Renzo Furlan: la costanza al potere
Renzo Furlan rappresenta un fulgido esempio di come la costanza e la dedizione al lavoro possano portare a un risultato considerevole nello sport, quando il talento non è da rintracciare solo nelle qualità e nelle doti di cui naturalmente siamo geneticamente in possesso, ma anche nella capacità di conoscere alla perfezione il proprio fisico e le potenzialità del proprio gioco per aggirarne limiti e trovare soluzioni che possano rendere altamente competitivi. Uno dei pochi giocatori dell’era post – Panatta in grado di arrivare fino alla top20, di togliersi numerose soddisfazioni all’interno del circuito, alzare trofei al cielo e cogliere vittorie di assoluto prestigio e richiamo.
Nato a Conegliano nel 1970, Renzo Furlan ha legato il suo nome in modo indissolubile a quello del coach Riccardo Piatti, esperto e sapiente, con cui ha formato un duo affiatato divenuto in breve un esempio per molti: non dotato di un tennis particolarmente potente Furlan, insieme a coach Piatti, ha fatto della serietà, dell’applicazione e della ricerca del continuo migliorare migliorandosi, un mantra da ripetere per un’intera carriera.
Un best ranking di numero 19 al mondo, una convivenza con Andrea Gaudenzi (anch’egli top20 nella sua carriera) stimolante e positiva, due vittorie nel circuito maggiore con i successi in singolare ai tornei sulla terra rossa di Casablanca (in finale su Karim Alami) e sul cemento di San Josè (su Michael Chang) entrami nel 1994, 5 finali perse sempre in singolare (Firenze e Bologna nel 1992, San Marino nel 1993, Pechino nel 1995 e San Pietroburgo nel 1997), punto fermo in Coppa Davis, acuti nelle prove Slam e una serie impressionante di vittime illustri: Renzo Furlan rappresenta una delle pagine più belle del nostro tennis recente, un punto di riferimento importante per chi si avvicina al nostro sport, dovendo prenderlo a modello per i sani principi che ha incarnato nella sua vita (sportiva).
Protagonista in Davis con 19 apparizioni (10/9 il bilancio in positivo in singolare), Furlan sfatò lo stereotipo che gli sportivi italiani nei momenti chiave della stagione (Mondiali, tornei Major, Europei) non sempre riescano a mantenere la concentrazione per rendere al meglio delle proprie possibilità: Furlan negli appuntamenti del Grande Slam ottenne gli ottavi di finale all’Australian Open nel 1996, il terzo turno sia a Londra che a New York rispettivamente nel 1996 e nel 1995 ma soprattutto i quarti di finale al Roland Garros dell’edizione del 1995, quella vinta dal Terminator austriaco Thomas Muster e dove perse solo dal bicampione uscente Sergi Bruguera.
Il sudafricano Ondruska, il ceco Rikl in 5 set, il brasiliano Meligeni e l’australiano Scott Draper, capitalizzando al meglio un’occasione difficilmente ripetibile sfruttando una porzione di tabellone rimasto orfano della testa di serie numero 2 Pete Sampras, realmente mai a suo agio sulla terra battuta parigina. Un campione si vede nel momento in cui deve tirare fuori gli artigli, non vivendo di rimpianti ma nel ricordo compiaciuto di aver saputo fare del suo meglio nel frangente opportuno. Attualmente impegnato nelle credibili vesti di coach, Furlan sul finire della carriera, mentre si allontanava dalla top100, ebbe l’umiltà tipica dei grandi di non ritirarsi barcamenandosi con successo nel circuito minore dei challenger. Una curiosità riguardo il suo vissuto da atleta ci porta direttamente alle Olimpiadi estive di Atlanta nel 1996, quando si fermò a un passo dalla gloria venendo sconfitto nei quarti di finale dall’indiano Leander Paes, vicino a quell’impresa di vincere una medaglia olimpica nel tennis, sport che in quell’edizione stava ancora scoprendo le sue potenzialità a cinque cerchi che sarebbero state sempre più grandi.
Ivan Lendl, Mats Wilander, Thomas Muster, Boris Becker, Patrick Rafter, Sergi Bruguera, Andrei Medvedev, Michael Chang, Tim Henman, Goran Ivanisevic, Petr Korda, Mark Philippoussis, Marc Rosset, Emilio Sanchez, Ivan Ljubicic: sembrerebbe la Hall of Fame del tennis in realtà è l’impressionante lista di ex campioni e numeri uno del mondo battuti da Renzo Furlan. Un giocatore arcigno, che non mollava mai e che non perdeva il controllo delle proprie emozioni, rendendo positivo tutto ciò che poteva nascere anche da un malessere, tramutando in stimoli tutto ciò che per altri giocatori, senza la sua solidità mentale, avrebbe potuto rappresentare semplicemente una battuta d’arresto.
È solo dei più grandi conoscere sé stessi avendo piena consapevolezza dei propri limiti: solo così un atleta è in grado di innalzare l’asticella dei propri obiettivi, perché laddove un traguardo viene raggiunto con mille sacrifici subito il desiderio è quello di ottenerne un altro. Ma conoscere i propri blocchi, le proprie barriere, rappresenta la più grande paura dell’uomo, figuriamoci di un uomo di sport che del confronto con sé stessi, con le vittorie e le sconfitte, fa il suo pane quotidiano. Renzo Furlan era capace di studiare, di studiarsi, perché laddove l’intelligenza sportiva è palese i risultati positivi non tarderanno ad arrivare.
Alessandro Orecchio
TAG: Furlan, Italiani, Renzo Furlan
Se solo avesse fatto fuori l’insopportabile Bruguera nei quarti al RG….bravissimo comunque!
di Furlan ricordo un match in davis a Roma vinto vs Chesnovok giocato in 2 tempi con un freddo polare, vincemmo 3.2 grazie anche al doppio
altro match memorabile la vittoria vs Boetsch nella 1ma giornata della semi a nantes
peccato la sconfitta vs cedric pioline sul 2.1 x noi preludio all eliminazione per mano di Arnaud che se ben ricordo batte’ gaudenzi sul 2pari 😥
davvero un bel post che quoto in pieno.
non sono d’ accordo solo su Sanguinetti a cui va riconosciuto un miglioramento caratteriale nella seconda parte della sua carriera non da poco.
Con tutto il rispetto gli articoli di questo signore tolgono lustro al vostro bellissimo sito. Di una banalità assoluta.
Unico, solo, immenso Renzo.
Ottimo giocatore, persona quadrata, ottimo esempio. E sinceramente un numero notevole di vittorie di qualità, anche se il grande acuto è mancato. Veramente da ammirare.
Ottimo giocatore ma vedere una sua partita non mi emozionava.
@ Lucabigon (#1228151)
Concordo. Probabilmente l’unico, insieme a Gianluca Pozzi, ad essere notevolmente migliorato durante la carriera.
Il servizio di Volandri, la mobilità di Camporese, Pescosolido e Bolelli, la testa di Fognini e Canè, il gioco di Nargiso, Seppi, Sanguinetti invece non sono cambiati di una virgola dall’inizio alla fine….
un esempio di come uno sportivo debba sacrificarsi e lottare fino all’ultimo.
bravo giocatore…
delusione da allenatore, in quanto si è fatto usare dalla FIT per avere il metodo Piatti senza avere tra le…. Piatti in persona. Con i risultati che tutti conosciamo, ossia nessuno…
Giocatore da ammirare e che si è migliorato molto nel corso della propria carriera giungendo ad un elevato rendimento anche sul cemento.