Angelica Moratelli: “ho imparato che sorridere aiuta a vincere”. La giovane tennista trentina, in esclusiva per Livetennis racconta la sua storia, il suo tennis e molto altro…
Una foto vista casualmente su Istagram ci coglie di sorpresa mentre lavoriamo all’intervista: il luogo è Hammamet, in Tunisia, dove la Moratelli è impegnata da due settimane nei tornei ITF locali; sullo sfondo una tennista, che non riconosciamo, si allena in attesa del prossimo match. In primo piano, un bambino nero, piccolissimo, avrà 3 al massimo 4 anni, si impegna concentrato nell’improbabile compito che si è dato: giocare con un nastro intrecciato intorno ad un palo. Non arriva neanche all’anca della nostra amica, che, infatti, osserva divertita: è un sorriso quasi invisibile il suo. La Moratelli è infatti di spalle all’obiettivo, ma è come se la sua emozione uscisse fuori dalla foto, e si potesse quasi sentire oltre che intravedere dal rigonfiamento delle gote. E ad un tratto, l’immagine, nella sua spontaneità e tenerezza, assume quasi tinte poetiche, se vogliamo “angeliche”, consentendoci di trovare quell’introduzione volta a scivolare nell’articolo.
Raggiungiamo Angelica, grazie anche alla “connessione amichevole” di Naty Piludu, nel corso di questi giorni. Mentre scriviamo, apprendiamo con piacere che Angelica ha vinto il torneo di doppio in coppia con la sua cara amica Marchetti. Ci uniamo, virtualmente, ai loro festeggiamenti!
Angelica, tutto è iniziato….quando e come?
Ho cominciato a giocare a 5 anni grazie a mio fratello. Sono di Trento e mi allenavo a Rovereto con Simone Andreoli, che è rimasto mio maestro di tennis ma soprattutto di vita per 16 anni. Un tassello importante, la sua figura, su cui regge tutto il proseguimento della mia maturazione. Poi, a 9 anni. ho cominciato a fare la spola tra Trento e Verona, per allenarmi tutti i giorni: all’inizio mi portava mia mamma, poi andavo da sola in treno. Questo fino fino a due anni fa: per tutto ciò Verona è assolutamente la mia seconda casa. Da lì mi sono spostata a Tirrenia, poi a Bassano ed infine a Padova dove mi alleno ora con Giampaolo Coppo ed il suo staff.
Da bambina amavo i cavalli e mi piaceva tanto sciare, ma il tennis ha sempre prevalso su qualsiasi altra cosa.
Tre flash: colpo migliore, vittoria più bella e tennista preferita:
Il mio colpo migliore, più efficace e che mi dà maggiori soddisfazioni, è il dritto. La vittoria più bella è stata in doppio con la Giovine nel primo turno degli ultimi Internazionali d’Italia, soprattutto per l’emozione che mi ha dato vincere al Foro Italico. La mia tennista preferita è stata da sempre Kim Clijsters, anche se non mi ispiro a lei.
Agli ultimi Australian Open, la finale femminile è stata tra le sorelle Williams, quasi 73 anni in due. Lo trovi un elemento positivo per chi ama questo sport, come ci ha detto la Krunic, secondo cui, in questi anni, assistiamo ad una mescolanza stimolante tra tenniste giovani ed esperte o è indice di una stasi tecnica per il tennis femminile?
Sono d’accordo con la Krunic. Penso sia un fenomeno positivo, è bello pensare che la carriera di una tennista si stia allungando. Sono cresciuta nel tennis con l’idea di dover sfondare a 20 anni per poi invecchiare sportivamente a 28; invece, negli ultimi tempi, sembrerebbe proprio di no. Credo che molto sia dovuto al miglioramento della preparazione atletica che aiuta a prevenire gli stress fisici: se il fisico si mantiene bene si può incrementare la durata di una carriera.
Steve Simon, presidente della WTA, ha fatto molto discutere lo scorso anno, per alcune proposte tese a ridurre la durata dei match femminili. In particolare propone il killer point sul 40 pari ed il super-tiebreak nel terzo set, almeno in alcuni tornei. Che cosa ne pensi?
Ma si, dai! Visto che ci siamo facciamo anche set a 4 punti! A parte gli scherzi, direi che queste ipotesi, lanciate a slogan, finiscono per sminuire il tennis femminile, le atlete ed anche la donna in generale. Ti dico che mi sento abbastanza offesa da queste proposte.
Molti considerano le tenniste come privilegiate rispetto alla media delle vostre coetanee. Tutte coloro che abbiamo intervistato finora, con qualche distinguo, negano questo elemento e non rimpiangono le scelte fatte. Per Magda Linette il tennis è maestro di vita e questo cancella ogni rinuncia; Natasha Piludu è triste quando si accorge di non conoscere bene la propria città, i luoghi ricreativi dei suoi amici, vivendo quasi un sentimento di esclusione; Aleksandra Krunic afferma che le rinunce non riguardano tanto l’adolescenza ma l’infanzia. Qual è il tuo pensiero?
Non credo che privilegiate sia il termine corretto per definire noi tenniste. Chi fa certi percorsi sa che davanti a sé ci saranno delle rinunce, delle scelte da fare, che escludono o riducono delle esperienze che, generalmente, bambini, adolescenti e ragazzi vivono. Non rimpiango le mie decisioni, tutt’altro. Il tennis è stato la mia vita, e ancora lo è. Le mie amicizie le ho, sia dentro il tennis che al di fuori. È difficile mantenere un’amicizia che magari non coltivi giornalmente frequentandoti, ma quelle vere rimangono anche se si è lontani. Penso di aver vissuto tante cose che i ragazzi della mia età non hanno mai fatto, ma ognuno ha la propria storia e vive le sue esperienze nei propri modi. Ho sempre pensato che il mondo del tennis fosse un mondo un po’ parallelo a quello di casa, quello che vivo tutti i giorni. Grazie a Dio la mia famiglia mi richiama alla normalità. Il privilegio non c’è. Se penso alle scuole elementari o alle medie, ho dei ricordi anche tristi: ad esempio, quando le mie trasferte cominciavano a farsi un po più lunghe e chiedevo i compiti ai miei compagni per rimanere al passo, succedeva che me li davano sbagliati perché secondo loro io avevo la scusa per saltare giorni di scuola ed ero vista appunto come “privilegiata”. Ovviamente, ci rimanevo malissimo. Ma grazie al tennis, che mi mette davanti ogni giorno me stessa, con pregi e difetti, forse ho imparato a conoscermi meglio…e quindi a vivere il mondo in maniera migliore.
Hai amiche vere tra le tenniste o preferisci tenere separata la tua sfera privata da quello che è di fatto il tuo lavoro?
È molto difficile nel nostro ambiente avere delle amicizie leali e pulite, ma non è impossibile. Si è sempre sentito parlare di quanto si odiano le ragazze, ma non è così…Si, ci sono quelle più simpatiche e altre non lo sono per niente, come nella vita. Alla fine, tranne alcuni casi, stiamo bene tra di noi, durante i tornei c’è un buon clima. Senza dubbio, la mia più grande amica è Giorgia Marchetti, quindi ho detto tutto…
Quali sono i tuoi hobby e, in generale, come trascorri il tuo tempo libero tra un match e l’altro?
Mi piace leggere e guardare film. Spesso tra un match e l’altro non si vede l’ora di staccare un po’ il cervello. Se i tornei si fanno in gruppo è bello anche passare del tempo assieme e, se si riesce, si prova sempre a fare un giro nella città in cui ci si trova.
Che significato deve avere per te il saluto a fine match? Si vedono abbracci con baci ma anche occhiatacce fulminanti:
Beh si va in campo per lottare, una vince e l’altra perde… Credo che, a meno che non si abbia un rapporto speciale con la tua avversaria, un bel cinque vada benissimo!
Leggendo molte interviste, o anche i vostri post che compaiono sui social, si ha la sensazione che la maggior parte di voi, preferisca guardare in TV il tennis maschile. Vale anche per te questo?
No. Premesso che non sono molto appassionata di tennis in TV, quando guardo qualche match preferisco le donne, guardare i loro match mi può interessare maggiormente. Sul fatto che in generale il tennis maschile sia più visto, beh se si parla di Roger Federer non si tratta di tennis, siamo su un altro pianeta. Troppo facile vedere queste partite dove va tutto a meraviglia…
Qualche giorno fa, proprio in Tunisia, la russa Aponasenko ha sprecato un match point nel secondo set contro la rumena Dinu per poi perdere 6/0 al terzo. Nel tennis, soprattutto femminile, accade molto spesso di assistere a questi ribaltamenti di punteggio. Che succede nella mente di una ragazza in quei momenti e come si gestisce la tensione psicologica?
Non è facile gestire certe situazioni, quando ci si trova, sono sempre ostiche: soprattutto non c’è un modo standardizzato per uscirne… Ti premetto che non ho visto il match. Credo che Vasilisa si sia ritrovata in una situazione favorevole, magari inaspettata, e ciò le abbia creato tensione più del dovuto; oppure, più semplicemente, l’altra è stata più forte. Sono cose che succedono anche ai top ten, basta guardare Nadal durante la finale degli Australian Open. Non è arrivato al match point ma ha vinto il primo game di risposta nel quinto, per i maschi dovrebbe valere come un match point no? Per quanto riguarda me, beh dipende dalla situazione: qualcuno mi ha insegnato che ridere aiuta…ci sono troppe teorie e supposizioni, ognuno ha il suo modo di reagire in campo.
Nel 2013, in piena ascesa della tua carriera, hai subito un grave infortunio alla spalla che ti ha costretto a rimanere ferma quasi due anni. Ci racconti questa esperienza e a quali risorse psicologiche hai attinto per venir fuori da un legittimo scoramento?
Il mio infortunio alla spalla purtroppo è stato più lungo del previsto ma, per fortuna, ora sembra in questo momento tutto sotto controllo. Con l’aiuto di validi professionisti siamo riusciti a sistemare i miei gap ed a saltare l’operazione. Non nego che c’è stato tanto sconforto, al punto che ho smesso di giocare per un periodo e avevo deciso di intraprendere l’insegnamento per diventare maestro nazionale. Poi la voglia di tornare in campo, lottare e rimettersi in gioco è tornata, grazie soprattutto alla mia famiglia.
Cosa è cambiato in te tecnicamente e mentalmente rispetto a prima dell’infortunio?
Ah ah ah! Bella domanda, anche un po’ scomoda sinceramente…Comunque su certe cose sono maturata molto ma la cosa nuova che maggiormente ho riscontrato in me è apparsa pienamente l’anno scorso: ho imparato a divertirmi e a godermi il match. Unisco poi a questa bella sensazione, la voglia di riscattarmi.
Ti sei già affacciata in tornei WTA e ti auguriamo che diventino a breve il tuo habitat tennistico naturale. Quali sono le differenze che più hai notato, a parte ovviamente i premi ed il livello tecnico delle giocatrici?
Il clima nei tornei WTA è un po più rilassato, sotto un certo punto di vista. È più facile viverli, hai tutto a portata di mano, c’è chi ti fa le cose (hotel, trasporti, prenotazione campi) ci sono fisioterapisti sempre a disposizione, appare tutto più sereno. Come se le persone che si trovano a giocare in WTA fossero più rispettate ma forse è giusto così.
Quali sono le doti principali che secondo te deve avere un buon coach? Un genitore o marito può esserlo?
Ti dico la mia esperienza. Mi trovo molto bene in campo con persone che mi trasmettono sicurezza e serenità. Ho bisogno di una persona che mi sappia anche capire nei momenti più bui, che sia sicuro di se stesso per trasmettere anche a me l’equilibrio mentale che questo sport ci richiede. Per quanto riguarda la figura di familiare-allenatore, invece, credo sia difficile farlo, è un incrocio complicato quello tra lavoro e vita personale, ma c’è chi lo fa, si tratta di gestire i due momenti e separare bene i due contesti.
Non ti chiedo di pronunciarti sulla polemica con la FIT ma che consiglio ti sentiresti di dare a Camila Giorgi?
Non mi sento di dare consigli, perché credo che in certe situazioni bisogna trovarsi. A parte la questione Camila, sono contenta della convocazione in Fed Cup di Paolini e Trevisan.
Angelica è un nome che fa pensare ad una formazione familiare religiosa:
Niente di tutto questo. La scelta è stata di mio fratello, che appena nata chiese di mettermi un nome simile al suo: An…drea. Lo devo ringraziare anche perché le altre possibilità di nomi erano un po’ oscene… Comunque fede e Dio hanno un gran peso per la mia famiglia.
L’8 maggio 2015 Papa Francesco ha ricevuto 7000 tennisti, tecnici e dirigenti in Vaticano. In quell’occasione, Francesco disse che chi fa sport agonistico non deve dimenticare di essere un esempio per i giovani. Tu pensi che sia giusto o che a volte, l’essere un modello, possa essere un peso troppo gravoso da portare?
Credo che ogni atleta sia un esempio per qualsiasi persona lo stia guardando…quindi si, sono d’accordo col fatto che ciascuno di noi deve sapersi anche controllare. Tutti hanno dei momenti di stizza e non è sempre possibile frenarli, ma l’eccesso non va mai bene. Molti bambini, si spera sempre di più, guardano lo sport, lo praticano e scelgono il loro idolo: lo imitano, talvolta lo idealizzano, quindi è giusto dare il cosiddetto “buon esempio”.
Ti dico due termini: Knockout game e Balconing. Due giochi estremi giovanili comparsi anche in Italia: nel primo caso il gioco è quello di stendere a pugni i passanti e filmare il tutto; nel secondo caso (fenomeno partito da Ibiza e Maiorca) si tratta di sfidare il pericolo lanciandosi dai balconi degli alberghi per tuffarsi in piscina o saltare sulla terrazza di un’altra stanza. Non ti chiedo un’analisi sociologica, ma una tua opinione, una possibile spiegazione:
Inconcepibile! Sono due cose per cui non trovo senso neanche sforzandomi. Il knockout game: estremamente orripilante! Fare del male è già sbagliato di per se, figurarsi colpire all’improvviso delle persone indifese! Come se non ci fossero già abbastanza guai nelle vite di tutti….vanno a complicare, se non a rovinare, l’esistenza di sconosciuti. Poi per cosa? Per apparire? Per darsi delle arie all’interno di compagnie evidentemente sbagliate? Non riesco a dare una spiegazione.. Ma sia chiaro: non ci sono in modo assoluto giustificazioni. Solo colpe! Perché al giorno d’oggi ci sono tante opportunità per i giovani, anche per canalizzare la loro aggressività, basta avere la voglia di fare.
Tu sei nata a Trento e per questo ti propongo di commentare i versi di un famoso poeta trentino Marco Pola: “Sen tuti presoneri/de tut, del pan, del vin,/ dei soldi, dell’amor e del dolor…/Per questo stamatina gò davèrt la gabiéta al lugherin”…Un elogio della libertà:
Premessa: a casa parliamo in dialetto il 99,9% delle volte! Fantastico! Capita che nei vari tornei ci sia qualche collega trentino con cui scambiare qualche parola ed è uno spasso! Per cui anche leggere questa poesia, che non conoscevo, mi fa sorridere! Detto questo, la poesia mi fa pensare che ognuno di noi possa essere sia prigioniero che carceriere: tutti abbiamo delle catene, ma se cerchiamo di toglierle al prossimo, a nostra volta possiamo esserne liberati.
Chi sarà la numero 1 a fine 2017?
Serena Williams.
Cosa sogni per la vita tennistica di Angelica Moratelli?
Quest’anno vorrei scendere almeno sotto le 300 ma sogno la top 50.
Come immagini la tua vita tra vent’anni?
Sogno una mia famiglia, ma vorrei vivere vicino alla mia casa attuale, essere in prossimità della ”vecchia” famiglia: le radici per noi trentini sono importanti. E mi piace l’idea di avere un bel cavallo, una passione mai spenta di quando ero bambina.
C’è un filo rosso, sottile, che si dipana lungo questa intervista: il sorriso di Angelica verso un bambino nero, le catene da spezzare negli altri per liberare se stessi, la scoperta che è bello godersi il proprio match divertendosi. Questo filo, per molti invisibile, si chiama amore per la libertà e il suo simbolo è un cavallo, lo stesso che correrà lontano portando Angelica nel secondo dei mondi paralleli da lei vissuto e di cui ci ha parlato: la vita.
Antonio De Filippo
TAG: Angelica Moratelli, Italiane, Moratelli
Bellissima intervista che mi ha permesso di conoscere un lato più intimo e profondo della Moratelli. Personalmente adoro la domanda, e la meravigliosa risposta della tennista, riguardo la poesia trentina..Complimenti! 😀
Sono tanti anni che giro per il Foro ed anche altri tornei e vedo tante tenniste che giocano e si allenano; ad Angelica ed anche a tutte le nostre dico che uno degli aspetti più importanti della professione è avere un fisico da atlete, al di là della loro conformazione fisica naturale, non è il caso specifico di Angelica, ma troppe delle nostre non hanno proprio il fisico da atleta…ed il fatto che anche altre tenniste di alto livello non lo abbiano non può essere una giustificazione.
Quella è la tua professione; cominciamo ad avere un fisico adeguato per svolgere quella professione.
Bellissimo articolo e bellissima intervista, non banale sia nelle domande che nelle risposte.
Introduzione da scrittore attento e capace. Complimenti all’autore.
la wta se non fosse legata con i combined al atp avrebbe già chiuso. non capisco cosa ci sia da offendersi se qualcuno prova a farlo diventare uno sport più televisivo
Dai Angelica, puoi arrivare presto nelle prime 200
Auguro alla Moratelli quel salto di maturita’ vero, da tennista vera, che deve per forza di cosa fare sacrifici importanti sotto tutti i punti di vista, cosa che per svariati motivi fino ad oggi ha fatto solo parzialmente e che la relegano da anni nel limbo del tennis che conta.
Speriamo che almeno Coppo riesca in questa operazione.
@ Cricco16 (#1765040)
Ti ringrazio per i complimenti e per l’osservazione che ha un fondamento! Tuttavia sull’uso di un aggettivo occorre far rireferimento al contesto: nello specifico, volevo solo far notare, che il bambino della foto, peraltro messa in fondo all’articolo, viene descritto inizialmente con età approssimativa, e altezza quindi il “nero” completa la descrizione. Il riferimento, peraltro, ricorre solo due volte nell’articolo e non c’è alcun intento giornalistico, visto che né la foto di copertina, né il titolo, ne danno conto
Ringrazio te come pure @Mao Tennis e @Livio per gli interventi. Mi dispiace un po’ che questa dialettica metta, come dire, in secondo piano le considerazioni che Angelica Moratelli fa sul mondo del tennis e sulle sue esperienze di ragazza, aspetti che sono al centro di questa serie di interviste. Grazie ancora.
@ Mao Tennis (#1764945)
Scusate è, ma di che stiamo parlando.. non metto in dubbio la buona fede dell’autore e la bellezza dell’articolo, ma essendoci un bambino solo nella foto, il riferimento al colore poteva essere benissimo risparmiato.. Sarebbe bastato definirlo “bambino”..
@ Mao Tennis (#1764945)
Però è preferibile usare l’aggettivo nero rispetto a “di colore”.
@ livio (#1764906)
Attenzione, il mio commento non voleva esprimere un giudizio sul termine ‘bambino nero’ riferito a considerazioni politiche o razziali, lo criticavo solamente perché usato troppo spesso come espediente giornalistico che considero un po fuori luogo. Ad ogni modo, grazie a entrambi per il piacevole confronto.
Letteralmente, l’infortunio è alle spalle
Concordo pienamente con te, Antonio.
A volte a voler essere troppo “correct” si fa peggio. Sono di quelli che ritengono che chiamare le cose col loro nome non sia mai offensivo, a meno che l’offesa non la si sottolinei volutamente in tutto li contesto che c’è intorno.
Del resto, “coloured” è il termine che usavano i razzisti sudafricani, “negro” o “nigro” gli schiavisti degli stati dell’Unione, i neri tra di loro si chiamano “black”, per cui a volte vedete che ci si fa troppi problemi.
Dal canto mio, trovo che “cieco” sia un termine freddamente oggettivo che non riveste nessun intento discriminatorio, menrte “non vedente”, che è gettonatissimo nel politically correct, fa risaltare molto di più la menomazione..definire qualcosa in negativo per quello che non può essere lo trovo molto più limitante.
Bellissima intervista ottimo lavoro
Mi è piaciuta questa intervista, così come le altre in profondità che state pubblicando ultimamente, aiutano a capire la vita quotidiana delle tenniste, al dì là della classifica. Molto simpatica Angelica, e molto toccante il racconto dei dispetti ricevuti dalle compagne di classe!
@ Mao Tennis (#1764774)
Ti ringrazio per l’osservazione molto interessante che apre un campo su cui ci sarebbe da discutere ma certo non è questa la sede. Ovviamente non c’era alcuna intenzione esotistica da parte mia: al centro ci sono il gioco di un bambino e lo sguardo partecipe di Angelica. La scena si svolge ad Hammamet, molto probabilmente il bambino è tunisino ma non ne ero certo. Quindi sono stato generico ed il “nero” fa parte della descrizione in cui non mi limito a questo dato ma parlo del nastro, dell’atteggiamento del bambino, ecc. Talvolta ignorare un dato può essere anche rivelatore di una discriminazione al contrario. Per esempio l’espressione “di colore” che spesso si applica ai neri la trovo discutibile perché tutti abbiamo un colore. Comunque grazie davvero per il tuo commento ed anche per i complimenti che faranno piacere, oltre che a me, anche ad Angelica.
Bellissima intervista, non banale, domande che permettono di capire un po’ di più di questa ragazza. Sarei contento se la rubrica andasse avanti… Per adesso, grazie e in bocca al lupo per il prosieguo di stagione di Angelica!
Complimenti come sempre per l’intervista, molto interessante e piacevole questa rubrica.
Un solo appunto, c’era davvero tutto questo bisogno di sottolineare 1000 volte che quel bambino era nero?? Possibile che si debba necessariamente considerare un tratto distintivo così importante da non poterlo non evidenziare? Non si poteva scrivere bambino e basta, senza ulteriori specificazioni?
Sarà che il bambino nero fa più effetto, conferisce quel non so che di esotico, sensazionalistico e compassionevole al tutto… va beh, non condivido
Una ragazza semplice come semplice è un sorriso, la famiglia il Trentino l’amore per un cavallo. Sfortunato l’infortunio ma rieccola a riprovarci a divertirsi e a vincere. Giovane Angelica. Bellissima intervista, complimenti.
Complimenti!
Sia per le domande che per le risposte che rivelano una personalità molto sensibile.
Però sul Campo ci vuole una Mente Focalizzata per Vincere, mi raccomando!
Fantastiche queste interviste!
Angelica dimostra maturità e coscienza dei propri mezzi: l’infortunio è alle spalle e ci auguriamo tutti che possa tornare ad esprimere il suo miglior tennis.
Quanto al resto, ne esce un quadro di una ragazza intelligente e scherzosa: possa continuare così e con questo piglio, marchio di sicura felicità nella vita.