Spacca Palle - Numero 36 ATP, Copertina, Generica

Spacca palle: La “mano” di Ivanisevic e Chang su Cilic e Nishikori

11/09/2014 07:30 6 commenti
Kei Nishikori classe 1989, n.8 del mondo
Kei Nishikori classe 1989, n.8 del mondo

Dicembre 2013, non manca molto a Natale. Un gradito “regalo” per scaldare gli animi in off-season arriva sul lato coach. Al vertice si scatena una piccola ed intrigante rivoluzione, del tutto inattesa. Novak Djokovic annuncia di aver scelto nientepopodimeno che Boris Becker come nuovo mentore, inserendolo nel suo collaudato team “per dare una prospettiva diversa al mio gioco”. Poco dopo ci pensa Roger Federer a dare un’ulteriore scossa, chiamando personalmente Stefan Edberg ed invitandolo nel suo feudo invernale di Dubai per una settimana di lavoro, e quindi definendo i dettagli della loro partnerships per il 2014. Con Lendl ancora a capo del team Murray e con le recenti nuove squadre formate da Gasquet-Bruguera, Chang-Nishikori e Ivanisevic-Cilic, il revival di fine ’80 e inizio ’90 è compiuto. Si scrissero allora fiumi di parole su prospettive, dubbi e speranze, inclusa quella di vedere questi campioni provare qualcosa di diverso grazie ai nuovi coach. Così si è andati avanti torneo dopo torneo, per tutta la primavera.

La finale di Wimbledon è stata l’apoteosi per il tema “campionissimi & coach leggende”. Si è scritto (e letto) di tutto, ed il contrario di tutto. Alcuni ad esaltare il ruolo di Boris, capace di dare una scossa al gioco di Nole; molti al contrario a puntare il dito, soprattutto pensando alla disastrosa – sul piano tattico – semifinale dei Championship vs Dimitrov, quando sembrò in totale confusione tra attacchi pentiti e posizioni di campo incerte, salvandosi con difficoltà. Palese il passo indietro il giorno della finale, quando Djokovic affrontò e superò Federer attaccandosi alle storiche certezze, quelle che l’avevano portato a dominare a tratti il circuito. Boris quindi inutile? Forse no, ma parlare di svolta in positivo dall’inizio della loro collaborazione vuol dire aver stima infinita di Becker ma non saper analizzare il tennis del serbo. Novak quando ha vinto nel 2014 l’ha fatto con il suo tennis, stratificato in anni di vincente carriera, non per qualche novità introdotta di recente.

La faccenda è ancor più complessa su Federer. Dopo qualche titubanza, Roger ha vissuto un 2014 molto positivo, direi insperato. Resta la macchia delle troppe finali perse (alcune col favore del pronostico); ma se pensiamo da dove veniva, da quella schiena a pezzi e da un 2013 vissuto amaramente da ricco pensionato, allora il salto di qualità c’è stato. In parte anche nel gioco: più volte il suo servizio ed il suo dritto hanno vissuto giornate no, e proprio la nuova tendenza verso un tennis più offensivo ha salvato Roger, o almeno l’ha fatto reagire in situazioni intricate. Del resto, pretendere di insegnare qualcosa tecnicamente al 33enne Federer sarebbe solo presunzione, si lavora su dettagli, attitudine, condotta tattica semmai. Resta molto difficile stabilire i meriti di Stefan. Personalmente credo siano minimi, ma superiori a quelli di Boris, anche se mi aspettavo ancora qualcosa in più nel tennis di Roger, una propensione ancor maggiore ad uscire presto dallo scambio ed un lavoro a rafforzare percentuali e costanza di rendimento del servizio, imboccando una via “samprassiana” (fare della battuta il colpo risolutivo).

Se è indubbio che Lendl è stato eccezionale nell’elevare il rendimento di Murray, e che il rapporto Bruguera-Gasquet è stato troppo penalizzato dai problemi fisici del francese, dopo US Open è ancor più chiaro che i salti di qualità più significativi sono stati quelli compiuti da Cilic e Nishikori grazie al lavoro svolto con Ivanisevic e Chang.

Lo scorso Natale si parlava ben poco di queste due nuove coppie; il campo ci ha lasciato ben altre sentenze e sensazioni, con la certezza che la mano di Goran e di Micheal è stata determinante al salto di qualità dei loro assistiti. Infatti se Boris e Stefan hanno preso in mano due super campioni con un gioco assolutamente strutturato, Ivanisevic e Chang hanno lavorato su due tennisti forti ma con ancora un potenziale inespresso, e con limiti da superare. L’US Open (e tutto il 2014 nel caso di Kei) ha mostrato i segni evidenti di questo lavoro, non solo per il grande risultato ottenuto a NY ma soprattutto per l’evoluzione netta del tennis dei due giocatori.

Difficile analizzare la crescita e carriera di Nishikori in poche righe, magari ci tornerò in futuro con un focus dedicato (se lo merita). Il più grande problema di Kei resta quello strutturale: un fisico troppo fragile e “normale” per reggere gli stress di un tennis così sbilanciato sul piano atletico. Troppe volte è stato vittima di infortuni che l’hanno bloccato e non gli hanno consentito di dare una continuità al lavoro. A Madrid per esempio ha vissuto una delle pagine più amare proprio per un infortunio, che gli ha negato una meritatissima vittoria contro Nadal, tennisticamente dominato sull’amato rosso fino al fatale crack, a 7 punti dal traguardo. E l’estate sul duro l’aveva vista in tv ed in riabilitazione, tanto da arrivare a NY per provarci, non sicuro di farcela a scendere in campo…! Stavolta la sorte è stata benevola: la quindicina di NYC è volata via liscia, ed in campo soprattutto volava lui, veloce e sicuro come mai, pestando durissimo. Nelle tre stupende vittorie contro Raonic, Wawrinka e Djokovic il nipponico ha mostrato una crescita molto importante, seguendo una traiettoria molto simile a quella percorsa nei 90s da Chang. Naturale contrattaccante, veloce e pronto ad entrare sulle palle dei rivali, Kei si è trasformato in un produttore di gioco, migliorando in tutti i settori del campo e nei fondamentali del servizio e del dritto, ossia i due colpi con cui mediamente si fa più differenza. Ha molto rafforzato il peso del suo dritto quest’anno. Prima lo eseguiva di puro anticipo, incontrando la palla incidente. Con Chang ha potenziato gli arti inferiori e superiori, e grazie ad una rotazione maggiore del busto, un’apertura più marcata ed una velocità di braccio spinta al massimo riesce a scaricare più potenza sulla palla, anche quando questa ha meno peso. Inoltre, proprio come il suo coach, si è trasformato in un giocatore sempre più propositivo, che non esita a prendere l’iniziativa già dalla risposta. Il tennis davvero agassiano mostrato contro Djokovic è stato di livello altissimo. Mica facile travolgere Djokovic sotto un ritmo così folle e incessante, rischiando tantissimo alla ricerca costante della riga con palle molto rette, veloci, tesissime, e pure molto strette. Fin dal 2008 ho sempre adorato la sua abilità nel chiudere gli angoli, anche dal centro del campo, cosa affatto semplice. A questo timing fantastico ha aggiunto grazie al lavoro con Chang più punch e più aggressività. E’ cresciuto molto come convinzione dei propri mezzi, come visione di gioco. E’ un tennis difficile, rischioso, che richiede attitudine e forza mentale, oltre a dinamite nei piedi per arrivare sempre prima e scaricare swing così estremi. Un percorso complesso, che ha iniziato da tempo e che ha portato ottimi risultati. Kei deve proseguire su questa strada, rafforzando il lato atletico e sperando di “reggere” senza rompersi di continuo. Pochi hanno il suo timing, e sotto quel ritmo travolgente sarà dura per tutti.

Ancor più impressionante la svolta impressa da Ivanisevic nel tennis di Cilic, e non solo per la clamorosa vittoria a Flushing, ma per come l’ha ottenuta. Sfido chiunque a pensare al tennis a cui il croato ci aveva abituato fino a poche settimane fa ed associarlo alla parola “divertente”. Era un giocatore indubbiamente forte, piuttosto solido e senza grandi lacune tecniche, ma niente di quello che esprimeva in campo aveva il senso dell’unicità, dell’adrenalina, del bello o dello speciale.

Il Cilic legnoso, macchinoso, che restava invischiato in lunghe serie di colpi interlocutori, prendendo poche volte l’iniziativa e inesorabilmente incapace di cogliere “l’attimo fuggente” sembra cancellato. Eppure ricordo bene il Marin da junior. Molto acerbo come muscolatura, giocava più di nervi che di velocità, ma la mano era educata e quando lasciava partire i colpi (soprattutto il rovescio) era capace di lasciar fermo ogni avversario e disegnare il campo. La sua crescita è stata molto problematica. Da giovane predestinato si è letteralmente arenato su di un gioco “contronatura” per le sue misure e potenzialità, relegato a correre ed aspettare. Un tennis troppo scarno e difensivo, che ne ha castrato per anni il potenziale tecnico. E’ come se la sua crescita si fosse fermata, o forse è stato lui stesso ad accontentarsi, o addirittura sbattere contro qualche blocco che non riusciva a superare. Dopo la nota faccenda doping, archiviata pare con ragione, ecco la scelta di lavorare con Goran, e di prendersi del tempo per rivedere tutto perché quel tutto non andava. Lentamente il lavoro ha pagato, trasformando Cilic in un tennista assai diverso, più vicino a quello giovanile come attitudine e che poi si è smarrito. Intanto è palese la crescita sul piano atletico. Più potente e veloce, i suoi piedi gli permettono di giocare più più vicino alla riga di fondo, aspetto tatticamente fondamentale perché perde meno campo e quando spinge lo fa da posizioni migliori. L’ha detto chiaramente dopo aver vinto US Open: la prima cosa su cui ha lavorato con Goran è stata quella di vincere l’istinto che lo faceva scappare dietro, portando tutto il suo gioco più avanti. Più vicino alla riga di fondo nello scambio, più pronto a lasciare andare il braccio, più pronto ad avanzare a rete. Sentirsi più pronto fisicamente e più libero di aggredire la palla gli ha dato la fiducia necessaria per lasciar andare il braccio alla massima velocità, prendendosi rischi un tempo inimmaginabili per il suo tennis conservativo e non abbastanza esplosivo da fare la differenza. Un salto di qualità quindi sia sul piano mentale che atletico. I due aspetti sono andati di pari passo e l’hanno accompagnato in questa crescita importante. Guadagnando tempo sulla palla e forza per la spinta (ed il recupero) tutto il suo tennis ne ha beneficiato. Sul piano tecnico le due migliorie più importanti sono state nel dritto e al servizio. Il dritto è sempre stato un buon colpo, ma quando riusciva a prendere ritmo. Il Cilic dell’ultimo US Open divorava anche le palle senza peso, riuscendo ad arrivare ottimamente con i piedi e con uno swing più rapido, meno ampio e più strappato. Tempi di gioco, questa la chiave, ha accelerato tutti i tempi di gioco. Cilic non anticipava quasi mai; contro Federer non gli ha lasciato margini di reazione, rubando ogni attimo.

Ma il vero salto di qualità clamoroso l’ha fatto col servizio. Fino all’anno scorso il “club” dei più forti tennisti croati lo sbeffeggiava come peggior battitore in relazione all’altezza, ed in genere di croati scarsi al servizio non ce ne sono. Con Mr. Ace Ivanisevic al suo angolo è facile pensare a quanto i due abbiano lavorato sulla battuta! Il lancio di palla oggi è più basso, inarca meno la schiena di un tempo e usa di più la spalla e la pura frustata di braccio per trovare la massima velocità. Cilic aveva un buon kick ed una velocità di base non male, ma il colpo era funzionale per iniziare uno scambio, non per cercare l’Ace. Con Ivanisevic ha lavorato su ogni aspetto della esecuzione, inserendo più varietà. Adesso governa alla grande anche lo slice veloce, che forse è la soluzione più difficile in assoluto da rispondere (guarda caso quella in cui Goran era il più forte, forse di sempre). Adesso Marin va alla battuta cercando il vincente, variando gli angoli e con diversi km/h in più, sia nella prima che nella seconda. Con un servizio così continuo e temibile, affrontarlo diventa complicato per tutti. Intenso, veloce, molto più cattivo sportivamente rispetto al passato (perché più consapevole dei suoi punti di forza), l’allievo di Goran ha stupito tutti diventando il secondo croato a vincere uno Slam. Ha stupito ancor più perché ha cancellato quel grigiore che aleggiava sul suo tennis, trasformandosi in un picchiatore a tutto campo formidabile. In tutto questo la mano di Ivanisevic è evidente: l’ha come sgrezzato, reso più istintivo, diretto. L’ha liberato di zavorre e l’ha fatto decollare. Molto sorprendente se pensiamo a come Goran di fatto non riuscisse a pensare in campo!

Non è mai facile analizzare il rapporto tra coach e giocatore. Perché il lavoro porti frutti importanti deve scattare una scintilla sul lato umano, serve condivisione di intenti e voglia di rimettersi in gioco, di provare a superare limiti. Nishikori è piuttosto abbottonato sul tema, rilasciando dichiarazioni piuttosto banali. Del resto, lo stesso Chang è sempre stato molto parco con la stampa. Al contrario sul rapporto tra Cilic ed Ivanisevic stanno uscendo spunti interessanti. Nelle mille interviste di Cilic con la coppa di Flushing in mano, mi ha colpito una frase: “Con Goran mi diverto molto, il tempo passa bene e si lavora col sorriso”. Potrebbe sembrare un dettaglio, ma non lo è affatto. Trovare una persona che stimi (era il suo idolo da bambino), che ti prende per mano ed ha il coraggio di parlarti in faccia, e con cui passi volentieri il tempo è qualcosa di poco tangibile sul piano tecnico ed agonistico, ma che invece credo possa esser stato fondamentale per liberare Cilic da qualche blocco o paura che si è portato dentro per anni, e che non gli permetteva di svoltare. Con Goran ha trovato fiducia. Il Marin della seconda settimana di NY è stato un super giocatore, un creatore di vincenti a tutto campo; uno che per produrre quel tipo di tennis deve aver enorme fiducia. Inoltre è stato pure altamente spettacolare e bello da vedere, roba impensabile. Se continuerà a proporre un tennis così vincente, sarà un acquisto notevole. Il tempo dirà.

 

Marco Mazzoni


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6 commenti

Thiago (Guest) 11-09-2014 17:14

Mi sbaglierò, ma ritengo improbabile che Cilic riesca a mantenere quel livello di gioco in futuro. A tratti pareva il miglior Safin! L’articolo descrive bene la sua crescita, ma sono molto più dubbioso sul fatto che possa ripetersi. Che sorpresa, neanche lui prima di US avrebbe scommesso su di una possibile vittoria. Certo che l’assenza di Nadal e la scarsa forma di Murray rispetto al 2013 l’hanno aiutato non poco, come non aver trovato Djokovic sulla sua strada ma il più tenero Federer. Forse Djokovic avrebbe risposto meglio, e magari non avrebbe vinto.

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groucho (Guest) 11-09-2014 10:07

Scritto da DiPassaggio
A leggere il pezzo di Cilic ed Ivanisevic sembra di vedere il libro dei sogni di Quinzi, cosa è e cosa dovrebbe diventare. Ma Ivanisevic, che se non sbaglio sta facendo pure esplodere Coric, costa molto? Ha qualche buco in agenda? Da Porto San Giorgio basta prendere il traghetto…

Noi abbiamo Nargiso, che è un Ivanisevic in piccolo. Vediamo cosa saprà fare con Krajinovic (raccomandato da un certo Djokovic…). Certo che se il giovane serbo esplodesse, tra un anno potremmo chiederci perché la FIT non si accorge di avere dei talenti in casa.

Per quanto all’articolo di Mazzoni, ottimo come sempre.
Ho iniziato ad appassionarmi a Cilic dal quinto set con Simon. Da quel momento non ho perso un suo quindici. Mostruoso per me il match contro Federer. Per capire il valore del nuovo Cilic, consiglio a tutti di vedere (o rivedere) il modo in cui Roger gli ha stretto la mano e gli ha fatto i complimenti a fine match. No comment, guardate la faccia di Federer.
La finale giocata dal croato è stata buona, ma favorita da un Nishikori molto teso. Però Cilic è stato molto bravo a giocargli palle sempre diverse, per non dare il timing al giapponese. Quindi, oltre alla svolta tecnica giustamente evidenziata (servizio, dritto, posizione in campo) sottolinerei anche la svolta tattica. Nishikori doveva essere affrontato così, e sinceramente vedere un ragazzo di quasi due metri giocare il rovescio in back a una mano in modo così pulito ed efficace, a me ha emozionato.
Di Cilic va apprezzata un’altra cosa: la muscolatura “non costruita”. Le gambe di Cilic non sono due turgide e rigonfie a differenza di tutti gi altri top ten. Lui ha un fisico che sembra uscito da un match degli anni ottanta e novanta, andate a rivedere Lendl (che al tempo era considerato uno con il fisico costruito, e guardate le gambe del ceco: da uomo normale. Come quelle di Cilic).
Anche la storia del doping di Cilic, sinceramente è stata una boiata dell’ATP. Hanno rilevato una componente inattiva (ovvero un residuo) di uno stimolante vecchio di trent’anni e assolutamente lecito fuori dalle competizioni. Ma che c’è davvero chi crede che con quella sostanza inattiva nel corpo Cilic fosse più forte? Alla fine la storia del presunto doping forse lo ha persino agevolato, permettendogli di riflettere, di potersi scegliere il coach giusto e di lavorare in modo forse più sereno. Ai tanti moralisti dalla tastiera facile, dico solo di osservare le gambe di Cilic e di confrontarle con quelle degli altri top 10. Poi, se hanno la spudoratezza di farlo, continuino pure a sostenere che Cilic è un dopato… Il croato ha una sola fortuna, essere alto quasi 2 metri. Ma il doping non mi pare c’entri nulla con questo.
Ah, per quanto a Nishikori, credo che gli exploit, anche grandi, siano alla sua portata. Ma la continuità del grande campione mi pare difficile da mantenere, e non tanto per gli infortuni ma per il tipo di gioco, troppo rischioso: deve funzionargli sempre tutto alla perfezione. Ogni tanto può accadere, certo, ma in continuità mi pare difficile.

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Marte (Guest) 11-09-2014 10:00

E’ sempre un piacere leggerti

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Alberto Guarnieri (Guest) 11-09-2014 09:08

Ottima disamina. Insistete con articoli”tecnici”. Solo un appunto grammaticale: affatto ė affermativo, la negazione ė niente affatto

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Antonio (Guest) 11-09-2014 08:44

Bravo Marco…non avrei saputo fare un’analisi più accurata!

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DiPassaggio (Guest) 11-09-2014 08:34

A leggere il pezzo di Cilic ed Ivanisevic sembra di vedere il libro dei sogni di Quinzi, cosa è e cosa dovrebbe diventare. Ma Ivanisevic, che se non sbaglio sta facendo pure esplodere Coric, costa molto? Ha qualche buco in agenda? Da Porto San Giorgio basta prendere il traghetto…

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