Il razzismo nel mondo del tennis
Il razzismo è una piaga che corrode tutto ciò che tocca, non risparmiando il mondo dello sport spesso vittima e condizionato nei suoi aspetti più profondi da situazioni che definire spiacevoli suona come il più grande degli eufemismi. Viene immediato pensare al calcio ma purtroppo, superando un’indagine superficiale, si arriva alla triste consapevolezza che questo male non tocca solo il tanto vituperato pallone ma anche sport che a prima vista ne sembrerebbero immuni. E il tennis non fa eccezione, con eventi recenti che hanno fatto rimbombare più di un campanello d’allarme.
Ultimamente infatti abbiamo assistito alla gaffe del presidente della Federtennis russa Shamil Tarpischev che nel corso di un programma televisivo ha appellato le sorelle Williams al maschile in un vano tentativo di strappare una facile risata, al ritiro strategico del tunisino Malek Jazir dal torneo di Montpellier da un match in cui era avanti di un set contro l’uzbeko Istomin scatenando illazioni sul fatto che volesse evitare di incontrare al turno successivo l’israeliano Dudi Sela, con un precedente analogo nel 2013 e un ritiro da un challenger per evitare d’incontrare un altro tennista israeliano sotto pressioni della propria Federazione poi sancita con l’esclusione dalla Davis 2014, per finire agli epiteti (“scimmia”) lanciati contro il brasiliano Souza dal pubblico argentino nel week end di Coppa e poi parzialmente ritrattati.
Purtroppo però non si tratta di episodi recenti e isolati: la storia del nostro amato sport racconta vicissitudini di un passato non troppo lontano che avrebbero meritato maggiore eco e riscontri mediatici per invertire una rotta che appariva già all’epoca preoccupante. Proprio in questi giorni si svolge il torneo di Indian Wells, un torneo che vedrà partecipare dopo anni di assenza giustificata Serena Williams, lontana dal torneo californiano dal 2001, si dice per non precisati insulti razzisti che subì da parte del pubblico durante lo svolgersi della finale del 2001 contro la belga Clijsters. Ma come dimenticare Arthur Ashe sbeffeggiato dal rumeno Nastase che cercava sempre di provocare andando anche sul pesante lo sfortunato atleta di colore statunitense, o Pam Shriver contro Zina Garrison (e viceversa) a cantarsele di santa ragione o il caso dell’israeliana Peer che non poté prendere parte al torneo di Dubai nel 2009 perché gli Emirati Arabi le negarono il visto? Storie simili e tutte accomunate da un preoccupante leitmotiv, un’intolleranza gretta e meschina che si basa su vaneggiamenti delle più svariate forme e nasconde un’ignoranza di fondo che in ogni caso non può essere accettata ma che sembra provenire dalla notte dei tempi. Ma se qualcosa esiste da sempre non è detto che sia giusto o accettabile, anzi … forse semplicemente è sbagliato da sempre.
Il professionismo sportivo porta con sé il desiderio di primeggiare e di arrivare per primi al traguardo, anche a scapito tante volte purtroppo di quel fair play sacrificato sull’altare del desiderio di vittoria: impensabile per le nostre menti influenzate da una società che è genitrice di un figlio sportivo che spesso ne ricalca le perdute orme, che l’ambiente del calcio, dell’atletica, del basket e anche del tennis non venga inficiato tante volte dall’ambizione di vincere a tutti i costi, magari mettendo anche fuori gioco l’avversario in modo davvero ridicolo. Mai bisogna (o bisognerebbe?) scadere a un punto tale in cui un avversario venga umiliato o offeso perché distante dal colore della pelle reputato standard, dal credo religioso reputato standard, da quelle idee reputate standard. Se la diversità arricchisce e l’omologazione rende semplici macchine che come gli automi contribuiscono alla sopravvivenza di una società senza goderne appieno i frutti, non capisco come si possa vivere nel 2015, sottolineo 2015, in un mondo in cui Souza possa essere deriso perché il suo viso a 4 stupidi ricorda quello di una scimmia o come mai Sela non possa giocare contro un avversario spinto dalla sua Federazione a ritirarsi piuttosto che affrontare un uomo prima che uno sportivo così lontano da ciò che loro reputano giusto, come se le Federazioni non avessero altri problemi a cui pensare.
Bisognerebbe inasprire le pene, espellere “tifosi” facilmente rintracciabili dagli stadi di tennis per anni, bisognerebbe sanzionare i giocatori che si lasciano andare fino allo sproloquio, bisognerebbe, si dovrebbe ma purtroppo non si farà. O almeno non in un battibaleno. L’ignoranza parte dal basso della società e i suoi meccanismi possono essere cambiati con la forza dirompente delle idee ma solo lentamente, perché solo gradualmente i cambiamenti, quelli veri e più forti, possono essere accettati anche dai più stolti.
Alessandro Orecchio
TAG: Jaziri, Malek Jaziri, Notizie dal mondo
Il razzismo è discriminazione in base alla razza, che c’entrano omofobia, maschilismo, e politica?
A me invece sembra pessimo il tuo commento. Il razzismo è un venticello… si comincia dalle battutine, e si finisce molto lontano. Io sono stato educato alla tolleranza e alla fratellanza, e non mi frega niente di distinguere, nello sport, fra risse politiche e risse razziste. Le seconde sono peggiori delle prime, ma esattamente cosa vuoi dire? Che se da domani dovessero scoppiare risse fra tifoserie israeliane e palestinesi, o egiziane e libiche, o texane e newyorkesi, andrebbe tutto bene?
E in che casella metti le assurde inimicizie e violenze nel calcio? I cartelli “Forza Etna” sono becero razzismo? No, perchè sia i napoletani che i veronesi appartengomo alla razza bianca. Quindi cos’è, razzismo becero o razzismo politico?
E a quando chiederemo che i siti WTA e ATP, insieme all’età, all’altezza e al peso, ci dicano se i giocatori sono “democrats” o “republicans”?
In uno sport molto internazionale come il tennis, mi sembra difficile che ci possa essere razzismo tra i giocatori. Infatti il marocchino Youness El Eynaoui è sempre stato molto amico dei giocatori israeliani e viceversa. Infatti quando la federazione israeliana gli ha proposto di insegnare in Israele ai bambini israeliani e palestinesi, questi ha accettato volentieri.
Lo stesso Jaziri ha giocato il campionato a squadre francese dove tra i suoi compagni di team c’era l’israeliano Weintraub. E non risulta che ci siano stati problemi tra loro. Purtroppo se la federazione tunisina gli impone di non affrontare giocatori israeliani, pena non vedersi più finanziata l’attività internazionale, che cosa può farci.
Le provocazioni che Nastase mandava a Ashe avvenivano 40 anni fa, poi Ilie si è più permesso di rifarle?
Recentemente c’è stato il caso di Fognini con Krajinovic. Poi si è scusato via Twitter.
Certo a livello di dirigenti, il discorso cambia. Ma anche lì bisogna distinguere i dirigenti che lavorano a livello internazionale e quelli che lo fanno solo nel proprio paese. Tarpishev credo che lavori solo in Russia. Inoltre adesso non è più lui il capitano della squadra russa di Fed Cup.
Infine c’è la questione del pubblico sugli spalti. Risolvere la questione anche qui, temo che ci vorrà ancora qualche generazione.
Ricordi bene 😉 ,e tra l’altro leggendo un articolo di cui non ricordo l’autore,la svizzera fu apostrofata ironicamente dallo stesso,’santa Hingis’,insieme a ‘santa Lindsay’ nel medesimo articolo,in quanto,oltre Martina Hingis,che,se non sbaglio definì ‘carinamente’ 🙄 😎 Amelie Mauresmo come un mezzo uomo,anche Lindsay Davenport non fu tenera con la francese,dicendo più o meno che le pareva di giocare contro un uomo,in occasione,se non vado errato,della sua sconfitta contro Amelie,nelle semifinali degli Australian Open del 1999,giusto?
Non avevo visto che avevi già scritto della performance del nostro talento..
Mi pare anche di ricordare la Hingis che aveva fatto una brutta dichiarazione ad una conferenza stampa contro la Mauresmo in quanto omosessuale.
Scusate ma Jaziri e Peer non sono casi legati al razzismo, è politica. Volendo provocare : Fognini e il famoso zingaro.. è razzismo o ..?
Avete dimenticato le belle parole del numero 1 italiano nei confronti di Krajinovic
Articolo costruito senza alcuna logica. E’ un accozzaglia di situazioni diverse tra loro.
Che ci sta a fare il caso delle Williams in un articolo sul razzismo?
Che ci stanno a fare i casi Peer e Jaziri in un articolo sul razzismo?
Pubblicate un articolo, scadente, che scatenerà il “popolo” e poi vi lamentate se il “popolo” esprime le proprie opinioni.
Non è un articolo sul tennis, quindi NON POTETE pretendere che il “popolo” faccia commenti tecnici. Sulla base di qst articolo, pessimo, si possono esprimere soltanto proprie opinioni politico/sociali….
Anch’io ritengo che Jaziri con questo discorso non c’entri un fico secco.
Messa così sembrerebbe che la federazione tunisina sia antisemita…ovviamente non è così.
Poi si può discutere sull’opportunità di questa decisione, ma si tratta di una scelta politica verso Israele, che nulla ha a che vedere col razzismo.
Altrimenti dovremmo dire che anche le Olimpiadi di Mosca e di Los Angeles sono state boicottate “per razzismo”…il che sarebbe una fesseria notevole.
@ LiveTennis.it Staff (#1296517)
Il problema e’ che il razzismo e’ spesso generato da semplificazioni che producono fenomeni populistici come quelli attuali. Pubblicare un articolo sul razzismo nello sport (citando esempi nell’articolo come la Peer che non puo’ andare a Dubai o Doha) e pretendere poi di confinare i commenti “solo al tennis” e’ come accendere un cerino all’interno di una santa barbara. C’e’ un’interdipendenza tra i fenomeni sociali e quelli sportivi che sono indivisibili.
Contaccanbio labbraccio
@ banzai kuki (#1296511)
Parliamo solo di argomentazioni tennistiche (stranamente nel calcio la Tunisia gioca con tutti i paesi, ma nel tennis invece mette pressione sui giocatori).
Ripetiamo parliamo solo di valutazioni riguardanti il tennis. Un abbraccio.
Meglio prevenire che curare…in questo senso l’articolo di Orecchio mette giustamente in evidenza un fenomeno, quello del razzismo, che nel tennis si è manifestato per fortuna con frequenza e gravità minori rispetto ad altri sport, primo fra tutti il calcio, dove è presente nelle sue forme più orrende che toccano etnie, regioni, città. Il tennis ha come campo minato la questione di genere e quindi spesso una tennista non è valutata soltanto nella sua dimensione tecnica ma si richiamano riferimenti, talvolta volgari, al livello di avvenenza o, al contrario, alla sua non gradevolezza estetica. Ovviamente c’è commento e commento, il discrimine è dato dall’eleganza di un giudizio estetico.La stessa wta alimenta più o meno questo machismo con classifiche di bellezza e soprattutto con l’obbligo del gonnellino.
Un unico appunto ad Orecchio quando si riferisce ad Artur Ashe con l’espressione tennista di colore. Non è un’espressione razzista ed è usata diffusamente. Tuttavia è comunque discriminante perché tutti abbiamo un colore non soltanto i neri. A volte per non scivolare nel razzismo si rischia di fare peggio: “chiamateci neri” diceva il reverendo Jackson.
A me sembra che l’accusa alle sorelle Williams non c’entri con il razzismo. E’ una osservazione sulla muscolosità di Serena, sicuramente censurabile, ma l’avrebbe fatta anche per una tennista bianca.
Il caso del tennista tunisino, poi, è puramente politica.
Anche in questo caso il razzismo non c’entra.
@ LiveTennis.it Staff (#1296507)
Cara Redazione, non avete capito nulla. Peccato.
@ bao.bab (#1296502)
La foto è stata inserita da noi.
Non si può non osservare che il giocatore non può giocare contro i tennisti israeliani e questo sicuramente fa pensare ad un forma di razzismo da parte della sua federazione di appartenenza (poi i motivi extra tennistici non ci interessano, se un giocatore gioca nel circuito ATP deve giocare con qualunque persona).
Un abbraccio.
Argomento sempre delicato che, purtroppo, fa spesso capolino nella vita di tutti noi, nella società e nel modo di vivere e di intendere la vita di chiunque.
Che nel 2015 non dovrebbe avere più senso di esistere, invece viene inevitabilmente rinvigorito e rianimato da partiti, partitini, nostalgiche posizioni retrograde, in tutto il mondo, purtroppo.
Lo sport non ne è immune, anzi, ha una risonanza particolare e ce ne sono molti di casi riconducibili a tutto ciò, non solo nel calcio in quanto sport “popolare” ma anche nel nostro sport, che è poi globale, il più globale, con atleti provenienti davvero da tutto il mondo.
Penso, purtroppo, che sarà difficile debellare la stupidità di questa gente e quindi andremo avanti praticamente all’infinito con questa mirata distinzione di “razza”, anche solo come pretesto, come cattiveria, come insulto e disprezzo mirato, ma comunque col preciso intento “di far male” e umiliare chi non è bianco, come se, il bianco in sé, sia automaticamente superiore e migliore di chicchessia.
Qualcuno spieghi ad orecchio quali siano i rapporti attuali tra Israele ed il resto degli stati arabi. Sarebbe come accusare di razzismo tutti quegli atleti che al tempo di Pinochet o di franco rifiutarono di giocare in Cile od in Spagna
Sono perfettamente d’accordo. La foto di Jaziri su un articolo sul razzismo è totalmente fuori contesto. Quello che ha spinto la federazione tunisina a impedire a Jaziri di giocare contro Sela è ascrivibile a questioni di opportunità politica e basta, riguardo alle quali si può essere d’accordo o meno. Ma di questioni politiche si tratta.
Ed è meglio non aggiungere altro, altrimenti si rischia di inoltrarsi su delle strade molto, ma molto scivolose.
Jaziri esempio di razzismo…..ricordatevi di quando ha rifiutato di giocare contro Sela israeliano!!!
Trovo inopportuno mettere la foto di Jaziri,come se il suo episodio sia il peggiore di tutti,e quindi simbolico dell’argomento trattato,il razzismo.Probabilmente se fosse dipeso da lui,non avrebbe avuto problemi ad affrontare avversari israeliani,ma temeva ripercussioni in patria. Ripercussioni che,visti i recentissimi e ultimi fatti accaduti in Tunisia,con quel terribile atto terroristico,che ha visto tra l’altro come vittime anche degli italiani,dicevo,ripercussioni che sono tutt’altro che impossibili.Più gravi,a mio avviso,i fatti che hanno visto coinvolti argentini e brasiliani,e gli episodi di razzismo che vedono come vittime coloro che,hanno il colore della pelle diverso,o sbagliato,secondo i loro folli insultatori.Mettere la foto di Jaziri,farebbe sembrare che un atto di razzismo verso Israele,sia il più grave di tutti,il che,ovviamente non mi vede affatto d’accordo,anche perché,a mio avviso,coloro che hanno sofferto di più(e continuano tutt’ora a soffrirne,come negli USA) di questa piaga,che storicamente è culturale,sono stati i neri.
Il razzismo nel tennis è semplicemente basato sul censo al livello di movimento di base: se non sei ricco scordati di fare carriera!
Sarebbe interessante comparare WTA vs ATP: il movimento maschile brilla per l’assenza di top player coloured… Senza considerare tabu come l’omosessualità.
Esempio a cavolo quello della Peer: Israele non intrattiene relazioni diplomatiche con tutti gli stati arabi. Provate ad andare a Tel Aviv con un passaporto arabo e ditemi se vi fanno entrare.