Il futuro di un campione
Il 2013, conclusosi per lui anzitempo a settembre per via dell’operazione alla schiena, è stato un anno davvero strano per Andy Murray, che è riuscito finalmente a vincere Wimbledon, mostrando però un appagamento che lo ha portato a sconfitte premature durante l’estate americana.
La vittoria dei Championships avrebbe cambiato la vita a chiunque, soprattutto in un’atmosfera come quella della finale di quest’anno, e Andy non ha fatto eccezione.
Ciò però lo ha portato a distogliere la propria concentrazione dal tennis, perdendo così in maniera netta da Gulbis, Berdych e Wawrinka in tre tornei importanti.
In seguito lo scozzese,per via dello stesso problema alla schiena che lo fece rinunciare al Roland Garros, è stato costretto a prendersi una pausa dal circuito,operandosi e risolvendo tutti i suoi problemi di natura fisica,ricaricandosi così anche dal punto di vista psicologico. Dopo questi mesi avrà senz’altro avuto tempo e modo di motivarsi per tornare alla ribalta,visti i grandi margini di miglioramento che ha e quanto può ancora vincere in carriera,avendo solo ventisei anni.
La sua stagione comincerà ufficiosamente fra circa una settimana con il torneo di esibizione ad Abu Dhabi, per poi andare a Doha e infine a Melbourne per il primo Slam stagionale. Proprio qui Murray gioca il suo tennis qualitativamente migliore,come dimostrano le tre finali nel 2010,2011 e 2013,oltre alla splendida semifinale persa solo 7-5 al quinto con Djokovic dopo quasi cinque ore di battaglia. Proprio in quel match si videro i primi segni della “cura Lendl”,che lo portò poi a fare finale a Wimbledon e a vincere le Olimpiadi e lo Us Open,oltre allo stesso Slam londinese quest’anno.
Oltre all’erba, che è in grado di esaltare il suo potente servizio, le sue variazioni di ritmo e il suo modo di stare in campo, forse è proprio il Plexicushion di Melbourne il campo dove riesce ad essere più offensivo e dove riesce a giocare il suo miglior tennis.
Lì il rimbalzo della pallina non è né troppo alto come a Parigi,né troppo basso come sui prati, la palla prende traiettorie abbastanza prevedibili e la si può governare con una certa tranquillità,visto che essa non viaggia troppo velocemente né in modo irregolare. Ad ogni modo, per ragioni tecniche o meno,su questo campo si sono visti i maggiori progressi dello scozzese,che con il diritto adesso ottiene molti più punti,grazie al cambiamento del movimento dei piedi e della fase di caricamento,girando alla perfezione le spalle e puntando la palla con il gomito. Oltre al rovescio,da sempre suo punto di forza e con cui riesce a fare il punto sia in lungo linea sia con il colpo incrociato, il servizio è una delle armi che gli permette di fare la differenza,disponendo infatti di una delle prime palle più veloci e penetranti del circuito, e di sicuro la migliore fra quelle dei Fab 4. Se la potenza è eccezionale, non lo sono altrettanto le rotazioni che prova a dare quando deve effettuare una seconda palla di servizio,cosa che accade molto spesso viste le sue percentuali di battuta non eccelse.
Non riuscendo ad effettuare uno slice o un kick efficace, i servizi del britannico,se non sono supportati da grande velocità, diventano così facili prede dell’avversario,che può montare sulla palla come preferisce,spostandosi anche sul proprio colpo preferito. Inoltre questa mancanza di alternative fa sì che spesso il servizio,anche quando viaggia a velocità sostenute,se non è piazzato in modo perfetto sulla linea o sull’incrocio di entrambe, alla lunga distanza diventa prevedibile,soprattutto per chi risponde molto bene di incontro,in primis Djokovic. Il suo bagaglio tecnico è comunque indiscutibile, vista la grande risposta di cui dispone,con la quale riesce a trasformare qualsiasi situazione da difensiva in offensiva, le ottime variazioni in back e l’eccellente smorzata che è in grado di eseguire perfettamente,quando non esagera,sia dalla parte destra che da quella sinistra.
Il gioco di volo è buono,considerata anche la sua ottima mano, ma difetta ancora nella posizione delle gambe e soprattutto del polso,con il quale molto spesso non scende troppo sotto al livello della palla per colpirla nel modo giusto,perdendo così la misura di un colpo che molto spesso è alla sua portata. Inoltre la tenuta fisica è arrivata allo stesso livello dei suoi rivali più accreditati,diventando così un suo punto di forza. Tuttavia ci sono delle lacune di altro genere: infatti il suo rendimento sulla terra rossa è stato da sempre il suo problema più grande, che gli fa perdere molti punti in una fase cruciale dell’anno e che non gli permette di lottare per la prima posizione nel ranking mondiale, cosa dovuta in realtà anche ad alcuni Masters 1000 sul cemento che lo scozzese gioca in maniera compassata e deconcentrata. Il problema principale dei suoi risultati non all’altezza è senz’altro il fatto che sul fondo rosso non riesce a generare potenza autonomamente, ovvero senza dover sfruttare quella dell’avversario, e che è una componente essenziali per vincere sui campi più lenti.
Eppure la possibilità di far male con i suoi colpi non manca a Murray, come testimoniano le sue ottime prestazioni contro Nadal nel 2011 a Montecarlo e a Parigi e anche la splendida partita di Roma contro Djokovic dello stesso anno. La questione da risolvere è dunque più quella mentale rispetto a quella tecnica. Ciò è dimostrato anche dal fatto che,viste queste difficoltà, lo scozzese fin dall’inizio della carriera ha iniziato a perdere fiducia nelle proprie possibilità di far bene su questi campi,diventando sempre più rinunciatario e passivo,subendo il gioco degli avversari,cosa controproducente soprattutto su questa superficie.
Posizionandosi lontano dalla riga di fondo e cercando solamente di appoggiarsi ai colpi dell’avversario,perde molta incisività,potendo così sperare il più delle volte solo nell’errore altrui e non sulla propria qualità tennistica. Ciò è sufficiente per battere la maggior parte dei tennisti,visto il grande divario che c’è tra lui e la maggior parte dei giocatori,ma non basta contro un top ten o un top twenty in buona giornata. In più ottenendo poco dal proprio servizio,è ben evidente come ogni punto vinto sia faticoso per Murray,che fatica terribilmente durante lo “swing” primaverile. Le sue possibilità,oltre alla fiducia che le sue vittorie gli hanno fatto accumulare, potranno fargli risalire la china anche su questa superficie,se riuscirà a rimanere positivo durante tutto il match, diventando più propositivo e sfruttando tutta la propria potenza e la propria intelligenza tattica, due armi che sono alla base delle vittorie sulla terra battuta, che non sono e che non possono essere solo un miraggio per un giocatore del suo calibro, che ambisce ad essere il migliore del mondo e già dallo Slam australiano, sarà di nuovo uno degli uomini da battere.
Gabriele Ferrara
TAG: Andy Murray, Break Point, Murray
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