Una finale di Fed Cup “thriller” per Angelique Kerber
La finale di Federation Cup ha regalato ancora una volta un trionfo alla Repubblica Ceca, con un atto conclusivo dalle partite combattute e il cui esito è stato molto più in bilico di quello che il punteggio netto potrebbe lasciare intendere. 3 a 1 per le ceche contro lo squadrone tedesco, che magari manca di una vera top player ma è dotato di un ottimo collettivo, uno dei migliori fra le varie partecipanti: Angelique Kerber, Andrea Petkovic e Sabine Lisicki (più la Goerges in doppio) non sono però bastate a scardinare le difese della Safarova e soprattutto della Kvitova e zittire il rumoroso pubblico presente alla O2 Arena indoor di Praga.
Se la Repubblica Ceca si è aggrappata soprattutto al tifo e alla forza della sua Petra, apparsa a tratti disarmante ma anche stanca per la lunga annata finalmente conclusasi, la Germania ha assistito alla disfatta e al dramma sportivo della sua migliore giocatrice, una Angelique Kerber decretabile certamente vera sconfitta della finale. Fin dal primo incontro la Kerber è parsa incapace di sostenere la pressione, con la giocatrice tedesca sull’orlo del pianto a dilapidare consistenti vantaggi.
Se nella prima giornata di singolari la Kerber in entrambi i parziali contro Lucie Safarova ha sprecato un punteggio di 4 a 2 in suo favore (subendo sia nel primo che nel secondo set 4 giochi cechi consecutivi), la vera tragedia la fragile teutonica l’ha vissuta durante il suo secondo incontro contro la numero 4 del mondo, quella Petra Kvitova famosa per le sue lunghe pause durante un incontro con parziali realmente regalati alle avversarie ma che quest’anno sembra aver trovato una quadratura del cerchio che l’ha condotta fino al suo secondo alloro personale a Wimbledon. Con il peso di una finale da recuperare sulle spalle, la Kerber è parsa fin da subito in lotta con i suoi demoni, combattendo una paura e un’insicurezza crescente riscontrabili nei suoi occhi che lentamente divenivano sempre più lucidi a ogni cambio campo.
7/6 (5) – 4/6 – 6/4: una partita thrilling con la Kerber che nel primo set ha mancato addirittura 6 set point e nel terzo e decisivo parziale ha sprecato un allungo di 4 giochi a 1, con la ceca a chiudere con una serie di 5 giochi consecutivi alla quarta palla match utile. Le compagne tedesche ad abbracciare la demoralizzata e piangente Kerber, con la Kvitova nuovamente orgoglio nazionale portata in trionfo nel tripudio generale. Polveri e cielo, gloria e miseria, strade che sembrano agli antipodi finiscono per avvicinarsi così tanto nello sport a tal punto che è facile poterle confondere.
Se durante la stagione in giro per i tornei dei circuiti WTA e ATP, un giocatore ha la responsabilità solo delle proprie prestazioni e le conseguenti brutte sconfitte devono essere messe solo di fronte al proprio vaglio, nelle manifestazioni come la Fed Cup o la Coppa Davis, il peso dei propri colpi va inesorabilmente messo in relazione alle tante aspettative di un’intera nazione sportiva: la Kerber non ha giocato una stagione eccellente dal punto di vista dei risultati eccetto qualche acuto sparso qua e là e l’impegno in terra ceca cui è andata incontro non era certamente dei più facili, con i favori del pronostico che comprensibilmente non pendevano dalla parte della squadra tedesca. Eppure il giudizio è stato unanime nel sentenziare che la Kerber non doveva perdere, soprattutto in quel modo.
Chi non conosce e non segue la Coppa Davis o la Federation Cup davvero, potrebbe rimanere spiazzato prendendo coscienza del fatto che giocatori affermati che stazionano tranquillamente ai piani alti delle relative classifiche, possano subire così fortemente l’ansia, in grado di condizionarne i movimenti più basilari dei colpi, quando per il classico braccino il proprio tennis perde di efficacia e forza. Un campione è tale quando riesce a gestire al meglio tutte le sensazioni che vive, affrontando ogni situazione inaspettata che può mettere a repentaglio il film della partita già chiaro e costruito nella mente. Anche i più affermati campioni, all’interno di un singolo match, possono vivere momenti di crisi e confusione, che li può portare lontani dall’obiettivo finale nonostante tutto sembri essere indirizzato sui binari giusti. È proprio nei momenti più difficili però che il campione deve rialzarsi e mettere a tacere le voci della paura che si fanno spazio nella sua mente, recuperando le fila di un discorso che sembrava smarrirsi.
Non è sufficiente dire “la tensione gioca brutti scherzi”: io immagino la Kerber e i suoi muscoli indurirsi sempre più, fino al bloccarne i movimenti più semplici da fare su un campo da tennis, con l’impossibilità di spingere sui colpi cercando di non sbagliare e attendendo l’errore avversario, che puntualmente invece azzanna la preda non sbagliando più alcun tiro, mentre appena si cerca di prendere un rischio per capovolgere nuovamente la situazione a proprio favore riprendendo le redini del gioco in mano, un dritto o un rovescio scappano via di almeno un metro o finiscono a mezza rete.
La paura è forse il limite più difficile da oltrepassare o provare a gestire per chi vuole diventare grande, per chi vuole andare oltre le aspettative che ruotano attorno a sé, cercando di sfruttare al meglio il proprio tennis con le sconfitte che possono pure materializzarsi ma dopo partite in cui si è veramente giocato e non si è stati solo uno sparring partner di lusso per il giocatore antagonista. Angelique Kerber infatti non ha perso contro Safarova e Kvitova. Angelique Kerber non ha perso contro la bolgia dei tifosi cechi. Angelique Kerber ha perso contro le proprie paure, contro se stessa. Le sue lacrime sono di rabbia ma forse maggiormente sono state generate da una consapevole frustrazione. L’unico augurio possibile è che la tedesca si dimentichi quanto prima di questa finale e non ripensi più alla grande occasione persa. Di occasioni per rifarsi il 2015 ne presenterà eccome. Bisogna solo avere il coraggio di non pensarci più.
Alessandro Orecchio
TAG: Angelique Kerber, Fed Cup, Fed Cup 2014, Kerber
Nell’ultimo set, comunque, Kerber aveva un singolo break di vantaggio, che nel femminile non è certo un vantaggio decisivo, anche se il risultato recitava 4-1.
Anche Kvitova era in vantaggio 3-0 nel secondo e pareva avviata a chiudere in due.
Secondo me è stata una partita particolare, oltre che assurda ( come dice bene anche Orecchio), perché di una competizione a squadre, che è nettamente diversa dalla partita canonica singola, ed entrambe hanno evidenziato tensione e “braccini” vari e il peso di una intera Nazione tennistica di cui erano rappresentanti in quel momento.
Calma…se si gioca sul veloce ok,ma la Errani sulla terra ha tutto per poter vincere uno slam.
Pure la Cornet. La differenza fra le giocatrici che hai citato e la Kerber sta proprio nell’ attaccamento mentale alla partita.
Sono delle autentiche lottatrici!
Purtroppo o per fortuna, l’ unica cosa che gli allenatori non possono insegnarti è lo spirito giusto per rimanere concentrati al massimo nei momenti decisivi e chiudere le partite.
Un po quello che manca anche a Robredo!
A mio avviso il match è dipeso dal gioco della Kvitova, quando Petra ad inizio terzo set aveva paura di cercare la linea di fondo o di angolare troppo, Kerber riusciva ad allungare lo scambio ed in genere prevaleva o con qualche vincente o soprattutto perchè Petra alla lunga sbagliava. Dopo essere andatta sotto 1-4, Petra ha iniziato a rischiare di più con colpi più profondi od angolatissimi e li Angelique ha evidenziato i suoi limiti, poi sulle ali dell’entsiasmo Petra non si è fatta mancare nemmeno discese a rete e colpi al volo di pregevole fattura e per la tedesca è stata la fine.
Non è la prima volte che la Kerber cede sotto attacchi decisi, la stessa cosa gli capitò nella Finale di Eastbourne contro Madison Keys un match che sembrava equilibrato, ma arrivato agli ultimi due game decisivi l’americana alzo il livello ed attaccò con più decisione prendendo rischi e la Kerber non riusci a reagire subì e perse.
@ fievel (#1210749)
Aveva le partite in mano ma non ha chiuso, non ha fatto nulla di più per chiuderle.
Si è adagiata ad aspettare errori e la manna dal cielo.
E dall’altra parte ci sono le avversarie che, così come sbagliano e hanno momenti difficili, possono pure ri-centrare il campo e rientrare in partita e rimontare.
Non stava giocando mica contro le sue cugine.
Poteva essere casuale una volta, la situazione, ma essere rimontata 4 volte in due partite non è più casuale.
E il tennis non è mai uno sport casuale e affidato al cielo.
Altro che campi veloci,la Kerber aveva le partite in mano,è stata una pollastra!
@ sebV. (#1210645)
perchè sono piagnuccolone 😀 😀 😀 😀 .
Infatti questo è uno dei motivi per cui la Kvitova ha vinto uno slam a differenza della Kerber. Per lo stesso motivo Sara Errani non potrà mai vincere uno slam e nemmeno la Cornet. Avrebbe maggiori chances, rispetto alle due in precedenza citate, anche Madison Keys. Per la stessa ragione le uniche che hanno maggior completezza di gioco ma che non picchiano che potranno vincere uno slam, a mio avviso, risulterebbero A.Radwanska e Halep.
Domanda: ma perchè così tante giocatrici piangono ai cambi campo?
@ pinkfloyd (#1210634)
* delle avversarie
* gli intermittenti
La Kerber ha perso perché, su quella superficie così veloce, il suo gioco tenace-atletico-difensivo è poco incisivo e, le sue avversarie, più attaccanti e più “spregiudicate” hanno tenuto in mano le redini, pur facendo il bello e il cattivo tempo.
Però, alla fine, “il bel tempo” ha prevalso sul “cattivo” e hanno vinto entrambe, meritatamente.
La Kerber ha sprecato vantaggi enormi, vero, però il merito delle rimonte è in gran parte della Safarova prima e della Kvitova poi.
Lei ha messo la partita nella mani della avversarie, in gran parte, aspettando che i intermittenti loro black out divenissero irreversibili.
Ma così non è stato, alla fine.
Kvitova ha fatto 70 winners contro Angelique e molti errori, anche, Kerber invece ha mantenuto uno standard di vincenti e di soluzioni e un’attitudine contenitiva che non bastava e che non poteva bastare.
Ha lottato allo stremo (soprattutto contro Petra) ha combattuto e corso e ha dato davvero tutto, anche l’anima, ma questo spesso non basta nel tennis.
Come è giusto che sia, aggiungo io.