Open Court: Thiem, serve altra programmazione “per vincere”? (di Marco Mazzoni)
Sulla terra battuta in altura di Quito (il “feudo” di Estrella Burgos!) è scattata questa settimana la stagione ATP sul rosso. Qualche evento in America Latina, prima dello sbarco in Europa ad aprile, a caccia dei titoli Masters 1000 e soprattutto del Roland Garros. Più volte abbiamo parlato di come sarebbe giusto dare maggior spazio e valore a questa parte di stagione, per mille motivi. I “latinos” amano il tennis. Hanno storia, tradizione, passione, e volendo anche mezzi per organizzare grandi eventi. Personalmente parlo da anni della opportunità di portare un Masters 1000 in Argentina, o Brasile, o “itinerante” (tipo 3 anni a Baires, poi 3 anni a Rio, ecc.). Sarebbe un traino formidabile per la promozione del gioco in una terra assai fertile, da sempre; ed anche un modo per ripagare l’affetto di milioni di appassionati. Inoltre non sarebbe affatto male aumentare il numero di eventi di qualità sulla terra battuta, superficie che può regalare grande spettacolo, soprattutto quando è veloce e ben preparata. Tanti sarebbero i temi in merito, magari ci torneremo nelle prossime settimane, facendo un bilancio del febbraio tennistico.
I tornei 2018 in America Latina, orfani di Nadal ai box per infortunio (forse rientra ad Acapulco, ma sul cemento…), vedranno come stella Dominik Thiem, già la prossima settimana a Buenos Aires. Il 24enne austriaco vinse il titolo nel 2016, in quello che fu il suo vero battesimo nel grande tennis, grazie anche alla vittoria rocambolesca vs. Rafa Nadal in semifinale. Tornerà nella capitale albiceleste da favorito, come lui stesso ha dichiarato in un’interessante intervista rilasciata al sito iberico Punto de break. “La terra battuta è la mia superficie favorita, ho vinto sul rosso 6 dei miei 8 tornei ATP. Ci gioco da quando sono bambino, mi trovo benissimo ed il mio gioco si adatta alla perfezione alle condizioni. E’ la superficie che più mi piace e dove ho maggiori probabilità di ottenere risultati. Per questo cerco di giocare più tornei possibili su terra per sommare il massimo dei punti per il ranking”. Alt. Dichiarazione che può apparire corretta e “scontata”, ma che invece assume contorni interessanti se continuiamo a leggere… “Il mio obiettivo per il 2018 è di mantenere il mio ranking, tornare a giocare le ATP Finals di Londra e migliorare il mio gioco”. Tutto giusto? Sì… ma con qualche ombra. Mi spiego.
Thiem è uno dei tennisti più forti e “tosti” del tour. Ormai ha raggiunto lo status di giocatore pronto a sfidare i grandi ad armi pari, pronto a vincere grandi tornei. Nel 2017 ha battagliato con Nadal sulla terra, battendolo a Roma, lottando a Madrid e perdendo (malamente) a Parigi. Fisicamente è uno dei più preparati; mentalmente sta crescendo, difficile che molli la presa e si perda (come capita ad esempio a Sasha Zverev negli Slam). Tecnicamente si sta completando stagione dopo stagione, con ancora margini di miglioramento sul piano tattico e della gestione della partita. La chiave per il salto definitivo? Maggior aggressività e tempo sulla palla. Dominik infatti produce un tennis devastante per potenza, capacità di spinta e di prendersi il punto di forza. Però il limite nel suo gioco è la “fatica” necessaria a vincere avendo solo questa dimensione. Ogni scambio è un braccio di ferro, un pestare la palla più duro che può, per sfondare l’avversario. Tattica che può reggere, vista l’enorme forza fisica e l’abnegazione con cui soffre e sta in campo. Ma al salire del livello di gioco, della quantità di partite negli Slam e della tensione in campo, questa tattica può non pagare i dividendi sperati. Thiem infatti “fa fatica” in ogni match, difficile che vinca facile. Ancora non ricava abbastanza dal servizio, quando invece ottenere punti “gratis” con la prima è fondamentale, soprattutto nelle fasi più calde dei match. Anche alla risposta tende a restare troppo conservativo, allontanando il rivale dalla riga di fondo con drive carichi, senza troppo rischio… Rischio che invece si prende di brutto quando inizia a spingere col dritto o taglia il campo col rovescio, tra cross e lungo linea. In progressione può “ammazzarti”, come un pugile che cazzotto dopo cazzotto ti spinge verso le corde e ti fa tremare le gambe, fino a buttarti giù. Ma quanto sforzo, quanta fatica, e che necessità di essere sempre al top fisicamente e lucido mentalmente per reggere questo tipo di battaglia. Se riuscisse finalmente a dotare i suoi colpi di maggior anticipo si aprirebbero scenari tecnici ed agonistici superiori. Quasi sempre Thiem spinge da una posizione arretrata, con pochissimo anticipo, forte della potenza del suo braccio. Ma se invece accorciasse le esecuzioni, di un tot, e riuscisse a rubare tempo di gioco al rivale con un po’ di più anticipo (per lui più facile col rovescio), potrebbe ottenere quelle aperture di campo immediate che oggi gli mancano. Guadagnare campo, questa la chiave. Otterrebbe punti più velocemente, con meno fatica e sganciando parzialmente il suo tennis dalla pura efficienza atletica. Non è una miglioria facile, magari ci sta lavorando, ma questo sarebbe a mio avviso lo scatto di crescita decisivo, sul rosso ed anche sul cemento non troppo veloce. Quel che è certo è che nell’inverno nel suo team già folto è entrato un altro preparatore atletico, come a voler ancora migliorare la qualità fisica del suo corpo. Siamo proprio sicuri che sia la strada giusta? Vedremo. E non è tutto.
Perché, con questo status tecnico, stridono in parte le sue dichiarazioni? Perché lui stesso ammette alcune cose. Intanto la volontà di giocare “il più possibile, meglio sulla terra”, come ha dimostrato in questi anni con un numero di tornei incredibile, nettamente superiore ai suoi rivali. Ok vincere, accumulare esperienza e punti; ma quando sei un top10, o quasi top5, è indispensabile saper dosare le forze, scegliere i tornei, quando essere davvero al top e non buttare via energie fisiche e mentali in eventi interessanti ma che non possono fare la differenza. Con un tennis così sbilanciato sulla efficienza atletica, che senso ha spremersi così tanto? Se ripeterà anche nel 2018 la stessa programmazione delle scorse stagioni, sarà quasi impossibile per lui essere al massimo in così tanti eventi, e c’è il rischio concreto che arrivi ad alcuni momenti top non così fresco. Sarebbe un errore grave per un tennista davvero ambizioso.
Ambizione… Ecco l’altra sua frase che fa riflettere. Un tennista giovane che ambisce a vincere Masters 1000 e Slam non può dichiarare di accontentarsi di ripetere il 2017 ed essere tra i migliori otto per sbarcare a Londra alle Finals. Quella scorsa è stata un’annata molto buona, ma l’obiettivo deve essere massimo, vincere Masters 1000 e puntare senza mezzi termini al Roland Garros. Puntare a vincere anche sul cemento, dove finora ha raccolto troppo poco.
Può darsi che sia solo cauto in quel che dice, ma Dominik pare un ragazzo molto sereno, modesto. Forse fin troppo… Procedere per gradi è sintomo di intelligenza, ma serve anche molta ambizione, puntare altissimo e non accontentarsi. Oggi quasi il 60% dei punti si disputano sul cemento. Thiem non può sbilanciare così tanto la sua stagione sulla terra, pur restando la sua superficie preferita. Deve cercare di crescere nel suo tennis per essere competitivo anche nelle fasi stagionali in cui la terra non c’è. Questa è la sua vera sfida, se vuol puntare a detronizzare “El Rey” Nadal a Parigi, e non solo.
Marco Mazzoni
@marcomazz
TAG: America Latina, Dominic Thiem, Marco Mazzoni, Open Court, terra battuta, Thiem
8 commenti
Io non sono per niente d’accordo con l’idea che Thiem debba per forza cercare di migliorare i suoi risultati sulle superfici veloci. Tutte le sue caratteristiche (tecniche, fisiche, ecc.) si adattano alla perfezione alla terra e per me è giustissimo che lui si concentri il più possibile sulla terra.
Tra l’altro fra i giovani più promettenti non sembrano esserci terraioli in vista, alcuni (come Zverev) si trovano bene un po’ su tutte le superfici ma sono praticamente tutti più che altro giocatori da veloce. Se Thiem si concentra molto sulla terra potrebbe tranquillamente dominarla nei prossimi anni e vincere diversi 1000 e Roland Garros. Secondo me è giustissimo che punti tutto lì.
@ Rare99 (#2030506)
anche io vedo nell’apertura il condizionamento al suo dritto
che lo penalizza un po’ sulle superfici rapide
Analisi perfette,ma se vuole giocare piu vicino alla linea di fondo deve correlare l’ampiezza della preparazione dei colpi,un’apertura troppo ampia non ti consente di fare un passo avanti.Ecco perché sulla terra ha più timing. Ma gli conviene rischiare con un cambiamento cosi importante? Se lo farà dovra mettere in conto un calo prestazionale inevitabile.Oltretutto è un giocatore che si strema alla morte poiché dotato di poca fluidità,strappa i colpi per produrre la massima potenza.Purtroppo a tennis per ottimizzare la performance bisogna ottenere il massimo col minimo sforzo.
Analisi perfetta di Marco Mazzoni, come sempre. Thiem può ancora fare un salto di qualità se lavora sull’anticipo dei colpi e si avvicina alla riga di fondo campo. È la chiave per primeggiare nel tennis moderno, solo Nadal fa eccezione ma di Nadal ce n’è uno soltanto.
Da Hard non lo vedo proprio,su terra mi ha sempre affascinato ma non è mai esploso definitivamente(intendo non ha mai vinto un mille o il RG)ma con un paio di accorgimenti sia tattici che tecnici(come ha scritto Mazzoni il servizio potrebbe dare qualcosa in piu)potrebbe arrivarci.Come on Dominic!
Sul duro deve passare un periodo dove non gioca pet vincere e fare punti, ma per imparare la tecnica e la tattica giusta. Quindi fs bene a massimizzare i punti sulla terra. Non può disertare i 500 sulla terra per andar fuori nei primi turni sul duro.
Ci sono tante settimane dove non si gioca su terra nelle quali si può allenare e progredire…
Io sono d’accordo con Thiem. Al momento il divario con i più forti sul veloce è troppo grosso. Non è che non vince sul veloce perché gioca sulla terra. Non vince sul veloce perché deve migliorare tecnicamente e tatticamente (come detto da Mazzoni).
Visto il divario, però deve massimizzare il rendimento sulla terra rd utilizzare gli altri tornei per imparare. Un po’ come il primo Nadal…
Deve cambiare coach, e alla svelta.
Con il tipo di gioco che ha, durerà poco ad alti livelli, se non si evolve.
Troppo fisico e macchinoso tecnicamente, stakanovista negli allenamenti e nella programmazione, ma nel modo più ottuso e poco accorto che ci sia.