Open Court: il ritorno di Murray e l’importanza della condizione atletica
Giovedì intorno all’ora di pranzo si è chiusa la prima semifinale maschile degli Australian Open. Berdych è riuscito a ripetere l’ottimo livello tecnico ammirato contro Nadal solo nel primo set, cedendo ad Andy Murray, che torna in finale a Melbourne per la quarta volta. In attesa della seconda semifinale tra Djokovic ed il campione in carica Wawrinka, possiamo affermare che l’Australian Open ha emesso un primo verdetto: Andy Murray is back. Non era una cosa così scontata. Il 2014 aveva insinuato non pochi dubbi sulla sua carriera sportiva al massimo livello. L’anno scorso è stato estremamente negativo per lo scozzese. La prima parte di stagione è stata spesa a recuperare sul lato fisico dai postumi dell’operazione alla schiena di fine 2013, a cui va aggiunto anche una sorta di “recupero mentale e tecnico” dopo il traumatico divorzio da Ivan Lendl, colui che con pazienza ed un lavoro certosino era finalmente riuscito a far decollare il talento di Murray. La difesa del titolo ai Championships è naufragata di fronte ad un buon Dimitrov, ma troppo deludente la prestazione dello scozzese quel giorno; tutt’altro che esaltante l’estate sul cemento USA, momento in cui mediamente Andy gioca meglio, da sempre. Il suo tennis andava a scartamento ridotto. Niente malissimo, niente benissimo, con evidenti passi indietro rispetto al periodo trascorso con Lendl sotto ogni aspetto della prestazione. Ma più che del gioco modesto e della scarsa intensità, molto si parlava della scelta di Amelie Mauresmo come coach, ingaggiata proprio alla vigilia di Wimbledon. Troppo presto per vederne i frutti sui prati, ma anche in estate tanti proclami su novità tecniche e pochi i fatti. Un piccolo risveglio finalmente in autunno, con una corsa disperata al Master che l’ha portato all’ultimo tuffo alla O2 Arena di Londra, dove però nessuna gloria ad attenderlo, ma… la peggior Capporetto della carriera. Un durissimo 6-0 5-0 (chiuso poi 6-1) patito da Federer, che lo scherzò letteralmente, umiliandolo. Fu bravo Murray in quell’occasione a gestire la faccenda con discreta ironia, ma in molti iniziarono a farsi domande sulla sua reale capacità di tornare a quel livello di gioco e prestazioni che l’avevano portato a vincere due Slam e l’oro Olimpico tra 2012 e 2013. Così che all’avvio del 2015 c’era curiosità per vedere come si sarebbe presentato a Melbourne a distanza di un anno dall’intervento e con diverse settimane di preparazione nelle gambe. Curiosità, ma anche tanti tantissimi dubbi, inclusi il timore che un Andy 28enne avesse già raggiunto nel biennio precedente il suo apice ed iniziata la discesa. Melbourne per sua fortuna sta scrivendo una storia ben diversa, quella di un rilancio in grande stile, restituendogli la chance di lottare per vincere il terzo Major in carriera. Perdere l’ennesima finale Slam sarebbe per lo scozzese un’altra mazzata non indifferente (“vanta” uno dei peggiori record dell’Era Open tra finali e vittorie….), ma il Murray visto in campo a Melbourne in questi giorni è un buonissimo Murray, in netta crescita, sotto tutti i punti di vista: fisico, tecnico, mentale, agonistico. Contro Djokovic partirebbe sfavorito abbastanza nettamente, e forse anche contro Wawrinka (che avrebbe battuto Novak). Domenica mattina vedremo se riuscirà a vincere il suo primo Australian Open, giunto alla quarta finale; ma anche in caso di amarissima sconfitta, stavolta dovrebbe prendere la faccenda guardando il bicchiere mezzo pieno, memore della stagione scorsa e dei tantissimi problemi che ha sofferto.
All’avvio del torneo in pochi includevano Murray come uno dei possibili outsider per il titolo. Gli occhi erano puntati sul Djokovic straripante visto finora, su di un Federer che si presentava molto pimpante. Semmai su di un Nadal ancora molto indietro ma che ci ha abituato a continue risurrezioni sportive, o su qualche potenziale sorpresa come Berdych, Raonic, Nishikori; magari sul giovane aussie Kyrgios, che in fin dei conti non ha deluso e che proprio Murray ha estromesso con estrema sicurezza. Già dal match precedente, una solida prestazione contro Dimitrov, si è ricominciato a parlare dello scozzese. “C’è anche Andy” sussurravano i colleghi britannici, forse non ancora troppo convinti, forse solo scaramantici. Un ruolo da underdog che certamente ha fatto solo bene al figlio di Judy, che sereno e tranquillo è avanzato quasi nel silenzio generale, crescendo nettamente di condizione.
E’ stato curioso il post match a caldo dopo la vittoria su Berdych in semifinale. Il fatto che Vallverdu sia passato da poche settimane dal clan Murray alla panchina di Tomas ha scaldato non poco la vigilia, ed addirittura lo stesso incontro. Qualche parola di troppo è scappata in campo alla fine del primo set, e pure i box dei due giocatori sono stati più caldi del solito, soprattutto quello dello scozzese con la futura sposa immortalata ad inveire contro il rivale… Nell’intervista in campo Murray ha parlato apertamente ai microfoni di Big Jim Courier (ancora una leggenda down under, per i suoi 2 titoli ed tuffi nell’inquinatissimo Yarra!?!) di come si trovi bene con Amelie Mauresmo, del ruolo fondamentale che lei ha avuto nella sua rinascita sportiva, e di come il loro lavoro insieme stia iniziando, dopo qualche mese, a dare i frutti sperati. Sul web e pure da parte di qualche addetto ai lavori o ex giocatore non sono mancati commenti sarcastici sul ruolo della donna coach di un tennista uomo. Senza perdermi in questo argomento, che personalmente ritengo buonissimo per il Bar Sport e poco altro, preferisco puntare la mia piccola lente tennistica sul ritorno dello scozzese, affermando che al momento mi è difficile riuscire a trovare qualcosa di davvero nuovo nel tennis del britannico, e quindi figlio del lavoro con la grande Amelie. Questo Murray di nuovo forte, fortissimo per esser arrivato alla finale di Melbourne, mi pare infatti praticamente identico a quello ammirato qualche anno addietro, direi nel primo periodo della collaborazione con Lendl. La differenza che l’ha riportato a questi livelli credo sia tutta nella ritrovata forma fisica, più che in qualche novità tecnica o tattica.
Andy è sempre stato un ottimo atleta di base, molto elastico e scattante. Ideale per contrattaccare e giocare colpi a tutto campo. Negli anni si è molto potenziato, riuscendo ad inserire muscoli in una struttura longilinea. Più potenza ma soprattutto più resistenza. Una forma talmente buona da permettergli di reggere le lunghissime schermaglie contro Nadal, Djokovic e compagnia, riuscendo anche ad uscirne vincitore. Il Murray di queste settimane pare tornato sul piano fisico al suo massimo livello, o molto molto vicino, segno di un grande lavoro svolto nella off season. E’ agile, veloce, scattante, qualità grazie alle quali riesce a difendersi benissimo, a scappare via dopo aver tirato un colpo in recupero ed aggredire le palle più corte per chiudere. Nel torneo non è mai arrivato al quinto set, ma sono stati pochissimi i momenti in cui è sembrato tirare il fiato o a corto di energie. Forse l’unico aspetto in cui lo vedo diverso è al servizio. Carica un po’ di meno con la schiena, forse per proteggersi dopo i problemi sofferti e che gli sono costati l’intervento chirurgico. Lo si vede da come spinge la prima palla, più di spalla che di caricamento; ancor più nella seconda di servizio, che è lontana dalla qualità che raggiunse nel periodo con Lendl e che fece enorme differenza nella sua prestazione. Infatti uno dei peccati originali di Berdych ieri in semifinale è stata la scarsa capacità di mettere alle corde Andy sulla seconda, con troppi errori o con scelte tatticamente errate.
Mentre in molti adesso si affannano a celebrare Murray ed il suo lavoro con Amelie Mauresmo, ritengo che i due per ora abbiamo svolto un (ottimo) lavoro conservativo, andando a ritrovare le migliori sensazioni (e quindi ritrovare fiducia) e si siano aggrappati alle antiche certezze del suo gioco, più che provare ad inserire qualche novità interessante. Non è un approccio errato: oltre alla scadente forma atletica, in diversi frangenti del 2014 Murray è stato in evidente crisi di fiducia. Cattive sensazioni, un ritorno al passato quando finiva per andare nel caos tattico più totale, non riuscendo a trovare il giusto equilibrio tra attacco e difesa. Andy e Amelie pare che abbiano azzerato tutto, e ricominciato dalle cose facili, dalle certezze come la fase difensiva, l’abilità del controbattere, la diagonale del rovescio ed il cambio improvviso in lungo linea. Il tutto sostenuto dalla miglior efficienza fisica possibile, che rendono lo scozzese uno tosto da battere sulla corsa e sul lungo scambio.
Però il Murray plasmato da Lendl era un tennista più completo, più “smart”, più offensivo, e quindi più forte. Intanto Lendl aveva lavorato benissimo sul piano mentale, riuscendo a cementare in lui nuove certezze, che gli permettevano di tirare di più e di tirare prima. Meno attendismo, un tennis più veloce ed offensivo. Lendl aveva tolto dubbi e zavorre, con un percorso probabilmente assai simile a quello che visse sulla sua palle, quando da primo dei secondi riuscì a diventare “lo Zar” del tennis. Murray grazie al lavoro insieme ad Ivan era riuscito a potenziare dritto e servizio (guarda caso le armi del ceco…), a costruirsi una seconda meno debole e più continua, a tenere maggiormente l’iniziativa sostenuto da schemi tattici più snelli e meno barocchi, più diretti a raggiungere il risultato. Quel caos che da sempre imperava nel suo gioco era stato non cancellato ma ridotto ai minimi termini. Un 2014 segnato da problemi fisici e dalla rottura con Lendl avevano fatto sprofondare la prestazione di Andy sotto tutti i punti vista, riportandolo indietro di almeno 4 anni.
Per quello che ho visto finora in quest’Australian Open, molte di quelle migliorie affinate con Lendl non ci sono, o non riesce ancora a produrle con la continuità necessaria ad elevare al massimo la prestazione. La Mauresmo parlava di voler cambiare il tennis del suo assistito, rendendolo ancor più diretto, offensivo e percentuale. Al momento è difficile intravedere elementi di questa strada, piuttosto si vede un Murray consistente e molto ben preparato. Pronto alla lotta.
In fondo questo torneo ci ha raccontato una favola un po’ diversa da quello che ci si poteva aspettare alla vigilia. Spesso l’Australian Open è lo Slam delle sorprese, che lancia qualche nuovo protagonista. Lo è stato nel 2014, non quest’anno. Tra le donne, ecco la “solita” finale tra Serena e Sharapova… Nel maschile sono arrivati ai quarti 7 delle prime 8 teste di serie. In generale, tutti i match importanti sono stati vinti dal tennista più tosto, da colui che è riuscito a far valere in campo un’eccellente condizione psico fisica più che una qualche differenza tecnica o novità. Lo stesso Nadal è crollato sotto i colpi di un Berdych mai così lucido, ma soprattutto per via di uno stato di condizione generale molto lontano dai suoi standard. Grandissimo Seppi ad estromettere Federer, ma Roger quel giorno era lento ed impacciato, incapace di spingere e produrre il suo miglior tennis. La spinta in sicurezza di Wawrinka ha spezzato la resistenza di Nishikori, e la continuità e velocità di Djokovic hanno disarmato le “bombe” di Raonic. Questo solo per citare alcuni esempi evidenti di come la miglior condizione atletica, la resistenza e la continuità di prestazione al massimo livello siano ancora l’arma principale per vincere. La speranza è che in caso di una finale tra Murray e Djokovic si possa assistere ad un match discretamente vario e divertente, e non all’ennesima battaglia terrificante di scambi infiniti, un braccio di ferro a premiare l’ironman di turno.
Comunque vada, lunedì prossimo il ranking ATP sarà di dominato da Djokovic, Federer, Murray e Nadal. I “famosi Fab4”. Un ritorno allo storico status quo. Siamo sicuri che sia una buona notizia?
Marco Mazzoni
@marcomazz
TAG: Andy Murray, Australian Open, Lendl, Marco Mazzoni, Mauresmo, Murray, Open Court, preparazione atletica
Bravo groucho, penso siamo in parecchi s pensarlo! Dobbiamo davvero essere grati a Marco Mazzoni che ci sta insegnando tanto! Non so peró se in Italia ci siano piattaforme più ampie per analisi illuminate sul tennis come le sue. Comunque ha anche doti notevoli da scrittore/saggista. Io un suo libro sul tennis lo comprerei subito, chapeau!
@ Mazzoni: l’unica nota che mi permetterei di fare è su Federer-Seppi – è vero che nei due primi set lo svizzero ha regalato parecchio ma poi Roger ha giocato ad un buon livello e Seppi il quarto lo ha strappato grazie ad una forma fisica perfetta e forse per la prima volta anche ad una tenuta mentale invidiabile (e grazie anche ad un po di fortuna all’ultimo punto)!
A dire il vero quella espressione può non piacere, è assai colloquiale, ma formalmente corretta. Il gergo si evolve, come il tennis 🙂
buona finale (speriamo) a tutti
A mio giudizio Marco Mazzoni è uno straordinario intenditore di tennis, forse il migliore che abbia mai incrociato nella mia vita. Ha una lettura degli aspetti tecnici, tattici e umani davvero unica. Mi dispiace che i suoi articoli non siano valorizzati come meriterebbero, lo vedo scivolare rapidamente nell’oblio alla stessa stregua di notizie insignificanti o di articoli che non dicono davvero nulla o di sagre dell’esaltazione di fenomeni mediatici di serie D…
Poi ogni tanto spunta anche qualche professorino che alla minima sbavatura linguistica tira giù il suo giudizio universale….
Marco, tieni duro eh.
L’enorme talento di Murray è stato, in parte, rovinato da una atteggiamento in campo troppo difensivista….Se avesse lavorato di più sulla ricerca del vincente sarebbe diventato un altro giocatore rispetto a quello che ora vediamo e probabilmente avrebbe vinto di più….Hanno tentato di rendere Andy un giocatore tipo Djokovic, senza però averne la costanza fisica….Il risultato è quello di un ribattitore che non sempre ha le capacità fisiche e mentali per reggere questo gioco ma che avrebbe le capacità tecniche per far punto da ogni parte del campo……Alla luce della carriera fin qui svolta non credo sia stata una buona scelta……
Il vero test per murray viene adesso con Nole. Fino ad ora non ha fatto niente di eccezionale…
Articolo ben scritto.
Concordo in pieno su Murray. Il fatto che sia in finale non ci deve ingannare. Murray ha sfruttato appieno una parte di tabellone orfana di Nadal e di Federer e l’ immaturità e le incertezze di due giocatori come Krgyos e Berdych…
Ma è comunque un Murray solido,ma che non cerca quasi mai il punto con accelerazioni vincenti prendendosi qualche rischio in più.
Credo che il ritorno dei Fab Four sia la calma prima della tempesta…
Lo stravolgimento delle gerarchie è solo rimandato.
concordo in tutto quello che è scritto in questo bell’articolo. penso soltanto che non è una scelta sbagliata quella di ritrovare le origini dopo un anno così brutto. da qua in avanti, ritrovato il suo gioco classico, vedremo se la mauresmo riuscirà a fargli giocare qualcosa di nuovo. dovrebbe essere più offensivo perchè vincere solo di lotta è un peccato quando hai del talento
sono contento del ritorno di andy dopo i problemi alla schiena
nche a me sembra più un Murray versione 2011 bello pimpante che il ritorno di un Murray “lendelizzato”.
Se passa Nole mi sa che è chiuso, ma con Stan se la gioca.
Ho interrotto bruscamente la lettura dell’articolo alle parole “che lo scherzò letteralmente” (riferito a una sconfitta netta subita): cioè?!!! Gentile Marco Mazzoni (e redazione al seguito), letteralmente, come ci invita a leggere lei, “che lo scherzò” è solo un obbrobrio linguistico!!!!
Capisco che i commenti possano tracimare in obbrobri linguistici e grammaticali (sarà capitato anche a me, ne sono sicuro, di scriverne per sbaglio, di getto); ma che chi scrive gli articoli si lasci andare a queste espressioni gergali da strapaese lo trovo davvero inqualificabile (dal punto di vista dell’etica professionale giornalistica intendo). Oppure lei pensa che la trattoria da Nando alla Garbatella sia il centro del mondo…
murray ha un talento enorme, un tocco decisamente superiore ai vari nole e nadal (per non parlare degli altri) e una struttura fisica pazzesca.
i suoi limiti erano e sono solamente di convinzione.
certo, rimane difficile da capire come mai in tutti questi anni non abbia messo a posto la seconda di servizio.