Jerzy Janowicz, che tennis a Bercy! (di Marco Mazzoni)
Una ventata, anzi, un tifone s’è abbattuto su Bercy. Niente a che vedere con i disastri americani, questo vento viene dalla Polonia, da Jerzy Janowicz! Con un tennis d’altri tempi ma con potenza modernissima, ha conquistato con pieno merito la finale del torneo parigino, portando qualcosa di diverso. Finalmente.
Che il tennis di vertice viva nei nostri tempi una fase importante è indubbio, grazie a campioni che stanno riscrivendo il libro dei record. Il tutto con un livello di gioco molto alto, ma anche un po’ stantio. Ormai siamo in tanti a pensarlo. Nei big events sempre le solite facce nei giorni decisivi, e sempre il solito tennis. Stellare, per l’amor di Dio, ma sempre i soliti schemi, match spesso uno fotocopia dell’altro. Il problema? La difficoltà da qualche anno per i giovani di inserirsi al vertice e “spaccare”. Colpa di un tennis anchilosato su di una fisicità eccessiva, assurda, controproducente. Spesso sospetta.
E allora sorrido ed esalto la settimana pazzesca di Jerzy Janowicz, gigante polacco che è passato in pochi giorni dal semi anonimato dei Challeger alla finale del Master 1000 a Parigi Bercy. Un cammino avviato con le qualificazioni, e poi imperiosamente proseguito di giorno in giorno, con un crescendo wagneriano e la perla della vittoria contro Murray. Ha pure superato due prove del nove mica male, e battendo giocatori tra di loro molto diversi grazie alla capacità di imporre un tennis esplosivo.
Attenzione: quest’esplosione fragorosa avviene in un torneo di categoria super ma qualitativamente rivedibile, perché Roger non era presente e Murray, Djokovic e gli altri sono arrivati a Parigi già con testa e gambe a Londra, troppo più importante il Master che inizia lunedì prossimo. Però nessuno ci tiene a perdere, e ancor meno ad esser preso a pallate. Il giovane polacco dall’alto dei suoi 203 cm ha annichilito ogni avversario con un tennis che non si vedeva da metà anni 90.
Questo marcantonio ha applicato con talebana convinzione un gioco altamente offensivo, alla continua ricerca del punto sull’1-2, alternando botte micidiali di dritto ad attacchi sulla rete, mescolando ancor più le carte con continui e spesso vincenti drop shot. Un tennis rarefatto, con pochi scambi, ma adrenalina a mille perché la fase di attesa e palleggio non c’è mai.
E’ lui che comanda il gioco. Sempre e comunque. Al servizio fa la differenza con prime vincenti oltre 230 km/h (e pure angolate!) e seconde giocate con potenza e precisione d’altri tempi, quelli propri dei battitori che furoreggiavano proprio nei ’90s, quando sciagurati guru che governano il tennis decisero di rallentare tutto impauriti dalla velocità di quei servizi (…rompendo alla lunga il giocattolo…). La seconda di Janowicz è ancor più impressionante, perché tra angoli stretti e kick altissimi riesce comunque a prendere possesso del gioco, tirando subito dopo un colpo a chiudere o aprendo così tanto il campo da non consentire una trama di gioco al rivale. Attacco totale, in stile Risiko quando si cercava di distruggere con un lancio di dadi le odiate “armate nere”. Non ci sono compromessi nel tennis di Jawowicz: anche per coprire le sue debolezze da dietro, non ti lascia mai scambiare, nemmeno quando risponde perché cerca quasi sempre una risposta vincente e talmente aggressiva da spaccare subito l’equilibrio. Un colpo la risposta vincente praticamente scomparsa, e con lei tanto dello spettacolo.
Il suo tennis tatticamente è molto più raffinato di quello che si potrebbe pensare: percentualmente la sua capacità di trovare il winner paga molto di più del “rischiare” di esser agganciato in un palleggio da fondo. Eppure nonostante la stazza imponente si muove pure bene, con piedi assai veloci e la capacità di tenere un buon equilibrio anche se in larghi appoggi a cercare l’allungo. Il colpo d’approccio non sa cosa sia, di rovescio ha molto da lavorare e la sensibilità pare modesta, ma è piuttosto bravo a scappare lateralmente a coprire l’angolo e quindi sparare. Non ci sono tempi di attesa nel suo gioco, tutto e subito. Winner, attacco, smorzata.
L’unico neo che gli voglio trovare è la scarsa propensione a venire a rete. In più occasioni ha mostrato anche una mano accettabile, comunque adatta a chiudere di forza un passante del rivale, che si vede davanti un gigante “cattivo” e molto aggressivo, quindi tutt’altro che facile da infilare. Chi mi ricorda? Difficile. In certe movenze qualcosa di Safin (ebbene si), anche se Marat aveva altra mano e talento, a volte Enqvist, ma meno macchinoso.
Che vinca o perda la finale domani (oggi per chi legge), il ragazzo andrà rivisto in altre occasioni, perché una settimana di gloria capita ogni tanto, con tennisti che paiono sulla rampa di lancio e poi scompaiono nella nebbia. Ma Janowicz si è e ci ha regalato un sogno. Contro il logorio del tennis degli “arrotomaniaci” moderni…
Marco Mazzoni
TAG: Janowicz, Jerzy Janowicz
Ricorda molto di più Ivanisevic 😉
in effetti si giocava poco, ma oggi mi sembra che si giochi un po’ troppo, ma soprattutto cominciano a prevalere i cestisti di due metri che sono gli unici ad avere un rendimento dal servizio tale da permettergli di giocare senza una resistenza da fondo epocale, come gli altri.
finisce che saremo in mano ai fabbri(IsnerType) e ai fornai(Ferrertype), mentre i bei salumieri d’una volta….
a me ricorda molto philippoussis ma con meno talento 🙂
Bell’articolo, dissento solo sulla frase “sciagurati guru decisero di rallentare tutto impauriti dalla velocità di quei servizi”: se non avessero rallentato superfici e, soprattutto, palline, oggi giorno non si vedrebbe più un solo scambio, sarebbero tutti servizi vincenti/ace.
Ricordo solo che negli anni 90 i migliori battevano sui 190 km/h e terra a parte si giocava pochissimo.
Figuratevi cosa sarebbe ora che praticamente tutti servono a più di 200 all’ora se non avessero rallentato i campi e le palline… Non si giocherebbe più!
un invito: JJ spacca DOPER, por favor…..
JERZY SHOW
@ Spero in Quinzi (#754069)
Di come il lavoro e il dottore, “lo stesso di Nadal e Armstrong” paghino. Corre più adesso che a vent’anni quando giocava contro Sanguinetti.
La favola è bella ma Ferrer per me è un esempio di perseveranza, di come il lavoro e il carattere alla fine paghino. Se non verrà mai dimostrato un aiuto chimico, per me Ferrer è un tennista da ammirare e portare ad esempio per i giovani.
Per quanto io faccia il tifo per il gigante polacco temo che Ferrer non si fara’ scappare la possibilità di vincere il suo primo e probabilmente unico 1000…starà sul pezzo dal primo all’ultimo punto e non so se i lavandini da fondo di Jerzy saranno sufficienti…peccato che questo exploit arrivi a fine stagione. E soprattutto speriamo di aver conosciuto un ipotetico campione piuttosto che un altro fuoco di paglia…
contro il logorio del tennis degli “arrotomaniaci” moderni… ahahahahahahah goduria, io tifo Janowicz, penso abbia un bellissimo gioco molto vario, a differenza del suo coetaneo Raonic. Il tennis di Ferrer, invece, non mi piace, allo spagnolo va solo riconosciuta una continuità psico-fisica che ha molto poco a che fare con l’umano. 😯 Ieri Llodra nel primo set, purtroppo non è riuscito a realizzare le tante palle break che ha avuto ma la qualità di gioco del francese era senza dubbio migliore rispetto a quella di Ferrer, che ha vinto, appunto, solo perchè non cede mai fisicamente