Spacca Palle - Numero 29 ATP, Copertina, Generica

Spacca Palle: Murray – Coach, ipotesi Bjorkman e la nouvelle vague degli allenatori svedesi

30/04/2014 09:53 4 commenti
Jonas Bjorkman serio candidato alla panchina di Andy Murray
Jonas Bjorkman serio candidato alla panchina di Andy Murray

Lunedì scorso un messaggio twettato da un giornalista londinese ha movimentato un placido pomeriggio tennistico. Pare che l’ex top10 svedese Jonas Bjorkman sia un serio candidato alla panchina di Andy Murray. Un nome del tutto inatteso che ha riaperto il dibattito intorno al nuovo allenatore dello scozzese, ancora alla ricerca di un coach dopo il divorzio choc da Lendl. Andy a Miami dichiarò di non aver fretta, di voler ponderare la decisione. Resta in piedi l’ipotesi che al Roland Garros abbia il solo supporto di Darren Cahill, assistente di tutto il “team Adidas”. Tuttavia in molti credono che ingaggerà un coach ben prima di Parigi, in vista del delicato ritorno in patria dove dovrà difendere la corona di Wimbledon. Quella su Bjorkman è solo una voce, ma ben accreditata poiché la fonte sembra molto vicina al clan Murray, tanto da scrivere “è ai primi posti della sua lista”.

Il campione di Wimbledon ha alle spalle una storia alquanto movimentata nei rapporti con gli allenatori, sia per il suo carattere per niente docile che per colpa dell’irrequieta madre Judy, decisamente influente sulle scelte del figlio, anche sul lato tecnico. Da piccolo Andy fu portato in Spagna all’Accademia di Pato Alvarez, quindi fu affiancato da Leon Smith fino a 17 anni. Il periodo della formazione, sotto stretto contatto con la federazione britannica (LTA), è stato tutt’altro che roseo, con frequenti contrasti acuiti da dichiarazioni al limite da parte dello scozzese (“La LTA ha rovinato mio fratello, non accadrà lo stesso con me”, oppure “Le condizioni in cui ci alleniamo a volte sono assurde: guadagnano milioni con Wimbledon e poi a noi danno campi coperti in cui piove e palle usurate”). Dopo un periodo con Mark Petchey, concluso nel 2006, Murray inizia a lavorare con Brad Gilbert, notissimo ex coach di Agassi e personaggio molto arguto, forse ideale col suo carisma a tener testa al ruvido e cocciuto carattere di Andy ed all’entrante ed ossessiva madre. Un incarico sempre sotto la supervisione della LTA, che aveva messo sotto contratto Gilbert con l’intento di aiutare Murray e ristrutturare l’intero settore tecnico. Non è stato rapporto di lunga durata, come gli altri, ma che a detta di Andy gli è servito moltissimo per capire errori commessi nella preparazione, nell’approccio al match ed anche sul come stare in campo, mentalmente e tatticamente. Gilbert lascia la panchina dello scozzese nel novembre del 2007 e Murray aggiunge al suo fido team di preparatori fisici Miles Maclagan, che resterà con lui fino al 27 luglio del 2010. Dopo una breve pausa di riflessione viene ingaggiato Alex Corretja, che cerca di imbrigliare la rabbia di Murray dotandolo di un game plan più semplice. Qualche discreto risultato, ma non il salto che ci si aspettava: l’agognato titolo dello Slam non arriva, resta il quarto “fab four” dietro a Roger, Rafa e Nole, ad una certa distanza dagli altri per livello di tennis nelle grandi occasioni. Il catalano reggerà con il clan Murray fino alla primavera 2011. La vera svolta arriva con la notizia “bomba” dell’ingaggio di Ivan Lendl per la stagione 2012. Dopo anni off- tennis lo “Zar” si rimette in gioco, portando metodo, intelligenza ed attenzione maniacale al dettaglio nelle routine e nel gioco di Murray. Andy si sblocca. Sale di livello, infrange i limiti che lo perseguitavano da sempre diventando un giocatore ancor più tosto e lucido, capace di trarre finalmente il meglio dal suo talento. In due anni arrivano 2 titoli dello Slam (New York e Wimbledon) e l’oro Olimpico, oltre ad altre finali (Australian Open e Wimbledon) e successi sul tour. E’ cronaca recente il divorzio e le motivazioni (convincenti?) che hanno spinto Lendl a mollare la panchina, lasciando Andy momentaneamente da solo. Questa la travagliata storia Murray – coach.

Tornando all’attualità, Murray a Napoli era rimasto vago sul tema allenatore; poi era uscita la notizia che il 27 aprile sarebbe stato svelato il nome del nuovo coach, e la rosa dei papabili oltre a Cahill comprendeva anche Bob Brett. E’ uscita anche la candidatura di Larry Stefanki, ma il 27 è trascorso invano, nessun coach annunciato. Ecco quindi spuntare il nome di Bjorkman, totalmente a sorpresa, a cancellare anche un’ipotesi Wilander che è durata quanto un alito di vento.

Bjorkman a Eurosport Svezia ha dichiarato di sentirsi “incredibilmente onorato di essere sulla lista di Andy, ma non ho ancora ricevuto una richiesta concreta. Sarebbe difficile dire di no. E’ un campione, un giocatore che conosco bene; credo che sarebbe molto divertente e stimolante lavorare con lui”. In questo momento Bjorkman è assistente del coach di Davis svedese Fredrik Rosengren. Le voci di corridoio dicono che Jonas sia da tempo desideroso di rimettersi in pista, magari sulla panchina di qualche giocatore di livello.

Il 2013 si era chiuso con i fuochi d’artificio sul lato panchine. Moltissimi giocatori di vertice hanno cambiato allenatore, affidandosi ad ex campioni senza esperienza nel ruolo (Becker, Ivanisevic, Edberg, Bruguera, Chang…). Un amarcord 80s e inizio 90s senza precedenti. Adesso la voce su Bjorkman, che ha colto tutti in contropiede. Molti hanno storto il naso, ritenendo più adatti al ruolo coach più navigati. Opinioni rispettabilissime, ancor più quando pensi ad un tennista di difficile gestione come lo scozzese. Tuttavia il nome di Bjorkman mi intriga parecchio, come molti degli ex top10 o ottimi giocatori svedesi dei 90s. Cuore e ragione mi fanno ritenere che Bjorkman possa fare molto bene come coach, anche di un top player “tosto” come Murray, pur senza un’esperienza precedente a fianco di un giocatore di alto livello. Cosa me lo fa pensare? La storia di Jonas, la sua carriera, il suo background ed i risultati dell’Accademia GTGT di Norman, che molto si fonda sui valori che costruirono il “miracolo svedese” degli anni 80-90. Un’eredità troppo importante perché possa essersi dissolta in pochi anni. Ma andiamo per ordine.

Bjorkman è stato il classico tennista “che ha vissuto due volte”. Nato come doppista (fortissimo, ha vinto quasi tutto facendo un personale Career Slam con grandi partners), nei ’90 era dietro a diversi connazionali come singolarista, ma riuscì ad imporsi toccando un clamoroso n.4 del mondo nel 1997, quando arrivò in semifinale agli US Open, in finale a Bercy ed in semifinale al Master. Tra gli altri notevoli risultati, spicca anche la semifinale a Wimbledon nel 2006, a 34 anni suonati, quando stupì tutti rispolverando il suo tennis aggressivo e velocissimo, sempre proiettato in avanti. Jonas ha ottenuto risultati straordinari se rapportati al suo talento tecnico. Aveva un dritto molto insicuro, che impattava con una meccanica personale in avanzamento, non ideale a tenere un corretto controllo nei lunghi scambi di ritmo; e quando finiva in difesa o doveva ribattere i pressing insistiti dal fondo finiva per sbagliare troppo presto. Non era un tennista sensibile, era veloce e reattivo, ma non aveva il colpo per sfondare, con cui ottenere un facile winner. In un tennis che diventava sempre più fisico era un handicap fatale. Nonostante queste lacune evidenti, riuscì con estrema dedizione e mentalità a lavorare su se stesso. Accettò i propri limiti e lavorò sui punti di forza: gambe potenti, piedi estremamente reattivi; grande tempo d’impatto col rovescio ed in risposta, che lo portavano ad attaccare la rete nonostante una mano non così delicata. Sostenuto da una ferrea dedizione e dalla forza mentale di cancellare subito i tanti errori provandoci sempre, divenne un giocatore molto temibile, capace di attaccare fin dalla risposta appoggiandosi molto bene sulle palle dei rivali. Si creò un tennis percentuale fantastico, che metteva in difficoltà anche i migliori nelle giornate in cui “sentiva” la palla.

La sua crescita ed esperienza personale spiega il perché potrebbe essere un buon coach. E’ stato un grande lavoratore, figlio ideale della scuola svedese che inculcava come dogma lavoro e disciplina tattica nella semplicità. E’ stato capace di affinare mille aspetti del suo gioco, riuscendo ad arrivare a vette impensabili. Con lucidità lavorò migliorandosi anno dopo anno, sfruttando ogni stilla del suo talento, con obiettivi chiari e piedi per terra. Programmazione, fiducia nei propri mezzi, cultura del lavoro; sapienza tattica, capacità di analisi, lucidità in partita, grande forza mentale: queste le chiavi del suo successo, che sono anche doti essenziali per diventare un ottimo allenatore. Nonostante non abbia esperienza, potrebbe aiutare Murray a continuare l’eccellente lavoro svolto da Lendl, incanalandolo verso un tennis più scarno ed offensivo, che lo sgrezzi di zavorre ancora presenti, e pesanti. Potrebbe essere una ventata nuova, che aiuti Andy ad avvicinarsi ad un tennis più percentuale, che copra le debolezze (la tendenza a diventare passivo e conservativo, a non aggredire la risposta, ad insistere nello scambio col dritto ad alta rotazione, e migliorare la seconda di servizio) e che massimizzi i suoi punti di forza (cambi di ritmo, rovescio micidiale, attaccare subito dopo una prima insidiosa, aprire il campo ed entrare per chiudere senza troppo attendismo).

Bjorkman potrebbe essere un altro “nuovo” coach svedese, ad alimentare una sorta di nouvelle vague di ex campioni vichinghi diventati allenatori. Il “la” è stato dato da Norman, che dopo il lavoro con Soderling insieme a Kulti e Tillstrom ha fondato pochi anni fa l’Accademia GTGT, che ha trasformato Wawrinka da buonissimo giocatore in campione con la C maiuscola, ed ha dotato il tennis brillante di Dimitrov di una struttura che mancava totalmente. Chiare le parole di Norman: “Non ce la facevo più a vedere la Svezia così mal messa, ho contattato alcuni amici con l’idea di fare qualcosa. In Svezia era sempre mancata un’Accademia, un punto di riferimento privato”. Un’idea vincente, che abbina metodi di lavoro modernissimi ed internazionali a rinnovare la scuola svedese, che aveva basi solidissime ma che non era riuscita ad evolversi per stare al passo con un tennis che corre a 1000 all’ora. Uno dei problemi che portò al collasso la scuola svedese fu il non saper dotare i suoi migliori talenti di una solidità atletica necessaria a sostenere i ritmi di un tennis diventato terribilmente fisico. La dimostrazione è che i loro ultimi migliori tennisti (Vinciguerra, Joachim Johansson e lo stesso Soderling, oltre ad altri giovani) sono crollati sull’aspetto fisico più che per problemi tecnici o tattici. Infatti dal punto di vista tecnico-tattico l’eredità della scuola vichinga è tutt’altro che sorpassata. Lo dimostra i risultati della GTGT. Anche il buonissimo Roger Federer versione 2014 pare proprio aver tratto beneficio dai primi mesi di lavoro con Stefan Edberg, e guarda caso un tennista in netta crisi come Verdasco ha invertito la tendenza ed è tornato a vincere un torneo poche settimane fa dopo aver lavorato con Thomas Enqvist… Altri svedesi che hanno giocato fino a tutti i 90s e primi anni 2000 hanno il potenziale di diventare buonissimi coach. Penso proprio ad Enqvist, Johansson, Gustafsson, Larsson, altri ancora. Tutti ex giocatori che hanno sfruttato al meglio il proprio potenziale con la cultura del lavoro, del miglioramento continuo su basi solide ed obiettivi chiari, da perseguire nel tempo. Un piano semplice da adattare al giocatore inserendo esperienze personali e novità. Avere alle spalle una storia importante come quella della Svezia è un’eredità notevole, che se saputa sfruttare potrebbe portare risultati eccellenti. Per i più giovani, ricordo come letteralmente dal nulla l’avvento di Borg negli anni ’70 creo un tennis nuovo ed una scuola fertile come mai s’era visto prima. Dalla sua incredibile eredità tecnica sbocciò nel giro di una sola generazione una covata di ragazzi formidabile, che crebbe auto-alimentandosi per tutti gli anni ’90, con numeri irripetibili. Tutti tennisti plasmati sui dogmi borghiani della applicazione, concentrazione totale in campo perseguendo alla lettera la tattica di gioco, senza cedere a sbandamenti e tentazioni futuristiche; tutti giocatori con un tennis razionale, apparentemente semplice e “scarno”, basati su gesti ampi e mai strappati ad accompagnare palle consistenti e mai troppo rischiose. Tennisti con rovescio a due mani che pressavano i rivali costruendosi il punto in progressione, e che sfiancavano l’avversario fino a portarlo all’errore. Un piano preciso ma che è stato adattato alla naturale inclinazione del tennista quando presentava una diversità prorompente (Edberg, per dirne l’esempio più evidente), ma sempre basato su semplicità di schemi, tennis percentuale ed abnegazione assoluta nel perseguirlo. Un piano tecnico-tattico solido, quasi elementare, ma che ha portato gradi risultati perché applicato e portato avanti con programmazione, metodo e convinzione totale.

Oggi il tennis è molto cambiato rispetto a quegli anni. Lo hanno provato sulla loro pelle proprio gli svedesi, che si sono seduti sugli allori dei campioni, hanno investito poco e male non seguendo le nuove tendenze, finendo per desertificare in pochi anni una scuola che pareva inesauribile. Norman per primo ha dimostrato che si poteva ripartire proprio da quella eredità, dandole un corposo restauro ed aggiornamento. Wawrinka è un testimonial eccellente, chissà che il prossimo non possa essere proprio Murray.


Marco Mazzoni


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4 commenti

marco mazzoni (Guest) 30-04-2014 20:10

@ Angie (#1054124)

Ciao di nuovo, continuiamo a non capirci bene 🙂
Vedremo se gli svedesi diventeranno in molti coach, e che risultati otterranno. Credo (come ho scritto) che ci siano i presupposti x avere da loro alcuni “Piatti”, sarà il tempo a dirlo. Dal nulla non viene nulla, il mio focus è su una prospettiva, basato su di una scuola da rinnovare, non sull’oggi
Buon tennis

4
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Angie (Guest) 30-04-2014 19:04

@ Marco Mazzoni (#1053932)
Caro Mazzoni io contesto semplicemente la quasi “ineluttabilità” del successo di questa “nouvelle vague”, non solo svedese, da Te propugnata.
Certo è più facile lavorare su uno di per sè dotato. Non è che Edberg si sia esposto più di tanto allenando Federer: se vince si prende dei meriti; Se Roger perde….è l’età, è il logorio…
A me sembra che Piatti – per parlare di 1 persona seria, preparata e autorevole – si sia fatto una bella gavetta con dei giovani che ha costruito e portato al successo. E oggi è ricercato da fior di campioni ai quali può dire: “No,grazie”.
Non sono l’unico a pensarla così.
Anche il divino Boris Becker – diventato coach o allenatore di recente – si è beccato un commento all’acido muriatico da parte di Tiriac….che lo conosce molto bene, che conosce molto bene il mondo del tennis e che è – egli sì – un uomo di comprovato successo nel tennis, come allenatore, organizzatore e imprenditore.
Cordialmente.

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Marco Mazzoni (Guest) 30-04-2014 15:54

@ Angie (#1053912)

ciao Angie,
forse non hai ben letto l’articolo, o non hai ben compreso il senso.
Si parla di “nuovi” coach svedesi, qualcosa di molto recente ed in assoluto divenire. Per formare dei giovani quando il sistema è completamente “andato” serve un sacco di tempo; qua parlo di giocatori di già alto livello (Wawrinka, Dimitrov fino all’anno scorso, domani forse Murray, in parte Federer, Vedasco) che possono trarre qualcosa di buono dalla storia e dall’eredità della scuola svedese.
Se la GTGT Academy continuerà il lavoro sui giovani, come già sta facendo, sono sicuro che arriveranno buoni risultati anche da quel punto di vista; ma serviranno anni, almeno 4-5, per iniziare a vedere qualcosa.
Chi crede che si possa creare dal nulla un ottimo giocatore in tempi rapidi non conosce il tennis attuale e le sue mille difficoltà. In Svezia si è lavorato troppo male per anni, e riprendersi sarà complicato, anche se qualcosa si inizia a vedere alla base (Ymer a 18 anni ha da poco vinto 2 Futures in Egitto).
Chiaro che la Spagna è una scuola “migliore”: si basa su anni ed anni si livello altissimo, di metodi che pagano. Il mio è un discorso sull’altissimo livello, e di prospettiva. Paragonare oggi Spagna e Svezia non ha alcun senso.
buon tennis 🙂

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Angie (Guest) 30-04-2014 15:32

Peccato che in Svezia siano tutti dei disastri! Quindi delle due, l’una:
Perchè dovrebbero riuscire all’estero se producono zero in patria??? Come sempre le tue affermazioni mi sembrano tirate per i capelli. Ma ciascuno ha diritto ad esprimere un’opinione.
Mi sembra che abbiano molto più successo gli Spagnoli; Pennetta, Fognini, Errani docet!

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