Spacca Palle: Fed Cup, che bel “polverone”
L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!?!” tuonava il grande Gino Bartali, immortale campione del ciclismo. Difficile trovare una massima più calzante per descrivere la strada che ci ha portato alla finale di Fed Cup, di scena il prossimo weekend al Tc Cagliari, con le nostre ragazze in campo a giocarsi la coppa contro la Russia. Una finale nella più importante competizione a squadre meriterebbe un commento estremamente positivo, un’esaltazione pura del nostro tennis rosa, che ha raggiunto la quinta finale dal 2006, anno della nostra prima vittoria in Belgio contro sua Maestà Justine Henin.
Eppure la gioia per la chance di vincere la quarta Fed Cup della nostra storia è stata oscurata sul piano mediatico dalle troppe vicissitudini sorte intorno a questa finale, che pare proprio “nata male”, segnata da una serie di problemi e contrasti che hanno relegato in secondo piano il fatto sportivo, che invece dovrebbe essere predominante. Quali? Per coloro che meno hanno seguito la convulsa faccenda, ecco un riassunto.
Si parte dalla scelta della sede. Contro la potenza delle russe, si è subito pensato alla terra battuta, per favorire la nostra n.1 Sara Errani e le variazioni di Roberta Vinci, oltre che le “veterane” Flavia e Francesca, a proprio agio sul natio “rosso”. Meglio se all’aperto, per rendere il match ancor più insidioso. Però si gioca nel primo weekend di novembre… scelta obbligata dirigersi verso il profondo sud, o le isole. La FIT punta su Cagliari, città del nostro Presidente federale e che sempre ha portato bene alle nostre nazionali (qua gli azzurri sconfissero la Svezia di Wilander nel 1990, per dirne una).
Però l’ITF ha subito messo i bastoni tra le ruote: una finale deve essere ospitata in una “Major City”, e Cagliari a livello internazionale non lo è di certo. E’ partito un grande lavoro sul piano diplomatico, sottotraccia, con battute d’arresto e nuove speranze. Alla fine Cagliari ce l’ha fatta, diventando sede ufficiale per la finale 2013, per la soddisfazione della nostra Federazione, che in una recente conferenza stampa ha annunciato un sontuoso piano promozionale dell’evento. Sarà una finale che porterà gli occhi del mondo del tennis non solo su Cagliari ma sull’intera Sardegna, con il supporto di tutta la regione ad aiutare il Tc Cagliari, che si presenterà praticamente sold out nella due giorni di gare. Il sito ufficiale della Fed Cup riporta in prima pagina: “The Tennis Club Cagliari will be at full capacity for the 2013 Fed Cup by BNP Paribas Final between Italy and Russia on 2-3 November. Tickets for the 5,000 capacity ground in the south of Sardinia have all sold out in anticipation of seeing a fourth Fed Cup title for the home team”. Sarà anche un’occasione irripetibile per il capoluogo sardo di ospitare un evento così importante, poiché la ITF ha annunciato nuove norme, ancor più restrittive, sulla scelta delle sedi per le finali, che renderanno ancor più complicato portarle al di fuori di capitali nazionali o di sedi molto note a livello globale, o con una storia tennistica importante.
Risolto il problema della sede, è scoppiata la vera bomba, dalla Russia: nessuna top player si è resa disponibile a giocare!!! Sharapova è out da tempo per problemi fisici (non ha giocato nemmeno gli US Open, la stagione indoor ed il Master), ma le altre? Tutte si sono tirate fuori.
La faccenda va avanti da mesi, ma forse nessuno ipotizzava che le minacce diventassero realtà, credendole solo i classici giochi al rialzo per strappare qualche vantaggio economico. Non è andata così.
La Russia schiererà a Cagliari una squadra di terze e o quarte linee. Scorriamo il ranking delle russe di questa settimana, alla caccia delle convocate: Sharapova 4, Kirilenko 18, Kuznetsova 21, Makarova 24, Vesnina 25, Pavlyuchenkova 26, Petrova 105, Dushevina 120, Puchkova 128, Gavrilova 129, Bratchikova 135, Panova 136…Stop! Eccola finalmente la prima giocatrice russa che ha accettato la convocazione, la Panova!?! Insieme a lei Alisa Kleybanova (attuale n.183 del ranking WTA), nettamente la più esperta e forte del gruppo, ragazza coraggiosa e sfortunata, che ha perso anni importanti di carriera lottando contro un tumore che sembra fortunatamente sconfitto; Irina Khromacheva (236) alla prima convocazione in Fed Cup, come la giovane Margarita Gasparyan (315).
Un vero incubo per il capitano Shamil Tarpischev, che si è arreso davanti ad una situazione quasi surreale di totale rifiuto della maglia nazionale, e di scarsissima considerazione per l’evento.
Una sorta di boicottaggio russo (o ammutinamento…) che impoverisce in modo clamoroso il valore tecnico della sfida, trasformandola in una “finale a metà”, con una vittoria che pare scontata per lo squadrone azzurro di fronte ad un Russia “balneare”. Un vero peccato. Il probabile successo di Errani e compagne resterà macchiato, svilito dalla paradossale situazione venutasi a creare, con le nostre ragazze spettatrici del tutto incolpevoli della “serrata” che ha colpito la squadra rivale.
Ma come è potuto accadere? Non è peccato affermare che tanti atleti dell’est Europa – russi in particolare – siano discretamente sensibili al lato economico della carriera sportiva. Passaporti facili per giocare sotto bandiera Kazaka o di altri stati ex Urss, enorme attenzione alle sponsorizzazioni e programmazione dove porta il portafoglio sono nella norma.
Inoltre da sempre i rapporti tra giocatori e Federazioni sono complessi quando c’è scendere in campo in Davis o Fed Cup. Non si contano le rivendicazioni per maggiori premi, dai paesi latinoamericani al vecchio continente, Italia inclusa (noto il “caso Gaudenzi”, che nel 1995 chiese esplicitamente premi maggiori per gli alfieri di Davis).
Non è questo il momento di trattare diffusamente sul tema “tennis & manifestazioni a squadre”. E’ da sempre un rapporto complesso, difficile, che richiederebbe molto buon senso da tutte le parti, compresi calendari più razionali. Purtroppo in molti casi si arriva allo scontro frontale tra Federazioni e giocatori, tra ITF e associazioni dei giocatori, tra ITF e tornei, che mal volentieri accettano spostamenti di date per riorganizzare l’attività stagionale.
Proprio al muro contro muro si è arrivati questa volta in Russia, senza alcuna voglia di mettersi a tavolino per trovare una soluzione. Le parole di alcune top players russe spiegano tutto. Svetlana Kuznetsova non più di un mese fa ha dichiarato a Mosca:“Giocare la finale? Non era nel mio programma. Dopo la vittoria in semifinale ho parlato con il capitano Anastasia Myskina, che mi ha confermato che non sarebbe cambiata la squadra che aveva vinto. L’offerta di giocare è tardiva e a Cagliari non andrò. Il mio rapporto con la Fed Cup è complesso… l’ho giocata per anni, dando tutto e avendo anche soddisfazioni importanti. Credo sia un mio diritto essere stanca e volermi concentrare sulla carriera individuale”. Ancor più dure e schiette le parole della Vesnina, che hanno fatto il giro del mondo: “Fed Cup? No! Quest’anno per la prima volta mi sono qualificata per il Tournament of Champions (il Master 2, ndr) e ho in programma di giocarlo assolutamente! Non mi importa se molti giudicheranno male questa mia decisione. Finora ho sempre dato priorità alla Fed Cup e il mio ranking ne ha risentito. Ho la chance di entrare per la prima volta tra le top20, e mi pare giusto fare il possibile per cogliere l’occasione. Lascio la palla a Kirilenko e Pavlyuchenkova” …che hanno fatto la stessa identica scelta, ossia quello di giocare il Tournament of Champions, al quale si sono qualificate.
Questo “Master 2” è allettante, poiché assegna ben 375 punti in classifica e premi in denaro rilevanti: 35mila dollari per il solo gettone di presenza e 270mila in caso di vittoria. Non pochi.
Soldi. Ma non solo. Il Master 2 è un evento anomalo, creato per dare visibilità anche alle “seconde linee”. Idea tutto sommato non disprezzabile, ma fin dalla sua nascita è stato collocato per mancanza di altri spazi proprio nella settimana già presidiata dalla Davis rosa. Fa riflettere che questo Tournament of Champions sia diventato in pochi anni più appetibile della Fed Cup, che vanta più di mezzo secolo di storia e ben altro prestigio.
Il Master 2 ha creato più di una tensione tra gli organi che dirigono il tennis. Si era parlato già per la sua seconda edizione di una collocazione differente, ma tutto è rimasto fermo, con trattative che partono e puntualmente si arenano. La situazione politica è precipitata l’estate scorsa, con la rottura tra la Federazione Internazionale e Stacey Allaster (CEO della WTA) sui criteri di ammissione delle giocatrici alle Olimpiadi. Si è talmente ai ferri corti che la Allaster tuonò minacciando di voler riempire ulteriormente il calendario con tornei WTA nei weekend oggi dedicati alla Fed Cup. Situazione grottesca, che non giustifica il rifiuto delle russe ma fa capire il momento delicato che si sta vivendo nel mondo del tennis rosa sul tema “nazionali”. A chiusura, è giusto ricordare che Flavia Pennetta nel 2010 e Roberta Vinci quest’anno hanno preferito la Nazionale e la finale di Fed Cup al Tournament of Champions, per il quale s’erano qualificate. Possiamo ritenerci orgogliosi delle nostre ragazze.
I grattacapi non sono arrivati solo per il capitano delle russe Tarpischev. Anche in Italia è scoppiato un piccolo caso al momento delle convocazioni di Barazzutti, quando nella lista per la finale di Cagliari, insieme a Errani, Vinci e Pennetta, è comparso il nome di Karin Knapp invece di quello di Francesca Schiavone. Che Barazzutti abbia guardato al puro ranking, vista la rimonta della Knapp? No. Il mistero è durato poche ore, con il nostro Capitano che ha dichiarato la non disponibilità della campionessa milanese a prendere parte al team azzurro. Francesca ne ha parlato con Barazzutti, dicendo di non sentirsi in condizione per prendere parte alla finale, e di aver mandato un sms alle compagne che annunciava la propria scelta. Barazzutti ha chiosato dicendo che “la Schiavone è una colonna della nazionale, ha dato tanto ed è giusto rispettare la sua scelta”. Apriti cielo.
Molti commenti avversi alla milanese hanno inondato il web, e anche all’interno della FIT non è stata nascosta la delusione, poiché la Federazione ha non poco aiutato la Schiavone, preparandola a Tirrenia con Furlan a quella cavalcata straordinaria che la portò a vincere il Roland Garros (e fare finale l’anno dopo), venendo anche premiata con 400mila euro fumanti che alimentarono non poche polemiche… Quindi una maggior riconoscenza è ovvio che sarebbe stata gradita. Insomma, Francesca avrebbe fatto miglior figura a rispondere alla convocazione (che sarebbe di fatto arrivata), e festeggiare la quasi certa vittoria, anche senza colpire alcuna palla in gara.
Tuttavia credo che si sia parlato e scritto fin troppo sulla faccenda. Ogni volta che un giocatore ha “rifiutato” o comunque non si è reso disponibile ad indossare la maglia azzurra, la Federazione s’è (giustamente) fatta sentire, forte di un articolo specifico delle carte federali, n.18, che regola la questione in modo univoco. Il Comma 1 sancisce che “Gli atleti selezionati per le rappresentative nazionali che rifiutano o non rispondono alla convocazione e non si mettono a disposizione della Federazione, ovvero non onorano il ruolo rappresentativo ad essi conferito sono puniti con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva fino ad un massimo di un anno”.
Norma a dir poco controversa, perché negli anni recenti ha subito applicazioni parziali, sollevando più di un polverone. Il caso più clamoroso fu quello di Bolelli nel 2008, proprio all’apice della sua carriera con a fianco coach Pistolesi. Il bolognese non rispose alla convocazione contro la Lettonia a Montecatini e si arrivò ai ferri corti con la FIT, con minacce di squalifica a vita. Il tutto si ricompose con la rottura del rapporto con il suo coach ed il rientro (con successo) nel team di Davis. Si parlò molto anche nel 2010, quando Seppi dichiarò ad inizio stagione di non voler giocare in Davis per tutto l’anno, volendo spingere sulla carriera in singolo; ma quando fu chiamato a Castellaneta rispose alla convocazione per timore di sanzioni, per esser poi rimandato a casa senza giocare poiché “non in condizione”.
Ma allora che senso ebbe chiamarlo? Ancor più netto “l’aggiramento” della norma nel 2011, quando Pennetta e Schiavone non furono convocate per la semifinale con la Russia, il tutto grazie a “meriti conquistati sul campo” dalle nostre campionesse.
In pratica fu fatta un’eccezione bella e buona, che costò una batosta sportiva in campo. Diciamo allora, a che serve questa norma se poi viene aggirata con l’escamotage della “non convocazione preventiva”? Non sarebbe meglio che il tennista, sportivo individuale, fosse libero al 100% di decidere o meno se prendere parte ad una competizione a squadre? Probabilmente sì. Sul piano etico-sportivo, una nazionale dovrebbe esser il top, l’orgoglio di ogni atleta, e quindi si dovrebbe correre a disputare Fed Cup e Davis ben volentieri, senza pretese economiche ulteriori visto che atleti di questo calibro già guadagnano più che bene; e visto che 3 settimane all’anno per la nazionale non possono davvero compromettere i risultati di una stagione…
Ma il tennis è sport diverso, inutile girarci intorno. Se umanamente molti possono sentirsi delusi della scelta della Schiavone di non voler andare a Cagliari, spinta dalla certezza che non avrebbe giocato né singolari né doppio, in realtà non mi sento di condannare Francesca. A 33 anni, nella fase naturalmente terminale di una carriera pazzesca, penso abbia il diritto di scegliere cosa fare, senza vedersi puntato il dito contro accusata di chissà cosa. Soprattutto credo che sia corretto vedere l’altra faccia della medaglia, quella positiva di Karin Knapp. L’altoatesina è una ragazza assolutamente in credito con la buona sorte e con la sua carriera. Fermata più volte in momenti eccellenti da problemi che avrebbero abbattuto un toro (quelli cardiaci su tutti, ma non solo), si merita eccome questa convocazione. Una convocazione conquistata sul campo, con ottimi risultati ed una ripresa ad altissimi livelli che molti temevano impossibile.
E’ giusto alzarsi in piedi ed applaudire la Schiavone fino ad aver le mani arrossate, ringraziandola per i trionfi che ci ha regalato; ma è anche corretto e lungimirante lasciare spazio a chi è più giovane, e potrà trainare il movimento nei prossimi anni. Quale miglior occasione per far scendere in campo Karin? Un grandissimo evento, contro avversarie “alla portata”, in modo che faccia esperienze importanti che la aiutino ancor più a crescere e diventare punto di forza della nostra nazionale. Per questo non condivido molte delle polemiche nate dal rifiuto della Schiavone. E’ necessario guardare oltre, pensare al futuro, lasciando perdere i cavilli dei regolamenti o cercare la polemica a tutti i costi.
E’ successo un po’ di tutto nelle settimane precedenti all’atto conclusivo della Fed Cup. Speriamo almeno di vincerla in scioltezza questa finale “maledetta”, in modo che sia ribaltata la notissima legge di Murphy “Chi comincia male, finisce peggio”…
Marco Mazzoni
TAG: Fed Cup, Fed Cup 2013, Italia vs Russia 2013, Marco Mazzoni, Spacca Palle
… ?
…….. ” RIASSUNTO ” … ?
AIUTOOOOOOOOO !
possono esserci anche 40°C…ma se c’è pioggia non puoi giocarci
@ zagortenay (#966816)
verissimo…per me sarebbe un onore e non capirò mai questo atteggiamento!!!
@ Mik (#966820)
sul fatto della pioggia ti do ragione, ma sulle temperature no!!!! 😉
ottima analisi, basterebbe forse cominciare a vietare lo svolgimento di competizioni individuali in concomitanza con manifestazioni a squadre, come succede negli altri sport..poi gli atleti saranno liberi di accettare o meno le convocazioni ma almeno un motivo del “contendere” verrebbe meno.
Bravo Marco, ottimo lavoro!
E’ comunque incredibile il collocamento del cosidetto Masterino nella settimana della Fed Cup. Non riesco a capire come i responsabili del Tennis femminile abbiano potuto costringere le giocatrici a scegliere tra due eventi così importanti. Non me la sentirei di condannare giocatrici come la Vesnina che magari da anni lavorano per un grande obiettivo della propria carriera personale e poi quando sono lì ad un passo dal raggiungerlo dovrebbero rinunciarci … mah!
I campi indoor non è che esistono, vanno preparati per l’occasione, come è stato fatto recentemente a Rimini, Biella o Torino per la Davis.
Sono state la ragazze a chiedere espressamente a Binaghi (che invece avrebbe voluto giocare al coperto a Milano) di giocare sulla terra outdoor, giustamente direi, la Errani indoor fa veramente fatica (a Rimini ha perso con la Lepchenko, a Biella con la Tsurenko, nell’unico torneo inddor sulla terra, Stoccarda, è uscita al primo turno con la Mattek) mentre le russe (soprattutto Makarova e Pavlyuchenkova) indoor sono molto a loro agio. E al momento della scelta della superficie non si era ancora a conoscenza delle diverse rinunce delle russe.
A questo punto a novembre all’aperto si può giocare solo al sud, è l’ITF ad imporre che si scelga una località sul livello del mare.
@ Mik (#966820)
ciao 🙂 se ricordi una volta giocammo a febbraio a Roma outdoor con la Russia in Davis… per me era scontato che avremmo giocato all’aperto, per rendere le condizioni più complicate e favorare la Errani. Se mi chiedi se condivido, non troppo. Io avrei portato la finale in un palazzetto di una grande città, dove magari il tennis manca da tempo, come è stato per la Davis a Torino, che è stata un successone sotto tutti i punti di vista. Si poteva andare a Bologna per esempio, a casa della Errani…
@ Mik (#966820)
Quanto può pesare l’istituzione ed il potere
cmq spostarsi verso sud non era una scelta obbligata…esistono i campi indoor, anche sulla stramaledettissima terra…
e giocare outdoor, a novembre, non è una grande idea visto che il brutto tempo può arrivare da un momento all’altro e farci perdere a tavolino…
e non venite a dirmi che al sud che sempre il sole/caldo/blahblahblah…
Interessante lo spunto sull’articolo 18….Bel pezzo.
Bravo Mazzoni!!!!! Come al solito hai riassunto benissimo il problema!
Io dico sempre, al di là di tutti i guadagni che un atleta possa percepire nella vita, che giocare per la propria nazionale, rappresentando il proprio paese, è un onore e non un dovere!!!