quanto le partenze a rilento di Fognini e Seppi rappresentino un handicap non da poco per questi due tennisti e potrebbero costare carissime in questa occasione.
Aahaahhahahah.
Potrebbe venire dal doppio, ma anche Seppi se la può giocare. A guardare bene sono tutte partite incerte, nessuna è veramente scontata.
Fognini ispirato porta i suoi 2 punti a casa. Il terzo da chi?
Speriamo che si possa aggiungere un nuovo capitolo questa volta a noi favorevole. Inutile girarci attorno: abbiamo la possibilità di giocare la finale in questa competizione. Anche un’eventuale semi con la spagna in casa non ci vedrebbe chiusi anche perchè difficilmente Nadal ci sarà, soprattutto se dovesse andare avanti agli US Open, visto che dovrà difendere la vittoria dello scorso anno e darà tutto, sacrificando una Davis che ha già vinto tante volte e che arricchirebbe di poco o nulla il suo palmares, Germaia permettendo ovviamente.
ricordo come il mitico Galeazzi si arrabbiò con Nargiso per la sua prestazione in doppio, e poi alla fine anche con Noah che contestava in continuazione… “Yannick, un punto anche all’Italia, s’il vous plait” 😀 😀 😀
purtroppo perso ovviamente
Sono abbastanza grande per ricordare le sfide con la Francia negli anni 70. In particolare ricordo bene le due sconfitte di Adriano nel 75. Panatta ha purtroppo spesso partite da vincere come una in Ungheria e ci pensava spesso Barazza a rimediare. Ricordo la partita vinta il 17 giugno da Barazza contro Fibak a Varsavia. Il giorno dopo, mi trovavo all’Ambrosiano per il primo giorno dell’Avvenire, mi accorsi di essere malato, malato vero poco più che bambino, ma oggi posso qui ricordarlo. E anche questa è stata una grande vittoria.
@ sabri1977 (#2070001)
l’EXPLOIT DI SANGUINETTI
Il miracolo di milwaukee chi se lo ricorda???
@ Reax84 (#2069972)
Era per il commento numero 13…pardon Radames 🙂
Articolo stupendo e “di cuore”. Ma non capisco il perché dover scrivere di una persona che con quest’articolo non c’entra nulla. Dei semplici complimenti all’autore del pezzo sarebbero stati appropriati…questa critica invece é più una caduta di stile…@ Radames (#2034182)
Simpaticissimo davvero…
Fu grazie alla coppa davis del 1996 che mi appassionai al Tennis! Avevo 11 anni..in principio fu Italia Russia, strepitosa vittoria contro Kafelnikov e soci, poi toccò al Sud Africa di Wayne Ferreira ..fino alla semi maledetta con la Francia! Addirittura piansi per una settimana perché volevo convincere i miei ad andare a Nantes! GAUDENZI FURLAN IL MITICO DIEGONE NARGISO erano i miei eroi preferiti in quell anno! DICI COPPA DAVIS?= BRIVIDI ED EMOZIONI UNICHE!!!
A proposito di Adriano Panatta che compare nella foto.
Volevo un informazione: ha mai vinto gli Internazionali di Italia?
A giudicare dallo spot che passa migliaia di volte Supertennis si direbbe di no. 😛
@ Hector (#2034389)
Non dimentichiamo Praga 1980… 😡 😡 😡
C’è chi usa bene la racchetta e chi usa altrettanto bene la penna! Un articolo efficace come una smorzata di via Caldano (questa è per pochi)…
A Nantes fu un furto paragonabile solo a Belgrado 1988 (coi giudici di linea scandalosi e zero overrule) e Maceiò 1992 per il clima intimidatorio sugli spalti. Del resto anche giocare a Roma negli anni ‘70 per gli avversari era un calvario a causa della crassa ignoranza del pubblico.
Bellissimo articolo… Ero a Milano nell’episodio della Finale con la Svezia quando Gaudenzi s’infortunò contro Norman. A Nantes non c’ero, quindi la guardai in TV e quando Panattone cominciò a scuotere il seggiolone non ci volevo credere!!! Capitani Coraggiosi… Concedetemi un AAA-DRI-AAA-NO!!!
Articolo piacevole. Finalmente qualcuno che usa anche il cuore oltre alla tastiera e ai numeri. Quanto all’incontro sono molto curioso di vedere chi schierano i francesi. Quanto al pronostico penso possa succedere di tutto, Fognini ha trovato maggior equilibrio comportamentale e offre + possibilità al suo talento; Seppi sta giocando bene dimostrando una sicurezza che non gli vedevo da tempo, lo dimostra la vittoria su Zverev anche se il tedesco era sottotono. Vedremo, Forza ragazzi. Da Venezia con un amico saremo a Genova tutti e tre i giorni. Se a qualcuno interessa ci si potrebbe incontrare alla sera per una bevuta e chiaccherata. Magari ….per festeggiare! ciao a tutti
Questa foto mi fa venire i brividi.. Gli anni della mia gioventù
Davvero bravo Elis , un articolo con i fiocchi.
anche io ricordo l ultima sfida come fosse ieri , per una settimana continuai a pensarci in continuazione fu davvero una botta pero’ condivido a ragion del vero loro erano piu’ forti ma l essere andati 2/0 con due match SUPER di gaudenzi e furlan ci illuse.
Il doppio fu umiliante ma nella terza giornata a singolari ribaltati non giocammo malissimo furono loro a mettere una marcia in + , certo se Gaudenzi avesse portato Boetsch al 4 chissa’…. ma alla fine cedemmo con l onore delle arni.
Grande articolo! Altro che Orecchio.
Che bell’articolo e…che bella foto!!!
Ricordo perfettamente l’ultima sfida, che mi lasciò un’amarezza che durò vari giorni, perchè dopo aver assoprato la vittoria dopo la prima giornata, sia ssistette a una lenta ma inesorabile remontada. Obiettivamente loro erano superiori. Ricordo ancora durante l’ultimo match giocato malissimo da Gaudenzi, Panatta scuotere la sedia dell’arbitro e battibeccare con Noah.
Ad aprile ci sarà ancora Noah sulla panchina francese e sarebbe bello prendersi una rivincita, anche perchè quella sconfitta mi è rimasta indigesta a lungo. In ogni caso gli anni novanta furono per la Davis ricchi di sfide appassionanti. Nonostante fossimo delle comparse nei tornei maggiori, in Davis sembravamo trasformarci. Le sfide contro la Spagna, contro l’Australia, contro la Germania, rimangono super, benchè spesso non coronate da successo, ma comunque sempre lottatissime. Certo non mancarono anche le brutte figure, soprattutto contro l’Austria di Muster.
Straordinario articolo, interessante e convincente
Articolo molto bello, complimenti all’autore e alla redazione
Bellissimo articolo! Complimenti all’autore.
Panatta fu squalificato o sanzionato
Bell’articolo, pieno di storia e di particolari che mi hanno fatto immaginare quelle sfide passate in cui non potevo essere presente…Penso anch’io che questa sfida sarà tirata al massimo e sono sicuro che i nostri oggi come allora faranno di tutto per vincerla. Per una volta mi sbilancio nel pronostico: vinceremo 3-2!
Bravo elis
Il mio personale benveuto alla sapiente penna di Elis, felice di leggerlo anche su livetennis.
Sarà una sfida affascinante vs. la Francia, molto aperta e potenzialmente spettacolare.
Quel weekend assomiglierà molto a quello di Napoli…
Spero anche il risultato finale
Chapeau!
Il grandissimo e geniale Jean Cocteau 🙂