Il mito di Nicola Pietrangeli: breve storia di chi ha fatto la storia del tennis italiano
Generazione ’33, nativo di quella Tunisi allora colonia francese e una passione sportiva da bambino equamente divisa fra tennis e calcio (giocherà anche nelle giovanili della Lazio), Nicola Pietrangeli rappresenta il massimo livello raggiunto dal tennis italiano, sport di cui, con i suoi successi, ha incarnato alla perfezione lo spirito da elegante condottiero, scrivendo pagine di una storia indimenticabile e forse (ahinoi…) irripetibile.
Espulso dalla terra natia insieme alla famiglia causa seconda guerra mondiale, Pietrangeli si avvicinò al tennis al circolo romano del Tennis Club Parioli, dove incrociò sguardi e destino con un custode “particolare”, quell’Ascenzio Panatta padre dell’erede designato proprio dell’allora giovane Nicola. Numero 3 del ranking mondiale nel 1959 quando la classifica aveva un valore e un significato certamente diverso da quello attuale, il buon Pietrangeli è stato il tennista italiano che più ha vinto in carriera, con 36 successi alcuni dei quali di uno splendore a tratti accecante.
Successi di prestigio si diceva, con i due fiori all’occhiello delle vittorie parigine al Roland Garros del 1959 e del 1960 (per lui anche due finali all’attivo nel ’61 e nel ’64) ma anche la doppietta al Foro Italico del 1957 e del 1961 (finali perse nel ’58 e nel ’66) che brillano più di altri nel suo ricco palmares: partite indimenticabili fra le quali è impossibile dimenticare la semi finale giocata (e persa) contro Rod Laver in 5 set nell’edizione del 1960, per un successo solo sfiorato e un’impresa solo accarezzata.
Sopraffino giocatore di doppio con l’inseparabile compagno Orlando Sirola con cui formò a detta di molti la coppia azzurra più forte di sempre, Pietrangeli trionfò in questa specialità al Roland Garros del ’59 (una finale nel ’55), raggiungendo anche la finale di Wimbledon nel ’56, diversi ultimi atti agli Internazionali d’Italia, per tante soddisfazioni raggiunte a fronte però di 11 finali perse (per lui anche un alloro nel doppio misto sempre a Parigi nel 1958 insieme a Shirley Bloomer): come sempre avviene con i campionissimi, facile perdere il conto dei trofei alzati al cielo quando sono tanti e tutti importanti, perché paradossalmente quando le imprese accadono a ripetizione per assurdo a esse ci si abitua, perdendo quell’immaginifica eco di stupore che accompagna soprattutto i debutti trionfali. Pietrangeli ha abituato bene la sua generazione, coccolando i suoi tifosi adoranti con vittorie in serie che riempivano giornali sportivi e alimentavano le chiacchiere del classico bar Sport, facendo l’occhiolino anche alla cronaca rosa dell’epoca.
Giocatore solido da fondocampo dotato però di un tocco delicato e soave, Pietrangeli impallinava i suoi avversari con il suo forte rovescio e i suoi potenti passanti, con una palla corta che sapeva raccontare poesie e una visione di gioco istintiva che permette solo ai grandi giocatori di arrivare un attimo prima sulla palla, perché sanno già il colpo che tirerà l’avversario al di là della rete. Capitano condottiero non giocatore di quello squadrone Davis che sollevò l’insalatiera al cielo nel 1976, Pietrangeli conta 164 presenze per 120 vittorie nella manifestazione a squadre ed è per questo il recordman mondiale per quanto riguarda questa statistica,per un totale di 110 partite vinte in singolare e 54 in doppio.
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Chi come me non ha avuto il piacere e l’onore di vivere l’epoca d’oro di Nicola Pietrangeli ma ne ha visto in video le relative imprese, è cresciuto con un mito unico e forse a tratti ingombrante per i giocatori delle generazioni future: nessuno dopo di lui ha saputo ripetere con costanza successi e affermazioni di una tale grandezza, con il “solo” Adriano Panatta che può essere a lui accostato per talento (e da molti a Pietrangeli preferito per diversi fattori fra cui il passaggio al professionismo) ma che indubbiamente non è però riuscito a mantenere nel lungo periodo la capacità di centrare straordinarie vittorie che ha contraddistinto l’intera carriera di Nicola Pietrangeli.
È luogo comune che Pietrangeli avrebbe potuto tagliare numerosi traguardi in più e cogliere una maggior quantità di successi ma la dietrologia che si genera dalla storia fatta dai “se” e dai “ma” non è solo fine a se stessa ma rischia di sminuire la portata reale delle imprese segnate da un qualsivoglia campione sportivo: lo status di stella assoluta nello sport non è qualcosa che si conquista con le ipotesi, a parlare sono solo il campo e le coppe che campeggiano nelle nutrite bacheche dei più grandi. Pietrangeli sarà sempre il padre del nostro movimento tennistico, così come Panatta sarà il suo emule figlio, per una storia del tennis che è ancora alla ricerca del miglior erede possibile: è tempo che la storia del passato, elegantemente incarnata dallo spirito e dai colpi di Pietrangeli, si ripeta e risplenda grazie a un nuovo e forte cavaliere.
Alessandro Orecchio
TAG: Italiani, Nicola Pietrangeli, Pietrangeli
Che Nicola Pietrangeli sia stato un grande,non solo d’Italia,ma a livello mondiale non ci piove!Con tutto il rispetto dovuto a Panatta, il divario è incolmabile.All’articolo però manca una precisazione indispensabile:quanti successi avrebbe potuto ottenere in più se solo si fosse allenato!Al nostro eroe più che faticare piaceva “godersi”la vita,un pò come Anquetil nel ciclismo;solamente che costui come avversario aveva “Poulidor”,mentre il nostro Laver-Santana etc..
manca la controprova, ovviamente. Per me, il più grande tennista della nostra storia resta il suo “emule figlio” (citando Orecchio) Panatta.
@ Radames (#1216697)
Esatto, probabilmente non avrebbe vinto nemmeno uno slam visto che Pancho e Ken erano pro. Ma anche Lew Hoad era già pro, tennista considerato imbattibile nelle giornate buone, a detta degli stessi di cui sopra.
@ mariano (#1216680)
boh, non sai manco contare. Nel 76 era capitano della Davis, vincente in Cile.
@ mariano (#1216680)
@ mariano (#1216680)
Infatti si parla di un grande campione di quell’epoca, nn si sta dicendo che batterebbe oggi Federer
bell’ articolo.
consiglio a tutti il libro di Lea Pericoli su Nicola :”c’era una volta il tennis” veramente bello…che vita che ha fatto!
grazie redazione!
Ritorno…al passato!
diciamola comunque tutta: in quegli anni vincere tornei di prestigio era più facile, dato che i giocatori più forti giocavano nei tornei professionistici (Rosewall, Gonzales…)
Ti sbagli. Stiamo parlando di 55 (più o meno) anni fa; non 40. Quaranta anni fa c’erano Nastase e Connors, e non Pietrangeli.
i figli al tempo di eMule!
Il tennis di allora era un altro gioco rispetto a quello di ora.
A cominciare dalle racchette. Stiamo parlando di 40 anni fa