Diario di Fabs: “Roger and me 2a parte”
Thomas Fabbiano ha pubblicato sul suo sito ufficiale la seconda parte di “Roger and me”, in cui racconta le emozioni vissute durante gli allenamenti con Roger Federer
GHIACCIO BOLLENTE, PLAYSTATION VIVENTE
Giovedi 12 gennaio 2018, infatti, Ivan Ljubicic s’è fatto nuovamente vivo. Così Federer ed io abbiamo percorso il tunnel blu psichedelico sotto la Rod Laver Arena e poco dopo mezzogiorno ci siamo ritrovati per la quinta volta insieme. Rispetto a Dubai però era cambiato tutto. Per cominciare, Ruggero s’è seduto accanto a me. Forse perché quando siamo entrati nello stadio l’altra panchina era ancora occupata da chi ha usato il terreno prima di noi. O forse ha scelto così per rendere l’allenamento ancora più casual. Ad ogni cambio campo abbiamo parlato di un argomento diverso: di Perth, di quanto si sia divertito alla Hopman Cup, di come sia riuscito ad alternare momenti ludici in cui prendeva l’evento per quel che è – un’esibizione – e altri in cui giocava a tutta per vincere. Ovviamente abbiamo affrontato il tema degli Australian Open, anche confrontandoci sui nostri rispettivi avversari. Non è prassi che i due compagni di allenamento condividano la sedia. Io l’ho fatto con Roger Federer su uno dei campi più importanti del mondo.
Tra una chiacchiera e l’altra, ovviamente, abbiamo anche giocato. A Dubai avevamo simulato partitelle, a Melbourne invece l’atmosfera è stata più soft. Ma la qualità non solo non ne ha risentito, ma è anzi stata molto alta. Da parte sua decisamente più alta, come se la ruggine invernale fosse sparita nel giro di due settimane. Il Federer che ho ritrovato sulla Rod Laver era reduce dalle quattro partite vinte nel Western Australia e giocava in uno stadio nel quale aveva già disputato un’ottantina di partite sollevando 5 trofei. Dal canto mio, alla vigilia del match con Zverev ero teso come la corda di una chitarra e ci ho messo un po’ a sciogliermi. Ruggero, al contrario, era talmente a suo agio che fino ad un attimo prima di cominciare rideva e scherzava. Poi, click. Un secondo più tardi la concentrazione era schizzata alle stelle. Eppure, per quanto focused, Federer pareva sereno come un colletto bianco reduce da un fine settimana alle terme, non come uno degli uomini più osannati della Terra, come uno sportivo sotto i riflettori del mondo, schiacciato dal peso del ruolo di favorito. Libero e bello, non schiavo delle aspettative. Tant’è che per qualche game non l’ho vista proprio.
L’ansia da prestazione non c’entrava un granché, e neanche quel dolorino alla schiena che mi aveva condizionato a Doha. Di fatto però mi sono improvvisamente sentito rigido come la prima volta a Dubai. Per mia fortuna stavo giocando, sto giocando, abbastanza bene. Quando il mio livello è decisamente buono bastano un paio di minuti di trance agonistica e passa tutto. Quando nelle vene ti scorre tutta quella adrenalina è facile riprendersi al primo errore ed è difficile che la qualità complessiva della performance ne risenta. Nel mio caso liberarmi di quella zavorra è stato un allenamento nell’allenamento. Che dall’altra parte della rete ci sia Roger Federer o un ragazzo dell’accademia di Foligno l’intensità deve anzitutto dipendere da me. E per ottenerla è cruciale tenere alta la concentrazione e la voglia di lavorare come si deve. Se poi l’altro ne ha più di me cerco di stargli dietro. Il problema – quel pomeriggio sul centrale di Melbourne Park – è stato che l’altro ne aveva più di chiunque altro. Quel giorno Roger Federer era una playstation vivente.
SERVIZIO E DRITTO. MA ANCHE ROVESCIO, ANTICIPO E MOLTO ALTRO
Ti fa andare fuori tempo. Può prendere ogni zona del campo con una precisione assurda. Non si legge. Può cambiare velocità, anche se non arriva ai 230 orari. Nonostante non sia una bomba, il servizio è la cosa che più mi ha impressionato di Federer. Nel momento in cui Roger si accorge che hai azzeccato due risposte, al terzo tentativo ti schernisce con una direzione e un taglio che non ti aspetti. Oddio, non che l’uscita dal servizio sia da meno. Dopo una battuta, di qualsiasi tipo sia, te lo ritrovi coi piedi dentro al campo. Il senso dell’anticipo è una sua qualità, lo sanno tutti. Ma anche se lo sai non riesci a evitare che ti faccia male.
Quando sei riuscito a impattare bene una sua prima e per una frazione di secondo ti sei illuso di averlo messo in difficoltà, lui arriva sulla pallina con uno scatto e te la spedisce dove non avresti creduto fosse possibile. Se abbassi la guardia sei fregato, il colpo seguente è già un vincente. Più di una volta in campo mi sono reso conto di aver appena sparato un colpo assurdo. Una traiettoria veloce, rasorete, lunga e complicata da respingere, che col 99% dei giocatori avrebbe portato al punto direttamente o li avrebbe obbligati a farmi tirare un colpo comodo, una palla da chiudere. Con Roger no. Quando ho impattato il suo servizio e gli ho risposto a 3 centimetri dalla riga, lui ha estratto fuori dal cilindro un diritto in controbalzo. Una cosa fuori dal mondo.
Non lo scopro io, io al massimo l’ho testato sulla mia pelle. Ma sul piano tecnico è impossibile trovargli un difetto. Federer ha mano, ha occhio, ha una gamma inesauribile di soluzioni. E nel momento giusto ha sempre il jolly pronto nel taschino. Dritto o rovescio, incrociato o lungolinea. Non esistono zone del campo dalle quali non ti faccia male. Il dritto è onestamente incredibile, ma il rovescio è ancora più pericoloso perché imprevedibile. Da quel lato ha ancora più opzioni e cambi di ritmo. Quello coperto in top è ottimo, ma Roger ha in mano mille opzioni in back e non sai mai dove te lo tirerà. Se hai una palla buona per attaccarlo è inutile domandarti se sia meglio spingere sul suo dritto o sul suo rovescio. Se lo attacchi, devi cercare di tirare un vincente, perché se Federer arriva sulla palla in qualche modo te la mette tra le stringhe delle scarpe. E se per caso riesci a tirare su una volée da sotto i piedi, lui ti passa.
HAPPY-GO-LUCKY
Anche se dovessi migliorare la mia classifica di 10, di 20, di 50 posizioni sarà sempre un onore giocare coi migliori di questo sport. Perché coi migliori ti accorgi che la differenza sul piano tecnico esiste, certo, ma che il gap vero sta nell’atteggiamento mentale e nella capacità di fare la cosa giusta al momento giusto. I campioni sono quei tennisti che nei momenti importanti cambiano marcia. Sono quelli che riescono a sentire il campanello e che di fronte al segnale di allarme non solo non vanno in panico, ma reagiscono scegliendo la soluzione migliore. Il che si traduce in due modi: o mettendo a segno un numero per uscire da una situazione complicata oppure optando per la cosa più semplice. In quel momento il campione fa la cosa che gli riesce meglio, possibilmente andando a toccare il punto debole dell’avversario. L’ho intravisto in TV, l’ho rivisto quando in campo mi sono ritrovato con due palle break a disposizione. Federer le ha cancellate in un amen, come se fosse la cosa più naturale di questo pianeta.
Dall’altra parte della rete non hai mai l’impressione di avere un trentaseienne, tantomeno con la pancia piena. Ma più ancora della componente fisica, dalla quale si intuisce che si stia gestendo alla perfezione centellinando tornei e allenamenti, quello che attira di più è il modo in cui Federer in campo si diverta. È impressionante il modo leggero e scanzonato con cui Roger affronta ogni giornata. Sicuramente avrà le sue tensioni, perché oltre al tennis ha mille le attività che gli tolgono energie mentali. Ma quando entra in campo si dedica anima e corpo a quell’ora, a quelle due ore di allenamento. La passione con cui le affronta è encomiabile. Ed è probabilmente un’altra chiave del suo successo. Forse quella determinante.
Fabs
TAG: Thomas Fabbiano
Un pò stucchevole il tutto, facciamo basta 😛
Bravo Thomas,onesto e umile….probabilmente sa che il suo best ranking e’ difficilmente migliorabile ed è conscio dei suoi limiti….parla come parlerebbe la maggior parte dei tennisti di buon livello…..Roger e’stato e sempre sarà qualcosa di inarrivabile……Rafa e Nole si grandi campioni che dal sacrificio fisico hanno ottenuto il massimo…..ma la classe di Roger e’ inarrivabile
Manca l’ultima parte che vi riporto per completezza:
Era vicina la Pasqua. Alzati gli occhi, Roger vide che una grande folla veniva da lui e disse a Thomas: “Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”.
Gli rispose Thomas: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”. Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”.
Rispose Roger: “Fateli sedere”. C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Roger prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.
E quando furono saziati, disse ai discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: “Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!”.
Sono d’accordo, questa deferenza mi pare ingiustificata ed in ogni caso eccessiva. Fabbiano non è un 18enne numero 1000 al mondo ma un tennista nella piena maturità, numero 70 ATP. Se ci gioca contro che fa? Gli stringe la mano prima di iniziare? Gli pulisce la sedia? Gli chiede l’autografo? Il 70 esimo giocatore di calcio al mondo se incontra Messi o CR7 non si sognerebbe di dire queste cose, anzi in campo gli morde le caviglie!!!
Per adesso non sembra …
… dissento …
Scusate se dissenti, ma questo continuo parlarsi addosso di Fabs su Federer proprio non mi va giù. Ma basta con questo tono deferenziale, le pause sulla banchina, gli occhi lucidi etc. Secondo me non è l’approccio mentale giusto per approfittare di queste situazioni: certo, rispetto per un fenomeno, ma non presentarti come un miracolato che ora per mesi rigurgita sui quei tre giorni di idillo nel deserto.
Ora sono pronto per le mitagliatrici …
@ kas (#2033571)
Infatti..
La speranza è che questi allenamenti abbiano insegnato qualcosa di molto utile a Fabbiano per il futuro
OH, cosa leggono i miei occhi, si è seduto addirittura accanto a Lui … inaudito! Già è improponibile che un Dio si segga (pensavo si adagiasse nell’aria) ma addirittura dividere la panchina con un mortale … non mi sembra propria possibile. Leggo più avanti … libero e bello (mi ricorda una pubblicità), non schiavo delle aspettative. A quel punto il glucosio è salito a tal punto che non più leggemmo avante!
Fabbiano scrive e parla bene, e’ un ragazzo gentile e con buona cultura , ha la testa sulle spalle e in questi ultimi 2 anni si e’ ritagliato lo spazio che merita, questo 2018 e’ un anno importante ha tanti punti challenger in uscita e l ‘ obbiettivo non facilmente perseguibile sara’ di sostituirli con pesanti punti ATP
Girerò i vostri complimenti a chi ha scritto (molto bene) il testo estrapolando dal Fabbiano pensiero…
Bellissimo articolo !!! Grande Fabbiano….
Ora et Labora…ora!:-)
Caspita! Da questo diario, si nota in Fabbiano, un attento e lucido osservatore. Un ragazzo molto intelligente, con una determinata consapevolezza. Oltre a saper scrivere veramente bene.
Che bravo
Scrittura sempre fluida e sciolta, quindi molto gradevole, ma il contenuto questa volta mi ha coinvolto meno della volta precedente.
Mi ha colpito molto, in ogni caso, il concetto di simulazione di partitelle in allenamento. Sono un dilettante, e quindi non me ne intendo; ma che in allenamento i professionisti, e in particolare i campionissimi, si limitino a simulare una partita, senza giocarla davvero per vincerla, non ci credo. Magari l’intensità e la determinazione che ci mettono non è proprio quella di una finale, ma l’idea che un Federer o un Nadal giochino la partita d’allenamento – con chiunque egli sia – giusto per provare i colpi, senza tenere conto del risultato della partita, non riesco proprio a crederci. Tanto più che, stando a quanto riportato da Thomas, lo stesso Federer gli ha confidato che nei momenti di lucidità alla Hopman Cup si rendeva conto che era soltanto un’esibizione; per il resto dei momenti – presumibilmente, non di lucidità – che sembra fossero anche i più lunghi, giocava solo per uno scopo: vincere. D’altronde, non avrebbe vinto così tanto, se la vittoria non avesse per lui un’importanza capitale.
Grazie ancora e complimenti a Thomas per le sue ragguardevoli capacità
narrative.
aloha
Bravo a scrivere sì però è venuta l’ora di mettere in atto questi insegnamenti preziosi
Bravo Fab, adesso però cominciamo a vincere delle partite eeeeehhhhh???
Beh bravo, anzi bravissimo…bel racconto che descrive parte delle emozioni che si vivono nel tennis…
tutto bello a parte la caduta di stile della foto con gamba accavallata di fronte al Re. Un italianismo concesso perche e’ un bravo ragazzo.
Ora attendiamo qualche scrittore bodybuilder che ci racconti le emozioni degli allenamenti condivisi con l’Arrotino….
bel diario, grazie!
Sublime descrizione bravo Fab
Complimenti veramente. Sia la prima che la seconda parte sono scritte veramente bene, scorrevoli e scritte con il cuore.